A DIEU DONE M’ARMA DE BON’AMOR
(BdT 401,2)
La ricerca di una spiritualità rinnovata, sorta alla fine dell’XI secolo in seguito alla riforma gregoriana, aveva dato il via a nuove correnti d’innovazione morale e religiosa come quelle fiorite alla fine del XII secolo con i Poveri di Lione e gli Umiliati, e nel XIII con gli Spirituali, il cui movimento aveva avuto uno dei suoi centri più fecondi proprio a Béziers alla fine del secolo. La professione del ritorno alla vita evangelica praticando la povertà assoluta a imitazione di Cristo, la «vita vere apostolica», le predicazioni degli Ordini Mendicanti e la grande fioritura delle credenze millenaristiche, che avevano creato un clima di attesa e rinnovamento proprio intorno al 1260, costituiscono lo sfondo a cui s’ispira la fervida devozione di Raimon Gaucelm.
La tensione escatologica per l’arrivo dell’età dello spirito, preludio alla fine del mondo carnale, intride questa poesia, scritta nel 1265 secondo la rubrica, la prima delle due canzoni religiose nelle quali il poeta rivolge a Dio una preghiera per sé e per il mondo, preda delle illusioni terrene. L’avvio ha l’andamento di un salmo penitenziale in cui egli si sottomette completamente al Signore, offrendogli la sua anima ed ogni suo avere, implorandone clemenza e protezione, nella speranza di evitare i tormenti della dannazione eterna. L’invocazione che esprime la consapevolezza della fragilità umana, chiude la prima cobla:
E no·lh plassa qu’ieu fassa lunh passatge
ni malvestat contra son mandamen! (vv. 7-8)
Il suo atto di pentimento diviene successivamente esortazione a «totz selhs quez estan / en est segle malvat, galïador», a pregare Dio con fervore perché perdoni all’uomo l’imperfezione che lo induce al peccato e mantenga la promessa di salvezza. In un mondo scellerato Raimon si assume dunque l’incarico di ammaestrare i fedeli, impiegando argomenti che affondano le radici nel sistema concettuale divulgato attraverso la predicazione («segon qu’aug dir a quascun cofessor»): l’uomo deve convincersi della precarietà della sua esistenza e del suo potere nel mondo, niente ha meno valore di ciò che è costruito da mano umana, illusorio e corruttibile, poiché la vita è transitus e le affezioni terrene sono solo un peso che renderà più difficile la conquista della vita eterna:
Per que deuram pauc prezar lo carnatge:
sol las armas vencson a salvamen. (vv. 23-24)
Solo l’amore salvifico di Dio e la sua amicizia danno valore alla vita dell’uomo che deve rivolgersi a Lui con spirito d’umiltà e povertà apostolica, le più pure virtù cristiane, perché quando si apriranno i libri nell’ultimo giorno, e sarà chiesto il rendiconto delle azioni commesse, solo chi avrà seguito i suoi comandamenti sarà salvato. Ma ecco che alla fine del canto, in soccorso alla pochezza e corruttibilità del mondo umano, RmGauc indica l’unica via, preziosa per la sua intatta purezza, attraverso la quale l’uomo può sperare di salvarsi: la Vergine salvatrix et redemptrix. La sua riflessione spirituale si conclude quindi attingendo alle verità teologiche diffuse dalla pietà mariana con l’invocazione a Maria, advocata davanti a Cristo Giudice e mediatrice in favore dei peccatori che confidano nel suo aiuto, seguendo l’esortazione di S. Bernardo: «Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus» (PL 183,442).
SCHEDA RETORICO-STILISTICA
L’offerta dell’anima a Dio è espressa nella I strofa in forma di ampio polisindeto (vv. 2-3), che ritorna puntualizzato dall’anafora all’inizio dei versi seguenti: «per tal que·m gar.../ e que·m perdo.../ e que·m garde.../ e no·lh plassa» (vv. 4-7); si noti anche la posizione preminente di Doncx con valore dichiarativo, che dà sostegno al tono generale di esortazione e di edificazione, all’inizio della III cobla e all’inizio e a metà della V («e doncx», v. 37).
Raimon enfatizza la sua devozione iniziando con una disposizione a gradatio ascendente ternaria: «de bon’amor / e de bon cor e de tot bon talan» (vv. 1-2) e concludendo con un’esclamazione: «E no·lh plassa qu’ieu fassa lunh passatge / ni malvestat contra son mandamen!», che accentua il tono supplichevole della preghiera.
Tra le altre figure di cui è arricchito il componimento, si notano l’iterazione sinonimica «de pen’e de dolor» (v. 4) e la dittologia «passatge / ni malvestat» (vv. 7-8), «malvat, galïador» (v. 12), «bon e ferm» (v. 43); la ripetizione morfemica gar, garde ai vv. 4 e 6, pregui, pregue ai vv. 9 e 13, prezem, prezar ai vv. 17 e 23 fa, far, faitz fazen ai vv. 37, 39, 40; l’iperbato «ni ja negus non portara estatge / que aja fag, ni lunh belh bastimen» (vv. 21-22), «fezem per negun temps folhor» (v. 25), «Doncx ben deuram al rei plen de doussor / esser humils» (vv. 33-34), «E doncx be fa tot hom gran gazanhatge / qu’El retenga per amic, e gran sen» (vv. 37-38) e le perifrasi per “paradiso”, «bel regnatge» (v. 15), per “morire”, «penrem trespassamen» (v. 16).
Infine si riscontrano altre figure tradizionali quali: la figura etimologica «faitz fazen» (v. 40), il poliptoto «car(a) ab car» (v. 41), l’antitesi «paupre ni ric» (v. 20), lo zeugma «be fa tot hom gran gazanhatge/ ... e gran sen» (v. 37), il chiasmo «bos faitz fazen et estan lïalmen» (v. 40) e l’allitterazione, sia all’interno del verso: «Dieu done» (v. 1), «ai atressi» (v. 3), «fag per folhatge» (v. 5), «plassa qu’ieu fassa lunh passatge» (v. 7), «malvestat contra son mandamen» (v. 8), «mi ni negus» (v. 11), «en est segle» (vv. 12 e 18), «belh bastimen» (v. 22), «pauc prezar» (v. 23), «gran gazanhatge» (v. 37), «faitz fazen» (v. 40), che in rima 30 captenemen : 31 caitivatge.
Rubrica: Lo primier sirventes que fes .R. Gaucelm de Bezers en l’an m.cc.lxv. e mars
Scheda metrica: Frank 612:5. Canzone religiosa di cinque coblas unissonans + 1 tornada di 4 vv.
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rime a -or b -an c -atge d -en
Decasillabi a maiore: vv. 9, 12, 41 (con elisione della terminazione femminile in corrispondenza della 5ª sede).
Cesura lirica: vv. 1, 6, 7, 15, 19, 24.
Cesura mediana: vv. 30, 43.
Ai vv. 31 e 38 la cesura non è ben definibile.
Coincidenza tra cesura e pausa logica: vv. 6, 12, 17, 22, 34.
Incontri vocalici: dialefe (vv. 20, 21, 22, 29), dialefe in cesura (vv. 3, 6).
Tenendo conto delle cesure, si possono osservare delle rime interne 4 : 39 : 41 gar : far : car(a); 18 : 21 cascus : negus; 17 : 25 prezem : fezem; rime identiche a distanza 2 : 9 cor; 5 : 14 perdo; 22 : 30 fach (: fag); 32 : 35 : 44 amor; 23 : 33 deuram; ed infine poliptoto e figura etimologica in rima interna 4 gar : 6 garde; 22 fach : 25 fezem : 30 fag : 37 fa : 39 far : 40 fazen; 8 malvestat : 12 malvat.
Enjambements: vv. 10, 11, 21, 30, 33.
Nel ms. è ipometro il v. 31.