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Radaelli, Anna. Raimon Gaucelm de Béziers. Poesie. Firenze: La Nuova Italia, 1997.

401,006=268,001- Raimon Gaucelm de Bezers

 

JOAN MIRALHAS, SI DIEU VOS GART DE DOL

(BdT 401,6)

 

Un testo burlesco, sorprendentemente estraneo al resto della produzione poetica di RmGauc, è questo partimen, tanto che Bec inserisce «ce très drolatique jeu-parti» nella sua antologia di contre-textes occitani. Esso infatti, rientra a buon diritto nel novero di quelle composizioni che mantenendo come riferimento indispensabile un codice letterario determinato, vi si oppongono con intento ludico, esasperandone gli stilemi e distorcendoli deliberatamente fino alla caricatura.

Se il joc parti prevede di norma un discorso concertato fra due trovatori intorno ai valori feudali e cortesi, questo partimen ne fa invece una comica parodia, giustapponendo le posizioni di RmGauc e Joan Miralhas intorno ad un argomento da repertorio giullaresco: è meglio essere rotondi dalla testa ai piedi o una lunga fessura dai piedi fino al mento?

                            cal re·s plai mai d’aquesta partizo:
                            que sïatz totz redons del cap tro·l sol,
                            o totz fendutz del pe tro al mento
                            e que portes sobre·l nas la culveta?

 

Fin dalla presentazione dello strano dilemma si comprende come tutto il componimento giocherà su più registri: comico, osceno, scatologico, e che il susseguirsi delle contrapposizioni dipingerà immagini di volta in volta diverse, ma sempre ludiche, buffe, curiose. La richiesta iniziale infatti manca del termine di paragone: tutto rotondo, come cosa? un’unica fessura, come quale oggetto? Lasciando aperte le porte all’immaginazione e impiegando un linguaggio figurato fatto di termini letterariamente inusitati ma forse ben presenti ad un pubblico non necessariamente aristocratico, RmGauc si gonfierà davanti ai nostri occhi e diventerà una forma di cacio o un barilotto, e per muoversi, dovrà rotolare o farsi trasportare da una carriola, mentre Joan, lunga crepa ambulante, potrà camminare e spetezzare, ballare e andare a cavallo.

Ma proprio l’indefinitezza dell’alternativa posta all’inizio permette di costruire il testo intorno ad una metafora grottesca che comprende tutte le altre e che troverà la sua espressione piena nelle due tornadas. Il filo conduttore lungo il quale si svolge il dibattito è infatti un gioco verbale che ruota intorno al petar e ai suoi significati secondi: da una parte “fendersi, spaccarsi in due”, che è la fine che si prospetta a Joan Miralhas, nonostante la trovata della barreta per limitare la sua crepa («Joan, obs aura sïa fortz la barreta / que, si·<s> trenca, tal daretz del mento, / que creissera·n vostra fendedureta / e vos fendratz tost per pauc d’ochaizo», vv. 49-52), dall’altra “scoppiare, esplodere”, proprio ciò che rischia RmGauc se avrà mangiato “a crepapancia” («Ramon si vos cazetz de la carreta, / obs i auran tug vostre companho / ans que·us levetz, e la vostra panseta / esclatara, si avetz manjat pro», vv. 53-56): le due bizzarre figure allora, l’una sempre più incrinata pronta a rompersi ad ogni passo, l’altra sempre più resa, facile ad esplodere al più piccolo movimento, non sono altro che la rappresentazione comica, di una comicità paradossale ma popolare e rustica, dell’effetto provocato dal petar o dal non petar. La domanda posta al principio, destinata certamente a provocare l’ilarità e la partecipazione complice dell’uditorio, potrebbe quindi suonare così: «preferireste non emettere mai peti e arrotondarvi sempre di più fino a scoppiare, oppure spetezzare in continuazione fino a crepare del tutto?», rovesciando le acute dispute del joc parti cortese in un sottilizzare grossolano e burlesco che avvicina il partimen di RmGauc alla tradizione delle fratrasies e delle sottes chansons.

 

SCHEDA RETORICO-STILISTICA

Nel gioco di concessioni e contrapposizioni presenti nel partimen, la figura retorica che appare con maggior insistenza è l’antitesi, riproposta in tutte le strofe: nella 1ª è presente in: «totz redons... o totz fendutz?» (vv. 3-5); nella 2ª non ha un’esatta corrispondenza: «Mais am esser trop fendutz que no pro / [...] / et a vos lais que sembles feisseneta» (vv. 12-16); nella 3ª l’antitesi è espressa con una similitudine: «mas pietz avetz pres, per razo, / que non fai sel que·s calfa al cruol / e laissa·l foc bel clar al foguairo» (vv. 18-20); nella 4ª si presenta sotto forma di parallelismo: «vos rodolas, et ieu irai per sol» (v. 27). Nelle strofe 5ª e 6ª l’antitesi riguarda due insiemi di maggiore lunghezza che si presentano in forma di botta e risposta lungo le due coblas: «far m’ai, si soi redons tro al talo, / portar a leis en cuberta carreta. / Vos seretz tal, qu’en cavalh sim l’arso / non i parres...» (vv. 36-39) e «...Ramon, dïatz me co / lai anaretz, si doncx en carrïol / no·us faitz tirar, a tal carraïto! / Mai ieu venrai de bel’ambladureta / en palafre...» (vv. 42-46).

Il componimento è inoltre caratterizzato da altre figure presenti con minor rilievo: riterazione sinonimica in figura di interpretatio: «mi demanda ni·m vol» (v. 35); la figura etimologica «foc bel clar al foguairo» (v. 20); la dittologia «cobla ni tenso» (v. 8), «bel clar» (v. 20), con antitesi «vielha ni tozeta» (v. 21); la paronomasia «mais vielha ... / no cre·us vuelha» (vv. 21-22 ), «mieu mieg» (v. 47). Le similitudini «sembles feisseneta» (v. 15); «pietz ... que non fai sei que·s calfa al cruol / e laissa·l foc bel clar al foguairo» (vv. 19-20); «pus tant vos platz lo faisson del mojol» (v. 25); «Joan, trop pus pec me semblatz que’n auchol» (v. 33); e, anche se in forma più attenuata, «a tal carrïato!» (v. 44).

Numerosi poi sono i casi di allitterazione: «de dol» (v. 1); «ni n’ai» (v. 10); «c’om col» (v. 11); «si·eus sap» (v. 16); «pueis poiretz» (v. 17); «pietz avetz pres per razo» (v. 18); «calfa al cruol» (v. 19); «voletz aver» (v. 23); «vos rodolas, et ieu irai per sol / et a l’ussol farai ne bodoisso» (vv. 27-28); «Cors Car» (v. 29); «anes ad ela» (v. 30); «trop pus pec» (v. 33); «midons mi demanda ni·m vol» (v. 35); «si sai» (v. 36); «cuberta carreta» (v. 37); «sim l’arso» (v. 38); «de bel’ambladureta» (v. 45); «el mieu mieg loc metrai» (v. 47); «si·s trenca, tal daretz del mento» (v. 50); «cazetz de la carreta» (v. 53); anche in rima 6 falhizo : 7 falveta, 43 carrïol : 44 carrïato, 53 carreta : 54 companho, 55 panseta : 56 pro. È da sottolineare infine la ripetizione morfemica di fendre lungo tutta la composizione: fendutz (vv. 4 e 12), fendut (v. 46), fendratz (v. 52) in figura etimologica con fendedureta (v. 51).

 

Rubrica:Tenso

Scheda metrica: Frank 353:7. Partimen di sei coblas unissonans + 2 tornadas di 4 vv.

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10’
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rime a -ol   b -o   c -eta

 

Decasillabi a maiore: vv. 3, 6, 7, 13, 20, 53.

Cesura lirica: 1, 12, 22, 42, 50.

Cesura mediana: vv. 31, 52.

Cesura inconsistente: vv. 18, 36.

Coincidenza tra cesura e pausa logica: vv. 1, 6, 9, 10, 11, 21, 22, 23, 26, 27, 38, 39, 42, 43, 46, 50, 55, 56.

 

Incontri vocalici: dialefe vv. 4, 7, 19, 27, 36, 43, 45, 47, 54, 56; dialefe in cesura vv. 22, 40, 46.

 

Tenendo conto delle cesure, osserviamo delle rime interne: 2 mai : 7 dirai : 11 penrai : 13 aurai : 14 estai : 45 venrai : 48 breujarai; 3 redons : 35 midons; 5 portes : 16 cavalgues : 30 anes : 39 parres; 17 poiretz : 43 anaretz : 56 levetz; 6 adès : 34 près : 21, 32, 41 ès; 8 devètz : 56 cazètz; 10 semblar : 44 tirar; 27 rodolas : 31 mas; 49 aura : 56 esclatara; 51 creissera·n : 54 auran; delle rime identiche a distanza: 9 : 26 Gauselm; rime equivoche a distanza: 21, 32, 41 es < estis : 29 es < est; e casi di poliptoto in rima interna: 12 esser : 21 ès : 29 es : 32 ès : 41 ès; 13 aurai : 23 aver : 49 aura : 54 auran; 30 anes : 43 anaretz.

 

Rime grammaticali: 31, 37, 53 carreta : 43 carrïol : 44 carrïato.

 

Enjambements: vv. 17, 22, 31, 54, 56.

 

Nel manoscritto sono ipometri i vv. 10, 11, 40; ipermetri i vv. 19 e 32.

 

 

 

 

 

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