LXXI.

FALCHETTO DI ROMANS

Testo secondo R. Zenker,  Die Gedichte des F. von R., p. 54, e secondo l’edizione mia, in  Memorie della R. Accademia delle scienze dell’Istit. di Bologna, Cl. di Sc. Morali, Sez. Stor. - filol., S. I, to. VI (1911-12), p. 81 sgg.

Il nuovo sirventese che F. di R. scrive in una circostanza eccezionale (v. 2), è un conselh, del genere di quello composto da Rambaldo di Vaqueiras per l’elevazione di Baldovino di Fiandra a imperatore di Costantinopoli (v. n. XXXIII). Non c’è dubbio che esso ci riconduca a’ giorni successivi all’incoronazione di Federico II, quando intorno al novello imperatore era tutto un sollecitar favori da parte degli amici. F. lo esorta al culto delle virtù cavalleresche, particolarmente a quello della liberalità, e di questa vuole godano Guglielmo IV di Monferrato e il Marchese d’Este, ricordando le benemerenze che si acquistarono verso di lui Azzo VI e il Conte di Verona nel 1212 (cf. vol. I, pp. 182 sgg.). La poesia ha il tono di un monito. Ed è notevole che F., il quale piú tardi inciterà tanto calorosamente Federico II alla crociata, qui non faccia il  minimo accenno ad essa, che pure formava l’argomento de’ discorsi di tutti, ora che l’Imperatore aveva solennemente rinnovato il voto durante la stessa cerimonia in S. Pietro. Gli è che questa poesia non ha uno scopo propriamente politico. La si direbbe scritta per commissione di que’ signori, a favore de’ quali l’A. sollecita larghezze da parte del monarca. Se F. di R., come è piú che mai probabile, è stato a Roma, venutovi al seguito di qualcuno de’ signori ricordati nel sirventese, parrà non inverosimile che la poesia sia anteriore al 9 dicembre, nel qual giorno Federico ripassò il ponte di Ceprano, accompagnato da’ soli baroni meridionali, dopo aver dato congedo a’ signori tedeschi e a quelli dell’Alta Italia, che tornarono alle loro case.