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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931

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076,017- Bertran d'Alamanon

 

CXXXII.

BERTRAN D’ALAMANNON e IL CONTE DI PROVENZA

Mss. HP. Il Salverda de Grave (Bertran d’Alamannon, p. 112) trova difficile scegliere fra i due testi quello da prendere per fondamento, giacché or l’uno or l’altro sembrano dare la lezione buona. Egli si è attenuto di preferenza ad H, correggendolo con P. Riproduco qui la lezione del Salverda de Grave, ma non trascuro le varianti dell’uno e dell’altro codice.

CXXXII. J. J. SALVERDA DE GRAVE (Bertran d’Alamannon, p. 114) e F. TORRACA (Federico II e la poesia provenzale, in Studi sulla Lirica ital. nel Duecento, p. 275) giunsero, indipendentemente l’uno dall’altro e simultaneamente, alla conclusione che la tenzone sia stata composta durante l’assedio di Brescia, nel 1238. Ciò perché: 1.) vi si fa menzione di una palizzata da sfondare; 2.) vi si parla di Cremonesi. In realtà i cronisti parlano di una palizzata che serví a maraviglia alla difesa di Brescia, e all’assedio parteciparono i Cremonesi. L’assedio si iniziò, secondo gli Annales Placentini Gibellini (p. 479), l’11 luglio; secondo JACOPO MALVEZZI (Chron., col. 914), il 3 agosto: («veniens ... [l’Imperatore] apud flumen Sancti Lucae», cioè il Mella «hoc est ad occiduam partem civitatis, castrametatus est die martis tertia mensis augusti». Ed è piú esatto questo scrittore bresciano (cf. BÖHMER-FICKER, Regesta Imperii, s. a.). Federico II, frustrate le sue speranze dalla resistenza de’ Bresciani, tolse l’assedio il 9 ottobre, dopo «sex dies et menses tres», scrive il Malvezzi (loc. cit.). Tutti i cronisti notano come nell’esercito imperiale militasse, fra gli altri, il Conte di Provenza, cioè Raimondo-Berengario IV: «Erant enim cum eo [Federico II] ..., Comes Provinciae cum centum militibus» (J. Malvezzi, Chron., loc. cit., Ann. Placent. Gibell., loc. cit., &c.); e risulta anche da’diplomi imperiali dati in que’ giorni (Reg. Imp., s. a.). Tra’ cento cavalieri c’era anche B. d’A.? Certo questi era presso di lui. E lo scambio di cobbole col suo signore non può immaginarsi avvenuto se non davanti alle mura della città assediata, nel momento in cui le fortificazioni bresciane, invano assalite, incominciavano a far svanire le speranze degli assedianti. Fra le tende di costoro, dopo i vani sforzi, si fanno commenti sull’andamento delle cose, e anche delle malignazioni. B. è un po’ sarcastico col Conte, e questi ironizza sopra i Cremonesi del campo. Quanto alla palizzata, è da osservare che, allorché fu iniziato l’assedio, Brescia non l’aveva ancora. («Brixienses vero nundum spaldis muniverunt fossata civitatis» Ann. Placent. Gibell., p. 79). Fu costruita durante l’assedio, dallo spagnolo Calamandrino, un ingegnere militare destinato da Ezelino da Romano a Federico II, catturato da’ Bresciani e messo, per forza e per ricche rimunerazioni, al servizio degli assediati; sicché, quando nel settembre Federico fe’ circondare la città da castelli di legno, in cui aveva collocato alcuni Bresciani prigionieri, «Calamandrinus vero, erectis suis edifficiis, contra castella Imperatoris lapides jactabat», e in ciò, aggiunge il cronista, «erat ipse optimus inzignerius» (p. 180; v. anche J. MALVEZZI, Chron., col. 912). Siamo, dunque, nel settembre.

 

 

 

 

 

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