XIII.
PEIRE VIDAL
Testo secondo Crescini, Man.3, p. 232; Anglade, P. V., p. 115.
Secondo il Diez, L. u. W., p. 171, e il BARTSCH, P. V. ‘s. L., p. VII, la poesia risalirebbe al 1195. Secondo lo SCHOPF, Biogr., pp. 7, 17, 32, al 1194-1195. Secondo il TORRACA, P. V. in Italia, p. 236, essa sarebbe stata composta «verso la fine del 1196». Quest’ultima datazione è impossibile pel fatto che il re Alfonso II d’Aragona, ricordato come vivente al v. 30, alla fine del ‘96 era già morto da sette o otto mesi. Non c’è dubbio che siamo nel 1195. Tuttavia i limiti cronologici possono restringersi ancora dippiù. Come s’è visto a p. 44, P. V. passò in Piemonte, venendo dalla Provenza, al principio del ‘95, e vi dimorò sin presso la fine dell’anno. Pure al principio del ‘95 vi faceva ritorno il Marchese Bonifazio del Monferrato dalla Sicilia, ove aveva combattuto a fianco di Arrigo VI per la conquista del Reame, e vi era rimasto sino alla incoronazione di costui in Palermo (25 dic. ‘94). Apprendiamo infatti da Pietro da Eboli, in un passo a dir vero non bene inteso da’ suoi più recenti editori, che Arrigo, al principio del gennaio ‘95, licenziò parte del suo esercito, compreso il Marchese: «Bavarus et Sclavus, Lombardus, Marchio, Tuscus In propria redeunt» (v. 1361). P. V., quando compose il sirventese, era già a contatto col Marchese (v. 23); perciò cade anche il dubbio dello SCHOPF che esso possa risalire al ‘94. L’impresa dell’imperatore era ormai compiuta: dappertutto si era divulgata la notizia delle grandi crudeltà da lui commesse contro i baroni meridionali, la regina Sibilla e il piccolo principe Guglielmo. Quasi tutti i cronisti ne parlano. Se ne parlava, certo con esecrazione, anche nel centro dove trovavasi il trovatore, centro che tutto porta a credere fosse la corte di Manfredi II di Saluzzo (cf. v. 41). Ed è probabile che appunto delle opinioni di questa corte egli si faccia il portavoce. Il poeta propugna l’idea che le città Lombarde devano tenersi unite contro i Tedeschi, e, richiamando alla loro memoria le empietà da costoro commesse nel Reame, aggiunge che vanno ora macchinando di far maggior scempio di essi. Queste voci si erano divulgate durante il tempo in cui Arrigo, mosso dalla Sicilia nel febbraio, e raggiunta Bari alla fine del marzo, avanzava verso il Nord, lungo l’Adriatico? In tal caso, la poesia sarebbe anteriore al maggio, giacchè l’imperatore arrivò in Romagna verso la metà di questo mese (v. TOECHE, p. 674). È da credere tuttavia che essa sia posteriore all’uscita di lui dall’Italia, uscita che avvenne nella prima metà del giugno (id., p. 676). Si badi che il poeta è del tutto favorevole a’ Milanesi (v. 33), che vorrebbe veder pacificati co’ Pavesi. Or Milano e Pavia son ricordati a indicare i due aggruppamenti in cui dividevansi, in quel momento, le città lombarde: Milano, Verona, Mantova, Modena, Brescia, Faenza, Bologna, Reggio, Gravedona, Piacenza e Padova, da una parte; Pavia, Cremona, Lodi, Coma, Bergamo, dall’altra. A queste ultime aveva aderito, sin dal 1193, Bonifazio di Monferrato (GIULINI, IV, 70). Combattimenti fra le due Leghe ce n’erano stati a Lodi Vecchio, in Val Brembana, a Cagozzo, sul Lambro e alle porte di Lodi (ibid.). La pacificazione, imposta dall’imperatore nel ‘94 per aver libero il passaggio attraverso l’Alta Italia, e conchiusa a Vercelli (TOECHE, p. 332), non era stata che una tregua. La politica imperiale tendeva, infatti, a favorire la Lega antimilanese e a mantener vive le dissensioni fra’Lombardi. Ad essa si opponeva la politica di Milano, tendente a ricostruire l’unità della Lega antica. Allorchè l’imperatore giunse a Como (6 giugno), il suo appoggio a’ nemici di Milano apparve manifesto; e fu allora che il grande comune prese l’iniziativa di quel congresso di Borgo San Donnino della fine del luglio, al quale dovevano aderire tutte le città già collegate, ma a cui non parteciparono che quelle favorevoli a Milano (v. l’atto in MURATORI, Antiq., IV, col. 485). Questa la situazione politica dell’estate-autunno 1195, e questa è quella che il sirventese rispecchia. Le macchinazioni tedesche non è necessario fossero quelle condotte personalmente dall’imperatore: di Tedeschi ce n’erano in Italia anche dopo il ritorno di lui in Germania. [Aggiungerò che, in un articolo apparso negli Studi Medievali, N. S., I, 11, p, 345, mentre queste pagine erano in composizione, N. ZINGARELLI, trattando di questo sirventese, viene, a un dipresso, alle stesse mie conclusioni].
[imatge: I BARONI DI PUGLIA E SICILIA TRASCINATI DAVANTI AD ARRIGO VI.]