Davantal - Einführung - Analysis - Presentación - Présentation - Presentazione - Presentacion

Radaelli, Anna. Pastorella danzante (BdT 244,8). "«Ab nou cor et ab nou talen» Nouvelles tendances de la recherche médiévale occitane", ed. d'A. Ferrari i S. Romualdi. Modena: Mucchi Editore, 2004, pp. 263-286.

244,008- Guiraut d'Espanha

 

Pastorella danzante (BdT 244,8).
 
La pastorella in forma di dansa che s’apre con il respos Per amor soi gai è tramandata in attestazione unica nell’ultima sezione del canzoniere provenzale E (Paris, Bibliothèque nationale, fr. 1749, p. 228) che conserva la piccola collezione di testi composta dalle tredici dansas e dalle due canzoni che occupano le pagine 227-232 del manoscritto. Le ‘canzoni da ballo’, adespote (pp. 227-230, sino a metà della colonna B seguita da uno spazio bianco di sedici righi), sono introdotte da una grande lettera incipitaria miniata; le canzoni cortesi invece (1), separate nettamente dal gruppo precedente, sono annunciate in una nuova pagina da una figura di trovatore alluminata entro la maiuscola incipitaria e da una rubrica tarda, probabilmente cinquecentesca, che reca, prima dei due testi e in caratteri maiuscoli, GVIRAVT D’ESPANHA., sulla scorta dell’annotazione del copista, in caratteri minori (Guiraut despanha.), che si legge nel margine superiore della colonna A di p. 231 e da intendersi come indicazione di guida per il rubricatore, in seguito evidentemente trascurata (2).
La raccolta occupa dunque le ultime tre carte, sciolte, del manoscritto. Seppure la sua trascrizione, su pergamena di qualità mediocre, sia dovuta alla mano del medesimo copista cui si deve il resto del canzoniere, al quale risulta omogenea anche per l’identità dell’impaginazione e per il tipo di ornamentazione di cui è corredata, essa appare tuttavia come una plaquette aggiunta successivamente a integrare e concludere il nucleo originario del corpus lirico.
È noto come l’origine e la ragione della sua presenza nella zona liminare della raccolta già ordinata di E sia stata individuata da Stefano Asperti nello spazio culturale e poetico creatosi durante la signoria provenzale del coms Karle d’Angiò, in quell’humus di provenienza oitanica che favorì l’elaborazione formale di questi testi nel breve arco temporale degli anni ‘50 e ‘60 del Duecento (3). Con lo studio che segue si intende confermare, aggiungendo nuovi dettagli formali e di contenuto, l’evidente impalcatura di derivazione francese che soggiace a questa pastorella e come questa diventi esemplare dell’assorbimento di nuove modalità di esecuzione poetica.
Il corpus dei tredici testi, adespoti e comunque di paternità incerta (4), non riproduce al suo interno l’uniformità e l’omogeneità metrico-formale che ci si potrebbe aspettare (5), ma la varietà tipologica delle forme, svincolate per lo più da quelli che diverranno i principi normativi della trattatistica in materia di dansas, testimonia una certa vitalità ancorché fugace nel giro di pochi decenni. Già alla fine del XIII secolo la fisionomia metrica di questi testi sembra essere ormai disegnata nelle sue linee principali e mostra anzi chiari segni di irrigidimento formale, con il ricorso ai medesimi schemi e il consolidamento del canone metrico, come sì può vedere nelle dansas provenzali conservate in f (Paris, Bibl. nat., fr. 12472) e in W (Paris, Bibl. nat, fr. 844 = canz. francese M) (6). È dunque rilevante la funzione che assumono le dansas di E quale discrimine fra le pochissime esperienze precedenti, caratterizzate da soluzioni metriche le più varie (7), e quelle della generazione poetica immediatamente successiva, maturata tra il XIII e XIV secolo con i Jocs Florals, in cui si è ormai esaurito il processo di precisazione e definizione in una tipologia stabile.
Fatta questa premessa, bisogna innanzitutto precisare che nessuno dei testi di E si autodesigna come dansa, appellativo che invece si trova in quelle più tarde di W (Ben volgra s’esser pogues, vv.43-45) e f (Si tot chantar no m’enansa, vv. 29-30). Infatti della collezione, solo due rispondono perfettamente a tutti i requisiti che vengono illustrati nelle Leys d’Amors (Pos ses par 244,10; Dona si tot no·us es preza 244,1), mentre vi è un gruppo di cinque poesie che può definirsi regolare grossomodo, perché al suo interno molti tratti si rivelano, anche se in misura non grave, labili, soprattutto per quel che concerne l’alternanza rimica (Si·l dous jois d’amor 244,15; Non puesc plus sofrir 244,6; S’a la bella 244,14; Na ses merce 244,5; Sa gai’asemblansa 244,12; Ges ancara 244,3). A queste se ne aggiungono altre tre (Si no·m secor dona gaya 244,16; Lo fin cor qu’ie·us ai 244,4; Gen m’ausi 244,2) le cui irregolarità appaiono invece molto marcate. Due di esse anzi possiamo escludere con sicurezza dal genere dansa: l’una definita baladeta dall’autore stesso (244,4) perché per svolgimento tematico, registro, struttura formale si avvicina più alle baladas tràdite da Q (Firenze, Bibl. Riccardiana, 2909, pp. 8-11) o ad alcune balletes in forma di virelai del codice oxoniense I (Oxford, Bodleian Library, Douce 308) (8) che alle dansas, la seconda (244,16), perché può essere considerata una forma ibrida tra l’una e l’altra, in questo simile dunque alla dança-balada (Pus no vey ley cuy son amics 434,9c) di Cerveri de Girona siglata come tale dalla rubrica di Sg (Barcelona, Biblioteca de Catalunya, ms. 156, f. 33r).
La pastorella di cui ci occupiamo, infine, può dirsi ‘in forma di dansa’ per la presenza di alcuni tratti caratteristici del genere come il respos iniziale, sintatticamente autonomo e metricamente identico, pur con qualche anomalia, alla parte finale delle coblas; la non coincidenza rimica tra la fronte e la sirma; la misura dei versi che non superano le otto sillabe a meno che non siano a rima interna.
Essa è considerata una delle più belle fra le pastorelle provenzali (9): il contenuto fortemente influenzato da tratti oitanici, nonché la presenza di assonanze e sonansas bordas ne fanno un unicum all’interno della tradizione lirica occitanica (10). Vi sono infatti versi che paiono indipendenti e irriducibili a ogni eguaglianza rimica, e assonanze e rime imperfette che contrastano con la ricerca della perfezione metrica trobadorica (11).
Quanto alla struttura strofica di questa composizione Frank, seguendo il principio più volte enunciato (12), secondo il quale solo la rima delimita il verso, registra lo schema metrico all’art. 156 con quest’unico esempio:
 
a12’   a12’   b5   b5   c10’   [?] dansa-pastourelle. (3) 5 s 5 (13)
 
In esso emerge soprattutto l’adozione del verso di dodici posizioni a uscita femminile, non cesurabile con rima interna, che contrasta palesemente con una delle norme più rigide che saranno espresse dai trattati in materia di dansas, norma che pur nell’insieme disomogeneo dei componimenti di E, è quella più rispettata (14).
Lo stesso Frank si dichiara comunque dubbioso sullo schema da adottare per questo particolare componimento, tanto che nell’Introduzione (p. XXX, nota 2 al §53) lo enumera tra le pochissime creazioni che, per aspetti differenti, costituiscono «singulières exceptions à la rigueur parfaite de la versification des troubadours». Fra di esse considera tre composizioni per le quali dichiara di aver dovuto tener conto anche della corrispondenza in assonanza oltre che di quella in rima: la ‘dansa-baladaA l’entrada del tens clar eya (461,12=42:1) che presenta, di fronte a 17 rime in -ar, tre assonanze: part, veilhart, vertat (15); la canzone di Guiraudo lo Ros Amors mi destrenh e·m greya (240,3=382:101 e 225:3 in cui assuonano -enda, -enha, -enta, -ensa (16)) e il sirventese di Peire Basc Ab greu cossire (327,1=248:1 e 35:1 (17)). A suo avviso, al di fuori di questi tre testi ogni imperfezione rimica è attribuibile unicamente ad alterazioni nella tradizione. A queste eccezioni aggiunge quei versi con rims espars o bruts, che si trovano in Joan Esteve Ogan ab freg que fazia (266,9=317: 1 (18)) e Peire Milo (per il quale si tratta propriamente di un bordo biocat che torna alla fine di ogni strofe) Per pratz vertz ni per amor (349,4=389:3 (19)). Cita, infine, Per amor soi gai ma tra i due esempi d’impiego di versi lunghi di raro tipo, come appunto i dodecasillabi a rima femminile. Singolare ma significativo che la seconda composizione affiancata alla dansa-pastorella per questa particolare configurazione strofica sia un’altra pastorella anonima, L’autrier al quint jorn d’abril (461,145), trasmessa da f nella stessa sezione delle uniche due dansas tràdite dal manoscritto provenzale (f. 42, n. XLV), e registrata nel Répertoire sotto due articoli (785 e 310 come unica) per la presenza di una rima irrelata nella fronte della 1ª, 3ª, 6ª cobla, e per la quale Frank ha ammesso tre versi senza rime contro 59 rimanti regolarmente (20). Inoltre egli, nonostante la consideri tra gli unici due esempi di impiego di versi lunghi di raro tipo, e nonostante la presenza di queste rimas esparsas, ne registra l’assetto metrico della fronte secondo un’articolazione bipartita formata da un settenario e un quinario a rima femminile. Per quel che concerne la nostra pastorella invece, pur prospettando anche per essa la divisione della fronte in due emistichi i cui versi dispari risultino irrelati, dichiara di aver adottato tuttavia la soluzione di considerarli parte di una sola unità versale «non sans hésitation, puisqu’un vers de 12 syllabes coupé 7+5 est inconnu par ailleurs chez les troubadours». Ma a questo si può subito obiettare che un verso di tale lunghezza, senza possibilità di rime interne e per questo inammissibile in una dansa, non annullerebbe comunque le rime imperfette per assonanza nella IV e V cobla (22 crida : 24 artigua e 27 anar : 29 man).
Venendo agli editori, Hoby, seguendo Appel e Savj-Lopez, presenta la fronte con la successione a7b5’, ma per la sirma ed il respos sceglie la serie di quattro quinari A5 A5 A5 B5, come farà Riquer, il quale per il resto propone il testo della dansa-pastorella secondo l’articolazione di Frank (21), mantenendo inoltre inalterate le ipermetrie dei vv. 8 (9 ed. Riquer), 9 (10 ed. Riquer), 32 (29 ed. Riquer), e l’ipometria al v.17 (16 ed. Riquer). A me sembra tuttavia che tale disposizione rimica del respos, e conseguentemente della parte finale delle strofi, ponga in evidenza una quantità di assonanze ed irregolarità ben maggiori di quante non ne emergano nella presente edizione. Alcune di esse infatti, almeno le più evidenti, mi pare possano essere parzialmente giustificate.
Lo schema qui adottato, mantenendo la fronte bipartita, settenari/quinari a rima femminile, prevede nella sirma la presenza di due decenari a cesura mediana che in tre casi, compreso il respos, contengono rimalmezzo (vv. 19 : 20, 25 : 26 e respos), e in altri tre assonanze toniche in cesura (vv. 7 : 8, 13 : 14, 31 : 32, per cui si veda infra (22)).
Consideriamo in primo luogo l’articolazione della fronte: l’alternanza settenario/quinario è combinazione caratteristica delle pastorelle francesi. Anzi, il settenario è stato identificato da Rivière come il metro più adatto a conferire alla pastorella una connotazione «popularisante» (23). Ciò che più crea difficoltà, la presenza di rims espars o bruts ai versi dispari della fronte che ha indotto Frank, e con lui Riquer, ad accorpare i versi in lunghezze inusuali, è superabile abbastanza agevolmente se si considera che la presenza di rime irrelate non è una singolarità di questa pastorella, né nella tradizione occitanica né in quella francese, non solo infatti è attestata nella pastorella anonima di f (461,145) e nella vaqueira di Johan Esteve (266,9 in sede fìssa al 6° e 8° verso) ma anche in alcune pastorelle anonime francesi, in cui sono presenti «rimes libres ou imparfaites» (L’autrier me chevalchoie RS1704=MW1263,8, A la fontenele RS593=MW1203,1, L’autrier chevachai pensis RS1586=MW1034,88, Qant voi le prime florette RS982=MW1133,1, En un praelle RS607= MW763,2 (24)).
Lo scarto riguardo allo schema comunemente adottato si verifica però nell’articolazione del respos e delle parti finali delle coblas. Nella configurazione qui proposta la seconda parte di ogni strofe riprende il decenario con cesura mediana e lo schema rimico del respos; la seconda e la terza strofe anche le rime. Per la struttura ‘base’ la pastorella risponde dunque in questa sede a uno dei criteri che poi saranno normativi del genere dansa.
Da subito sono ravvisabili però delle singolarità ed anomalie rispetto al resto della tradizione trobadorica, sia perché il decenario cesurato 5+5 è, tra i versi composti di dieci posizioni quello attestato con minor frequenza (25), sia perché tutti i primi versi del distico finale, e del respos, presentano corrispondenze, in rima o in assonanza, di tipo orizzontale (2 gai - estrairai; 7 bel - trobei; 13 farai - plai; 19 ai - aurai; 25 blatz - asatz; 31 baizet - sonet) che evidentemente hanno la prevalenza sull’identità della rima c in ogni cobla (estrairai : trobei : plai : aurai : asatz : sonet). Le deviazioni più notevoli si trovano tuttavia nelle rispondenze interne di tipo verticale: oltre all’assonanza tonica dei vv. 13 :14 (farai : cordat), sono soprattutto i vv. 7 : 8 e 31 : 32 a destare interesse perché le parole in cesura a uscita femminile (8 pastorela, 32 quarteta), interrompono la regolarità della rimalmezzo introducendo due versi a cesura epica, versi cioè crescenti di un’atona soprannumeraria che dà luogo a due ipermetrie apparenti. La sillaba sovrabbondante in cesura, in presenza del secondo emistichio iniziante per consonante, quindi senza possibilità di sinalefe, dà dunque origine a una pausa epica che si può dire eccezionale nella poesia trobadorica provenzale (26).
Nella lirica francese versi di dieci posizioni a cesura mediana compaiono invece con una certa frequenza nei generi lirico-narrativi e di tono ‘popolare’, – ‘romances’, chansons d’histoire, chansons de toile –, in quelli cioè definiti da Elwert «mi-lyriques, mi-épiques» (27). Ma se ne trova qualche esempio anche nelle pastorelle anonime in cui a questa articolazione, combinata anche con altri metri, si accompagnano casi di cesura epica del tipo 5’+5, come in L’autrier m’en aloie-chevauchant (RS1680=MW767,1, 6 esempi (28)), En mai, la rousee, que nest la flor, (RS1984=MW422,1, Riv LIV, vv. 18, 25, 33, ma qui con possibile elisione), Quant pré reverdoient, que chantent oisel, anch’essa con cesure epiche 5’+5 ai vv. 1, 2, 28, 37, 38 (RS583=MW447,1, Riv LXX); Quant ge li donai le blanc peliçon, corrispondente ai vv. 3403-06 del Guillaume de Dole, con cesura epica 5’+5 al v. 4 (RS1877=MW381,4, Riv CXVIII); Belle Aelis, une jone pucelle, un solo caso al v. 38 (RS1508=MW1189,2, Riv XXXII (29)). L’impiego del vers taratantara (30) è addirittura attestato anche in pastorelle di autori noti del XIII secolo come Pierre de Corbie, che in Par un ajornat trovai en un pré (RS291=MW1135,1) impiega il decenario a cesura mediana e rima interna (31) e Richart de Semilli, la cui produzione lirica si distingue per l’impiego di forme estranee alla tradizione cortese, che utilizza il verso nella pastorella L’autrier chevauchoie-delés Paris (RS1583=MW6,1 (32)) che è composta sulla stessa melodia di L’autrier m’eri aloie-chevauchant (RS1680) appena citata a conferma che i versi crescenti in cesura venivano evidentemente neutralizzati nell’esecuzione musicale.
La coscienza metrico-melodica, unita all’attenta valutazione della finalità del testo, è dunque ben individuabile nella pastorella provenzale Per amor soi gai che riflette, da parte del suo anonimo autore, la volontà mimetica del gusto arcaizzante, del recupero primitivo di forme tradizionali similmente coltivate nel Nord della Francia. Essa infatti è costruita su una struttura metrica ‘di importazione’ che non trova corrispondenti all’interno della tradizione trobadorica e che insieme ad altri chiarissimi topoi di cui è costellata: la rima ‘francese’ del v. 8; le rime imperfette in -ela, -eta ai vv. 28:30; l’uso del perfetto in -a; il motivo dei tre baci; la stessa violenza sessuale, inedita nelle pastorelle occitaniche, con l’incalzare del cavaliere che afferra la fanciulla per la bianca mano (si pensi al confronto con la tencha nera della pastorella di Giraut de Bornelh!) apostrofandola signorilmente Na pastorela, trasporta questa piccola pièce d’allure francese entro una cornice cortese trobadorica, producendo un raffinato effetto dissonante, il tutto adeguato entro il modello formale originale della dansa, a testimoniare un momento vivace di elaborazione di nuovi moduli che nel giro di pochi decenni condurrà all’affermazione e definizione metrica dei generi a «forme fisse» come il rondeau, il virelai, la ballade (33).
 
 
SCHEMA METRICO:
 
Frank 156:1]. Pastorella in forma di dansa con respos di 2 vv. + 5 coblas singulars di 6 vv.
a        b       a        b       (c)c    (c)d  
7        5’       7        5’       10      10
5+5     5+5
 
schema delle rime e delle assonanze (34):
 
a: -i [:-ier] -al [:-os] -ier [:-as] -ier [:-ar] -ar [;-an]
b: -eta -eta -ura -ida (:-igua) -ela (:-eta)
c: -ai (respos) -ei -ai -ai -atz -et
d: -en (:-an)
ipermetrie ai vv. 3, 7, 8, 9, 23, 29, 32 ipometrie ai vv. 16, 17
 
 
Note:
 
(1) Alle pagine 231-232. Si tratta di S’ieu en pascor non chantava (BdT 244,13) e Qui en pascor non chanta non par guais (BdT 244,11), che si trovavano anche nel Libro di Michele a c. 39, tràdite nel medesimo ordine e con la stessa paternità anche dal ms. C che le fa seguire da una terza canzone (Pus era suy ab senhor BdT 244,9) citata nel Breviari d’Amor (vv. 34-40). Cfr. G. M. BARBIERI, Dell’origine della poesia rimata, a cura di G. Tiraboschi, Modena 1790, p. 128; V. DE BARTHOLOMAEIS, Le carte di G. M. Barbieri all’Archiginnasio di Bologna, Bologna 1927, p. 33 e R. RICHTER, Die Troubadourzitate im “Breviari d’Amor”, Modena 1976, p. 135. ()

(2) Non si tratta dunque di testi anonimi ‘in partenza’, come le dansas per cui non era prevista attribuzione, ma per omissione materiale, si veda a questo proposito M. CARERI, Il canzoniere provenzale H (Vat. Lat. 3207), Modena 1990, p. 77, nota 63, la quale spiega che l’omissione della rubrica attributiva a Guiraut d’Espanha «[...] non è dovuta a incertezza, ma ad un problema di incompletezza materiale del codice». ()

(3) S. ASPERTI, Carlo I d’Angiò e i trovatori. Componenti «provenzali» e angioine nella tradizione manoscritta della lirica trobadorica, Ravenna 1995, pp. 97-120:101: «l’elemento caratterizzante e qualificante di tutto l’insieme di poesie trascritte sulle carte finali del canzoniere E è dato dalla possibilità di ricondurre questa aggiunta [...] ad un preciso àmbito storico-culturale ed in particolare ad una corte, quella provenzale di Carlo d’Angiò [...]». ()

(4) La questione dell’attribuzione o meno di questi testi a Guiraut d’Espanha, sotto il cui articolo sono registrati nella BdT, è stata variamente discussa dai due principali studiosi che se ne sono occupati: P. SAVJ-LOPEZ, Le rime di Guiraut d’Espanha, in «Studi medievali», I (1905), pp. 394-409 e O. HOBY, Die Lieder des Trobadors Guiraut d’Espanha, Freibourg (Schweiz), 1915 e, più recentemente, da F. ZUFFEREY, Recherches linguistiques sur les chansonnier provençaux, p. 170 e n. 217. Dell’argomento si tratterà nuovamente nell’edizione critica da me curata delle dansas attribuite a Guiraut d’Espanha, di prossima pubblicazione. [“Dansas”provenzali del XIIIs., Firenze 2004]. ()

(5) Non del tutto precisa è dunque l’osservazione di Gerard Gonfroy a proposito della compattezza formale degli esemplari di dansa rispetto a quanto detto dagli antichi trattati di metrica, la cui definizione «constitue une description extrêmement précise d’une forme pourtant très complexe: la coïncidence du modèle avec les trente pièces qui survivent es parfeite», Les genres lyriques occitans et les traités de poétique..., in Actes du XVIIIe Congrès International de Linguistique et de Philologie Romanes (Trèves 1986), VI, Tübingen 1988, pp. 121-135:128. ()

(6) In f 461,195 e 461,224. In W 461,92; 461,196; 461,230; 244, 1a; 461,20a; queste ultime sono inoltre le uniche eccezioni trasmesse con la musica, anche se ovviamente la componente musicale e coreografica è da considerarsi costitutiva anche nei testi di E; cfr. al riguardo quanto riportato dalle Leys d’Amors: «[...] hom cominalmen fa et ordena lo dictat de dansa e pueysh li empauza so [...]», ed. J. ANGLADE, Las Leys d’Amors, Toulouse-Paris 1919-1920, II, p. 185. ()

(7) Cfr. A. RADAELLI, La danseta di Uc de Saint Circ (BdT457,41), in Sordello da Goito. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Goito-Mantova, 13-15 novembre 1997, in «Cultura Neolatina», LX (2000), I, pp. 59-88. ()

(8) S. ASPERTI, La sezione di “balletes” del canzoniere francese di Oxford, in Actes du XXe Congrès International de Linguistique et Philologie Romanes, (Zürich, 6-11 avril 1992), Tübingen und Basel 1993, V, pp. 15-27. ()

(9) Cfr. O. SCHULTZ-GORA, in «Archiv für das Studium der Neueren Sprachen und Literaturen», CXXXIV (1874), pp. 432-33: «Eine Perle der provenzalischen Dichtung, und wenn sie, wie anzunehmen, von Guiraut d’Espanha herrührt, so ist ihm dadurch allein ein hoher Rang unter den Trobadors gesichert» e M. DE RIQUER, Los trovadores. Historia Literaria y Textos, Barcelona 1975, III, p. 1390: «Ésta es una de las pastorelas más bellas y más conocidas de la literatura provenzal». ()

(10) «[...] è la migliore fra le pastorelle provenzali: l’imitazione francese le dà movenze leggiadramente spigliate ed un’aura di fresca ispirazione che altri scambiò per genuino sentimento di popolo», SAVJ-LOPEZ, Le rime cit., p. 405, per il quale si tratta di poesia cortigiana ma non attribuibile a Guiraut d’Espanha («Certo è che la causa di Guiraut d’Espanha non è qui sostenuta da nessun argomento», ibidem, p. 407). Mentre A. PILLET, Studien zur Pastourelle, Breslau 1902, p. 28, la dichiara antica e popolare ma con un’aggiunta posteriore, forse del secondo terzo del XIII, di un respos cortigiano. Indizi certi di popolarità sono scorti anche da H. SUCHIER, Der Troubadour Marcabru, in Jahrbuch für romanische und englische Sprache und Literatur, XIV (1875), pp. 273-310:302, che ne esclude l’attribuzione a Guiraut d’Espanha. Al contrario HOBY, Die Lieder cit., p. 94, per la presenza del tono aulico nel respos, nonostante le numerose infrazioni metriche e ammettendo una «popola-risierenden Tendenzen der Pastorella», si dimostra possibilista nell’attribuzione al trovatore tolosano: «Ich wüßte deshalb nicht, warum wir grundsätzlich unsern höfischen Dichter G. d’Espanha als Autor unserer Pastorella». J. H. MARHALL, Une versification lyrique popularisante en ancien provençal, in Actes du premier congrès international de l’Association Internationale d’Etudes Occitanes, London 1987, pp. 35-66:59 la definisce un testo «popularisant et peut-être faux-naïf [...] ce qui est déroutant, c’est la présence de tant de traits popularisants dans si peu de vers, surtout des vers provençaux» e a p. 61: «On voit sans peine le degré considérable d’anisosyllabisme, ainsi que la technique plûtot lâche de la rime [...] Il est évidemment rare qu’un texte chanté soit irrégulier à ce point-là, mème en ancien français: normalement on trouve une irrégularité moins voyante, plus discrète - et plus facilement corrigée par les éditeurs». ()

(11) L. RÖMER, Die volksstümlichen Dichtungsarten der altprovenzalischen Lyrik, Marburg 1884, p. 66, n. 15, con E. STENGEL, Romanische Verslehre, in Grundriss der romanischen Philologie, Strassburg 1902, II/1, pp. 1-96:12, attribuiva assonanze e versi indipendenti a guasti del testo. Così J. AUDIAU, La pastourelle dans la poésie occitane du Moyen Age, Paris 1923, pp. IX-X: «Je serais tenté d’admettre pour ma part, que l’imperfection de cette pièce au point de vue de la rime est le résultat d’altérations successives, et, comme le récent éditeur de Guiraut d’Espanhe, M. Hoby, j’accorderais au moins quelque vraisemblance à l’attribution préposée par Bartsch». ()

(12) I. FRANK, Répertoire métrique de la poésie des troubadours, Paris 1953,1, p. XXX. ()

(13) II decenario a rima femminile dev’essere un refuso. Anche per lo schema rimico Frank segnala qualche atipicità: «a -eta, -eta, -ura, -ia, -ela (eta); b -an, -ai, -ai, -atz, -èt; c -en [Irrégularités]». La stessa formula rimica è presente in Giraut de Bornelh 242,64=156:2, l’alba à refrain Reis glorios, verais lums e clartatz. In seconda fascia Frank pone il Mystère de sainte Agnès («morceau lyrique Rey glorios, str.I, cfr. 23:note») e «Lo vers de Deu» Un bon vers agra obs a far enans di Cerveri de Girona (434a,77=774:2). ()

(14) «E li bordo que son en dansa no devo passar .viij. sillabas: et en cas que aytal bordo passesso .viii. sillabas, seria irregulars aytal dansa, anormals, e fora son propri compas e si doncx li rim no seran multiplicatiu», ed. A.F. GATIEN-ARNOULT, Las flors del Gay Saber, estiers dichas las Leys d’Amors, 3 voll., Toulouse 1841-43, I, pp. 340-42. ()

(15) Edizione in C. APPEL, Provenzalische Chrestomathie, Leipzig 1895 (rist. anast. Genève 1974), n. 48. ()

(16) Edizione a cura di A. M. FINOLI, Le poesie di Guiraudo lo Ros, in «Studi medievali», XV (1974), pp. 1051-97. Un elenco di testi provenzali in cui è individuabile una sicura assonanza si trova in P. G. BELTRAMI, “Er auziretz” di Giraut de Borneil e “Abans qe·il blanc puoi” di autore incerto: note sulla rima dei trovatori, in «Cultura Neolatina», LII (1992), pp. 259-321:278, n. 64. Cfr. inoltre, per l’ambito italiano, P. TROVATO, Sulla rima imperfetta per assonanza nella lirica delle origini (con un’ipotesi per Cino, “Degno son io”), in «Medioevo romanzo», XII (1987), pp. 337-52. ()

(17) Edizione in C. APPEL, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1892, p. 210, per cui P. G. BELTRAMI, Variazioni di schema e altre note di metrica provenzale: a proposito di Bertran de Born, “Puois Ventadorns” e “Sei qui camja”, in «Studi mediolatini e volgari», XXXV (1989), pp. 5-42:17, parla di presenza-assenza di rime interne. I pochi altri esempi di rime imperfette nella poesia trobadorica sono segnalati in MARSHALL, Une versification lyrique popularisante cit, pp. 45-47. ()

(18) S. VATTERONI, Le poesie del trovatore Johan Esteve, Pisa 1986. ()

(19) APPEL, Provenzalische Inedita cit., p. 185. ()

(20) Edizione in P. MEYER, Les derniers troubadours de la Provence d’après le chansonnier donné à la Bibliothèque Impériale par M. Ch. Giraud, Paris 1871, p. 112 e AUDIAU, La pastourelle cit., p. 123. ()

(21) «El texto parece corrompido [...] y es dificil determinar su estrofismo. En la edición que sigue adopto el estrofismo que propone, aunque con interrogante, Frank en su Répertoire, I, pàg. 28» (Riquer, Los trovadores cit, p. 1390). Ma in realtà, come detto, Riquer non segue Frank nella presentazione del respos che viene proposto come in APPEL, Chrestomathie cit., 51, p. 88. ()

(22) Adifferenza di altre liriche, per cui nella fascia bassa del Répertoire di Frank vengono recuperate in corpo minore altre possibili ricomposizioni di versi maggiori con rima interna, per le dansas in cui si nota la presenza di versi composti, non è prevista una doppia schedatura. Se si fosse prevista, sarebbe stato evidente che la struttura metrica di Per amor soi gai, cosi come è presentata ora, è identica a quella della dansa Na Ses Merce (244,5=316:1), che la precede immediatamente nel codice e dalla quale si discosta solo per la presenza dei quinari nella fronte e per l’uscita maschile del decenario con rima c. Si potrebbe proporre dunque di registrare ambedue le composizioni sotto l’articolo 403, 4a e 4b, dopo la cobla anonima Tals lauza Dieu (461,228). Questi infatti sono due dei cinque casi (discordanze per le dansas si registrano anche in 244,10; 244,2; e 244,3) in cui sarebbe opportuno scostarsi dagli schemi proposti da Frank cedendo alla necessità di individuare un solo verso lungo dall’accorpamento di più versi corti. Per le liriche a doppia schedatura, cfr. S. VATTERONI, Rima interna e formula sillabica: alcune annotazioni al “Répertoire” di I. Frank, in «Studi mediolatini e volgari», XXIX (1982-83), pp. 175-82. ()

(23) J. - CH. RIVIÈRE, Pastourelles, 3 voll., Genève 1974-1976, I, p. 53, il quale afferma che la combinazione settenari/quinari è presente nel 33% delle pastorelle anonime francesi e che «le vers de 7 syllabes est le vers fondamental de la pastourelle». Cfr. inoltre S. RANAWAKE, Höfische Strophenkunst. Vergleichende Untersuchungen zur Formentypologie von Minnesang und Trouvèrenlied an der Wende zum Spätmittelalter, München 1976, p. 96, sulla combinazione metrica settenario/quinario come frattura di un’originaria «Vagantenzeile». ()

(24) Secondo l’ordine della collezione RIVIÈRE, Pastourelles cit: XXXVIII, che presenta versi in corrispondenza rimica solo in 2ª e 4ª posizione di ciascuna strofe, LXIII, con rims espars in la e 3ª sede, XXXIX, L, LI. ()

(25) Cfr. P. G. BELTRAMI, Endecasillabo, décasyllabe, e altro, in «Rivista di letteratura italiana», VIII (1990), pp. 465-513:511: «la cesura mediana maschile (55 o 55’), in provenzale, è, come variante ammessa del décasyllabe, ancora più rara [...]», riportando esempi da Monge de Montaudon 305,13 (canzone tutta costruita su quella articolazione, ed. M. J. ROUTLEDGE, Les poésies du Moine de Montaudon, Montpellier 1977, XVII, con possibilità di cesura epica) e Pons de Capdoill 375,26 (ed. M. VON NAPOLSKI, Leben und Werke des Trobadors Pons de Capduoill, Halle a.S., 1879, XXVII, 43); cfr. inoltre Peire Vidal, ed. d’A. S. AVALLE, Peire Vidal. Poesie, Milano-Napoli 1960, nota a VIII, 54. Si vedano anche C. DI GIROLAMO - A. FRATTA, I decenari con rima interna e la metrica dei siciliani, in Dai siciliani ai siculo-toscani. Lingua, metro e stile per la definizione del canone. Atti del Convegno (Lecce, 21-23 aprile 1998), Galatina 1999, pp. 167-86. ()

(26) Cfr. C. DI GIROLAMO, Elementi di versificazione provenzale, Napoli 1979, pp. 21-25:23 «Decenari con cesura epica compaiono pure, sporadicamente, in trovatori posteriori, forse non senza qualche connotazione di arcaismo [...]»; P. G. BELTRAMI, Cesura epica, lirica, italiana: riflessioni sull’endecasillabo di Dante, in «Metrica», IV (1986), pp. 67-107:76, ne conta (a parte i numerosi casi di versi con cesura epica nell’Epistola epica di Raimbaut de Vaqueiras) 14 esempi più una serie, 30 casi, nei quali la cesura epica è però annullata dalla sinalefe tra i due emistichi: «nel caso delle rime interne il risultato è comunque imbarazzante: o una fioritura di rime imperfette [...] o un’alterazione della prosodia accettata del verso antico [...]», pp. 73-74, n.12. Per il versante italiano, cfr. F. F. MINETTI, Monte Andrea da Fiorenza. Le rime, Firenze, presso l’Accademia della Crusca, 1979, che, dichiarando l’ineludibilità del valore prosodico di una vocale dopo consonante nasale o liquida in fine di emistichio, propone l’elenco di ‘crescenze in cesura’ nell’Introduzione. ()

(27) Cfr. W. TH. ELWERT, Traité de versification française des origines à nos jours, Paris 1965, p. 64, §86 e p. 121, §161: «certe division symétrique [...] apparait surtout dans les poèmes de caractère «populaire» du lyrisme du Moyen Age». Mentre risulta eccezionale nella poesia cortese, l’unico poeta che abbia composto un’intera canzone su questo schema è Blondel de Nesle, A l’entrant d’esté que li tens s’agence (RS620=MW1159,6 ed. a cura di L. WIESE, Die Lieder des Blondels de Nesle, Dresde 1904, 117); cfr. R. DRAGONETTI, La technique poétique des trouvères dans la chanson courtoise, Bruges 1960, pp. 495-499:495, nota 1, per i pochi trovieri che l’hanno usato in combinazione con altri schemi. Cfr. inoltre M. BURGER, Recherches sur la structure et l’origine des vers romans, Genève-Paris 1957, pp. 24-5: «[...] Outre ces deux types principaux, le décasyllabe lyrique, apparaît parfois sous les formes 4’+5 et 6+4 qui sont rares, mais bien attestées. Enfin, on trouve exceptionellement les formes 4’+6, 6’+4, 5+5, et 5’+4». Per l’interpretazione dei quinari come risultato della frattura di un decenario di tipo arcaico, cfr. H. SPANKE, Beziehungen zwischen romanischer und mittelalterlischer Lyrik mit besonderer Berücksichtigung der Metrik und Musik, Berlin 1936. Ed infine A. ROCHAT, Etude sur le vers décasyllabique dans la poésie français du moyen âge, in Jahrbuch, XI (1870), pp. 65-93 e A. TOBLER, Vom französischen Versbau alter und neuer Zeit, Leipzig 1880, pp. 96 e 103. ()

(28) Pubblicata da H. SPANKE, Eine altfranzösische Liedersammlung. Die anonyme Teil der Liederhandschriften KNPX., Halle 1925, pp. 113-14, melodia alle pp. 429-30, e con il numero LXVI nella raccolta RIVIÈRE, Pastourelles cit., d’ora in avanti Riv. ()

(29) Nella ballete, giuntaci incompleta, L’autrier en mai por moi esbanoier (RS1275=MW192,9, Riv XXVIII) si attesta un esempio di cesura epica su décasyllabe a minori, 4’+6, al verso 3: «trovai pastoure soule sans un bergier». ()

(30) Cfr. R VERRIER, Le vers français. Formes primitives, développement, diffusion, Paris 1931-32, 3 tt., II, 58: «avec son rythme chantant, que lui reproche Voltaire [...] et qui le fait appeler taratantara par Bonaventure des Périers, ce vers [5+5] convient admirablement à la danse». ()

(31) Nell’edizione approntata da M. CALZOLARI nella sua tesi di dottorato, Il troviero Pierre de Corbie, Roma 1987 e riprodotta in EAD., Pastori e poeti. Osservazioni su alcune pastorelle del XIII secolo, in «Boletin de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona», XLIV (1993-1994), pp. 5-36:33. ()

(32) Egli utilizza inoltre il décasyllabe nell’altra pastorella Je chevauchai l’autrier la matinee (RS527=MW480,1) e il verso di undici sillabe nella canzone di malmaritata L’autrier tout seus chevauchoie mon chemin RS1362=MW255,1. Cfr. K. BARTSCH, Romanzen und pastourellen, Leipzig 1870, III, 11-12, pp. 242-243 e I, 64, p. 80 e G. STEFFENS, Der kritische Text der gedichte von Richart de Semilli, in Festgabe für Wendelin Foerster, Halle 1902, pp. 331-362: 354, 336, 352. Cfr. inoltre SPANKE, Eine altfranzösische Liedersammlung cit., pp. 293, 311 e 376 e F. GENNRICH, Die altfranzösische Rotrouenge, Halle 1925, pp. 35-37 e 45-47. ()

(33) L’influenza stilistica e formale sempre maggiore della tradizione oitanica sulla produzione lirica cortese e amorosa meridionale, in particolar modo provenzale, si manifesta qui con un fenomeno di ritorno, di propagazione in senso inverso Nord-Sud dei modi e dei toni della pastorella, cfr. S. ASPERTI, Contrafacta provenzali di modelli francesi, in «Messana», n.s. 8 (1991), pp. 5-49. Ulteriore conferma ci viene dall’inserzione nel piccolo corpus delle ‘dansas’ di E dell’adattamento provenzale della canzone francese di Rogeret de Cambrai Nouvel ’amor que tant m’agreia (RS489), su cui cfr. J. H. MARSHALL, Pour l’étude des contrafacta dans la poésie des troubadours, in «Romania», 101 (1980), pp. 289-335: 313 e 335. ()

(34) Nell’elenco sono riportate, tra parentesi quadre, le rime irrelate, tra tonde le rime imperfette. ()

 

 

 

 

 

Institut d'Estudis Catalans. Carrer del Carme 47. 08001 Barcelona.
Telèfon +34 932 701 620. Fax +34 932 701 180. informacio@iec.cat - Informació legal

UAI