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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931
[CdT en procés d'incorporació]
248,081- Guiraut Riquier
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CLXXXII.
GUIRAUT RIQUIER
Testo secondo Mahn, Werke des Trobad., IV, p. 77 sg.
CLXXXII. Nel ms. la poesia reca la rubrica: «Lo .XXVI. vers d’En Gr. Riquier, l’an .MCCLXXXXI., el mes d’abril». È una esaltazione di Amalrico di Narbona. Questi, primogenito di Americo IV o V, succederà a suo padre nell’ottobre del 1298 e vivra sino al 19 giugno del 1328 (v. DE MAS-LATRIE, Trés., p. 1648). In Italia fu al servizio di Carlo II. Quando, il 2 maggio del 1289, questi venne in Firenze, reduce dalla prigionia di Francia, e diretto alla corte pontificia in Rieti, il Comune lo fece scortare da gran numero di suoi armati sino a’ confini del contado di Siena. Ivi, racconta G. VILLANI (lib. VIII, cap. CXXXIX): «Adomandato per lo comune di Firenze al prenze uno capitano di guerra, e che confermasse loro di portare in hoste l’insegna reale, del detto prenze fu accettato, et fece cavaliere Amerigo di Nerbona, grande gentile huomo et pro’et saggio in arme et in guerra, et diedelo a’ Fiorentini per loro capitano; il quale messer Amerigo con sua compagnia, intorno di cento uomini a cavallo, venne in Firenze con la detta cavalleria, et il prence n’andò a corte». Le parole del trovadore a vv. 15–6, trovano piena rispondenza con quelle del cronista. Amerigo comandò l’esercito fiorentino nella battaglia di Campaldino, l’11 giugno successivo, ed è a questa e alle altre imprese contro i Ghibellini di Toscana che il trovadore allude a’ vv. 5–7, e 17–20, nonché alle onoranze tributategli dal Comune in quelle circostanze. DINO COMPAGNI (Cron., lib. I, cap. VII) dice di Americo che era «gentile uomo, giovane e bellissimo del corpo, ma non molto sperto in fatto d’arme». E aggiunge: «Ma rimase con lui uno antico cavaliere suo balio e molti altri cavalieri atti et esperti a guerra», cioè Guglielmo di Durfort. E noi ci domandiamo se non sia costui il personaggio cui allude il trovadore al v. 24.
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