CLXXXV.
FEDERICO III RE DI SICILIA E IL CONTE D’EMPURIAS
Testo di P (ediz. Grützmacher, in Archiv di Herrig, XXX, p. 311; Amari, Guerra del Vespro9, III, p. 438 sgg.; Monaci, Testi ant. Provenz., col. 104 sg.
CLXXXV. MICHELE AMARI (La guerra del Vespro Siciliano, vol. II, p. 287 sg.; III, p. 438 sgg., 529) ha assegnato a questa corrispondenza poetica tra Federico III (o piú propriamente II) di Sicilia e il conte Ugo d’Empurias la data del principio del 1296. Le due poesie, egli scrive, «non furono scritte avanti il gennaio 1296, perché Federigo, chiamatovi re, non fu eletto principe della Sicilia che il 12 dicembre 1295; né ebbe il titolo di re che il 15 gennaio seguente. Non furono scritte dopo la state del 1296, perché allora Giacomo si era dichiarato contro il fratello; e nemmeno nella stessa stagione o poco innanzi, perché Ugone de Empurias accerta il Re che non avrebbe i soccorsi di Spagna prontamente, ma sí nella state». E poiché egli pensa che il conte Pietro, latore della risposta di Ugone, non possa essere altri che Pietro Lancia, non conoscendosi alcun altro conte Pietro che fosse allora alla corte di Federico, cosí, aggiunge: «i limiti del tempo si restringono, perché Pietro Lancia fu fatto conte nelle feste della coronazione, in fin di marzo 1296». E conclude: «Appunto a questo tempo si dovrebbero riferire i due componimenti». Stando cosí le cose, e nulla essendovi da obbiettare contro l’opinione dell’insigne studioso, l’espressione «ogan» del v. 25 della risposta non andrà presa nel senso letterale, sí bene per «prossimamente», «per ora». Circa gli avvenimenti generali ne’quali si inquadra il dialogo poetico, v. la citata opera dell’AMARI, a’ capp. XIV e XV. I due sirventesi «confermano e rischiarano», scrive lo storico del Vespro (III, p. 287) «quanto noi sappiamo delle condizioni in cui si trovò Federigo nel salire al trono di Sicilia ... Il carattere di Federigo, qual si ritrae dalle piú accurate indagini storiche, ben risponde a’ concetti de’ suoi versi. Egli ha per uno scherzo la guerra», cioè la guerra contro Carlo II d’Angiò, cui i Siciliani avevano già tolta la Calabria meridionale; «non porta rancore a’ suoi nemici aperti; sa di essersi messo in un’ardua impresa, ma piena di gloria; fida nello zelo de’ Siciliani; si lagna con disinvoltura del fratello, senza però nominarlo; e conchiude con esprimer felicemente la costanza del suo proposito. Il suo cortigiano, anzi amico, crede bene al coraggio di Federigo, ma non par sicuro della sua abilità; spera che Giacomo non voglia perder del tutto il suo fratello; e confida, al par che Federigo, negli aiuti degli avventurieri spagnuoli, che per altro non aspetta pronti». L’AMARI nota poi come in questi versi si alluda a due classi di parenti di Federigo: «La prima, è de’ parenti che si attendeano dalla Spagna, insieme con gli amici, e si riferisce manifestamente ad alcuni tra i principi del sangue reale d’Aragona, di Maiorca e anche di Castiglia; che, legittimi e bastardi, non ce n’era penuria ... La secondo parte de’ parenti, con il velo del numero plurale, si riduce a uno solo: al re Giacomo». Ugone de Empurias era stato tra’ primi cavalieri spagnoli che si erano gittati dalla parte di Federigo e che forse lo consigliarono all’impresa di Sicilia. Lo serví fedelmente in corte e in guerra; lo salvò nella battaglia del Capo d’Orlando (4 luglio 1299). Fu fatto conte di Squillace. Il conte Pietro Lancia, se è veramente lui il personaggio cui si rivolge l’Empurias, fu fatto conte di Caltanissetta: era figliuolo di Corrado, favorito del Re.