Due diverse fasi redazionali emergono dal confronto delle attestazioni manoscritte di questa canzone, la seconda delle quali, presente nei codici CER, non soltanto muta radicalmente la seconda e la terza strofa, ma ne aggiunge una sesta e inoltre modifica profondamente, con cospicue varianti, anche il testo della prima, della quarta e della quinta che pure ha in linea di massima recepito. Stando così le cose, è chiaro che nessuna della due fasi può legittimamente venire relegata nell’apparato negativo, come fatto da Jeanroy per la prima; ma neppure legittimamente si possono fondere entrambe in una struttura comune, come fatto da Stimming. L’una e l’altra postulano una edizione autonoma. Va detto, infatti, senz’altro che l’elaborazione tematica e le modalità della scrittura autorizzano a ritenerle tutte e due redazioni d’autore, cioè di probabile paternità rudeliana: a convincerne può valere il paragone con le maldestre falsificazioni costituite dalle strofe apocrife della terza canzone; con i frequenti parziali rifacimenti di quel pur abile rimaneggiatore che era l’estensore del canzoniere C; con la canzone Qui no sap esser chantaire, infine, certo abusivamente assegnata a Rudel dal canzoniere a¹, il solo che l’abbia tramandata sino a noi.
Se si vuole ammettere che la tradizione attesti due redazioni d’autore, si dovrà altresì porsi il quesito della loro cronologia relativa. In mancanza di elementi dirimenti in base ai quali dare ad esso una risposta sicura, l’unico dato concreto su cui si può forse fondare una congettura non del tutto arbitraria sembra essere costituito dalla sesta strofa.
Essa si trova nei canzonieri CE, inoltre in Me che pure, quanto alla seconda e alla terza strofa, vanno con ABDIKN²Sg; ma che, per altro, concordano con CER in più d’una variante relativa alla quota testuale comune ai gruppi di codici (cfr. vv. 10, 11, 12, 31, 32). Una convergenza, o meglio commistione, di essi si direbbe essersi in quei codici verificata, comportante anche l’innesto della sesta strofa: l’ipotesi inversa della sostanziale solidarietà con CER alterata dall’influsso di ABDIKN²Sg, appare tutto sommato più onerosa e pertanto meno plausibile. Se, dunque, si consideri la sesta strofa come propria della redazione di CE, si può supporre — sia pure con tutte le riserve del caso — che tale redazione sia successiva all’altra. Quanto alla posizione redazionale di a¹, essa appare ancora più ambigua di quella di Me: se tale testimone viene dubitativamente associato alla prima redazione, lo si deve non tanto all’assenza della strofa sesta (che manca anche ad R), quanto alla presenza della quarta e alla prossimità a Me (cfr. vv. 27, 32).
a)
Mss.: ABDIKMN²Sga¹e
La tradizione si bipartisce nelle famiglie α e β, in base ai seguenti punti di riferimento:
α
ABDIKN²Sg
23 douz e plazen, 25 cors, 28 ni non vi hom ab tan (h. aitan D) plazer
AB
10 carchusos, 21 puois (p. eu B) noil aus
ABD
26 cor
DIKSg
20 d. que p.
IKN²Sg
7 fis (fin Sg), 26 f. e p.
IK
2 dompna, 3 j. e j., 23 faitz, 24 vos.
β
Ma¹e
23 om. son, 27 cug, 32 q’enqueras n’ai
Me
11 qill se nan, 12 vai, 13 que g. er qe lai, 15 desiros, 19 Dieus saurai, 20. d. que patz, 23 s. bon f., 25 tan bella de neguna gen, 26 cors a g. delgat p.
Sono possibili luoghi di contaminazione:
22 Me – Sg
29 AB – Me
Verosimilmente accidentali essendo le restanti combinazioni, è ipotizzabile questo stemma:
Metrica: cinque coblas unissonans di sei ottosillabi e un eptasilabo (a rima femminile) ciascuna: ABAB BC’D.
b)
Mss.: CER
L’ascendente comune è visibile al v. 18 (diffrazione in assenza), mentre un solo riscontro significativo prova l’affinità di CE: jauzens joios, nello stesso verso.
Sono da ritenere accidentali le restanti coincidenze.
Metrica: sei coblas unissonans dì sei ottosillabi e un eptasillabo (a rima femminile) ciascuna: ABAB BC’D.
Melodia: R 63.
Nota:
1. L’abbreviazione ap. significa «strofa apocrifa»; bis significa «verso (-i) rifatto (-i)» (↑).