Malgrado il reiterato impegno editoriale del Bertoni e quello altrettanto meritorio dello Jeanroy, del Santangelo e del Pickens; malgrado i pur preziosi contributi del Savj-Lopez (Jaufre Rudel: questioni vecchie e nuove, in «Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei», Serie 5, XI, 1902, p. 212) e del De Lollis (Proposte di correzioni ed osservazioni ai testi provenzali del manoscritto Campori, in «Studi di filologia romanza», IX, 1903, p. 155), resta ancora almeno parzialmente valido il pessimistico giudizio dell’Appel (in «Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen», CVII, 1901, p. 349 n.) circa la scarsa comprensibilità del componimento a causa delle molte mende del testimone unico. Del quale componimento è del resto assai dubbia, per non dire del tutto improbabile, la paternità rudeliana, che Jeanroy ha decisamente negato; non tanto per la non assoluta affidabilità di a¹ in fatto di attribuzioni — ben pochi sono i canzonieri che non incorrano talvolta in errore al riguardo —, quanto per la complessa struttura strofica, che non trova riscontro, in alcuna delle sue peculiarità, nei testi di sicura appartenenza al canzoniere di Rudel. Sono, insomma, considerazioni di ordine tecnico che in prima istanza smentiscono l’attribuzione di Qui non sap esser chantaire al principe di Blaia; le quali danno rilievo nell’ambito specifico della organizzazione metrica all’impressione globale di una profonda dissonanza stilistica soggiacente alle analogie procurate da una superficiale imitazione. Tali valutazioni non risultano efficacemente confutate da quelle opposte del Santangelo.
Ciò posto, poco importa in questa sede di stabilire se la quinta strofa, che presenta un sistema di rime totalmente diverso da quello delle altre quattro strofe, possa essere attribuita o meno all’autore di esse.
Metrica: quattro coblas unissonans più una singular di nove versi ciascuna, dei quali eptasillabi il primo (a rima femminile), il terzo, il quinto e il nono (a rima femminile), ottosillabo il settimo, monosillabi il secondo (a rima femminile), il quarto, il sesto e l’ottavo: A’a’BbCcDdE’.