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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.

Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.

155,020- Folquet de Marselha

 

Si com sel qu’es tan greujatz
 
Scheda metrica
 
[626:1]    a7 b7 b7 a7 c7 d7 d7 c7 b8 b8 c8    a: atz, b: ór, c: ans, d: ar
 
6 coblas unissonans di 11 vv. e una tornada di 7 vv.; lo schema metrico è un unicum.
Unico anche l’ordine strofico; la cobla III è om. in V, la IV in IKNPR (in K è aggiunta in calce: cfr. Nota al testo); la tornada è assente nel solo ms. a.
 
Nota al testo (1)
 
La rappresentazione della tradizione manoscritta proposta da Stroński (2) è sottoscrivibile nella sostanza, sebbene la sua giustificazione sia viziata dall’usuale confusione fra errori-guida, innovazioni, semplici varianti adiafore e addirittura fenomeni grafici: in realtà, è possibile giustificare uno stemma con la sola valutazione delle lezioni erronee, per la gran parte ipo- e ipermetrie indotte in genere dalla tendenza a ridurre i tre octosyllabes finali agli eptasyllabes precedenti e viceversa. Una famiglia α, composta da ABa, è individuata dall’ipometria di v. 31 (indotta da una riduzione caissi > e), da 27 iorn, che rende esplicito il sol degli altri mss., dalle forme in rima 60 sains e 63 mains, da lezioni che hanno l’aria di glossa come 51 mon desprezar AB e segle desamar a (con v. ipermetro), laddove gli altri mss. hanno segl(e) azirar. Erronea, perché non si accorda con il v. successivo, 49 de uos mostra semblans: un tentativo di rimediare con 50 dieu congiunge AB, separandoli da a, che insieme con V, presenta la lezione degli altri mss. (lui sol) per quanto invertita; altra lezione erronea 54 teing che in AB sostituisce un en che va riferito al torn(a) del v. precedente. Un’ipometria al v. 44 congiunge infine Aa senza separarli da B, data la facilità di un recupero congetturale della sillaba persa nella riduzione aitans > tans, causa dell’errore. Le varianti proprie della famiglia α non palesemente erronee sono abbastanza numerose da indurmi a proporre, alla fine di questa Nota, l’edizione della sua versione del testo, frutto di una rielaborazione certo non d’autore stanti le frequenti banalizzazioni (3). Una parte delle lezioni di questa versione α sono condivise da V (14 uei, 55 d’aicel que fai e cfr. 48 il faill adonc AB, il a. f. a, la doncs de fail V e 67 merauilla es AB con D, merauillas es V: la cobla manca in a), che è inoltre congiunto ad ABa da 37 que creis, lezione banalizzante rispetto a qu’ieis mais degli altri mss. e certo indotta da 38 creis uostre laus...; per la natura contaminata di V, che condivide alcune lezioni erronee con l’altra famiglia di codici, si veda più sotto. Questa seconda famiglia (γ) è individuata al v. 28 dall’ipermetria indotta dall’aggiunta di (s)cel(s) nei mss. DIKNPQ (cfr. ipermetria in DIKNP anche al v. successivo per aggiunta di en: tenuto conto della facilità dell’emendemento, l’errore non è separativo rispetto a Q). All’interno di γ DQ (e V) sono congiunti dal rimante 37 poiaz, che ritorna al v. 45; IK dall’ipometria al v. 23 indotta da desertatz < deseretatz e dal rimante 64 lor, già al v. 58 (ma si veda l’intera parte finale del verso: que uiua ab lor); NP dall’ipermetria al v. 12 per aggiunta di mi, al v. 13 per aggiunta di si e al v. 24 per inversione queron tuit > que tut er(r)on, e dall’ipometria al v. 64 per l’omissione, comune a R, di los (o lor) (4). Più incerta la razionalizzazione dei piani medi: IK e NP paiono risalire a un antecedente comune mancante della cobla IV, ma mancano sicuri elementi di prova: le indicazioni di Stroński riguardano infatti varianti adiafore (8 es, con R e, secondo Stroński, con V, che ha invece s’es come gli altri mss. e 31 far so [se IK] nom, ancora con R, in luogo di so nom far), una lezione molto diffusa (54 tot, non solo «avec AB» e R, ma anche con Va) e le grafie 27 uist e 59 soffrist (per cui cfr. la n. 27 del Commento), 63 pregas e 28 neus, con Q. Dai dati sopra esposti emerge un legame di IKNP con R: il rapporto è definito certo da Stroński, non tanto per la comune omissione della cobla IV (5), quanto per la condivisione di 68 es car: si tratta tuttavia di un luogo problematico in quanto la lezione di IKNPR dei vv. 67-68 ha buone possibilità di essere quella giusta (vd. la nota relativa nel Commento). Emerge comunque un rapporto di R con NP, in base all’ipometria, comune a D, di v. 9 generata dall’omissione di bon; Stroński aggiunge un paio di omissioni di -s desinenziale (57 mort e 63 uerge) e il già discusso 64 quel soc(c)or. Si potrebbe aggiungere la presenza in NR del rimante 45 priuatz, già al v. 34, se si fosse sicuri che N legge priuiatz e non, per es., prunatz, data la difficoltà di distinguere le lettere nella sequenza di tratti verticali. Inoltre registro l’ipometria di v. 10 condivisa da DV, indotta da un’analoga innovazione a fine verso: o uiu plor D, crit o plor R, on ri plor V; sono invece con ogni probabilità poligenetici errori come 22 uostre in IK in luogo di nostre (e si aggiunga nostre da uostre in a) e la riduzione 73 que (i)eu > qu(i)eu in QRV, che produce ipometria solo nei primi due mss. poiché V recupera la sillaba col passaggio tans > aitans. Segnalo infine che al v. 48 R condivide la lezione α falh, secondo Stroński «peut-être sans qu’il y ait contamination» (p. 208). Codice sicuramente contaminato è invece V, i cui rapporti con α sono stati già evidenziati: è a questo gruppo che Stroński lega principalmente il ms., pur criticando giustamente un rapporto fra i mss. Va individuato senza prove da Springer 1895, p. 208, e sottolineando i rapporti con DQ (in base al già commentato 37 poiatz): il legame è confermato dalle già viste lezioni ai vv. 10 e 73 (e vd. avanti per un possibile legame con IK). Anche D si separa da Q per concordare in errore con altri mss. del gruppo γ e in variante adiafora con AB(V), in un luogo però poco chiaro come i vv. 67-68; la cosa non stupisce essendo ben nota, e documentata anche con esempi folchettiani, la natura di editio variorum del ms. Estense: una probabile doppia lezione è nell’ipermetro v. 71 (per qe beill auinen trobado), in quanto AB hanno per qeil(l) avinen t. e gli altri mss. per que ben leu ma(i)n(t) t. (per meglio dire: leument N, seu mant P, lu man R, leu mout bon V). Infine i 3 vv. tràditi in N² sono caratterizzati soltanto dalla lezione greuatz condivisa da IKa (e geuanz P).
Con tutto ciò si può tracciare uno stemma bifido: l’archetipo è individuabile solo accettando per il v. 65 l’analisi e la ricostruzione di Perugi 1978, I, p. 157: qesperansan tuit li meillor è la lezione generale (da me messa a testo), cui IKV oppongono, con l’omissione di tuit, un verso ipometro da cui Perugi ricava la sua soluzione «Q’esperansa an li meillor» (6); in alternativa, sarà ovviamente la lacuna di tuit a congiungere IKV.
Questo lo stemma codicum:
 
 
 
Contrariamente a Springer 1895 e Stroński, adotto I come ms.-base (K quando se ne rifiuta la lezione e D per la cobla IV, assente nei due codici ‘gemelli’), e non A, in quanto la mia edizione (così come la loro) è fondata essenzialmente su lezioni del gruppo γ. Offro più sotto la versione di ABa(V), fondata sul ms. A, che depuro delle lectiones singulares (11 euans > enans, 27 tantz mortz > mortz tantz, 34 doutz seigner > seigner doutz), dagli errori che il ms. condivide con B (54 teing > en) e con a (44 tans > aitans); mantengo invece il testo di A (e B) ai vv. 48 (ill faill adonc,laddove V legge la doncs de fail e a ha il adonc fail), 51-52 (mon desprezar. on pass’ om, mentre V ha segle adirar. don passam e a legge segle desamar. on hom passa, cui seguono due lettere cancellate) e 71 (per qe·il, laddove V ha, con γ, que ben: l’omissione di per rende ipermetro il v.; a omette l’intera tornada), emendo infine i vv. 49-50 in quanto nessuno dei mss. della famiglia offre un testo soddisfacente. Più che il risultato del semplice processo di copia, essa va intesa come il frutto di un processo di rielaborazione (al limite di riscrittura), vòlto in certi casi ad appianare difficoltà sintattiche, come si può ricavare dalle note 11 e 67-68 del Commento.
 
Versione α
 
[I, 1-11] Si cum cel q’es tant greujatz / del mal que non sen dolor, / non sen ira ni tristor, / de guisa·m sui oblidatz; / car tant sobrepoja·l dans / que mos cors no·l pot penssar / ni nuills hom tro al proar / non pot saber cum s’es grans / d’En Barral, lo mieu bon seignor; / per que, s’er chant o ri o plor, / no m’o pretz plus, cum fera enans.
[II, 12-22] Q’ieu pens si cum enchantatz / e sui casutz en error / qan no vei sa gran valor; / c’aisi nos tenia honratz / q’eissamens cum l’azimans / tira·l fer e·l fai levar, / fazia el mains cors dreissar / vas pretz, forssatz e pesans; / e qui gaug e pretz e honor, / sen, larguesa, astre e ricor / nos a tout, pauc vol nostr’ enans.
[III, 23-33] Ai! qans n’a deseretatz / q’eron tuich ric en s’amor, / e qant en moriro·l jorn / qu’el fo mortz e sosterratz! / q’en un jorn non vitz mortz tantz; / neis qui l’auzia nomnar / hi atendia achaptar / tant era sos pretz prezans / e saup so nom far aussor / de pauc gran e de gran maior / tro nol poc enclaure garans.
[IV, 34-44] Ai! seigner doutz e privatz, / cum puosc dir vostra lauzor? / q’a lei de riu sorzedor / que creis on plus es voiatz / creis vostre laus en pensans / e·i trob ades mais que far / e sembla·m vostre donar / don vos creisia·l talans / on mais veniont queredor; / mas Dieus cum a bon donador, / vos donava ades mil aitans.
[V, 45-55] Et er, qan vos foz pojatz, / faillitz a guisa de flor / que, qand hom la ve genssor, / ill faill adoncs plus viatz; / mas <Deus> mostra <ab> semblans / que <lui sol> devem amar / e·l chaitiu mon desprezar / on pass’ om cum vianans, / c’autre pretz torna en deshonor / e tot autre sen en follor / mas d’aicel que fai sos comans.
[VI, 56-66] Ai! Seigner Dieus, cui non platz / mortz de negun pechador, / anz per aucire la lor / sofritz vos la vostra, en patz / faitz lo lai viure ab los sains, / pois sai no·l volguetz laissar! / e deignatz l’en vos preiar, / Verges, que preiatz per mains / vostre fill, per q’el los socor, / q’esperass’ an tuich li meillor / els vostres cars precs merceians.

[VII, 67-73] Seigner meravilla es grans, / car eu de vos puosc chantar / ar qan mieills degra plorar; / pero tant plor en penssans / per qe·il avinen trobador / diran vas vos mais de lauzor / que ieu q’en degra dir mil tans.

 

Note

(1). Il planh appartiene a quella che ho definito tradizione estravagante: si vedano in proposito le considerazioni esposte nella parte I, § 1.1.3. ()

(2). Lo stemma codicum di Stroński (cfr. pp. 207-208) presenta due rami non ricondotti all’archetipo (x, z) che raggruppano le seguenti famiglie: ABa, V (= x); DQ, IKPN (= z) (V contamina con DQ). Inoltre R si lega a z tramite PN. ()

(3). Una di queste merita un commento: al v. 52 AB leggono passom, a hom passa (con conseguente ipermetria), lezione promossa a testo da Stroński (pass’om); passam degli altri mss., utilizzata dall’editore per congiungere V alla sua famiglia z (cfr. p. 208), non solo è adiafora, ma considerata l’altra 2ª pl. devem al v. 50, si può ritenere superiore; passam è d’altronde a testo nello Choix e in Bartsch 1855, mentre Springer 1895, adotta pass’om senza tuttavia segnalare la variante passam in apparato (cfr. Stroński, p. 209); per le ascendenze bibliche del passo si veda la relativa nota del Commento. ()

(4). Secondo Stroński il quel soccor residuo va sciolto in que·l soccor, così da riferire ·l a Barral: in questo caso, oltre alla tendenza a ridurre di una sillaba gli octosyllabes finali, ci sarebbe stata un’incomprensione del testo. ()

(5). «En effet R aurait pu l’omettre de sa propre initiative pour réduire à cinq le nombre des strophes, de même que V a omis, sans doute pour la même raison, la str. III»: così Stroński a p. 208. La stessa cobla IV è integrata in K in calce alla c. 48v per mano di Pietro Bembo, antico possessore del codice: la fonte, come si ricava dalla postilla (Deest. ex 2.°) apposta sul margine tra le coblas III e IV, è il ms. D, il suo libro secondo, come per primo ha indicato C. De Lollis, Ricerche intorno a canzonieri provenzali di eruditi italiani del sec. XVI, Rom, XVIII (1889), pp. 453-68, alle pp. 466-67; cfr. la sintesi di Debenedetti 1995 [1911], pp. 104-107, che a p. 320 (n° 43) trascrive il testo della cobla e le altre postille dell’umanista (donaux nell’ultimo verso va corretto in donaua: cfr. l’altra trascrizione di G. Bertoni, Le postille del Bembo sul cod. provenzale K. (Bibl. Naz. di Parigi, F. Fr. 12473), SR, I [1903], pp. 9-31, alle pp. 21-22). ()

(6). Segue il commento: «Una soluzione alternativa basata su un Que iatico in apertura è resa improbabile dalla presenza della prostesi (e forse in questi casi sarebbe meglio scrivere Que speransa)». ()

 

 

 

 

 

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