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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.

Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.

156,II- Folquet de Marselha

 

Senher Dieus, que fezist Adam

Scheda metrica.

Nella versione occitanica 74 distici di octosyllabes a rima baciata, per un totale di 148 vv. chiusi da un Amen (testo schedato da Frank 1953-57, II, p. 209, nella sezione della Poésie non lyrique); le versioni catalane, anch’esse in octosyllabes a rima baciata, contano Ol 68 distici completi e tre mancanti di un verso per 139 vv. in totale chiusi da tre Amen e Pe 69 distici, ovvero 138 vv., più un Amen conclusivo. Ad Asperti 1985 il componimento «pare a tratti un contrafactum dei saluts d’amor profani» (p. 91).
 
Nota al testo (1)
 
Il ms. più antico è Ol, un registro di minute notarili dove il componimento è stato copiato probabilmente nel 1276 (2), mentre Pe, un ms. miscellaneo oggi perduto, è stato terminato secondo il colofone nel 1378 (3); R risale, secondo la datazione di Zufferey 1987, al primo quarto del XIV sec. Posto che nessun testimone risulta descriptus (4) e che non si registrano errori comuni a tutta la tradizione, la recenziorità del primo testimone catalano pone il problema della lingua del modello originario, che tuttavia non può che essere l’occitanico (5), sia per la correttezza metrica del testo di R, sia per la stessa situazione linguistica di Ol che denuncia, nella commistione di tratti occitanici e catalani, la copia di un amanuense catalano di un antigrafo in lingua d’oc. Alcune forme erronee di R sono peraltro assenti in Ol: per es. 15 a me > amei in base a Ol 15 amé (cfr. Pe 15 amé e vd. infra la n. 15 del Commento) e 18 be > fe in base a Ol 18 fe (cfr. Pe 18 fe); e naturalmente Ol ha errori separativi, come le ipermetrie (vv. 1, 5, 23-24, 67, 69, 92, 117, 132) e ipometrie (vv. 11, 38, 89, 95) dei versi. Resta da determinare la posizione di Pe rispetto agli altri due testimoni: certamente versione più tarda, è il frutto della circolazione del testo in Catalogna, come mostrano la veste linguistica pienamente catalana e alcune varianti, benché non erronee, che oppongono Ol e Pe a R: cfr. Ol 19=Pe 17 abrasé (R 19 amassey), Ol Pe 26 qi·m sab (R 26 que m’es), Ol Pe 32 ma bocha (R 32 la boca), Ol Pe 53 m’à pesegat (R 53 soy pesseiatz), Ol 66=Pe 68 con eu te fasa (6) (R 66 qu’ieu te serva a), Ol 73=Pe 80 aqest (R 74 aquel), Ol 79-80=Pe 77-78 [D]éus, garda·m dels camins dels pecs, / [qe] la mort troba mutz e secs (7) (R 81-82), Ol 85=Pe 74 sobreprenga (R sobrevenga), Ol 97=Pe 94 acuyl (8) (R 100 met), Ol 123=Pe 118 son de (R 130 so son a), Ol 137=Pe 124 del tot sia (R 146 sia del tot); d’altro canto va ribadita la presenza dei vv. 103-104 di R assenti in Ol cui si aggiungono adiafore che oppongono Pe e R a Ol: cfr. R Pe 3 denhest (9) (Ol 3 volgist), R Pe 6 m’albire (Ol 6 s’abire), R Pe 16 tenc (Ol 16 ac), R Pe 53 que (Ol 53 si que), R 57=Pe 59 ab (Ol 57 c’ab), R 100=Pe 94 habitacle (Ol 97 tabarnacle). La sostanziale omogeneità a livello metrico-rimico di R e Ol, rispetto a Pe emerge inoltre dall’esame delle corrispondenze fra i versi delle tre versioni, per cui rinvio a Squillacioti 1995, p. 131.
In base a ciò posso ipotizzare che sia esistita una prima copia catalanizzata, anteriore a Ol e Pe, derivata probabilmente dalla medesima fonte di R e contenente i vv. 103-104 di R e naturalmente tutte quelle lezioni che oppongono Ol e Pe a R; già a questo livello si sarà verificata la caduta dei vv. 113-14 e 139-40 di R, assenti in entrambe le versioni catalane. È ignoto il cammino del testo fra questa ipotetica versione e i due testimoni catalani noti; un elemento lascia tuttavia pensare che la linea principale di trasmissione sia, nonostante le difformità linguistiche e contenutistiche, quella che giunge fino a Pe (10), ovvero la presenza in questo e in R del componimento mariano Flor de Paradis (11): in Pe è trascritto subito dopo Senyer Déus a c. 102v ed è ascritto a PCard; in R esso viene aggiunto da una mano diversa da quella che ha vergato il cod., nello spazio bianco di c. 63r che individua la coupure fra le sezioni R6a e R6b (cfr. Tavera 1992, pp. 28-29); gli altri testimoni confermano la natura in parte estravagante della tradizione manoscritta di questo testo, dovuta, secondo Asperti 1985, p. 89, n. 73, ad un rapido successo di cui è spia eloquente la citazione nelle Leys d’Amors (fra gli ess. di Cobla desguizada: cfr. Anglade 1919-20, II, p. 131): nel ms. H, III, 3 della Bibl. Comunale di Siena (siglato da S da Spaggiari 1977) Flor de Paradis è aggiunto in uno spazio bianco nel verso dell’ultima carta; nel ms. Z, la poesia mariana è, insieme con l’alba religiosa GlHautp 206,1, l’unico testo lirico tràdito (12). Sarebbe stato interessante confrontare le versioni di Flor de Paradis in R e nel perduto Pe: un indizio che esse non fossero particolarmente disomogenee può derivare dal fatto che Valls y Taberner non trascrive il testo rimandando all’edizione di Bartsch 1856, p. 63 fondata proprio su R e Z.
Il maggior ostacolo al lavoro ecdotico sulla versione occitanica consiste nel gran numero di irregolarità morfologiche, addebitabili, almeno in parte, alla copia trecentesca del suo relatore (13): indico qui di seguito i fenomeni (asteriscate le occorrenze in rima):
i) nom. sing. asigmatici: 1 (e passim) Dieu (14), 4 *franc (15) (: 3 sanc), 31 mal, 40 mort, 42 tieu cocelh, 43 *vencut, 44 aiut, ta *vertut, 46 *dormit (: 45 noiritz), 48 tieu sant esperit, 61 freg, neu, 101 tot, 110 cal (tre volte), *estat (: 109 selatz), 113 pecat, 119 veray, 124 merce, 136 mieu (due occorrenze), 142 peccat (e cfr. 136 senhor in luogo del nom., per il quale rimando alla nota di commento relativa).
ii) nom. plur. sigmatici: 29 peccatz *mortals (: 30 vals), 39 e 41 que·ls mieus peccatz, 75 bels e *clars, 76 durs ni *avars, 78 plas ni *drechuriers (: 77 senders), 92 totz mos mortals *enemicx (: 91 tricx) (16). Particolare attenzione meritano i casi in cui l’irregolarità è garantita dalla rima (17); in tre casi (4 franc, 78 drechuriers, 92 enemicx) l’infrazione si trova nel secondo verso del distico, per cui può essere stata indotta proprio da esigenze di rima: casi analoghi si trovano in Guilh.IX, alle origini della tradizione trobadorica, ma anche in PVid (18). Emendamenti per regolarizzare i vv. 29 e 92 sono stati proposti da Zenker 1897, pp. 343 e 345: ne discuto nelle note al testo occitanico. Infine per 43:44 vencut:vertut, 46 dormit e 110 estat Perugi 1978, II, pp. 737-43 ha parlato di rima limosina, ovvero di riduzione -tz > -t (conservo 45:46 noiritz:dormit). Non mancano d’altro canto le forme regolari: limitandomi al solo caso retto, registro 31 nominativi singolari regolarmente sigmatici, cui vanno aggiunte le 12 occorrenze del nom. senher e quelle di 135 paire e 136 salvaire, a fronte dei 46 casi di nom. asigmatico citati sopra (ma 20 sono occorrenze del solo Dieu).
È in base a questi fenomeni che Arveiller e Gouiran hanno inferito la datazione bassa del componimento e, conseguentemente, la sua estraneità alla produzione di FqMars, oltre che di FqRom, cui l’aveva assegnato Zenker 1897 (19), limitando perciò il loro intervento editoriale ad un numero estremamente ridotto di casi: convinti che la lingua corrisponda ad una fase tarda dello sviluppo della scripta trobadorica, nella quale le anomalie nella declinazione bicasuale assurgono a norma linguistica, «parfois l’on ne pourrait, sans acrobaties, obtenir un texte répondant aux normes classiques» e, pertanto, «la meilleure solution consiste à conserver, sauf raison fournie en note, le texte du manuscrit» (p. 218). Tale posizione mal si concilia con la data della versione catalana di Olot, di mezzo secolo anteriore alla copia in R, che riporta al pieno Duecento la redazione del testo, e non osta perciò all’attribuzione a FqMars presente dalla rubrica. L’intervento andrà al contrario esteso a tutti quei luoghi in cui si può ipotizzare un’alterazione dovuta al processo di copia, in conformità alla pratica di Stroński, ma già di Zenker 1897. Tutte le modificazioni del testo tràdito vengono discusse nel Commento. Per la punteggiatura del testo ho tenuto conto dell’indicazione di paragrafo che nei testi lirici di R separa le varie coblas (cfr. M. Careri, Interpunzione, manoscritti e testo. Esempi da canzonieri provenzali, in Misc. Roncaglia 1989, I, pp. 351-69, a p. 364, n. 39); il segno si trova in corrispondenza dei vv. 9, 13, 17, 21, 25, 31, 35, 41, 46, 51, 55, 59, 63, 67, 73, 77, 85, 89, 91, 95, 99, 103, 107, 111, 115, 119, 123, 129, 135, 137, 142, 147.
 
 
Note
 
(1) Mi limito in questa sede agli elementi essenziali al restauro testuale della versione occitanica, rinviando a Squillacioti 1995 per un’analisi più accurata dei testimoni catalani, dei loro rapporti reciproci e con il ms. R e per lo studio linguistico dei testi, entrambi presentati in una rinnovata veste editoriale. ()
 
(2) Oggi conservato nell’Arxiu històric comarcal di Olot (Fons notarials, Santa Pau, 2) è stato reso noto da padre Nolasc del Molar prima in «Pyrene», II (1950), n° 12, pp. 362-67, poi nel vol. I di Nolasc del Molar 1953-57: come segnala già J. Molas, Literatura catalana antiga, vol. I (El segle XIII), Barcelona, Barcino 1961, pp. 18-19 la versione olotina va annoverata fra i più antichi testi poetici catalani, insieme con componimenti anch’essi religiosi quali Auyats, senyors, qui credets Deu lo payre (Spaggiari 1977, n° I) e l’Epistola farcida de Sant Esteve (Spaggiari 1977, n° IV): tre testi che condividono in certa misura anche la tipologia di trasmissione (cfr. Asperti 1985, p. 91). ()
 
(3) Il ms., già conservato nel Monestir de Sant Pere de les Puel·les di Sarrià (ms. literari), ci è noto esclusivamente per la descrizione di Valls y Taberner 1912, che offre fortunatamente una trascrizione del testo; cfr. J. Massó Torrents, Repertori de l’antiga literatura catalana, vol. I (La Poesia), Barcelona, Editorial Alpha 1932, p. 43 (ms. siglato x¹¹). ()
 
(4) Pe, oltre a rimaneggiare il testo, tramanda versi assenti nel resto della tradizione (per es. Pe 125-38), e non deriva direttamente da Ol per la presenza ai vv. 97-98 dei corrispondenti vv. 103-104 di R, assenti nella versione olotina: cfr. P. Bohigas, rec. a Nolasc del Molar 1953-57, in ER, VI (1957-58), pp. 178-80. ()
 
(5) Sull’ipotesi di Chambon 1995 di un autore catalanofono della versione di R si veda supra nella parte I il § 1.2.3 e infra le note 15, 21, 50, 75, 104, 113, 120 del Commento. ()
 
(6) Pe ha com faça. ()
 
(7) Pe ha Déus, guardats me dels homens pechs / que la mort troba muts e çechs. ()
 
(8) Pe ha acullits. ()
 
(9) Pe ha denyas. ()
 
(10) Il carattere occasionale della copia in Ol risulta ben evidente dalla sede di trasmissione, una raccolta di scritture notarili. ()
 
(11) Anon 461,123 (Spaggiari 1977, n° XVI, che non menziona il ms. di S. Pere). ()
 
(12) Esperansa de totz ferms esperans (Oroz Arizcuren 1972, n° XVIII): l’alba era vergata in R, come risulta dalla tavola (cfr. Tavera 1992, p. 108), alla c. 73r oggi caduta; oltre che in C, si trova in V, ultimo dei testi lirici, inserita da un copista catalano probabilmente posteriore a quello, pure catalano, che ha vergato il resto del codice. Altro legame fra i due codici è la presenza in entrambi di una versione, occitanica in Z, catalana in Pe, de La Somme le roi di Frate Laurent. ()
 
(13) Il codice R esibisce una scripta linguadociana risalente al primo quarto del sec. XIV: cfr. Zufferey 1987, pp. 105-33, la cui analisi, limitata alla sezione lirica del canzoniere (cc. 1-114 e 143-145), è ora integrata da Zufferey 1994; uno studio parziale della sezione ‘non lirica’, centrato sulle epistole di GrRiq (cc. 115-121, R¹² di Gröber 1877) è quello di Pfister 1988. ()
 
(14) È da escludere che si tratti di un voc. espresso dall’obliquo (su cui Jensen 1986, § 57), sia per la presenza di Dieus, nom. regolare, ai vv. 99 e 145, sia per la concordanza con Senher (vv. 67, 81, 95, 118, 131); quest’ultima forma potrebbe tuttavia essere interpretata come un obliquo analogico, sui cui Jensen 1976, pp. 69-70. ()
 
(15) In dittologia col regolare humils. ()
 
(16) Non tengo conto di 130 frutz e flors (: 129 plors), che considero nom. sing. accogliendo il suggerimento di Stroński, p. 140*, n. 1. ()
 
(17) Per le forme fuori di rima si può indicare come responsabile la trasmissione manoscritta, ricordando con Zufferey 1987, p. 124 che «la déclinaison à deux cas n’est guère respectée dans notre manuscrit». ()
 
(18) Per i nom. sing. in Guilh.IX 183,3 (I), 1 covinen e13 corren e 183,12 (V), 9 clergau cfr. Pasero 1973, p. 354; PVid 364,45 (XXX), 15-16: «Anz sui plus vertadier / qe no m’agra mestier»: è Avalle 1960, II, p. 233 a far notare «l’asigmatismo eccezionale» di vertadier. ()
 
(19) «Le flottement dans la déclinaison [...] nous conduit à une époque assurément postérieure à celle de Falquet et de Folquet» (Arveiller-Gouiran 1987, p. 206); già Stroński (p. 140*) aveva scritto in nota «La déclinaison est souvent troublée, deux fois dans la rime [...], ce qui est peut-être un indice pour la date». Chambon 1995 riconduce invece il fenomeno all’origine catalana dell’autore del testo. ()

 

 

 

 

 

 

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