Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.
Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.
366,027a- Folquet de Marselha
Pos entremes me suy de far chansos
[attribuzione dubbia]
Scheda metrica
[495:9] a10 b10’ b10’ a10 a10 c10 c10
I-II a: ós, b: enda, c: enh - III-IV a: es, b: ire, c: en - V-VI a: i, b: ansa, c: an
6 coblas doblas di 7 vv. (e 2 tornadas di 2 vv.); lo schema abbaaacc (con b maschile e rime diverse) si ritrova in 8 componimenti schedati ai ni 495:1-8 di Frank 1953-57. I décasyllabes sono tutti a minore (cesura lirica ai vv. 11, 36, 45)
Ordine strofico
CM
I
V
II
III
VI
IV
S
I
V
II
III
E
I
V
II
III
IV
VI
T
I
V
II
IV
III
VI
DªG
I
II
IV
III
V
c
I
II
V
III
VI
Le prime due coblas del componimento nel ms. f erano vergate alla c. 71v, caduta insieme con la c. 70. Le due tornadas sono tràdite nel solo Dª, la seconda anche in G.
Tre i raggruppamenti che emergono dalla tabella delle varianti adiafore: α= AAbOa, θ = DªGSc, β = CREMfD+T. Le lezioni erronee sono concentrate nei gruppi θ e β: nel primo l’assenza della cobla VI in DªGS e della cobla IV in Sc pregiudicano la struttura strofica in coblas doblas, così come succede in β dove la cobla V è tramandata come seconda in CMET; T condivide con Oa l’ipermetria al v. 6 indotta da genh > engi(e)gn: anche in G geinh è corretto «a punta di penna» (Bertoni) in engeinh e per di più me dona è corretto con aggiunte sul rigo in me a donat, ma l’ipermetria di due sillabe è scongiurata dalla lacuna, comune a Dª, di per que a inizio verso. Infine, un’altra alterazione della misura del verso, l’ipometria provocata da 2 entenda > tenda, congiunge Oa.
Due luoghi, i vv. 12 e 30, meritano un’analisi più approfondita che faccia risaltare aspetti particolari della tradizione; comincio dal secondo, dove sono isolabili cinque assetti testuali del verso, che è possibile tuttavia ricondurre a due fondamentali:
1. tan greu dolor ni tan greu malanansa Ab DªG
2. tan greu dolor ni aital malanansa AOa
3. tan gran dolor ni tan gran malanansa CERMf DT
4. tan greu dolor ni tan gran malanansa S
5. tan gran dolor ni tan greu malanansa c
Si può ipotizzare che i due principali assetti siano 1 (α+γ) e 3 (β) e che 2 rappresenti, col passaggio tan greu > aital, un’innovazione interna al gruppo α dovuta alla volontà di evitare la ripetizione di greu; la natura ‘mista’ degli assetti 4-5 pare invece dovuta alla introduzione di varianti alternative a partire da una situazione del tipo:
grangran
tan greu dolor ni tan greu malanansa
L’ipotesi è rafforzata dal fatto che i due manoscritti appartengono a quella «terza tradizione» individuata da Avalle che, come ho già ricordato (cfr. parte I, § 2.2, n° 3), lo studioso fa risalire a un codice corredato da varianti alternative, spesso conservate da c; ma non si può escludere che l’intera tradizione possa risalire a un verso come quello sopra proposto (non importa se con varianti marginali piuttosto che interlineari, con gran a testo piuttosto che in interlinea o sul margine). Altri casi di alternanza greu/gran sono studiati da Perugi 1978, II, pp. 603-604.
Ancora più marcata è l’instabilità dei gruppi al v. 12; questa la situazione:
1. e qan men cuich partir no mes nuills pros AAbCRD
2. e quant ieu men cug partir no mes pros Oa EM
3. e can men cuc partir no mes pros T (-1)
4. e cant men cuit partir quar nô es pros DªG
5. et qan men cuit partir mais no mes pro S
6. e qant eu men cug partir mais me pren c
Il verso di T (assetto 3) combina evidentemente gli assetti 1 e 2, all’interno dei quali si mescolano mss. appartenenti ai gruppi α e β. Quanto a θ, i suoi componenti sono suddivisi negli assetti 4-6; si noti che c presenta nel primo emistichio la stessa lezione dell’assetto 6 per poi condividere nel secondo mais con il solo S: anche questa circostanza può dipendere da un antecedente dotato di varianti alternative?
Infine, un guasto, forse una lacuna nell’antigrafo, deve essere all’origine della lezione di T al v. 13 che condensa e innova i vv. 13-14 producendo il verso ipermetro: cadoncs me faigll amors denan chem destreign; al verso successivo, l’ultimo della cobla, si legge una lezione, per cem uauc far al sieu comandamen, sovrapponibile al v. 28 così come è tràdito da DªG (dove suona leggermente diverso: per qeu uoill far tot son comandamen), con evidente errore in rima. Per il v. 28 T costruisce un verso che non trova corrispondenza nel resto della tradizione: per qe no mou da lieis ni nom defen.
Assumo la versione β come base per l’edizione e C come ms.-base; relego in apparato la versione α basata sul testo del ms. A, emendato da errori, irregolarità morfologiche e lectiones singulares (o comuni al solo Ab); in generale, nei casi in cui Oa presentano una lezione diversa da AAb metto a testo quest’ultima (ma al v. 5 adotto er di AbOa laddove A ha es della maggior parte degli altri testimoni) (2). Presento invece qui di séguito versione θ fondandola sul ms. Dª (ripristino l’ordine strofico corretto, ma mantengo la lezione del codice in 43 berald, emendata in Heralh per le ragioni esposte nella relativa nota del Commento):
[I, 1-7] Pos q’entremis me sui de far chançons / ben dei gardar qe fauz moz no·i entenda, / e, s’eu dic ren que madona en grat prenda, / ben m’en sera rendutz bons guizardons. / Et a grant tort si mos chanz non es bons; / car il me dona l’art e·l geing (-2) / e cho q’eu faz no deu metre en desdeing.
[II, 8-14] E setot m’es de semblan orgoillos / non ai poder que ves altra m’entenda / q’el cors e·ill oillz me mostron q’eu li·m renda / tant s’agradon de sas bellas faichos; / e cant m’en cuit partir, quar non es pros / la su’ amors m’es denant qe m’atein, / qe·m fai tornar vas lei, tant mi destreing.
[III, 15-21] Loing m’es dels oilz mais del cor m’estai pres / cela per cui sovent plaing e sospire; / e qant plus n’ai daffan e de martire, / dobla l’amors e nais e·m creis ades; / e car sui fis non cuit qe m’enganes, / q’eu me fi tant el seu enseignament / per q’ai respeit qe m’aia chausimen.
[IV, 22-28] Senz me mostra q’eu de lei me loignes / anz que·m laisses a la dolor auzire, / et Amors ditz q’eu sia francs sofrire / ni ja per ren non’aia cor engres; / car anc no fo nulz hom qui ben aimes / q’el non crees meilz Amor qe son sen, / per q’eu voill far tot son comandamen.
[V, 29-35] Anz nulz amanz per sidonz no soffri / tan greu dolor ni tant greu malananza; / per merce·ill prec qe·m dig’ a tal pesanza / s’en cor non a que·s meillur enves mi, / per qe vengues plus viaz ves la fi, / c’assaz val mais morir, al meu semblan, / qe toztemps viva a pena et affan.
[VI, 36-42] om.
[VII, 43-44] Seingn’ en Berald de Polinac, montan / vai vostre prez a chascun jor del an.
[VIII, 45-46] Bella-Guarda, de vos dauri mon chan / quar negus hom non pot mentir lausan.
Note
(1) Lo stemma codicum di Stronski (cfr. pp. 214-15) presenta tre rami non ricondotti all’archetipo (x, z, y) che raggruppano le seguenti famiglie: A, Oa (= x); DªG, Sc (= z); CR, EM (= y) (c contamina con EM). Inoltre T si lega a DªG e contamina con M; f e D si legano a CR. (↑)
(2) Sull’opposizione A vs Ab ai vv. 5, 7, 26, 30 si veda Zufferey 1987, p. 39. (↑)