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Beltrami, Pietro G. Variazioni di schema e altre note di metrica provenzale: a proposito di Bertran de Born, "Puois Ventadorns" e "Sel qui camja". "Studi Mediolatini e Volgari", 35 (1989), pp. 5-42.

Postilla 2013.

080,033- Bertran de Born

 

VARIAZIONI DI SCHEMA E ALTRE NOTE DI METRICA PROVENZALE: A PROPOSITO DI BERTRAN DE BORN, «PUOIS VENTADORNS» E «SEL QUI CAMJA»

 

1. L’ottica di un repertorio, anche di un repertorio esemplare quale è quello trobadorico di István Frank, non può certo dar conto di ogni aspetto della struttura dei testi, al di là dell’indicazione dello schema rimico e della formula sillabica, e del riferimento ad alcune categorie di massima relative ai tipi di rime e di collegamento strofico. Sebbene valga per ogni testo, se se ne vuole intendere la struttura specifica, la necessità di un esame ravvicinato, per alcuni testi lo scostamento fra ciò che è esprimibile con una scheda e la forma metrica effettiva può essere anche rilevante.

Il sirventese di Bertran de Born Puois Ventadoms e Comborns ab Segur (80,33) (1) ha richiesto a Frank il ricorso a tre diversi schede (compendiate poi in una quarta, 885:3):

str. I 407:2
a10 b10 a10 b10 c10’ d10 c10’ d10
a = ur, b = ó, c = éta, d = ar
(struttura condivisa da altri 6 testi)
str. II, V 353:1
a10 b10 a10 b10 c10’ b10 c10’ b10
a = òl, art, b = ór, ó, c = éta, eia
(struttura condivisa da altri 6 testi)
str. III, IV 49:1
a10b10 a10 b10 c10’ a10 c10’ a10
a = ós, ás, b = ás, ès, c = assa, assa
(unicum)

Considerato nell’insieme, lo schema metrico è un unicum. La diversità fra le strofe non è da drammatizzare, perché l’isometria strofica è comunque assicurata e, secondo la regola, le uscite di verso maschili (versi 1-4, 6 e 8 di ogni strofa) non si scambiano di posto con le femminili (versi 5 e 7); la struttura metrica non postula alcun cambio di struttura melodica da una strofa all’altra. Ci si può chiedere tuttavia se questa combinazione di schemi di rime sia dovuta a scarso interesse per la forma (2), o meglio al prevalere nel testo dell’intento pratico cui esso è rivolto, o se invece non nasconda una struttura formale più complessa. A un esame più ravvicinato, la forma del testo, contro l’apparenza ‘aperta’ e ‘approssimativa’, si dimostra calcolata e ‘chiusa’.

Nella struttura strofica sono da distinguere due parti di quattro versi a rime alterne, sempre abab la prima parte, la seconda cdcd nella str. I, cbcb nelle str. II e V, caca nelle str. III e IV; indico queste parti con I¹ I², II¹ II² ecc. Le rime c collegano fra loro le strofe I e II da una parte, III e IV dall’altra (limitatamente alla rima c le prime quattro strofe sono doblas), e precisamente I² con II² e III² con IV²; ma il collegamento fra le strofe e fra le parti mediante la rima si estende secondo un disegno preciso in tutto il testo, in questo modo:

1. I²- con II² (éta) - II¹ con II² (ór)

2. III¹ con III² (ós) - III¹ con IV¹ (ás) - III² con IV² (assa) - IV¹ con IV² (ás)

3. I¹ con V¹ e V² (ó)

Oppure (sempre distinguendo con un numero progressivo, qui in parentesi, i gruppi di collegamenti):

 
II¹
III¹
IV¹
1ª rima
 
 
(2) ós
 
 
2ª rima
(3) ó
(1) ór
(2) ás
(2) ás
(3) ó
 
 
 
 
 
 
 
II²
III²
IV²
1ª rima
(1) éta
(1) éta
(2) assa
(2) assa
 
2ª rima
 
(1) ór
(2) ós
(2) ás
(3) ó

Il collegamento indicato con il n. 3 stabilisce una forma di circolarità, con la ricomparsa di una rima della prima mezza strofa nell’ultima strofa. Questa circolarità è assicurata anche dalla simmetria delle rime che sfuggono ai collegamenti: esse sono due nella prima strofa (ur in I¹ e ar in I²), una nella seconda (òl in II¹), nessuna nella terza, una nella quarta (ès in IV¹), due nella quinta [art in V¹ e eia in V²). Con la quinta strofa il cerchio si chiude, e insieme si riapre nell’eco delle tornadas (3).

Un’annotazione di natura editoriale è richiesta dalle scelte di Gouiran (4) e di De Poerck (5), quanto al collegamento fra la prima e l’ultima strofa mediante la rima in -ó. Dopo le tre edizioni di Stimming (6) e quella di Appel (7), che stampano 2 Gordo, 4 de viro, 34 Chino, 36 chambo, 38 bo, 40 Matafel(l)o, 42 C(h)arlo, 44 do, 46 no, l’edizione di De Poerck e quella di Gouiran mantengono la rima in -ó nella prima strofa, ma nell’ultima strofa e nelle tornadas la sostituiscono con -on: 34 Chinon, 36 chambon, 38 bon, 40 Matafellon, 42 Carlon, 44 don, 46 non. La ragione è la fedeltà (nel caso specifico malintesa) al manoscritto A scelto come ‘base’ dai due editori: da De Poerck perché nel suo stemma A forma da solo un ramo della tradizione, che l’editore ritiene più autorevole dell’altro (a mio avviso a torto, se sono fondate le considerazioni che sviluppo nel par. successivo); da Gouiran, come di regola, senza motivazione (8). Si noti però che il manoscritto base ha dovuto comunque essere emendato al v. 34, dove porta Caslon, e al v. 4, dove porta fant las vilas serrar anziché si claven de viro(n).

All’opposizione può essere dato un valore puramente grafico, sebbene gli editori trascurino di dichiararlo, poiché si tratta senza eccezioni di parole uscenti in ‘n mobile’, utilizzabili per rimare sia in che in -on. La testimonianza dei mss. ACDFIK, che conservano il testo, è la seguente:

i.
2 Gordo A - Gordon DFIK (Guordos C)
4 de viro F - de viron DIK (serrar A, li mur C)
v.
34 Chino C - Chinon DF (Caslon A, Chaslon IK)
36 cambo C - chambon ADFIK
38 bo C - bon ADFIK
40 Matafelho C - Matafelon D, Matafellon AFIK
vi.
42 Karlo C - Carlon A, Charlon IK
44 do C - don AIK
vii
46 no C - non AIK

Come si vede, C non è utilizzabile per la prima strofa, e per l’ultima e le tornadas; DIK danno sempre -on (D non contiene le tornadas); A dà al v. 2, non è utilizzabile al v. 4, e dà -on nell’ultima strofa e nelle tornadas; F, che non contiene le tornadas, dà -on nell’ultima strofa, mentre nella prima accosta ‑ó al v. 4 a -on al v. 2. Si può escludere che, con lo stesso tipo di parole, siano state formate nell’originale due serie distinte, una per la prima strofa e una per l’ultima. La scelta cadrà preferibilmente su , perché l’uscita in -n ‘mobile’ conservata (dimostrabile con rime con -n da -n + consonante) è caratteristica piuttosto di autori provenzali in senso stretto; è anche ammissibile, ma a mio parere meno valida, la scelta opposta, per -on, se si vuole seguire la forma linguistica di DIK e, con una sola incoerenza, F: resteranno valide anche in questo caso le osservazioni avanzate sul richiamo di rima fra la prima strofa e l’ultima.

Meno rilevante dal punto di vista dell’interpretazione proposta, ma dello stesso tipo è il caso delle rime in -ás o -ans della terza e quarta strofa. -ás è la scelta di Stimming, nelle tre edizioni, e di Appel; -ans quella di Gouiran, in tutte le occorrenze; -ans quella anche di De Poerck, che però stampa vas (v. 30), di nuovo per fedeltà a A, sottintendendo di nuovo, come si deve credere, che l’alternanza abbia un valore puramente grafico. I mss. hanno: 18 Gavardans ADFIK, Guavaldas C; 20 Marsans ADFIK, Marsas C; 25 Lezinans ADFIK, Lezinha C (che starà per Lezinhas); 27 sans ADFIK, in C il verso manca; 30 vans DFIK, vas AC; 32 mans ADFIK, mas C. Anche in questo caso sembra preferibile la soluzione ‘non provenzale’ -ás dei vecchi editori, o in subordine una scelta per -ans in tutte le occorrenze sulla base di DFIK e, con un’incoerenza, di A; per l’interpretazione che ho proposto è fondamentale solo l’ammissione che la rima sia sempre la stessa.

 

2. La corrispondenza fra le rime ó della prima strofa e quelle dell’ultima ha dunque una funzione strutturale, in un testo nel quale la diversità degli schemi strofici è ricondotta ad una struttura calcolata. Questa interpretazione comporta qualche osservazione sulla tradizione manoscritta.

Il testo è conservato da 6 mss., ACDFIK. DFIK risalgono ad un subarchetipo comune; lo dimostra l’errore del v. 32 homes per homenes (v. nota), forse anche 33 IK Villa Bocart, D Villa Bochart, F Villa Boschart per A Ysla Bochart, C Ylhan Bochart, cioè L’Ile-Bouchard (Indre-et-loire). Al v. 26 DFIK danno fossen pres per fos en pes «fosse in piedi» di AC, lezione che appare preferibile per via del parallelismo con il v. 27 et a Sivrac fos vescoms vius et sas: fossen pres sarà da intendere «fossero presso», con rima regolare in ès, lezione assai meno convincente, ma in definitiva non di per sé un errore palese.

C, che non condivide alcun errore congiuntivo con DFIK né con A, conserva manifestamente le tracce di una redazione del testo diversa da quella rappresentata da DFIK, anche se non ne è un testimone coerente. Si vedano le varianti (che specifico con maggiore precisione in apparato al testo; si intende che nella lista seguente l’opposizione è tra varianti, non necessariamente tra errori e lezioni corrette):

v. 5
«m’es bon e belh hueymais qu’ieu m’entremeta» per «m’es bel
qu’eu chan e qu’eu m’en entremeta» DIK, «...e q’eu m’entremeta» F.
v. 6
«per elhs a conortar» per «per lor asegurar» cett.
v. 8
«non lai auzes intrar» per «non i auses estar» DFIK (F asises), «non i pogues estar» A.
v. 14
«non ac denier ni·n pres senes paor» per «non a deniers ni no·n pren ses paor» cett.
v. 16
«q’un emperi» per «que grant empier» DFIK, «q’un gran empier» A.
v. 17
«lo senher dels Guascos» per «qui (que A) es caps dels Gasco(n)s» cett.
v. 19
«ho vol» per «si·s vol» cett.

Dopo il v. 24 C aggiunge due versi che restano fuori schema: «et a Bordelh pot remaner la rassa / e vas Peitieus dressem los guomfainos».

v. 30
«venhas en sai» per «teignas ab nos» cett. (al di sopra di differenze individuali).
v. 31-2
«e demandem entro que hom li fassa / los...» per «e demandem (F demande) que el dreit nos fassa / dels...» DFIK, «e demandem tro que dreich nos fassa» A; «qu’om li trays» per «qu’el nos a traitz» DFIK, «qe·ns a traitz» A.
v. 35
«bastis senes reguart» per «ant bastit ses regart» cett.
v. 36
«el mieg d’un pian cambo» per «e mes en plan chambon» cett.

È da riferire a questa diversa redazione, e ne costituisce il tratto più rilevante, la forma metrica della prima mezza strofa, abba anziché abab, a = ur, b = ós anziché ó:

Pus Ventedorn e Comborn e Segur
e Torena e Monfort e Guordos         
an fag acort a Peiregorc la jos
e li borzes fan adobar li mur

(per Peiregorc C porta periafog). A questo proposito una proposta è stata formulata da De Poerck, p. 439: considerata la lezione di A, lo studioso osserva che, se si potesse reinterpretare la lezione di C in «fan li mur adobar», sarebbe possibile che «la rime -ar fût un vestige d’une rédaction un peu différente de la strophe I, bâtie non sur quatre, mais sur trois rimes, comme II, III, IV, V»: ma per ‘dissotterrare’ questa redazione su tre rime (ur, ar, éta) bisognerebbe pensare che Gordo, Gordos non fosse in rima, supposizione che mi pare troppo onerosa.

In C manca dunque il collegamento della prima strofa con l’ultima mediante la rima in ó (strofa I ós, strofa V ó), sostituito da un collegamento assai meno significativo con la terza strofa mediante la rima in ós. Di per sé questa diversa forma della prima strofa non è inammissibile in un testo che giustappone schemi diversi; ma si può dire che tra C e il resto della tradizione, dal punto di vista della forma delle rime, intercorre un rapporto da meno strutturato a più strutturato, in un testo in cui la forma delle rime ha una funzione unificante al di sopra della diversità degli schemi. È possibile che in qualche punto la lezione di C rispecchi una prima redazione d’autore (così forse nella prima mezza strofa), ma per lo più le lezioni di C attribuibili ad una redazione particolare sono inferiori, e fanno pensare ad un rimaneggiamento altrui.

Si nota però dalle varianti elencate, e in particolare dalla presenza di due versi che dovrebbero essere sostitutivi di altri del testo, che C non testimonia esclusivamente la redazione alternativa, ma la presenta in forma contaminata con la redazione testimoniata da DFIK. Ancor più, C fornisce lezioni non facilmente ricavabili per emendamento superiori a quelle corrispondenti di DFIK: fos em pes al v. 26, homenes al v. 32, Ylhan Bochart al v. 33 (ovviamente riconducibile a Ylha Bochart).

Sulla posizione di A si può nutrire qualche incertezza. Nessun errore congiuntivo lo unisce a DFIK, rispetto ai quali esso porta le lezioni corrette fos en pes al v. 26, homenes al v. 32, Ysla Bochart al v. 33; ma è forse congiuntivo di AIK al v. 34 e Lenzon e Caslon A, e Lenzen e Chaslon IK per e Laudun e Chino(n) DF (e Chaudu e Chino C). Al v. 4 la lezione di A «e li borzes fant las vilas serrar» lascia senza corrispondenza nella strofa, in modo inaccettabile rispetto alla struttura del testo, la rima in ó, e fa pensare, per via di fant, ad un contatto con la redazione testimoniata da C. Ciò fa nascere un certo sospetto su lezioni che di per sé non sono errori manifesti: al v. 16 q’un gran empier A, q’un emperi C (dove la lezione senza articolo di DFIK è favorita dal parallelismo con pauca terreta del v. 15); al v. 20 e cel cui es Marsans AC contro e Tartas e Marsans DIK (lezione sulla cui superiorità ha portato argomenti De Poerck); al v. 12 et a sobrier AC (sorbier C) contro DFIK e Torena (lezione a mio parere preferibile, v. nota). Ciò che sembra più probabile è che la testimonianza di A, nonostante la buona apparenza (che fa di A il codice base di De Poerck e di Gouiran), sia intermedia fra quella di C e quella di DFIK. Quest’ultima è indipendente sia da A che da C (v. 4 si claven de viro(n), v. 12 e Torena), e, nonostante richieda molti emendamenti, è da porre a base dell’edizione.

 

3. Dal punto di vista metrico il caso in questione è in parte analogo a quelli esaminati da Roberto Antonelli (9) per la poesia italiana del Duecento; occupandosi di quest’ultima, Antonelli si limita ad un breve rimando ai casi desumibili dal Répertoire di Frank. Ho quindi ritenuto utile una ricognizione sommaria, allargata, oltre che ai casi in cui la lista delle rime nella terza colonna mostra una ripetizione, a tutti i casi in cui per varie ragioni Frank è ricorso a più schemi. Nella schedatura che segue, per la quale mi sono servito dei materiali raccolti per il secondo volume del Rimario trobadorico provenzale (volume I, in collaborazione con Sergio Vatteroni, Pisa 1988), ho tentato di dividere la casistica in tipi fondamentali, anche se qualche testo è di collocazione almeno ambigua; all’interno di ogni tipo elenco i testi in ordine cronologico approssimativo. Alcune schede si sovrappongono con l’elenco contenuto nella mia recensione a Benoît de Cornulier («Rivista di letteratura italiana», II, 1984, pp. 587-605, p. 597), che riguarda i testi con irregolarità nell’uso delle uscite maschili e femminili (10).

a) Ripetizione di rime

(1) 293,24-196:2 (singulars). Marcabruno, En abriu, mss. ACEIKNRd, ed. Dejeanne, XXIV (11).

Schema (a-a7)b11 (c-c7)b11 (d-d7)b14: Frank dà lo schema in versi brevi; tuttavia si noti che la seconda rima interna definisce sempre regolarmente un eptasillabo, mentre la prima rima interna ha una posizione variabile; i primi due di ogni strofa sono versi di 11 sillabe con cesura 7 + 4, il terzo è un verso di 14 sillabe con cesura 7 + 7 (i versi di 11 sillabe ammettono la ‘cesura italiana’ 7’+ 3, come già in Guglielmo IX, quelli di 14 la cesura epica, entrambi i tipi la cesura potenzialmente epica evitata dalla sinalefe (12)). Nella strofa V la rima d è uguale alla rima a (ia): schema (a-a7’)b11 (c-c7)b11 (a-a7’)b14 (cesura epica al terzo verso, cesura epica evitata dalla sinalefe al primo).

 

(2) 16b,1-193:6 (singulars). Aldric del Vilar, Tot a estru, mss. ACDª IKa¹d, ed. Dejeanne, cit., XX (sirventese a Marcabruno, gli risponde 293, 43).

Schema a4 a4 b8 c4 c4 b8: nella strofa VI la rima c è uguale alla rima a (és), schema aab aab.

 

(3) 323,21-199:1 (singulars). Peire d’Alvernhe, Lauzatz si’ Emanuel, mss. CR, ed. Del Monte, XIX (13).

Schema a7 a7 b7 c7 c7 c7 b7 (capcaudadas, non segnalate da Frank): nelle ultime due strofe (VIII e IX, prima della tornada) la rima b è uguale alla rima a (ó in entrambe), schema aaaccca. La rima b dà la rima a della strofa successiva; la strofa VIII ha dunque il carattere di una conclusione metrica, ripetuta nella strofa IX al modo di una tornada anticipata rispetto alla tornada vera e propria (di 4 versi). Questo carattere conclusivo è marcato anche dal fatto che la rima c diventa costante nelle strofe VII, VIII e IX e nella tornada (us).

 

(4) 334,1-274:6 (singulars). Peire de la Caravana (Cavarana), D’un sirventes faire, mss. Dª IK, ed. Bertoni (14).

Schema: a5’ b5 a5’ b5 a5’ b5 + refrain c5 c5 c5 c5: nella strofa V la rima b è la stessa del refrain (ababab bbbb, o meglio acacac cccc, per uniformità con le altre strofe).

 

(5) 80,21-246:1 (singulars). Bertran de Born, Ges no mi desconort, mss. ADDcFGIKM, ed. Gouiran, 17.

Schema a6 b4 a6 b4 a6 b4 a6 b4 c6 c6 c6 c6 c6 c6 c6: Frank contempla anche la possibilità di considerare décasyllabes 6+4 a rima interna i primi 8 = 4 versi della strofa (n. 33a), schema (a)b(a)b(a)b(a)bccccccc (ma Chambers, Old Prov. Vers., cit., p. 159, preferisce la descrizione in versi corti). Nella strofa V la rima c è uguale alla rima a: abababab aaaaaaa. Se si ammette che la prima parte della strofa sia in décasyllabes, la strofa V è regolare per quanto riguarda le uscite di verso (bbbb ccccccc), e l’irregolarità rimane confinata alle rime interne (a = c) della prima parte.

 

(6) 80,45-362:4 (doblas). Bertran de Bom, Voluntiers feira sirventes, mss. IKd, ed. Gouiran, 30.

Schema a8 b8 a8 b8 c8 c8 b8 b8. La rima a e la rima b sono costanti (és, ar); nella prima coppia di strofe la rima c è uguale alla rima a (schema ab ab aabb, corrispondente all’unicum di una cobla anonima, 461,250-219:1).

 

(7) 202,7-577:208 (singulars). Guilhem Ademar, Ieu ai ja vista manhta rey, mss. CE, ed. Almqvist, XVI (15).

Schema: a8 b8 b8 a8 c8 c8 d8 d8: nella strofa II la rima d è uguale alla rima b (ar), schema abba ccbb (corrisponde al n. 559 di Frank). Da notare però che la rima in ar ha una posizione abbastanza particolare in questo testo in coblas singulars: è rima d nella strofa I, rima b nella II, rima a nella III, IV e V (la poesia non ha una tornada nel senso metrico del termine). L’edizione Almqvist contempla un’altra irregolarità nella strofa IV, abba cccc (corrispondente al n. 564 di Frank), c = ens. Probabilmente però è nel giusto la scheda di Frank, per il quale lo schema della strofa è regolare, con c = en e d = ens. La poesia è in due mss., CE; nei due versi in questione: ez ai vist nozer chauzimen(s) / a trop valer ab trichamen(s) l’uscita in -en non comporta alcuna difficoltà (chauzimen obliquo, trichamen singolare).

 

(8) 155,26 [= 156,15]-70:1 (doblas). Folchetto di Marsiglia, Vers Dieus, e·l vostre nom e de sancta Maria, mss. CRf, ed. Stroński, XXVIII (16).

Schema a12’ a12’ a12’ b6 b6 b6 a6’ b6 b6 b6 a6’ + refr. c6 c6 c6 d6’ (non d6, Frank, che però scheda correttamente la rima). Nella prima coppia di strofe il verso finale del refrain riprende la rima a (refrain ccca), nella seconda coppia i primi tre versi del refrain riprendono la rima b (refrain bbbc). La costruzione appare dunque fondata su uno scambio di rime a partire dal refrain; indicando le rime di quest’ultimo con xxxy, la prima coppia ha lo schema yyy aaay aaay, la seconda aaa xxxa xxxa. La strofa V è ridotta, in funzione di tornada, ma con la sottrazione dell’ultima parte anziché della prima; rime della seconda coppia, aaa xxxa + xxxy.

 

(9) 96,7a-591:1 (doblas). Blacasset, Mos volers es qez eu m’eslanz, ms. unico a¹, ed. dipl. Bertoni (17).

Schema a8 b7’ b7’ a8 c8 c8 d2 d2 e6 d2d2 e6; lo schema può essere riscritto (anche secondo la stampa di Bertoni) in forma di strofe di 8 versi, di cui i due ultimi décasyllabes con doppia rima interna: a8 b7’ b7’ a8 c8 c8 (d2 d2)e10 (d2 d2)e10; tolte le rime interne si tratterebbe del frequentissimo abbaccdd, di cui Frank elenca 306 occorrenze al n. 577; per la formula sillabica sarebbe, sotto questo lemma, un unicum. Nella seconda coppia di strofe la rima e è uguale alla rima c; schema abba cc(dd)c(dd)c, o, senza le rime interne, abba cccc (due testi anonimi in décasyllabes al n. 564 di Frank).

 

(10) 437,21-274:2 (doblas). Sordello, Non pueis mudar qan luecs es, ms unico M, ed. Boni, XIX (18).

Schema: a7 b6’ a7 b6’ a7 b6’ c3 c7 c3 c7 (non... c4 c7 c4 c7, come schedato da Frank); nella seconda coppia di strofe la rima c è uguale alla rima a, schema ababab aaaa.

 

(11) 282,2-328:1 (singulars). Lanfranc Cigala, En chantar d’aquest segle fals, mss. CIKa¹ dex, ed. Branciforti, XXX (19).

Schema: a8 b6’ a8 b6’ b6’ c4 c4 b6’ b6’ d4 b6’: il decimo verso di ogni strofa, in rima d estrampa, suona sempre Maire de Dieu (strofa I: la Maire Dieu). Nella strofa III la rima c (leu: Dieu) è uguale alla rima d: schema ababb ccb bcb.

 

(12) 102,1-124:2 (singulars). Bonifacio di Castellana, Era, pueis yverns es el fil, ms. unico M, ed. Parducci (20).

Schema: a8 a8 b8 a8 b8 b8 c8 (capcaudadas): nell’ultima strofa la rima c è uguale alla rima a, schema aababba; il fatto si giustifica perché la rima c, isolata nella strofa, dà la rima a della successiva: nell’ultima strofa la ripetizione finale della rima a è una marca di chiusura (seguono due tornadas di 2 versi).

 

(13) 427,3-50:1 (singulars). Rostanh Berenguier, La dousa paria (estampida), ms. unico f, ed. Meyer (21).

Schema a5’ a5’ a5’ b5 a5’ a5’ a5’ b5 c3’ c3’ d5 c3’ c3’ d5 (unicum). lo schema di Frank è in realtà quello delle strofe II, III e V; nelle strofe I e IV d equivale a b (aaab aaab ccb ccb: unicum).

 

(14) 289,1-502:2 (singulars). Peire Lunel de Monteg (Cavalier Lunel de Montech), Mal veg trop apparelhar, ms. unico R, ed. Bartsch (22).

Schema a7 b7 b7 a7 a7 c7 c7 d7 (capcaudadas). Nella strofa VII (ultima) la rima c è uguale alla rima a: schema abba aaac (ma c = òr, a causa di una lacuna del ms. unico R, si ricostruisce per congettura sulla prima tornada). La seconda tornada è capcaudada rispetto alla prima: em, em, em, òr / òr, em, em, em.

 

(15) 461,25a-112bis:l (singulars). Testo anonimo non schedato dalla BdT (numero assegnato da Frank); ms. unico, n. 7 della Biblioteca de Cataluña (Biblioteca Central de la Diputación de Barcelona): Eras diray ço que·us dei dir, ed. Riquer (23).

Schema a8 a8 b8 a8 a8 b8 c4 c4 d4 c4 c4 d4 e4 e4 f4 f4 + refrain variabile (unicum). Nella strofa III (ultima) la rima f è uguale alla rima e (fine della strofa: e4 e4 e4 e4). In realtà ha lo stesso schema anche la strofa I, che dà le rime s’escay: forfayt / d’uymay: diray. Frank scheda le due prime rime come -ach, ma per s’escay ciò non sembra probabile; si potrebbe trattare piuttosto di una rima imperfetta. Lo schema e4 e4 f4 f4 sembrerebbe dunque proprio della sola strofa II: ed è in effetti questa l’irregolarità, secondo l’opinione di Riquer (pp. 160-1), che credo da accogliere.

 

(16) 215,1-112:1 (doblas). Guilhem Evesque, joglar d’Albi, Valors e beutatz e dompney, ms. unico C, ed. Appel (24). Il testo non contiene elementi di datazione; lo schema metrico è un unicum.

Schema: a8 a4 b4 a8 a4 b4 c8 c4 c8 d10’ e10 e10 (testo lacunoso: in particolare non è identificabile la rima b nella prima coppia di strofe). Le rime d ed e sono costanti (ensa, ór). Nella seconda coppia la rima c è uguale alla rima e; schema aab aab ccc dcc.

 

b) Rime interne

(17) 133,8 Elias Cairel, Per mantener joi e can e solatz, mss. AAªDªGHIJK, ed. Jaeschke (25), 8.

Frank assegna al testo due schemi, uno per le strofe I-II, 145:1 a10 a4 b6 b10 a10 c10’ c10’ d8 d8, l’altro per le strofe III-V, 147:1 a10 a4 b6 b10 b4 a6 a4 c6’ a4 c6’ d8 d8. Si tratta evidentemente di un testo in décasyllabes con rime interne (Frank in nota alla scheda 577, p. 117, e così edito correttamente da Jaeschke), a10 b10 b10 a10 c10’ c10’ d8 d8; la differenza tra le prime due strofe e le altre tre è nell’aggiunta di tre rime interne nelle strofe III-V, oltre l’unica già presente nelle strofe I-II, come ha già notato Vatteroni (26).

 

(18) 335,6-116:1/382:66. Peire Cardenal, Aquesta gens, cant son en lur gaieza, mss. CIJKMRTdα, ed. Lavaud, XII (27).

Lo schema 382:66 a10’ b10 a10’ b10 c8’ c8’ d10 d10, unico possibile per le strofe I-III, è l’unico atto a descrivere tutto il testo (cfr. Vatteroni, Rima interna, cit., p. 178, num. 5); l’altro schema, 116:1, descrive le rime inteme delle strofe IV e V (lo trascrivo evidenziando il fatto che si tratta di rime interne): (a2 a2)b6’ (a2 a2)c6 (a2 a2)b6’ (a2 a2)c6 (d2d2)e4’ (d2 d2)e4’ (f2 f2)g6 (f2 f2)g6. Si noti che, mentre il sirventese è in coblas unissonans, le rime interne sono singulars capcaudadas, e come tali continuano nella tornada di 4 versi, che per le rime di fine verso è regolare (schema degli ultimi 4 versi dell’ultima, e quindi di tutte le strofe precedenti), mentre per le rime interne riprende nel primo verso l’ultima rima interna della strofa precedente. Per avere nella tornada rime interne come nelle strofe IV-V bisognerebbe emendare rispetto all’ed. Lavaud (vv. 41-4): «Lo pros dels pros me plazeria / e·l mal del mal (L. dels mals), si s’avenia: / qu’en tal ostal estau matin e ser / on, vuelh que·m vuelh, ai trastot mon voler» («il vantaggio dei prodi e i mali del malvagio», con chiasmo nell’uso del singolare e del plurale).

 

(19) 327,1 Peire Basc, Ab greu consire, ms. unico R, ed. Appel, Prov. Ined., cit., p. 210. Autore non databile (ma il testo imita Guilhem de Cabestanh, 213,5 Lo dous consire; cfr. J. MARSHALL, Une versification..., cit., p. 46).

Frank assegna alla prima strofa lo schema 248:1 (unicum) a4’ b6 a4’ b6 a4’ b6 a4’ b6 c6 c6 c6 d6’ d6’ e6 e6 alle successive (II-VI) lo schema 35:1 (unicum) a10 a10 a10 a10 b6 b6 b6 c6’c6’d6 d6. La differenza tra i due schemi potrebbe consistere solo nella presenza di rime interne nei primi 4 versi della prima strofa e non delle successive; si noti che i décasyllabes postulati da Frank nelle strofe II-VI, in base al suo principio di corrispondenza esatta tra rima e verso, sono tutti a cesura epica, come sarebbero quelli con rima interna della prima strofa. Il testo sembra inoltre alquanto corrotto nella metrica (ipometrie e ipermetrie).

 

c) Costruzioni simmetriche

(20) 80,33 Bertran de Born, Puois Ventadorns, già esaminato.

 

(21) 30,19 Arnaut de Mareuil, Mout eron doutz miei cossir, mss. ABCDDcEFGIKMNQRSbc, ed. Johnston, XXV (28).

I due schemi dati da Frank sono 685:1 (unicum) a7 b6 b7 c7’ c7’ a6 d6 d6 e7 e7 e 732:1 (unicum) a7 b6 b7 c7’ c7’ d6 e6 e6 f7 f7. Sono doblas le strofe I-II e IV-V; nella strofa centrale le rime a e d sono estrampas; la prima riprende la rima a delle prime due strofe, la seconda anticipa la rima a delle ultime due strofe. Allo stesso modo le rime b e c continuano le rime corrispondenti delle due strofe precedenti, le rime e e f anticipano quelle (d e e) delle due strofe seguenti. Non mi pare necessaria la supposizione, valida in astratto, di Kurt Lewent (29), che la strofa III risulti dalla giustapposizione, per salto meccanico, di due strofe originarie, mutile la prima degli ultimi 5 versi, la seconda dei primi 5, a partire da un testo in 6 coblas ternas, del quale però una tradizione ms. così ricca non presenta alcuna traccia. Si aggiunga poi che la strofa III dell’ed. Johnston dà perfettamente senso così com’è.

 

d) Variazione di schemi a causa della retrogradazione.

(22) 406,3 Raimon de Miraval, Aissi·m ten..., ms. unico C, ed. Topsfield, XLV (30).

Una prima bipartizione del testo, dato da C in 6 strofe di 12 versi, è stata riscontrata da Levy, la cui opinione è riportata come comunicazione personale da BdT s.v., tra le prime due strofe e le successive, che costituirebbero un testo differente. I due schemi di Frank, entrambi unica, si riferiscono alle prime due strofe; per la prima 336:1 a6 b6’ a6 b6’ b6’ c6 c6 d6 d6 c6 c6 b6’, per la seconda 688:1 a6’ b6 b6 c6 c6 b6 b6 a6’ a6’ d6 d6 a6’. I due schemi stanno fra loro in rapporto di retrogradazione, che giustifica anche il cambio di formula sillabica (limitato alla disposizione delle uscite maschili e femminili). Alle strofe successive (incipit Quar etz de pretz al sim) Frank assegna il n. 406,16a (assente dalla BdT.), e lo schema 230:2 a6 b6’ a6 b6’ a6 b6’ a6 b6’ a6 b6’ a6 b6’: strofe retrogradate, con una rima maschile e una femminile in rapporto derivativo, che si scambiano di posto per la retrogradazione, doblas dal punto di vista delle rime (III im / ima - IV ima / im; V il / ila - VI ila / il). Che si tratti davvero di due testi è possibile quanto il contrario; nella seconda ipotesi il testo ricadrebbe anche nella categoria, sotto distinta, dei testi che mutano schema tra la prima e la seconda parte. Topsfield stampa il testo di seguito, ma riportando l’opinione di Levy.

 

(23) 173,13 Gausbert de Puicibot, Si res valgues en amor, mss. CR, ed. Shepard, XIII (31).

Frank assegna alle strofe I, III, V lo schema 531:1 (unicum) a7 b7 b7 a7b7b7 a7 c7 d7 d7 c7, alle strofe II e IV lo schema 631:1 (unicum) a7 b7 b7 a7 c7 d7 d7 c7 d7 d7 c7. Si tratta di coblas retrogradadas in cui vengono riprese le stesse rime, come si può meglio esprimere con lo schema a7 b7 b7 a7 b7 b7 a7 c7 d7 d7 c7 / c7 d7 d7 c7 a7 b7 b7 a7 b7 b7 a7...

 

(24) 124,6 Daude de Pradas, Ben aj’Amors, quar anc me fes chauzir, mss. ACDDcFGIKNORfα, ed. Schutz, III (32).

6 strofe di 8 décasyllabes maschili e una tornada di 4 (questa regolarmente sullo schema degli ultimi 4 versi della strofa VI). La pluralità di schemi, tutti schedati al n. 885:1, è dovuta al fatto che le 4 rime ir, uelh (Frank olh), ors, at sono fatte ruotare di strofa in strofa, secondo un principio di retrogradazione nelle prime 4, secondo un principio meno chiaro nelle ultime 2.

 

(25) 154,6 Folquet de Lunel, Si quon la fuelh’el ramel, ms. unico A, ed. Eichelkraut, V (33).

Frank assegna alle strofe I, III e V lo schema 645:7 a7 b7 b7 a7 c7’ d7 d7 e7 e7 e alle strofe II, IV lo schema 187:1 a7 a7 b7 b7 c7’ d7 e7 e7 d7. L’alternanza dei due schemi dipende dalla retrogradazione (in strofe alternate), per la quale la quartina a rima incrociata iniziale della prima strofa e il doppio distico finale della prima strofa si scambiano di posto intorno al verso centrale, l’unico femminile (rima c). Le rime che si cambiano di posto sono sempre le stesse; quindi lo schema sarebbe più precisamente (anche se più macchinosamente) espresso dalla serie a7 b7 b7 a7 c7’ d7 d7 e7 e7 / e7 e7d7 d7 c7’ a7 b7 b7 a7... Le due tornadas di 5 versi riprendono rispettivamente, dopo c7’, la quartina (prima tornada) e il doppio distico (seconda) nell’ordine che questo ha nelle strofe dispari.

 

(26) 248,24 Guiraut Riquier, De midons e d’amor, mss. CR, ed. Mölk, XV (34).

Frank assegna alle strofe dispari (I, III, V) lo schema 639:6 a6 b6 b6 a6 c6’ d5 d5 c6’ e6 e6 f6 f6, e alle strofe pari (II, IV) lo schema 183:1 a6 a6 b6 b6 c6’ d5 d5 c6’ e6 f6 f6 e6. Il rapporto fra i due schemi è di retrogradazione; il testo può anche essere descritto con la formula a6 b6 b6 a6 c6’ d5 d5 c6’ e6 e6 f6 f6 / f6 f6 e6 e6 c6’d5 d5 c6’ a6 b6 b6 a6... (le rime non mutano).

 

(27) 248,31 Guiraut Riquier, Gauch ai, quar esper d’amor, mss. CR, ed. Mölk, cit. XXV.

Frank assegna alle strofe dispari lo schema 645:9 a7 b7 b7 a7 c7’ d7 d7 e7 e7, alle strofe pari lo schema 187:2 a7 a7 b7 b7 c7’ d7 e7 e7 d7. In realtà, come osserva Mölk in nota a p. 111, sia le strofe pari che le dispari seguono lo schema 645:9. Sono ruotate le rime (sempre ór, ans, ensa, er, és), non la loro disposizione (come invece nel testo di Folquet de Lunel 154,6, qui n. 25, e nel testo 248,72 di Guiraut Riquier, qui n. 28). Le strofe pari sarebbero meglio descritte con lo schema edde c bbaa.

 

(28) 248,72 Guiraut Riquier, Res no·m val mos trobars, mss. CR, ed. Longobardi, n. XXII (35).

Frank assegna alle strofe dispari (I, III, V) lo schema 645: 10 a6 b6 b6 a6 c6’ d6 d6 e6 e6, alle strofe pari lo schema 187:3 a6 a6 b6 b6 c6’ d6 e6 e6 d6. È lo stesso meccanismo di 154,6 (qui n. 25), ma in esasillabi anziché eptasillabi, e con parole rima e complessi artifici per cui cfr. l’ed. Longobardi, pp. 136-7.

 

(29) 248,82 Guiraut Riquier, Tant m’es plazens le mals d’amor, mss. CR. ed. Mölk, cit., I.

Frank assegna alle strofe dispari (I, III, V) lo schema 473:1 (unicum) a8 b8 b8 a8 a8 b8 a8 b8, alle strofe pari (II, IV, VI) lo schema 295:7 a8 b8 a8 b8 b8 a8 a8 b8. Da uno schema all’altro si passa per retrogradazione, però con ripartizione delle strofe in I-III e IV-VI dal punto di vista delle rime (I-III a = or, b = ir; IV-VI a = olh, b = ai): I abba abab / II baba abba / III abba abab / (cambio di rime) / IV abab baab / V baab baba / VI abab baab.

 

e) Mutamento di schema tra prima e seconda parte del testo.

Possono rientrare in questa categoria i testi già schedati ai nn. 6 (ripetizione di rime), 17, 18, 19 (rime interne), 24, 29 (retrogradazione).

 

(30) 293,40 Marcabruno, Pus mos coratges s’es clarzitz, mss. ACEIK, ed. Dejeanne, cit., XL.

Le strofe I-II seguono, secondo Frank, lo schema 359:1 a8 b8 a8 b8 c8 c8 a8, le strofe III-VII lo schema 167:1 a8 a8 b8 b8 c8 c8 d8 (unicum). Il testo è in coblas doblas, con la strofa VII dispari (e la tornada che ne riprende la forma degli ultimi tre versi); del principio delle doblas sembra rappresentare un’interpretazione più radicale del solito, ma comunque senza variazioni nel sillabismo. Quanto alle prime due strofe, si noti che lo schema di Frank non rispetta l’intendimento dell’edizione Dejeanne, che distingue esplicitamente le rime in itz dei vv. 1, 7 e 8, 14 dalle rime in is dei versi 3 e 10; lo schema è dunque abcbdda (due volte).

 

(31) 194,18 Gui d’Ussel, N’Elias, de vos voill auzir, mss. DªIKRa¹, ed. Audiau, XIX (36).

Frank assegna alle strofe I, II, IV, VI, VIII lo schema 331:1 a8 b8 a8 b8 b8 c7’ c7’c7’ b8; alle strofe III, V, VII, IX lo schema 644:4 a8 b8 b8 a8 c8 d7’ d7’ e10; la prima delle due tornadas di 3 versi corrisponde al primo schema, la seconda al secondo. Così espressa la situazione del testo può sembrare irrazionale, ma non così è il testo, anche se non usuale. Alla strofa di invito rivolta da Gui d’Ussel a Elias, secondo lo schema 331:1, Elias risponde con una doppia strofa, aggiungendo allo schema 331:1 lo schema 644:4; di qui in poi la tenzone prosegue, con lo scambio delle battute, secondo questo schema 331:1 + 644:4, in strofe, se così intese, regolarmente unissonans (quindi: Gui I; Elias II+III; Gui IV+V; Elias VI+VII; Gui VIII+IX). Le due tornadas riprendono le due parti costituenti della doppia cobla, quella di Gui la prima parte (X), quella di Elias la seconda (XI). Se si vuole sospettare che anche l’invito di Gui d’Ussel contenesse la seconda parte della doppia strofa, il testo può essere ricondotto a una forma del tutto regolare; ma questa supposizione non sembra necessaria.

 

(32) 315,2 Palais, Be·m plai lo chantars e·l ris, ms. unico Dª, ed. Ricketts, pp. 230 ss. (37).

Le prime due strofe seguono lo schema 541:4 a7 b7 b7 a7 c7’ a7 b7 c7’, imitando anche nella scelta delle rime 155,12 Ja non volgra q’hom auzis, di Folchetto di Marsiglia (ed. Stroński, cit., XXIII) (38). Nelle due strofe successive Palais passa alio schema 348:1 a7 b7 a7 b7 c7’a7 a7 c7’ (unicum), segnalando non un cambio di forma, ma sì un cambio di argomento: A mudar m’er ma razon. La formula sillabica è mantenuta inalterata; la relazione dello schema di rime con il precedente è individuabile nella presenza di una quartina a rima incrociata come seconda anziché come prima metà della strofa, e nel mantenimento di aigna come rima femminile (variano invece quelle maschili).

 

(33) 124,9-589:1 (doblas). Daude de Pradas, Al temps d’estius, qan s’alegron l’ausel, mss. CHLN, ed. Schutz, cit., app. II (dubbia: paternità contesa con Guillem de Berguedà).

Schema: a10 b10 b10 a10 c10 c10 d10 d10 e10. Questa poesia ha due particolarità metriche. Nella prima coppia di doblas, e solo in quella, la rima d è femminile (age), il che comporta, secondo le regole provenzali, un cambio di formula sillabica dalla prima coppia alle due successive (la formula sillabica data da Frank è quella delle strofe III-VI). Nella terza coppia la rima d è uguale alla rima b (en), per cui lo schema è in realtà abb acc bbd. Per quanto riguarda la seconda coppia è errata la scheda di Frank: la rima c non è ut, come la rima d, ma art, e lo schema è effettivamente quello messo a lemma.

 

(34) 461,236 Anonimo, Tot aissi soi desconsellatz, ms. unico T, ed. Appel. Prov. Ined., cit., p. 332.

Lo schema della prima strofa è il 577:178 a8 b8 b8 a8 c10 c10 d10 d10, quello delle successive 577:228 a8 b8 b8 a8 c8 c8 d8 d8 (strofe II-V). Non variano le rime, unissonans; la prima strofa è l’unica in décasyllabes nella seconda parte: le altre sono interamente in octosytlabes.

 

f) Mutamento della quartina iniziale di strofa

(35) 213,7 Guilhem de Cabestanh, Mout m’alegra douza vos per boscaje, mss. IKd, ed. Långfors, VII (39).

Le prime quattro strofe seguono lo schema 577:151 a10’ b10’ b10’ a10’ c10 c10 d10’ d10’, la quinta lo schema 382:51 a10’ b10’ a10’ b10’ c10 c10 d10’ d10’. Nessun cambio di formula sillabica. Le strofe I-IV sono unissonans (atge, eja, is, ia, le stesse rime di 81,1a); la strofa V cambia la quartina a rima incrociata in una quartina a rima alternata, e cambia anche le rime (ansa, ina, om, ensa). L’editore (p. 80) respinge i dubbi contro l’autenticità della strofa (già difesa da A. Kolsen, «Romanische Forschungen», XXIII, 494, n. 1), che resta però alquanto discutibile. La Cots risolve il problema facendone una cobla a parte (testo X della sua ed.).

 

(36) 394,1 Raimon d’Avignon, Sirvens sui avutz et arlotz, mss. CDªIKR, ed. Bartsch-Koschwitz, col. 229 (40).

Le prime due strofe e la quinta cominciano con una quartina a rima incrociata, schema 599:1 a8 b8 b8 a8 c8 c8 d8 d8 e8 e8 f8 f8 g8 g8, le due successive con un doppio distico, corrispondente al tipo metrico del seguito della strofa, schema 173:1 a8 a8 b8 b8 c8 c8 d8 d8 e8 e8 f8 f8 g8 g8 (str. III-IV, non III-V come risulta da Frank). Gli schemi di Frank costituiscono in realtà un tentativo di regolarizzazione, perché nella strofa I la rima c è uguale alla rima b (schema abba bbccddeeff); nella strofa III la rima f è uguale alla rima a (schema aabb ccddeeaaff); nella strofa IV la rima f è uguale alla rima d (schema aabb ccddeeddff); nella strofa V la rima f è uguale alla rima c (schema abba ccddeeccff). In tutti questi casi la rima in questione è iers, presente anche nella strofa II come rima d (pur essendo le coblas singulars, numerose altre rime sono riprese di strofa in strofa).

 

g) Mutamento nella parte finale della strofa

(37) 406,16 Raimon de Miraval (ma probabilmente Raimon de las Salas), Bertran, si fossetz tant gignos (= 83,1, tenzone con Bertran Folcon d’Avignon), mss. ADIK, ed. Topsfield, cit., LI (per l’attribuzione v. pp. 54-5).

Le strofe I-II seguono lo schema 549:4 a8 b8 b8 a8 c8 c8 a10 a10, le strofe III-VIII lo schema 559:3 a8 b8 b8 a8 c8 c8 b10 b10. La tenzone è in coblas doblas, con formula sillabica immutata. La differenza fra i due schemi consiste nell’utilizzazione per l’ultimo distico della prima o della seconda rima.

 

h) Costruzioni varie

(38) 240,3 Guiraudo Lo Ros, Amors mi destrenh e·m greya, ms. unico C, ed. Finoli, III (41).

Nonostante le indicazioni di Frank, «si tratta di quattro coblas alternas di otto versi e di una tornada di nove versi» (Finoli, p. 1066). Le strofe dispari seguono lo schema 382:101 a7’ b7 a7’ b7 c7’ c7’ d7 d8, le strofe pari lo schema 225:2 a7’ b7 a7’ b7 a7’ b7 a7’ b8, dunque con inversione 7/7’ nel terzultimo e penultimo verso delle strofe dispari/pari; inoltre ognuna di queste strofe contiene un’assonanza. La tornada ha la formula sillabica 8 7’ 7 7’ 7 7’ 7 7’ 7, con le terminazioni is, ensa, is, enda, is, ensa, is, enta, is (e parole rima). Una descrizione accurata di questa struttura, ulteriormente complessa, è data da Finoli, pp. 1066-7.

 

(39) 376,2 Pons Fabre d’Uzes, Quan pes qui suy, fuy so que·m franh, ms. unico C, ed. Appel, Prov. Ined., cit., pp. 254-6.

Frank 864:2 scheda il testo come una sestina, senza ulteriore commento. Foltys e poi Loporcaro (42) hanno fatto notare che la rotazione delle parole rima, tolta la strofa II, non è quella della sestina; gli schemi delle 6 strofe, di tutti octosyllabes maschili, sono abcdef, faebdc, cfaebd, daecfb, bdafce, ebfcda, tornada cd(e)a. Le sestine propriamente dette sono dunque solo le tre di Arnaut Daniel e dei suoi due imitatori Guilhem de Saint Gregori (233,2, ed. Loporcaro, cit.) e Bertolome Zorzi (74,4, ed. Levy, XI (43)), sulle stesse parole rima.

 

(40) 85,1 Bertran de Paris, Guardo, ie·us fas un sol sirventes l’an, mss. Ra¹, ed. Pirot (44).

Alla forma di questo testo sono state dedicate due ampie discussioni da Chambers (45), e da Pirot, cit., pp. 273-80. Le 10 strofe di 8 versi e le 3 tornadas sono tutte di décasyllabes maschili, il che rende possibile, in astratto, l’uso della stessa melodia per tutto il testo, quali che siano i suoi modelli (anche se si può pensare ad una commistione di melodie come di modelli). Le strofe I, III, V, VIII seguono lo schema abab ccdd (382:9), le strofe II, IV, VI, VII, IX, X lo schema abba ccdd (577:15). Le 4 strofe (I, III, V, VIII) che seguono lo schema 382 sono quasi unissonans (a = an, b = el, c = es, d = on, str. III om), e ad esse si collegano le tornadas, anziché alla strofa X. Delle strofe che seguono lo schema 577, sono quasi unissonans fra loro la terna VI, VII, IX, che ha in comune la rima a con il gruppo I, III, V, VIII (a = an, b = e, c = en, str. VI ens, d = ir) e la coppia IV, X, in cui corrispondono con la terna VI, VII, IX rispettivamente la rima a con la rima d e la rima d con la rima b (a = ir, b = or, c = is, d = e); resta isolata la strofa II, la cui rima d corrisponde però a quella del gruppo I, III, V, VIII.

 

(41) 461,143 Anonimo, La beutatz nominativa, ms. unico K, ed. Perugi (46).

Le strofe I e III seguono lo schema 225:5 a7’ b7 a7’ b7 a7’ b7 a7’ b7, la strofa II invece 612:12 a7 b7 b7 a7 c7’ d7 c7’ d7. Rime a = iva, b = or nelle strofe I e III; a = alh (ail), b = iu, c = iva, d = or nella str. II; tornada di 3 versi, iva, iu, iva. L’irregolarità è nella prima quartina della seconda strofa, e nel fatto che la tornada riprende le rime cbc della strofa II anziché le rime bab della III.

 

(42) 461,145 Anonimo, L’autrier al quint jorn d’abril, ms. unico f, ed. Audiau (47).

Le strofe dispari seguono lo schema 785:1 (unicum) a7 b5’ c7 b5’ b5’ b6’ a4 a4 a8 b6’, le pari lo schema 310:1 (unicum) a7 b5’ a7 b5’ b5’ b6’ a4 a4 a8 b6’. Per l’uso delle rime a e b le sei strofe sono doblas. La rima c estrampa della strofa I anticipa la rima a della seconda coppia, quella della strofa III anticipa la rima a della terza coppia; quella della strofa VI rimane irrelata. La variazione nell’ultima coppia, che ha l’estrampa (qui esparsa) nella seconda strofa anziché nella prima, è, secondo Levy (48), una marca di conclusione del testo.

 

4. Non è unico nell’opera di Bertran de Born il caso di una struttura di rime gravitante in modo molto chiaramente calcolato sul centro del testo, in contraddizione con uno schema apparentemente ‘aperto’. Nel caso di 80,10 Sel qui camja bon per meillor, il riconoscimento di tale struttura può servire a risolvere un dubbio assai ragionevolmente avanzato da Frank (486:1). La poesia si compone di 5 strofe capcaudadas di 10 octosyllabes, maschili i vv. 1-6, 8 e 10 di ogni strofa, femminili i vv. 7 e 9; delle strofe hanno rime uguali fra loro la I con la IV e la II con la V: ci si può domandare se non sia caduta nella tradizione manoscritta una strofa VI che rispondesse alla III. Una risposta affermativa sembrerebbe suggerita dal fatto che un testo di Gaucelm Faidit di uguale schema rimico, sulle stesse rime, e uguale formula sillabica, 167,58 Tant sui ferms e fis vas Amor, n. 52 dell’ed. Mouzat (49), ha in effetti 6 strofe, che si rispondono regolarmente secondo lo schema I = IV, II = V, III = VI. Stroński (50) data la poesia al 1187 senza indicare alcuna ragione, ma la ragione è evidente nel testo. La poesia si riferisce nell’ultima strofa e nella tornada non solo genericamente al momento in cui si rende necessaria una crociata, ma anche a un conte che ha avuto per primo l’onore di impegnarvisi: si deve trattare di Riccardo Cuor di Leone, la cui tempestività nel prendere la croce fu celebrata dai trovatori. Si può piuttosto condividere l’opinione di Mouzat che la poesia presupponga anche il ritardo di Riccardo nell’intraprendere effettivamente la crociata, rilevato dai trovatori quanto la prontezza della promessa (51), e che sia quindi da collocare verso la fine del 1188 o nella prima metà dei 1189, prima che Riccardo divenisse re il 6 luglio. Quanto all’anno di composizione di Sel qui camja, è plausibile il 1182 proposto, con altri, da Kastner, per via del riferimento, attraverso il rimando a 80,1, all’arrivo nel Limosino di Guiscarda di Beaujeu (52).

Contro l’ipotesi che il testo di Bertran de Born sia incompleto si può dire che la strofa V anticipa chiaramente la tornada, con l’apostrofe «Guillelme Bertram, fai saber...» ripresa nella tornada con «Guillem, a Torena vai dire», e riesce difficile pensare ad una strofa intercalata fra queste due apostrofi conclusive. Decisivo è però l’esame della struttura del testo. Ripeto prima di tutto lo schema secondo il repertorio di Frank:

486:1 a8 b8 b8 a8 a8 b8 c8’ b8 c8’ b8

5 strofe singulars capcaudadas

a = ór, ér, é, ór, ér

b = ér, é, ór, ér, é

c = ire

Le cinque strofe di 80, 10, in effetti, sono solo in astratto singulars, giusta la definizione di Frank, e più che «quatre doblas I-IV, II-V, alors que la III reste isolée», giusta la definizione di Gouiran (p. CXLVII). A parte il fatto meno significativo del mantenimento della rima c in ire in tutte le strofe, la ricomparsa della rima or della prima strofa nella III avvia un processo di circolarità. Si noti allora che la rima in ér è presente in tutte le strofe meno in quella centrale.

Mentre le rime a e b della strofa I (ór, ér) sono riprese come tali nella IV, e le rime a e b della strofa II (ér, é) sono riprese come tali nella V, nella strofa III la rima a (é) corrisponde alla rima b della strofa precedente, la rima b (ór) corrisponde alla rima a della strofa seguente (qualcosa di simile si ha nel testo di Arnaut de Mareuil, 30,19, schedato nella lista precedente al n. 21). Il collegamento della strofa III con le altre è però ancora più strutturato. La strofa III è collegata alla precedente (II) dalla rima in é (prima rima — a — nella III, seconda rima — b — nella II), e alla strofa che precede la precedente (I) dalla rima in ór (seconda rima — b — nella III, prima rima — a — nella I); e in modo speculare è collegata alla seguente (IV) dalla rima in ór (seconda rima — b — nella III, prima rima — a — nella IV), e alla strofa che segue la seguente (V) dalla rima in é (prima rima — a — nella III, seconda rima — b — nella V). Queste forme di collegamento sono visualizzabili nel modo seguente (Ia significa «rima a della strofa I», ecc.; nella tavola è indicata in parentesi l’appartenenza ai gruppi di collegamenti distinti subito prima):

1. Ic con IIIc, IIIc, IVc, Vc (ire)

2. Ia,b con IVa,b (ór, ér) - IIa,c con Va,b (ér, é)

3. IIIa con IIb (é) - IIIb con Ia (ór) - IIIb con IVa (ór) - IIIa con Vb (é)

 

 
I
II
III
IV
V
a
(2) ór (3)
(2) ér
(3) é
(3) ór (2)
ér (2)
b
(2) ér
(2) é (3)
(3) ór
 ér (2)
(3) é  (2)
c
(1) ire
(1) ire
(1) ire
(1) ire
(1) ire
 

Anche in questo caso la tornada esce dal cerchio del testo con un effetto di eco (effetto che, s’intende, è connaturato alla forma provenzale della tornada, sempre sulle rime dell’ultima strofa anche se le strofe sono singulars).

Se questa analisi della forma del testo coglie nel segno, esso è completo anche dal punto di vista metrico, come già faceva pensare da un altro punto di vista l’apostrofe iniziale della strofa V; resta naturalmente la lacuna del terzultimo e dell’ultimo verso della strofa V, ma si dimostra che il v. qu’en tal loc vol son joi assire fa parte della strofa V e non di un’ipotetica strofa VI.

Se così è, nonostante l’identità di schema rimico e formula sillabica 80,10 e 167,58 non sono due testi di uguale struttura, e non differiscono soltanto per il fatto di contare una strofa in più o in meno. Il testo di Gaucelm Faidit è una struttura aperta di strofe alternate (I = IV, II = V, III = VI, o se si preferisce Iª IIª IIIª - Ib IIb IIIb), nel quale la ripresa nella strofa III delle rime della strofa I (ór) e della strofa II (é) non è essenziale, come è invece per la circolarità del testo di Bertran de Born. È del tutto improbabile che i due testi siano indipendenti l’uno dall’altro, ma a rigore la trasformazione di un tipo di struttura nell’altro è ugualmente pensabile nelle due direzioni. Così Appel, nel dubbio che sia Bertran de Born a imitare Gaucelm Faidit, il che sarebbe sorprendente per una canzone d’amore, mette in evidenza che Sel qui camja è sì una poesia amorosa, ma di carattere propriamente encomiastico; una via di mezzo, si potrebbe pensare, fra una canzone (per il linguaggio) e un sirventese (per la destinazione) (53). Se il rapporto cronologico è quello sopra ipotizzato (1182 Sel qui camja, 1187 Tant sui ferms), questo problema non si pone (anche se il carattere encomiastico della poesia amorosa di Bertran de Born, non solo di Sel qui camja, resta un tratto importante), perché il testo di Gaucelm è più scopertamente un misto tra canzone e sirventese (l’ultima strofa e la tornada sono di sirventese (54)): si dovrà parlare, a mio parere, di una sorta di banalizzazione di una struttura metrica complessa e apparentemente incompiuta in una struttura meno complessa, ma più regolare.

 

Note:

(1) Due cifre separate da una virgola rimandano a: A. PILLET-H.CARSTENS, Bibliographie der Troubadours, Halle 1933 (= BdT; a questa si riferiscono, come d’uso, le sigle dei mss.). Due cifre separate da due punti rimandano a: I. FRANK, Répertoire métrique de la poésie des troubadours, Paris 1953-7 (= Frank). È uscito quando questo lavoro era già in bozze l’importante volume di DOMINIQUE BILLY, L’architecture lyrique médiévale. Analyse métrique et modélisation des struttures interstrophiques dans la poésie lyrique des troubadours et des trouvères, Montpellier 1989, che si occupa anche degli argomenti e dei testi qui discussi. ()

(2) Così pare a F. M. CHAMBERS, An Introduction to Old Provençal Versification, Philadelphia 1985, p. 159, e a J. MARSHALL, Une versification lyrique popularisante en ancien provençal, «Actes du Premier Congrès International de l’A.I.E.O.», London 1987, pp. 35-66, p. 42 e p. 44. ()

(3) È indecidibile se le tornadas siano due (di quattro e due versi) o tre (di due versi); la soluzione di Gouiran, cit. infra (tre tornadas, contro gli altri editori), si giustifica perché così dividono tre mss. dei quattro che le conservano (AIK, mentre C scrive i sei versi di seguito sotto un unico capoverso), anche se, com’è ovvio, questa circostanza non è cogente, ma rispecchia già un’interpretazione del testo più tarda dello stesso. Per il legame sintattico fra diverse tornadas (molto più normale di quello tra coblas), cfr. U. MÖLK, Deux remarques sur la tornada, «Metrica» III, 1982, pp. 3-4. ()

(4) L’amour et la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, éd. crit., trad. et notes par G. GOUIRAN, 2 voll., Aix-en-Provence 1985 (= Gouiran); Le seigneur-troubadour d’Hautefort. L’oeuvre de Bertran de Born, sec. éd. condensée par G. GOUIRAN, Aix-en-Provence 1987 (= Gouiran²; in mancanza di indicazione esplicita, si intende che le due edizioni, e i relativi commenti, non differiscono). ()

(5) G. DE POERCK, Pois Ventedorns e Comborns ab Segur, «Romania» LXXVII, 1956, pp. 436-45 (= De Poerck). ()

(6) Bertran de Born, Sein Leben und seine Werke, mit Anmerkungen und Glossar, hrsgg. von A. STIMMING, Halle 1879 (= Stimming¹); Bertrand von Born, Sein Leben und seine Werke, mit Anmerkungen und Glossar, hrsgg. von A. STIMMING, Halle 1892, rist. Genève 1975 (= Stimming²); Bertran von Born, hrsgg. von A. STIMMING, zweite, verbesserte Auflage, Halle 1913 (= Stimming³). ()

(7) Die Lieder Bertrans von Born, neu herausgegeben von C. APPEL, Halle 1932 (= Appel). ()

(8) L’indicazione del ms. di base è caduta in Gouiran², ma il testo è identico a quello dato nella prima edizione. ()

(9) R. ANTONELLI, Ripetizione di rime, «neutralizzazione» di rimemi?, «Medioevo romanzo», V, 1978, pp. 169-206. ()

(10) Vi considero i testi dei Monaco di Montaudon 305,8; 305,9; 305,15; di Peire Rogier 356,2; di Arnaut Daniel (dubbia) 29,14a; di Guillem de Berguedà 210,5; di Daude de Pradas 124,9; di Rostanh Berenguier 427,4; di Guiraut de Calanson 243,4; di anonimo 461,27b; di Guiraudo lo Ros 240,3; di Marcabruno 293,14; di Guilhem de Saint Didier 234,5 (che alterna 8 e 7’, non 7 e 7’ come lì affermo per errore, ed è quindi da levare dalla lista relativa all’equivalenza n/n’, e da aggiungere, unico caso provenzale, a quella relativa all’equivalenza n/(n-l)’); di Raimon de Miraval 406,3. F. M. CHAMBERS, An Introduction, cit., pp. 53-5, considera, fra i testi sopra citati, 293,14; 356,2; 234,5 (v. anche pp. 175-6); 406,3; 124,9; 427,4 e aggiunge 461,143, per cui v. qui al n. 41. Cfr. inoltre, sempre di F. M. CHAMBERS, Some Deviations from Rhyme Patterns in Troubadour Verse, «Modern Philology» LXXX, 1983, pp. 343-55 (considera anche 29,14a, e in più tre testi in cui l’alternanza maschile-femminile riguarda rime interne: 88,1; 173,1a; 293,24: per quest’ultimo v. qui al n. 1). ()

(11) J. M. L. DEJEANNE, Poésies complètes du troubadour Marcabru (Bibl. mérid., 12), Toulouse 1909. ()

(12) Cfr. U. MÖLK, Les vers longs de Guillaume d’Aquitaine, «Studia Occitanica in memoriam Paul Remy», Kalamazoo, Michigan 1986, pp. 131-42; J. MARSHALL, Une versification..., cit., p. 51. ()

(13) Peire d’Alvernha, Liriche, testo, trad. e note a c. di A. DEL MONTE, Torino 1955; cfr. A. CANNISTRÀ, Saggio di edizione del canzoniere di Peire d’Alvernhe, tesi di laurea, Pisa, Fac. di Lettere e Filosofia, 1979-80, pp. 317-39 (in part. pp. 337-9). ()

(14) G. BERTONI, I trovatori d’Italia, Modena 1915; v. anche M. DE RIQUER, Los trovadores, Barcelona 1975, p. 276. ()

(15) Poésies du troubadour Guilhem Adémar, publiées avec introduction, traduction, notes et glossaire par K. ALMQVIST, Uppsala 1951. ()

(16) Le troubadour Folquet de Marseille, éd. crit. préc. d’une ét. biogr. et litt... par S. STROŃSKI, Cracovie 1910. C attribuisce il testo a Folchetto di Marsiglia, R lo attribuisce a Falquet de Romans, f lo dà anonimo. Stroński propende decisamente per Falquet de Romans; l’attribuzione a Folchetto è stata sostenuta in modo a mio avviso convincente da M. PICCHIO SIMONELLI, Lirica moralistica nell’Occitania del XII secolo: Bernart de Venzac, Modena 1974, p. 184 n. 9: a p. 195 la studiosa ipotizza, non a torto, che la poesia sia databile già entro la carriera religiosa di Folchetto. Non tengono conto dell’ipotesi della Simonelli i nuovi editori di Falquet de Romans, R. Arveiller e G. Gouiran, L’oeuvre poétique de Falquet de Romans, troubadour, Aix-en-Provence 1987. ()

(17) G. BERTONI, Rime provenzali inedite, «Studj di filologia romanza», VIII, 1901, pp. 421-84, a p. 450. L’edizione di Blacatz e di Blacasset è ora oggetto delia tesi di laurea di Claudia De Vecchi, in preparazione alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa. ()

(18) Sordello, Le poesie, nuova ed. crit. con studio intr., trad., note e gloss. a cura di M. BONI, Bologna 1954. ()

(19) F. BRANCIFORTI, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954. ()

(20) A. PARDUCCI, Bonifazio di Castellana, «Romania», XLVI, 1920, pp. 478-511, a p. 502. ()

(21) P. MEYER, Les derniers troubadours de la Provence d’après le chansonnier donné à la Bibliothèque Impériale par M. Ch. Giraud, Paris 1871, p. 92. ()

(22) K. BARTSCH, Denkmäler der provenzalischen Literatur, Stuttgart 1856, p. 124 (e inoltre: Peire de Lunel dit Cavalier Lunel de Montech, troubadour du XIVe siècle, par E. FORESTIÉ, Montauban 1891, anche in «Recueil de l’Académie des sciences, belles lettres et arts de Tarn-et-Garonne», 2e s., VII, 1891). Il testo è del 1326: cfr. G. E. SANSONE, Testi didattico-cortesi di Provenza, Bari 1977, p. 294. ()

(23) M. DE RIQUER, «Alba» trovadoresca de autor catalán, «Revista de Filología Española», XXXIV, 1950, pp. 151-65. ()

(24) C. APPEL, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, («Altfranzösische Bibliothek», 13), Leipzig 1982, p. 132. ()

(25) H. JAESCHKE, Der Trobador Elias Cairel (Romanische Studien, 20), Berlin 1921 (rist. an. Nendeln, Liechtenstein 1967); cfr. J.MARSHALL, Une versification..., cit., p. 53. ()

(26) S. VATTERONI, Rima interna e formula sillabica: alcune annotazioni al Répertoiredi I. Frank, «Studi Mediolatini e Volgari», XXIX, 1982-83, pp. 175-82, a p. 179 (num. 6). ()

(27) Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), publiées par R. LAVAUD, Texte, Trad., Comm..., Toulouse 1957. ()

(28) R. C. JOHNSTON, Les poésies lyriques du troubadour Arnaut de Mareuil, Paris 1935. ()

(29) Nella recensione all’ed. Johnston, «Archivum Romanicum», XXIV, 1940, pp. 331-3, n. 1 di p. 332. ()

(30) Les poésies du troubadour Raimon de Miraval, éd. par L. T. TOPSFIELD, Paris 1971. Il testo è edito fra le poesie di dubbia attribuzione. ()

(31) W. P. SHEPARD, Les poésies de Jausbert de Puycibot (CFMA, 46), Paris 1924. ()

(32) Poésies de Daude de Pradas publiées... par A. H. SCHUTZ, Toulouse-Paris 1933. La versione di C, priva della prima strofa e della tornada, è pubblicata da W. P. SHEPARD - F. M. CHAMBERS, The poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston, Ill. 1950, p. 246. ()

(33) F. EICHELKRAUT, Der Troubadour Folquet de Lunel, Berlin 1872. ()

(34) Guiraut Riquier, Las Cansos, Text und Komm. von U. MÖLK, Heidelberg 1962. ()

(35) M. LONGOBARDI, I vers del trovatore Guiraut Riquier, «Studi Mediolatini e Volgari», XXIX, 1982-3, pp. 27-163; cfr., della stessa, Osservazioni metrico-retoriche sui vers di Guiraut Riquier, «Studi Mediolatini e Volgari», XXXI, 1985, pp. 247-57, a p. 257. ()

(36) J. AUDIAU, Les poésies des quatre troubadours d’Ussel, Paris 1922 (rist. an. Genève 1973). ()

(37) P. T. RICKETTS, Le troubadour Palais: Édition critique, traduction et commentaire, «Studia Occitanica in memoriam Paul Remy», Kalamazoo, Michigan 1986, pp. 227-40. ()

(38) Stroński contesta l’attribuzione, ma a mio parere un’attribuzione esplicita univoca, anche se tale perché di ms. unico, può essere negata solo in presenza di sicuri elementi in contrario nel testo: ora, la poesia è più antica del 1194, anno in cui la imita Bertran de Born, 80,8 Be·m platz car trega ni fis, ed. Gouiran, n. 35; il poeta dichiara implicitamente di trovarsi più a Sud del Limosino perché, se il Limosino fosse «più vicino alla Mauretania», egli vedrebbe più spesso la persona a cui si rivolge; lo stile è più semplice di quello usuale in Folchetto, ma tutt’altro che inelegante. ()

(39) A. LÅNGFORS, Les chansons de Guilhem de Cabestanh (CFMA, 42), Paris 1924; cfr. ora M. COTS, Las poesías del trovador Guillem de Cabestany, «Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona» XL, 1985-6, pp. 227-330. ()

(40) K. BARTSCH-E. KOSCHWITZ, Chrestomathie provençale, Marburg 19046 (rist. an. Genève-Marseille 1973). ()

(41) A. M. FINOLI, Le poesie di Guiraudo lo Ros, «Studi Medievali», s. III, XV, 1974, pp. 1051-97. ()

(42) CH. FOLTYS, ‘P.C. 376,2’ cine Sestine?, in «Festschrift für Rupprecht Rohr», Heidelberg 1979, pp. 159-67; M. LOPORCARO, Due poesie di Guilhem de Saint Gregori (BdT. 233,2 e 233,3), ‘preprint’ in «Quaderni del Laboratorio di Linguistica», Scuola Normale Superiore di Pisa, 2/1988, pp. 226-69, redaz. definitiva in c. di stampa in «Medioevo romanzo». ()

(43) E. LEVY, Der Troubadour Bertolome Zorzi, Halle 1883. ()

(44) E. PIROT, Recherches sur les connaissances littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIet XIIe siècles. Les «sirventes-ensenhamens» de Guerau de Cabrera, Guiraut de Calanson et Bertrand de Paris, «Memorias de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona», XIV, 1972, p. 600. ()

(45) F. M. CHAMBERS, La forme de l’enseignement de Bertrand de Paris, «Estudios dedicados a Menéndez Pidal», Madrid 1957, pp. 217-23. ()

(46) M. PERUGI, Trovatori a Valchiusa. Un frammento della cultura provenzale del Petrarca, Padova 1985, pp. 43-4. ()

(47) J. AUDIAU, La Pastourelle dans la poésie occitane du Moyen-Age, Paris 1923 (rist. Genève 1973), p. 123. ()

(48) E. LEVY, Une pastourelle provençale, «Revue des langues romanes», XXI, 1882, pp. 57-61, a p. 58. ()

(49) J. MOUZAT, Les poèmes de Gaucelm Faidit, Troubadour du XIIe siècle, Edition critique, Paris 1965; cfr. anche l’ed. di A. KOLSEN, Dichtungen der Trobadors, Halle 1916-19, 39, e, per il rapporto con Bertran de Born, C. APPEL, Beiträge zur Textkritik der Lieder Bertrans von Born, I, «Nachrichten der Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen», Philol.-hist. Klasse, 1929, pp. 234-63 (II, ivi, 1930, pp. 33-64) a p. 250. ()

(50) S. STROŃSKI, Notes de littérature provençale, «Annales du Midi», XXV, 1913, pp. 273-97, a p. 274. ()

(51) J. MOUZAT, cit., pp. 440-2; S. STROŃSKI, Le troub. Folquet..., cit., pp. 18-26. ()

(52) L. E. KASTNER, Notes on the Poems of Bertran de Born, I, «Modem Language Review» XXVII, 1932, pp. 398419; II, ivi, XXVIII, 1933, pp. 37-49; III, ivi, XXIX, 1934, pp. 142-9; IV, ivi, XXXI, 1936, pp. 20-33; V, ivi, XXXII, 1937, pp. 169-221: cfr. I, pp. 402-3. ()

(53) C. APPEL, Beiträge, cit., I, p. 250. ()

(54) Il testo è classificato come «canzone-sirventese» da E. KÖHLER, Die Sirventes-Kanzone: «genre bâtard» oder legitime Gattung?, «Mélanges offerts à Rita Lejeune», Gembloux 1969, I, pp. 159-83: p. 160 n. 2, p. 165. ()

 

 

 

 

 

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