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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

344,003a=437,015- Peire Guilhem de Luserna

 

B) TENZONI


XIV

(TENZONE CON PEIRE GUILHEM DE TOLOSA)

 

Una netta e sicura divisione dei cinque mss. che ci conservano intero il componimento è data dall’ordine delle coblas: in O a’ infatti le coblas V e VI del testo di E M N sono collocate al terzo e al quarto posto, e la III e la IV sono poste in fine, immediatamente prima delle tornadas. Tale strettissima affinità tra i testi di O e a’ — facilmente supponibile, del resto, anche a priori, per la nota affinità tra i due mss. nella sezione delle tenzoni (cfr. GRÖBER, Die Liedersammlungen der Troubadours, in Romanischen Studien, II, 1877, p. 432 e seg.; G. BERTONI, Giorn. stor. d. lett. it., XXXIV, p. 134, n. e Il canzoniere provenzale di Bernart Amoros, p. XV e segg. — è confermata, oltre che dall’identità della rubrica e dalla concordanza nell’inversione dei versi della prima tornada (37-38), da una serie di lezioni comuni più o meno notevoli (cfr. v. 3, 5, 13, 15, 24, 28, 29, 33, 39). I due mss. debbono quindi derivare da una fonte comune, a loro vicinissima, tanto più che anche la grafia è quasi sempre identica (naturalmente non è il caso di pensare a una derivazione del testo di a’ da O; cfr. del resto, se qualcuno lo ritenesse necessario, il v. 27). Nella famiglia E M N ci troviamo invece di fronte a tre mss. assai distanti fra loro: sembrerebbe però possibile giungere ad affermare l’esistenza di un più particolare legame tra E e M, a causa delle lezioni comuni equeus (eqeus) del v. 1 e qen aisso (quen aiso) del v. 12, che sono lontane da N O a’ (i quali nel primo caso danno concordemente que uos e nel secondo hanno qe nuls i [O a’] o quelli [N]) e potrebbero quindi essere innovazioni (cfr. anche i v. 37 e 38, ove però si ha una concordanza scarsamente significativa, perché la lezione migliore sembra proprio quella di E M). Alla costituzione di E M in gruppo sembra opporsi il v. 32, dove E N hanno a guiza (guisa) dom, lezione probabilmente da scartare perché M O a’ hanno a lei dome, lezione che si impone non solo perché data da codici di due famiglie, ma anche perché difficilior: ma probabilmente — a meno che non si voglia pensare a una contaminazione — si tratta di una innovazione indipendente. Sicché si può proporre, con qualche riserva per il gruppo E M, e nonostante qualche dubbio, specialmente per il v. 29 (per cui cfr. la nota), lo stemma:

Non è possibile stabilire a quale famiglia appartenesse il codice da cui Dc trasse i due versi che conserva come sentenza isolata. Il DE LOLLIS, ibid., p. 122, inclina a credere che tale ms. fosse «della stessa famiglia» del codice utilizzato dall’Equicola, ma in realtà la mancanza del q iniziale, che Dc ha in comune con l’Equicola, non ha grande importanza, dovendo necessariamente il q essere omesso nel citare i due versi isolatamente. Credo che ci si debba limitare ad affermare che Dc utilizzò un ms. lontano da N e da E. Anche il testo dato dall’Equicola non è classificabile con una certa sicurezza. Esso non coincide con quello di alcuno dei mss. conservati: infatti si accosta alla fam. O a’ per le lezioni caratteristiche, già citate, dei v. 3, 5, 13, 15, 24, 28, 29, 33, 39, ma non ha l’inversione dei v. 37-38 e presenta le coblas nell’ordine di E M N, ai quali si avvicina in varie lezioni inspiegabili partendo dalla tradizione di O a’ (ad es. v. 8 far, v. 19 uuellz, v. 21 meschau, v. 30 lausaua, v. 31 direisnatz, v. 34 dayso). Potrebbe certo trattarsi di un testo messo insieme dall’Equicola attingendo a vari dei codici a noi giunti nell’intento di ricostruire la lirica in forma più chiara e corretta (cosa del tutto plausibile, perché, come sappiamo, l’Equicola conobbe, a quanto ci è dato di sapere, almeno M e N: cfr. S. DEBENEDETTI, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino, 1911, p. 26 e seg. e 219 e segg. e Tre secoli di studi provenzali, nel vol. Provenza e Italia, Firenze, 1930, p. 147 e seg.); ma potremmo anche trovarci di fronte a un testo desunto, in tutto o in parte, da quel codice perduto, del sec. XIV, che l’Equicola, come è noto (cfr. DEBENEDETTI, Gli studi prov. in It., p. 220, e Tre secoli di st. prov., p. 176), possedette e utilizzò per i suoi studi: e in quest’ultimo caso il testo dell’Equicola avrebbe una certa importanza per la ricostruzione del testo della tenzone. Ad ogni modo nell’apparato critico ho registrato fedelmente, come già aveva fatto il DE LOLLIS, anche le varianti del testo dell’Equicola, rendendo però con z anzi che con ç (come fa il DE LOLLIS, benché non costantemente) l’elemento finale del nesso tz, perché, a mio parere, l’edizione della Chronica di Mantua ha qui delle z e non delle ç, benché tali z abbiano forma diversa dalla consueta, forse (si può supporre) per volontà dell’autore che, o per incertezza di lettura o per altro motivo, fece adoperare in queste due pagine una z lunga assai simile al segno usato nei mss. Una copia del testo dell’Equicola si trova, come ha mostrato il BERTONI (Nota sopra una tenzone di Sordello, in Revue des langues romanes, LV, 1912, p. 97) nel ms. ambrosiano I, 205 inf, c. 198.

Questa tenzone è una delle liriche sordelliane che presenta un maggior numero di varianti, e qua e là la ricostruzione del testo è tutt’altro che sicura. Ho adottato l’ordine delle coblas dato da E M N, che mi sembra più attendibile, in quanto, a mio giudizio, i v. 25-26 si spiegano meglio se collocati dopo i v. 19-24; tanto più che anche l’ordine dato ai versi della prima tornada in E M N mi par preferibile a quello di O a’, essendo simmetrico a quello dei versi della seconda tornada, costante in tutta la tradizione. Bisogna tuttavia riconoscere che si potrebbe anche difendere l’ordine delle coblas adottato da O a’. Quanto alla grafia, ho tenuto soprattutto presente M.

La tenzone venne scambiata certamente in Provenza. Il Peire Gilhem del componimento è a mio parere Peire Guilhem de Tolosa, come hanno pensato, seguendo il BARTSCH, il DE LOLLIS e lo SCHULTZ-GORA (cfr. n. 291 del cap. I) — la cui tesi è stata accolta anche dal BERTONI, I trov. d’It., p. 79 e dal JONES, La tençon provençale, Paris, 1934, p. 40 — non Peire Guilhem de Luserna, come credono il PILLET e il CARSTENS, Bibliographie, Halle, 1933, 344, 3 a, e 345, 1. Sull’identificazione della comtessa del v. 2, che secondo il Diez, il De Lollis, lo Schultz-Gora, il Fabre e il Jones è Guida di Rodez, e per il Bertoni e il Torraca è Beatrice contessa di Provenza (moglie di Raimondo Berengario IV) cfr. l’Introduzione, p. LVIII e seg. Se si ammette che la comtessa sia Guida, occorre ammettere anche che la tenzone sia anteriore al matrimonio (1235?) di Guida di Rodez con Pons de Montlaur, che era solo barone, mentre qui si parla di un coms (v. 28 e 33). Comunque, è verosimile che la tenzone sia di poco posteriore all’arrivo di Sordello alla corte di Rodez o alla corte di Raimondo Berengario, come pare di dover desumere dai v. 3-4. In ogni caso la tenzone è anteriore alla morte di Blacatz, avvenuta verisimilmente nel 1237 (cfr. p. LXX).

Schema metrico: a8 a8 a8 b8 b8 b8. Sei coblas doblas e doppia tornada (cfr. p. CXLVII).

 

 

 

 

 

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