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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

437,I- Sordel

 

G) «ENSENHAMENS D’ONOR»

 

XLIII

 

Per la data, e per tutte le altre questioni che riguardano il poema, rimando alle pagine dell’Introduzione dedicate a quest’opera (p. CLXVII e segg.).

Il poema appare diviso nel ms. in paragrafi o capitoli più o meno lunghi, il cui inizio è contrassegnato dallo spazio lasciato dal copista per l’iniziale miniata (che però non è mai stata eseguita). Ho conservato fedelmente tale suddivisione, mantenuta anche dal De Lollis (mentre il Chaytor ha spesso raggruppato insieme vari paragrafi), attenendomi al ms. anche nei pochissimi casi in cui il De Lollis — piuttosto in conseguenza di qualche svista, penso, che per deliberato proposito — se ne discosta. La traduzione è stata divisa secondo i capitoli o paragrafi, andando a capo all’inizio di ciascuno di essi; e all’inizio di ogni capoverso ho posto, per facilitare le ricerche, l’indicazione dei versi di cui consta il paragrafo, fra parentesi quadra. Aggiungo qui un sommario del poema, anch’esso diviso secondo i capitoli o paragrafi indicati dal ms., per permettere ai lettori di rendersi più facilmente conto degli argomenti toccati da Sordello nella sua esposizione e di seguire meglio la linea di sviluppo dell’opera.

Sommario: Introduzione (v. 1-36). Innanzi tutto è necessario amare e temere Iddio sopra ogni cosa (v. 37-52). Bisogna riflettere prima di agire, e cercare di vincere le passioni (v. 53-88); e fare in modo di esser graditi a Dio e agli uomini (v. 89-106). Il mondo è peggiorato, e causa della decadenza sono i peccati, che hanno corrotto e guastato l’umana natura; a ciò può porre rimedio solo la buona educazione (v. 107-174). Occorre frequentare le persone ben educate (v. 175-200). Per ottenere pregio occorre che l’uomo agisca sempre da prode, senza stancarsi, perché poco vale il pregio di un momento (v. 201-212). Bisogna cercare di avere tutte le buone qualità (v. 213-226). Vi sono però buone qualità che non meritano di essere apprezzate (v. 217-244). La saggezza è fondamento di tutte le virtù (v. 245-254), e occorre seguirne sempre i suggerimenti (v. 255-264). Bisogna biasimare e lodare opportunamente gli amici (v. 265-280). Occorre fare e dire ciò che è gradito, e astenersi dal fare o dire cose sgradite (v. 281-300). Quattro cose son necessarie ad ottenere verace pregio: aver decoro nelle vesti, esser ospitali, aver pura fede, non consumare il proprio patrimonio (301-322). Occorre anche cercar di mettere in luce i propri pregi e di nascondere i propri difetti (v. 323-330). Il cavaliere deve fare sempre il proprio dovere con la persona, con la parola, con gli averi (v. 331-350). Le lodi e i biasimi debbono essere giusti e opportuni, e non eccessivi (v. 351-364). È dovere restituire ciò che si è avuto in prestito (v. 365-372). Elogio della «misura», senza la quale è impossibile comportarsi bene (v. 373-394). Necessità della lealtà (v. 395-418). Chi vuole diffidare degli altri non merita fede (v. 419-428); ma va creduto colui che si sperimenta leale, saggio e amico sincero (v. 429-438). Tutti gli uomini sono preda della morte, e a nulla giovano ricchezze, onori, gioventù: ognuno porta seco [nell’oltretomba] solo il bene che ha fatto (v. 439-450). Occorre quindi darsi cura di agire sempre bene (v. 451-466). Per conoscere e operare il bene occorrono senno e sapere (v. 467-488). Bisogna ponderare bene prima di intraprendere qualcosa, ma occorre poi perseverare nell’impresa iniziata (v. 489-506). Le ricchezze si debbono aver care solo in quanto servono a spendere e a donare convenientemente (v. 507-518). Il beneficio a un uomo a cui non conviene farlo deve essere fatto di nascosto (v. 519-526). Si deve cercare il bene dell’amico più del bene proprio (v. 527-542). Non si assumano sconsideratamente imprese che non convengono, né si lascino da parte quelle che si debbono compiere (v. 543-554). Son degni di biasimo coloro che offrono i loro servigi quando non è il momento, e quando è il momento tacciono (v. 555-562). Non bisogna dir male delle donne, dei cavalieri poveri e dei giullari (v. 563-588). Biasimevole è colui che cerca di ottenere pregio incutendo timore (v. 589-600), e parimenti colui che biasima gli altri senza volersi emendare dei suoi difetti (v. 601-612). La vera nobiltà non è la nobiltà dei natali, ma quella che nasce dalle nobili azioni (v. 613-640). Le possibilità non sono sempre pari all’animo; ma occorre fare sempre tutto ciò che si può (v. 641-664). Occorre seguire sempre l’esempio di coloro che agiscono bene (v. 665-692). Nella liberalità è necessaria la misura (v. 693-724). Conviene cercare il proprio vantaggio e il proprio onore, ma occorre anche evitare il danno e il disonore (v. 725-732). Bisogna cercare di conoscere gli uomini e di non far conoscere se stessi, per far sembrare meno cattive le proprie cattive qualità, e far sembrare migliori le proprie buone qualità (v. 733-782). Se non si ha senno a sufficienza, si ricorra ai buoni consigli altrui; inoltre si deve compiere ogni cosa a tempo opportuno (v. 783-820). È umano errare, ma bisogna saper fare ammenda dei propri errori (v. 821-836). Il ricco deve cercar di ottenere l’amore sia dei parenti sia degli estranei (v. 837-854). Ognuno stia al posto che gli assegna la sua condizione sociale (v. 855-866). Non si intraprenda alcuna cosa nei momenti di grande gioia o di grande ira (v. 867-878). In ogni occasione l’animo deve esser pari all’impresa (v. 879-888). Occorre perseverare nelle imprese fino a che la coscienza non sia soddisfatta (v. 889-896). Non si deve temere la morte, ma si deve temere di fare una vita malvagia (v. 897-908). Sono biasimevoli i ricchi che non amano pregio e lode e non temono alcun disonore (v. 909-928). Si fuggano coloro che non sanno far bene alcuna cosa (v. 929-938), e gli uomini menzogneri (v. 939-944). Bisogna fuggire la menzogna (v. 915-956), mantenere ciò che si promette, e aver ritegno, ascoltando la voce della coscienza (v. 957-1000). Chi agisce male non trova ora chi lo rimproveri (v. 1001-1012); e chi agisce bene trova ora più biasimi che lodi, e i tristi inorgogliscono (v. 1013-1042), e osano pretendere d’essere onorati (v. 1043-1052). È da fuggirsi l’orgoglio, radice di tutti i mali (v. 1053-1068). Una donna non deve amare un cavaliere d’animo vile (v. 1069-1082), ma solo un cavaliere pregiato, se non vuole avvilirsi (v. 1083-1092). L’amore deve essere puro, e il cavaliere deve desiderare sopra ogni cosa il pregio e l’onore della sua donna; necessità per la donna di guardarsi da ogni fallo (v. 1093-1116). Alla donna è necessaria la riservatezza (v. 1117-1126). Una donna deve amare un solo cavaliere, e guardar bene prima a chi deve concedere il suo amore (v. 1127-1136); deve evitare il male e agir sempre bene (v. 1137-1172); non guardare e non ascoltare ciò che non è conveniente, e non parlare più di ciò che convenga (v. 1173-1214), né desiderare soverchiamente cosa alcuna (v. 1215-1222). L’onore di una donna presto va perduto, e quindi bisogna che la donna cerchi costantemente di conservarlo (v. 1223-1244). Si deve temere non la morte del corpo, ma quella dell’onore (v. 1245-1260). Non si deve vivere se non per avere onore: meglio morire in breve tempo che vivere a lungo con disonore (v. 1261-1270). Parole del poeta ai lettori (v. 1271-1282). Titolo dell’opera (v. 1283-1296). Dedica a N’Agradiva, e lodi di lei (v. 1297-1327).

 

 

 

 

 

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