Davantal - Einführung - Analysis - Presentación - Présentation - Presentazione - Presentacion

Bertoni, Giulio. Il "pianto" provenzale in morte di Re Manfredi. "Romania", 43 (1914), pp. 167-176.

461,234- Anonyme

 

IL « PIANTO » PROVENZALE IN MORTE DI RE MANFREDI

 

Molto utilesarebbe uno studio complessivo e approfondito sulle poesie provenzali concernenti Re Manfredi. Non abbiamo su questo argomento che indicazioni sommarie (1) ovvero lavori speciali riguardanti questo o quel componimento; ma, per quanto spetta all’insieme del soggetto, dobbiamo tenerci paghi alle pagine che vi ha dedicate C. Merkel nella sua meritoria dissertazione sull’opinione dei contemporanei circa la calata in Italia di Carlo d’Angiò (2). Purtroppo, le pagine del Merkel dedicate ai poeti provenzali non sono, bisogna dirlo, scevre di errori, sì da riuscire di poca utilità allo studioso. Ond’ io penso che non sarà discaro a nessuno che si prenda a discorrere brevemente della nostra materia, pigliando occasione dal « pianto » anonimo in morte del disgraziato e gentile Re svevo (3).

Il « pianto» è veramente « anonimo » ed è attribuito dal Merkel per errore ad Aimeric de Peguilhan, errore che egli avrebbe certo evitato, se avesse diligentemente consultato il Grundriss del Bartsch, nº 461, 234 (4). Un’ispezione attenta dei due mss., che contengono il nostro componimento (I, c. 199v; K, c. 185r) conferma l’opinione del Bartsch e in pari tempo offre la chiave per ispiegarci l’erronea attribuzione tradizionale, in quanto nei due codici il testo vien dopo alcune poesie del Da Peguilhan Era par ben [10, 10], De tot en tot [10, 22], Ja no cuidei [10, 30], Ab marrimenz [10, 1], Qui bes menbra [437, 29], En aquel temps [10, 26], ma è ben distinto da esse (5). Il nome del Da Peguilhan (Naimerics de piguilan) non vi è ripetuto in testa, e nell’indice le cose appajono, se è possibile, ancor più chiare. D’altronde, l’attività poetica di Aimeric non può essere assolutamente protratta sino al 1266, senza far torto alla verità (6). Ho già esposto altrove le ragioni, che mi fan pensare, a buon diritto, ch’egli sia morto, o per lo meno non abbia più poetato, già prima del 1250 (7). Debbo aggiungere che in quest’opinione mi son venuto sempre più confermando.

Offro, anzi tutto, ai lettori, poichè ce n’è, parmi, bisogno, un testo del « pianto» criticamente ricostruito.

 

* * *

 

Non soltanto in morte, ma anche in vita, la poesia provenzale amò esaltare Manfredi (8), di cui è notissimo il trasporto per la musica e per la poesia.

I versi occitanici, in cui più e meglio si manifesta l’ammirazione dei trovatori per Manfredi, sono sfuggiti al Merkel. Su di essi ha richiamato, per ultimo, l’attenzione degli studiosi il Torraca (9). Sono attribuiti, nel solo manoscritto che ce li abbia conservati, a Peire Vidal; ma che non siano di questo insigne trovatore, è cosa certa, come già vide il Bartsch, pel fatto che si riferiscono alla battaglia di Montaperti (1260), cioè a un periodo di tempo, in cui il Vidal più non viveva. Si sa che a Montaperti i Ghibellini vinsero con i soccorsi di Manfredi condotti e guidati da Giordano, consanguineo del Re e fratello di Bartolomeo d’Anglano, siniscalco del Regno. Ora, nei versi anonimi (enon già, come or dicemmo, di Peire Vidal) leggiamo (vv. 9-12):

Oi ! Rei Matfre, vos es tan poderos,
Qu’ieu tenc per fol selh qu’ab vos pren contens;
Qu’ieu vey que sol un[s] dels vostres baros
Los (ms. als) Florentis destruitz e·ls fai dolens.

Questo « barone » di Manfredi non può essere, a ben guardare, che Giordano (10). Neppure può appartenere al Vidal, come mostrò di credere il Merkel (L’opinione dei cont. cit., p. 316), un serventese, che incomincia Ma voluntatz e che si chiude con un’esplicita allusione a Bartolomeo, fratello di Giordano (Vai, sirventes, al Comte Bertolmieu). Anch’esso è in lode di Manfredi e della sua politica (11).

Siamo condotti al tempo dei negoziati di Carlo d’Angiò con Urbano IV e poscia con Clemente IV (1264-1265) per la conquista delregno svevo, da un gagliardo serventese del trovatore Raimon de Tors (Ar es ben dretz) (12). Raimon cantava, benché« amico benevolo » di Carlo, Re Manfredi « a cui non platz trichars » con voci di grande lode:

Per cui Poilha es auta e richa
E Cecili’ atretan
                                        (vv. 31-32)

Questi accenti richiamano al pensiero quelli molto più ammirativi di Percivalle Doria, uno dei più ferventi fautori della fortuna di Manfredi sino alla sua morte (1264) avvenuta quando, in servigio del Re, si spinse contro i Guelfi sino alla Nera di Narco, dove affogò. I suoi versi sono posteriori al 1258, poichéManfredi vi figura con il titolo di « reis ». Dopo un fervido elogio, il poeta finisce il suo canto così:

Reis Matfrei, pretz vos ten ferm
E deus en a fag conferm (13).

Anche Paulet de Marseilla (319, 6,ed. Levy) mostrava il suo sdegno contro Carlo d’Angiò perchè voleva « dezeretar » il Re Manfredi (14); ma nessun trovatore prese interessamento alla guerra dichiaratasi fra i due principi quanto Luchetto Gattilusio (15). Questi vi prese un interessamento speciale, quasi più da cronista che da poeta; ma non mancò di lodare le alte qualità del signore svevo. Nel loro complesso, i trovatori videro nella guerra di Carlo un effetto delle cupidigie dei pontefici e del nuovo Conte di Provenza. Non la considerarono punto come una lotta intrapresa per un ideale religioso. Pensavano essi che ci sarebbe stato ben altro da fare per la fede di Cristo! Il santo sepolcro aspettava invano d’essere definitivamente liberato e i papi si occupavano dei « Lombardi », di Carlo, dei Francesi. Così cantava Ricaut Bonomel appunto, nel 1265:

Lo papa fai de perdon gran largueza
Contra.ls Lombartz, a Carl’e als Frances
E sai, ves nos, en mostra gran cobeza,
Que nostras crotz perdona per tornes.
                                        (Ir’e dolors, vv. 33-36) (16)

Perdona per tornesIl papa concedeva indulgenze ai crociati per denaro. Ricaut Bonomel, uno dei Templarî (di quei Templarî che, nel 1264, s’erano rifiutati di sostenere Urbano IV contro Manfredi) se ne lagnava, e non a torto, perchésapevasi che Urbano prima e Clemente IV poi usavano questo danaro « pro expeditione negotii regni Sicilie (17) ».

Quale fosse il risultato della guerra, tutti sanno. Manfredi, inferiore per numero e abbandonato da una parte della cavalleria, fu sconfitto a Benevento (26 Febbraio 1266). Ci fu, è vero, un trovatore, Peire de Chastelnou, che si rallegrò con Carlo per avere « vencut en camp lo rei Manfre » (18) ma la sua voce dovérestare quasi isolata nella poesia (19). Le Muse, infatti, amarono Manfredi, come Manfredi amò le Muse, e l’anonimo autore del nostro « pianto» (che corse certo per l’Italia, se anche non fu composto da un Italiano) si fece interprete dei sentimenti di pietà sollevati dalla disgraziata fine del biondo Re svevo (20). Ma se ne fece interprete, come ha veduto lo Zingarelli (p. 9), non già immediatamente dopo la morte, sìbene parecchi anni dopo. Ciò appare — e in modo irrefutabile — dall’accenno del v. 25 al « pro N’Adoart rei dels Engles ». Edoardo non fu veramente riconosciuto re che il 20 Novembre 1272 e non prese, di fatto, la corona che due anni dopo. I trovatori avevano per lui, pare, grande simpatia. Raimon de Tors (1257) metteva insieme al « rei » di Francia, cioè Luigi IX, il nostro « Odoart » non ancor re, senza punto occuparsi del padre Enrico III. Si vede che gli occhi di tutti si volgevano sul figlio piuttosto che sul padre, il cui regno fu del resto tutt’altro che tranquillo, tanto che nel 1264 fu temporaneamente cacciato dal trono per opera del conte di Leicester.

Il « pianto» non è dettato con la finezza propria del gruppo di poeti, che magnificarono, in versi occitanici, Manfredi. Non una strofa s’innalza sull’ali d’un pensiero nuovo o peregrino, non una locuzione, può dirsi, si salva da un vuoto e noioso convenzionalismo, grazie a un po’ d’originalità. Quasi ogni frase trova la sua corrispondenza, anzi la sua fonte, in altri « pianti » anteriori. Ma il componimento è pur sempre prezioso, come quello che ci mostra la musa provenzale vestita a luttoper la morte del cavalleresco Manfredi. Con lui, sono spariti onore, liberalità, valentia. Dove trovare oramai la munificenza? Forse presso il Re di Francia (v. 24) cioè Filippo III, ovvero presso Edoardo, « rei » degli Inglesi? Sentiamo, attraverso a questi versi mediocri, che un gran principe si è spento, un principe protettore di poeti, amante della magnificenza e del lusso e ricco di tutte quelle doti di cortesia e di bontà, che costituivano il maggior pregio della classe dei signori e dei re. Manfredi era morto. Cominciava a lavorare la leggenda.

Giulio BERTONI.

 

Note:

1. F. Schirrmacher (e R. Bartsch), Die letzten Hohenstaufen,Göttingen, 1871, App. III, pp. 656-674. L’app. soltanto è dovuta al Bartsch. ()

2. C. Merkel, L’opinione dei contemporanei sull’impresa italiana di Carlo d’Angiò, in Mem. della R. Accad. dei Lincei,Cl. di Scienze mor.stor.e filol. S. IV, val. IV (Roma, 1888), pp. 277 sgg. In un’importante appendice, molto utile sebbene molto sommaria, al suo studio su « Federico II e la poesia provenzale », F. Torraca, Studi sulla lirica italiana del Duecento, Bologna, 1902, pp.335-337 ha fatto alcune aggiunte e correzioni al Merkel, delle quali, come si vedrà, terrò conto. Merita d’essere ricordata una pagina della vita di santa Doucelina (P. Meyer, Recueil, p. 145), in cui si legge: « En aquel temps que le reis Karlle era comps de Prohensa, le papa, per azorde[na]ment de Dieu, lo regesme de Cezilia li prepauzet de penre. Adoncs le comps fo en gran pensament con penria aquell negoci, loquall li rei avian tut soannat, e per l’amor e la gran reverencia qu’el avia a la sancta, demandet l’en consell. » ()

3. Il pianto, già assai noto per un riassunto del Diez, fu studiato da N. Zingarelli, Re Manfredi nella memoria di untrovatore, Palermo, 1907 (per nozze). Ma il testo richiedeva nuove cure. ()

4. Anche H. Springer, Das altprov. Klagelied, Berlin, 1895, p. 72 ritiene giustamente anonimo il nostro « pianto ». Così anche N. Zingarelli, Due trovatori in Italia, Firenze, 1899, p. 40; Re Manfr. nella mem. cit., p. 3. ()

5. V’è uno spazio breve, ma abbastanza significativo, prima del nostro componimento. Per i rapporti tra i mss. I e K, si rimanda al Gröber, Rom. Studien, II, 464. Essi non possono provenire direttamente l’uno dall’altro per ragioniovvie: tra l’altro, per contenere l’uno e l’altro dei testi propri (p es., è escluso che I sia una pura e semplice copia di K in quanto ha, per non citare che un caso, la poesia 437, 32 che manca in K, e, a sua volta, K non può provenire puramente da I, perchéha la poesia 101, 2, che manca a I). Se si volesse accettare una dipendenza diretta, bisognerebbe ammettere insieme altra o altre fonti; ma meglio vale (come è mostrato anche dalle lezioni dei componimenti) risalire per i due mss. a un corpo maggiore, donde l’uno e l’altro siano provenuti. ()

6. E tanto meno sin dopo il 1272; poichéil nostro pianto, come vedremo, nonfu scritto prima di questa data. ()

7.Scritti vari ... in onore di R. Renier, Torino, 1912, pp. 253-255. ()

8.Le poesie scritte in onore degli Hohenstaufen sono, si può dire, celebri. Quelle, in cui è questione di Federico II, sono state elencate da O. Schultz-Gora, Ein Sirventes von Guilh. Figueira, Halle, 1902, pp. 33 sgg. Buone indicazioni sihanno altresìin Torraca, Studi sulla lirica cit.,pp. 235 sgg. Alcune altre poesie ha aggiunte alla lista dello Schultz-Gora il De Bartholomaeis, Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II,Bologna, 1912 (estr. dalle Mem. d. R. Acc. d. Sc. dell’Istituto di Bologna, s. It. VI, 1912). Poco o nulla di nuovo nella dissertazione di F. Wittenberg, Die Hohenstaufen im Munde der Troubadours, Münster, 1908 (p. 118). ()

9. Torraca, op. cit., p. 336. Il testo incomincia Quor qu’om. Fu stampato da K. Bartsch, Peire Vidal’s Lieder, Berlino, 1857, p. 135 e dal Monaci, Testi ant. prov. cit., col. 94. ()

10. Torraca, op.cit., p. 337. ()

11. Bartsch, P. Vidal cit., nº VI;Torraca, op. cit., p. 337. ()

12. Edito recentemente da A. Parducci, Raimon de Tors, Perugia, 1910 (estr. dagli Studj romanzi,VII, 1911), p. 33. Il Parducci ne determina le allusioni e ne fissa la data, con molta giustezza, a p. 13. ()

13. G. Bertoni, I trovat. min. di Genova, Dresden, 1903, p. 3. ()

14. E. Levy, Paulet de Marseille, in Rev. d. lang. rom., XXI, 1882,p. 281:

Mas sius platz, senher, digatz me
Del comte que Proen sa te,
Per que los Proensals ausi
Ni·ls destrui, qu’ilh no·lh forfan re,
Ni per que volni cuj’ aisi
Dezeretar lo rei Marfre.

Il poeta crede che Carlo non riuscirà nella sua impresa, qualora Manfredi si accordi bene con i suoi. Il componimento di Paulet è una pastorella, nella quale (cosa estremamente rara) si parla degli avvenimenti politici del tempo. ()

15. Bertoni, I trov. min. cit., pp. XXIX sgg., 26 sgg. ()

16. Questo serventese è stato pubblicato recentemente da me, secondo la lezione dei due mss. che ce lo hanno conservato, nella Z. f. romanPhil., XXXIV,1899, pp. 701 sgg. ()

17. J. M.Delaville Le Roulx, Cart. des Hosp., Paris, 1894-1906, IV, 3128 e 3173; D. Jordan, Les registres de Clément IV, Paris, 1893, p. 59 (lett. del 7 Marzo 1265). ()

18. Studj di filol. rom., IX, 1903, p.464. Si sa che fra i seguaci di Carlo d’Angiò fu Sordello. Il De Lollis, Sordello, Halle, 1986,p. 60 pensa anzi che il trovatore di Goito abbia potuto prender parte alla battaglia di Benevento. Anche Bertran d’Alamanon fu probabilmente tra coloro che seguirono l’esercito di Carlo in Italia (J.-J. Salverda de Grave, Bertr. d’Alam.,Toulouse, 1902, pp. 166-167). Si sa che Carlo d’Angiò fu un amico dei poeti e poetò egli stesso. Vedansi : C. De Lollis, Di Bertran del Pojet trovatoredell’età angioina, in Misc. Graf, Bergamo,1903, pp. 691 sgg.;G.Bertoni, Di un poeta francese in Italia (Perrin d’Angicourt), in Studi di filol. moderna, V, 1912, fasc. 3-4). ()

19. Parecchio vi sarebbe da dire su questo componimento di Peire de Chastelnou e su altri testi. Noi non abbiamo inteso punto esaurire la materia, ma soltanto raccogliere su Manfredi i principali e più importanti datiche forniscono le liriche provenzali. Non dobbiamo poi dimenticare che nei Memoriali bolognesi esiste un componimento frammentario italiano, scoperto da E. Levi (Studj medievali, IV, 1912-1913, p. 291), sulla morte di Manfredi:

A la gran cordoglança
ch’ aç’ aquistata
non trovo pietança.
Mort’ è la valença
tanto dotata
del Re Manfredo Lança ...

Il nome di « Lancia » gli venne dalla madre Bianca (C.Merkel, Manfredi I e Manfredi II Lancia, Torino, 1886, p. 174). ()

20. La guerra di Carlo con Corradino ebbe pure i suoi poeti provenzali, come Aicart del Fossat, Paulet de Marseilla, Calega Panzano. Su quest’ultimo, si cfr. A. Jeanroy, Un sirventès contre Charles d’Anjou, estr. dalle Ann. du Midi, XV, 1903, e O. Schultz-Gora e R. Sternfeld, Ein Sirventes von 1268 gegen die Kirche und Karl. v. Anjou, in Mitteilungen des Instituts für österr. Geschichtsforschung, XXIV, 1903, pp. 616 sgg. Bertolome Zorzi compose poi un « pianto» in morte di Corradino: E. Levy, Bert. Zorzi, Halle, 1883, p. 81. ()

 

 

 

 

 

Institut d'Estudis Catalans. Carrer del Carme 47. 08001 Barcelona.
Telèfon +34 932 701 620. Fax +34 932 701 180. informacio@iec.cat - Informació legal

UAI