INDICE:
I. RICERCA BIOGRAFICA
Contesto storico-letterario
II. LA TRADIZIONE MANOSCRITTA
Manoscritti e caratteristiche della tradizione
Le rubriche
III. LA LINGUA
Aspetto grafico-linguistico di C
Aspetto grafico-linguistico di R
La lingua di Raimon Gaucelm
Fonetica
Morfologia
IV. METRICA E VERSIFICAZIONE
V. RAIMON GAUCELM NELLA TRADIZIONE TROBADORICA
VI. AVVERTENZA
NOTE
INTRODUZIONE
I. RICERCA BIOGRAFICA
RICERCA BIOGRAFICA E CONTESTO STORICO-LETTERARIO
Raimon Gaucelm ci ha lasciato un piccolo corpus, composto di nove poesie, tramandato dai canzonieri C (Parigi, Bibl. Naz., fr. 856) e, ma solo per due di esse, R (Parigi, Bibl. Naz., fr. 22543). Già prima del 1869, anno di pubblicazione dell’edizione di Gabriel Azaïs (1), parte delle sue liriche erano apparse nelle raccolte antologiche di Rochegude, Raynouard e Mahn (2), e in seguito alcuni componimenti saranno via via inseriti, fino ad anni assai recenti, in diverse sillogi trobadoriche (3), senza che nel frattempo emergessero nuovi elementi che aiutassero a delineare con chiarezza la sua figura. Per l’identificazione storica del trovatore e la ricostruzione dei tratti essenziali della sua biografia possiamo infatti fare affidamento solo sulle rubriche del codice C, premesse ad ognuna delle sue poesie, e sugli esili riferimenti a personaggi contemporanei presenti nei suoi componimenti, mentre le scarse fonti documentarie si rivelano poco utili per giungere a risultati apprezzabili.
Grazie alle rubriche (4) è dunque possibile collocare la produzione poetica di RmGauc a Béziers, cittadina costruita sullo sperone che domina il corso dell’Orb, nell’odierno Dipartimento dell’Hérault, tra il 1262 e il 1270, ma, come si vedrà nelle pagine successive, ritengo di poter protrarre la sua attività almeno fino al 1279. Siamo quindi nell’ultimo periodo della poesia trobadorica, in un momento storico successivo a profonde modificazioni intervenute nella struttura politico-istituzionale e nel tessuto sociale della Francia meridionale e del Languedoc in particolare (5).
Béziers è posta al centro di un ricco territorio costituito dalle pianure e dagli altipiani del Bas-Languedoc occidentale: nel XIII secolo la sua economia rurale è in pieno sviluppo, l’artigianato attivo e il commercio fiorente, poiché la città è passaggio obbligato per le comunicazioni tra il Rouergue e il Narbonese, tra la Provenza e il Tolosano, tappa per i pellegrini, lungo il cami roumieu, e per i mercanti che percorrono la Via Domitia dal Rodano ai Pirenei (6). Ville royal dal 1229, centro di viguerie, sede di vescovado, Béziers assume la funzione di metropoli regionale, ed è naturale quindi che questa sua importanza si rifletta anche sul piano culturale: come i centri letterari più fecondi della Provenza e del Languedoc, che vedono comparire la nuova figura del «poeta cittadino» (7), anche Béziers si offre come ambiente ideale per l’opera di un piccolo circolo di trovatori, cui partecipa Raimon Gaucelm (8). La permanenza in città del trovatore comporta tuttavia precise condizioni: anzi tutto l’aver accettato il nuovo stato di cose e l’essersi conformato politicamente ed ideologicamente al nuovo clima, e, in secondo luogo, appartenere ad un ceto economicamente favorito, che permetta di provvedere al proprio mantenimento e quindi dedicarsi all’attività poetica senza dover chiedere sussidi di alcun genere. Almeno ciò è quanto pare trapelare dal malcelato orgoglio con cui Raimon Gaucelm proclama la sua autonomia ed indipendenza nel sirventese «A penas vau en loc qu’om no·m deman» (IV, nella presente edizione).
Purtroppo la perdita pressocché totale degli archivi municipali di Béziers per il periodo che intercorre tra il 1230 e il 1270, quando interverrà l’insediamento del pubblico notariato a darne una nuova organizzazione, ci lascia con pochissime fonti documentarie (9).
La lacuna rende di conseguenza assai precaria la possibilità d’individuazione storica della figura di Raimon Gaucelm (10). Egli avrebbe potuto, molto verosimilmente, appartenere all’agiata borghesia biterrese: basandomi unicamente sul testo poetico, posso figurarmelo come un cambiavalute («qu’estiers nulh temps non gazanhei castelh, borda ni mas, ni·l quart d’un clarmontes, ans me costa que val .v. cens tornes!» IV, 12-14) o un marchand drapier («e non per so qu’ieu vuelha qu’om del mon m’en don raubas, qu’ieu n’ai pro e sai don» IV, 7-8), attività che lo avrebbero collocato ai gradini più alti della scala sociale della borghesia (11); oppure avrebbe potuto essere membro di quell’aristocrazia locale che aveva accettato senza ribellione il dominio reale francese: il nome infatti non era raro tra i signori del Languedoc del XIII e XIV secolo. Il fatto poi che il poeta si annoveri fra gli amici di un ricco borghese di Béziers (V, 37-41), e che appelli fraire il senhor d’Uzest, potrebbe dar forza a queste ipotesi, ma senza consentire, in base ai soli dati testuali, di privilegiarne nessuna.
Le prove documentarie, come dicevo, non sono numerose; riporto qui di seguito, le poche notizie che sono riuscita a trovare su personaggi chiamati Raimon Gaucelm, tratte dalle carte pubblicate nel vol. VIII dell’HGL, e sostanzialmente relative al periodo a cui le rubriche circoscrivono l’attività poetica del trovatore:
- Nel trattato di alleanza tra il conte di Tolosa Raimondo VII e Giacomo I re d’Aragona, stipulato a Montpellier nell’aprile 1241, si legge: «In predictis vero treugis est & esse intelligitur R. Gaucelmi & sui» (12).
- Nell’atto di omaggio di Roger IV, come di Foix, a Raimondo VII di Tolosa, avvenuto a Lunel il 28 giugno 1241, tra i testimoni compare «Raimundus Gaucelmi dominus Lunelli». Lo stesso nome per un signore di Lunel appare in diversi atti successivi relativi al conte di Tolosa e in due carte concernenti il dominio aragonese di Montpellier (13).
- Tra i conteggi della corte tolosana, nel maggio 1252, si legge: «Facto compoto in termino Ascensionis, anno Domini MCCL secundo, debebantur domino comiti inferius annotata: [...] D. R. Gaucelini VIIIm l. Tur.»; maggio 1254: Compotus de termino Ascensionis Domini anno Lº quarto & recepta in eodem termino: [...]Domino Raimundo Gaucelini pro debito quod comes eidem: XIXe l., CXVII s., X d. Tur.» (14).
- In un atto del 7 settembre 1261 si menziona il luogotenente del «domini R. Gaucelini, tenentis in Montepessullano & Omellacio & Montearnaudo locum illustrissimi domini Jacobo, Dei gratia regis Aragonum» (15).
Come si vede, queste carte non offrono che spunti vaghi e imprecisi, dai quali non è possibile trarre nulla di conclusivo. Mi limito a constatare che i luoghi di stipula dei trattati ed i toponimi che accompagnano il nome ed indicano la provenienza, orientano verso una zona geografica orbitante per lo più intorno a Montpellier (16) o comunque ad est di Béziers, indizio che potrebbe indurre ad ipotizzare che Raimon Gaucelm non fosse di origine biterrese (17). Il nome poi, oltre ad essere proprio di uno o più personaggi legati da rapporti di dipendenza al re d’Aragona, appartiene, come s’è visto, per tradizione, al dominus de Lunel (18), vassallo del conte di Tolosa, sia egli Raimondo VII o Alfonso di Poitiers; e sottolineare le numerose menzioni di questo Raimon Gaucelm, mi pare di un certo peso, segnatamente per il fatto che il signore della baronia di Lunel era legato da vincoli di parentela con la famiglia dei Sabran, signori en partie d’Uzès, cui appartiene quel Raimon Gaucelm che il nostro trovatore appella fraire in due occasioni (IV, 16,42 e VIII, 1-2). Il nome, lo si vedrà più avanti, è veramente distintivo di questa famiglia, tanto che ad ogni generazione almeno un membro lo porta.
L’aiuto che può giungere da questi agganci documentari, non corroborati da riscontri testuali (solo il sirventese IV ha permesso, come si è visto, qualche debole deduzione), è quindi assai lieve e ben poco consente di arguire; ne deduco soltanto che, anche se non si può escludere del tutto che il trovatore Raimon Gaucelm, detto de Bezers, possa essere stato unito da rapporti di parentela, più o meno remoti, con uno dei membri della dinastia di Lunel, sia più probabile che egli appartenesse ad un livello non basso della borghesia e che godesse di una certa rispettabilità e fama in seno alla società biterrese, come orgogliosamente egli stesso proclama in IV, 1-11, e come proverebbe l’influenza della sua canzone di crociata/planh (VII) su un trovatore attivo nel Biterrois in quegli stessi anni, Raimon Menudet.
Alla presenza invece, in quattro rubriche su otto, della particella onorifica en davanti al suo nome:
Sirventes d’en R. Gaucelm (rubr. 2)
Lo ters sirventes d’en R. Gaucelm (rubr. 3 e 4)
Sirventes d’en R. Gaucelm (rubr. 7)
non do alcun valore probatorio poiché, oltre e forse più che indicativa de titolo e del grado, en può essere semplicemente segno di omaggio e stima se non addirittura un riempitivo, dato che si trova nelle rubriche più povere dal punto di vista informativo (19).
Se dai documenti ben poco emerge, i testi, poesie e rubriche, possono fornire invece, come ho anticipato, qualche indicazione in più per illuminare l’ambiente sociale e culturale nel quale Raimon Gaucelm si è mosso e ha svolto la sua attività.
La rubrica che nel ms. C precede il planh [V, BdT 7] «Quascus planh lo sieu dampnatge», ci fornisce la data che costituisce il primo termine per collocare cronologicamente la sua opera:
Planch que fes Raimon Gaucelm en l’an que hom comtava m.cc.lxij per un borzes de Bezers lo qual avia nom Guirautz de Linhan
Essa ci introduce al più antico componimento sicuramente databile di RmGauc (1262), in cui il trovatore lamenta la scomparsa di Guiraut de Linhan, definito borzes di Béziers dalla rubrica, ma chiamato nobl’en Giraut al v. 25 del testo poetico. Se la rubrica non ci avvertisse sulla posizione sociale del defunto, la poesia non offrirebbe spunti per dubitare della sua nobiltà, eccettuati forse i vv. 37-39: «anc borzes ni de paratge / lunh home melhor / no vim», in cui il poeta stesso si enumera tra gli amici sconsolati, borzes e de paratge, che piangono la dipartita del nobiluomo.
Circa la sua identificazione storica, l’unica testimonianza pertinente sembra essere il necrologio contenuto nel registro mortuario del capitolo della cattedrale di Béziers, Saint Nazaire:
II.id.maii «[...] Eadem die obiit Geraldus de Lignano, qui reliquit XXX. librarum pro obitu suo, cujus obitus celebrabitur annuatim die sabbati post festum Ascensionis Domini» (20).
Un aiuto più consistente ci viene dal planh, da cui si ricava che Guiraut de Linhan era un personaggio in vista della comunità, molto probabilmente esponente di quella ricca borghesia biterrese che già dalla prima metà del XII secolo aveva conquistato libertà e privilegi e che, grazie alle franchigie, aveva contenuto il potere signorile entro limiti ben precisi e più ristretti (21). Nella seconda metà del XIII secolo, dopo gli avvenimenti seguiti alla crociata albigese, pur avendo una minima incidenza in ambito politico e giurisdizionale, essa ha conservato, con il consolato, un’importanza rilevante nella gestione amministrativa della comunità, grazie alla quale sorveglia le attività finanziarie, rinsaldando così la sua preminenza economica (22). Questa condizione di privilegio offre la possibilità, molto ricercata, dell’accesso alla proprietà fondiaria: notevoli infatti sono gli investimenti e gli acquisti di benefici con i quali i borghesi riescono ad inserirsi tra i tenanciers e il signore (23). Ottenuta una signoria rurale, affiancata alla prosperità accumulata col commercio (nel Biterrois sono soprattutto commercianti di tessuti e mercanti di vino e di salaisons), i borghesi sono finalmente in grado di condurre uno stile di vita che li avvicina ai piccoli signori) diventano cioè «bourgeois-gentilhommes» (24). Ma il primato sociale, garantito dalla ricchezza e dal possesso di feudi, doveva evidentemente essere legittimato da un titolo nobiliare.
Si ritorna così all’apparente contraddizione emersa tra la rubrica ed il testo del planh: la questione verte infatti sulla possibilità di un borghese della seconda metà del XIII secolo di diventare nobile, e sulla “qualità” di «nobile-borghese» di Guiraut de Linhan sono intervenuti, con diverse considerazioni, sia Millot che Azaïs (25). In realtà, all’epoca, il passaggio allo stato nobiliare non era precluso ai borgheshi (26), e varie infatti sono le attestazioni che provano come essi potessero assumere la cintura militare e godere degli stessi privilegi dei cavalieri: una carta del 3 giugno 1298 mostra come nella sénéchaussée di Beaucaire e in Provenza questa fosse una consuetudine ormai radicata nel tempo:
Nos subscripti [...] facimus notorium & manifestum, quod usus & consuetudo sunt & fuerunt longissimis temporibus observati, & tanto tempore quod in contrarium memoria non existit, in senescallia Belliquadri & in Provincia, quod burgenses consueverunt a nobilibus & baronibus & etiam ab archiepiscopi & episcopis, sine principis auctoritate & licencia, impune singulum militare assumere & signa militaria habere & portare & gaudere privilegio militari (27).
Le ambizioni della borghesia venivano inoltre soddisfatte facilmente per le impellenti necessità finanziarie delle casse regie: alla metà di settembre del 1302, il re invia tre commissari nelle sénéchaussées di Toulouse, Carcassonne, Beaucaire e in Agenois, Rouergue e Gascogne, con il potere di:
permettre aux bourgeois & aux autres non nobles d’acquérir les fiefs des nobles & de les posséder sans être obligés d’en vider leurs mains. Il leur donna encore pouvoir d’anoblir les bourgeois & de leur donner la liberté de prendre la ceinture militaire [...] Le roi n’accorda sans doute toutes ces grâces qu’à condition de lui payer certaines sommes pour continuer la guerre des Flandres, & cela donna lieu à plusieurs familles bourgeoises ou routrières de la Province, de passer dans l’ordre de la noblesse (28).
Ritengo dunque che il nobl’en Giraut de Linha, lodato e rimpianto da RmGauc per il contegno signorile e per le virtù peculiari del cavaliere ideale, sia da inserire quasi certamente in questa categoria di privilegiati borghesi.
Altri elementi utili ci sono offerri dalla lirica VI, una canzone di crociata [BdT 8] datata dalla rubrica 1268. Nella seconda tornada (vv. 45-48) si legge:
Amicx Miquels, digatz me·l sirventes
a n’Aimeric de Narbon’en chantans,
e digatz li que non sïa duptans,
que, s’ilh passa, pus tost n’er tot conques.
In essa è nominato il futuro Aimeric V, fils aîné du vicomte de Narbonne, Amalric IV, a cui RmGauc manda un messaggio di esortazione a partire crociato (29). Il suo consiglio però rimarrà inascoltato poiché, se da un atto del 7 marzo 1270, in cui il nobile Bernart de Durban si impegna ad accompagnarlo nel passagium ultramarinum, sappiamo che Aimeric aveva preso il votum crucis:
In anno Nativitatis Christi MCCLXX Ludovico rege regnante, nonis Martii, noverint, &c. quod ego Bernardus de Durbanno, filius quondam nobilis viri domini Petri Arnaudi de Durbanno militis, promitto, bona fide solemniter interposita, vobis nobili viro domino Amalrico, Dei gratia vicecomiti & domino Narbone, & vobis Aymerico primogenito suo, me vobiscum dicto Aymerico transfretare ad honorem Dei & illustris domini regis Francie ac subsidium Terre Sancte, in isto primo passagio dicti domini Regis [...] (30)
in un altro documento del marzo 1271 troviamo testimonianza della presenza a Narbona del nuovo visconte, in occasione dell’accordo stipulato col fratello Amalric per la successione del padre, morto nel dicembre 1270 (31):
In nomine Domini. Anno Nativitatis Christi MCCLXXI, Philippo rege regnante, IX kalendas aprilis. Noverint, &c., quod suborta materia questionis & discordie inter nobiles viros dominum Aymericum & dominum Amalricum, fratres, filios quondam domini Amalrici, Dei gratia vicecomiti & domini Narbone, super hereditate, bonis & juribus, que quondam fuerunt prefati domini Amalrici quondam patris dictorum fratrum, tractatibus variis & diversis precedentibus, amicis communibus mediantibus, tandem iidem fratres inter se ad pacem & concordiam, prout sequitur, pervenerunt (32).
E a questa data, sebbene la morte di Luigi IX, il 25 agosto del 1270, avesse virtualmente determinato la fine della spedizione in Terrasanta, i crociati non avevano ancora fatto ritorno in patria.
Ma il personaggio della tornada che potrebbe fornirci informazioni più illuminanti sull’ambiente frequentato o per lo meno conosciuto da Raimon Gaucelm, è l’amicx Miquels nominato al v. 45. Anglade lo identifica con quel Miquel de Castillo, che Guiraut Riquier nomina in due tenzoni, in una delle quali è interlocutore con Codolet [BdT 248,11], mentre è scelto come giudice nell’altra [BdT 248,28] (33). Egli faceva parte di quel gruppo di amici che GrRiq aveva a Narbona, fra i quali compaiono personaggi di primo piano della città, e forse poteva avere anche contatti con la corte viscontale. L’appellativo con il quale RmGauc si rivolge all’amico Miquel denota comunque una certa familiarità che, se davvero fosse lo stesso personaggio identificato da Anglade, potrebbe far ritenere possibile, di conseguenza, l’esistenza di un legame, di conoscenza se non d’amicizia, fra Raimon Gaucelm e Guiraut Riquier (34).
Le ricerche da me condotte intorno a personaggi di un certo rilievo, del Narbonnais o del Biterrois, che si chiamassero Miquel, non sono giunte d’altra parte a nulla di determinante. Mi limito a segnalare in ordine cronologico le attestazioni del nome (35) che mi sembrano più pertinenti:
1264: «Michael, notarius dicti domini episcopi (Barchinonesis)» (HGL, t. VIII, col. 1525).
dal 1271: «P. Michaelis, notarius publicus domini Aimerici de Norbona in castro de Magalacio qui rogatus a predictis haec scripsit», citato in alcune carte della corte viscontale di Aimeric V.
1271: «Michel de Pian, sergent du roi», tra i testimoni al giuramento di fedeltà degli abitanti di Tolosa al re (HGL, t. IX, liv. XXVII, pp. 1-2).
1272: «Michaele de Chombelino, serviente [domini Regis] dicte curie Biterris» (36).
Tra questi personaggi mi pare di dover sottolineare la presenza del notaio pubblico, figura che dipendeva direttamente dal signore, quindi particolarmente adatta ad assumere la funzione di messaggero nell’invito al primogeniro del visconte di Narbona di vincere le esitazioni e intraprendere la spedizione in Oriente. Ma resta solo una notazione poiché non è possibile trovare nessun elemento che metta in relazione questo personaggio storico con Raimon Gaucelm.
Conclusioni più salde si possono desumere dalla lirica VII [BdT 1], canzone di crociata ed insieme planh per la morte di Luigi IX (37), che offre l’occasione di evidenziare l’atteggiamento filofrancese di Raimon Gaucelm, non isolato nel gruppo dei trovatori del Biterrois (38). Infatti, seppur innegabile, la presenza di un sentimento antifrancese nella regione era dettata soprattutto dal malanimo contro gli ufficiali regi, per la maggior parte forans, colpevoli di abusi di potere, confische di beni e vessazioni di ogni genere, sia verso il ceto dirigente cittadino che i villaggi della regione, più che contro la figura del re e l’appartenenza, ormai di fatto dal 1249 con la morte di Raimondo VII di Tolosa, al dominio reale francese (39). Va anche detto che dalla metà del secolo circa, il principale obiettivo della politica regia fu quello di avviare la pacificazione del paese: questa diviene definitiva con la nobiltà locale nel 1247, tanto che si assiste alla partenza di Trencavel al seguito di Luigi IX nella spedizione crociata, dopo aver definitivamente abbandonato ogni suo diritto sulla viscontea di Carcassona e Béziers di fronte ad un’assemblea di nobili francesi, di meridionali del partito reale, e di antichi faidits, a simboleggiare appunto l’avvenuta riconciliazione (40): «A partir de 1260, sont en place les nouveaux traits du jeu politique de l’époque suivante en Biterrois (il ne faudrait pas étèndre le phénomène abusivement à tout le pays, et notamment pas à Carcassonne): une noblesse calmée, une chevalerie préférant le service du roi à celui des seigneurs locaux, des communautés urbaines et villageoises attendant beaucoup de la justice royale, et des tensions avec le milieu ecclésiastique» (41).
Béziers, già ville royale dal 1229, diviene così il centro del potere regio nella regione e Raimon Gaucelm è testimone di questo nuovo corso.
Rimangono infine le liriche IV [BdT 3] e VIII [BdT 4] che offrono un ulteriore indizio per poter ampliare almeno fino al 1279 l’arco cronologico entro il quale si inscrive l’attività poetica di Raimon Gaucelm.
Così leggiamo nella rubrica che precede l’ottavo componimento:
so son ij. coblas que fes Raimon Gaucelm del senhor d’Uzest que avia nom aissi quon elh, Raimon Gaucelm
Ecco dunque comparire il senhor d’Uzest di cui si è già parlato a proposito dell’identificazione storica del trovatore e della non rara presenza di questo nome all’interno di famiglie signorili del Languedoc. Nella seconda metà del XIII secolo infatti, è attestata la presenza di almeno tre Raimon Gaucelm di Sabran, château du diocèse d’Usez, signori di Uzès en partie (42).
Il primo appare nominato nel testamento di Elzéar de Sabran, dominus Ucetie, redatto il 6 maggio del 1254 (43). In esso egli è designato come erede in ordine di succesione dopo i figli del testatore e il fratello Rainone:
Ego Heliziarius, [...] si vero [Raino] superstes non esset & religionem intrasset, substituo ei Ramundum Gaucelinum fratrem meum.
Proseguendo nella narratio del documento, appare però un altro personaggio omonimo: Elzéar affida i suoi figli alla tutela della moglie
[...] volens & mandans quod ipsa administret cum consilio domini Ramundi Gaucelini [...]
che con ogni probabilità è lo stesso che compare poche righe dopo:
[...] dominum Ramundum Gaucelinum, avunculum meum.
Dai dati in mio possesso, deduco che quest’ultimo possa identificarsi con il signore di Lunel (44).
Di Raimon Gaucelm de Sabran si parla ancora qualche anno più tardi, a proposito dell’atto d’omaggio ricevuto nel 1272 dal vescovo d’Uzès, Bertrand, da parte di «Raimond Gaucelin, seigneur d’Uzès en partie & fils de Rainon, pour le château de Colias [...]». Nella stessa notizia ci è fornita indirettamente anche la data dell a sua morte, avvenuta nel 1279:
Ce Raimond Gaucelin, seigneur d’Uzest en partie, avoit épousé Béatrix, fille de Guillaume de Frédol, chevalier, seigneur de la Verune, laquelle, étant veuve, fit nommer pour tuteur de Rainon, son fils et du méme Raymond Gaucelin, par le sénéchal de Beaucaire, le 17 de février de l’an 1279 (1280), Bérenger de Frédol, docteur en décrets, son frère (45).
Di lui inoltre si sa che ebbe un figlio (che potrebbe essere il contendente dell’eredità di Lunel nel 1295) ed un nipote, entrambi con lo stesso nome. Di quest’ultimo si ha notizia all’inizio del XIV secolo:
Raimond Gaucelin, seigneur d’Uzès en partie, de Lèdenon, &c., chevalier, fils de feu Raimond Gaucelin, seigneur d’Uzès en partie, de la maison de Sabran, n’ayant qu’une fille nommée Béatrix,[...] fit son héritier le cardinal Bérenger de Frédol, évêque de Tusculum, son [grand] oncle, par un testament daté de Lyon, le dernier de juin de l’an 1316 (46).
Escludendo decisamente il nipote per la recenziorità delle attestazioni che lo riguardano, mi pare tuttavia che anche gli anni 1280-1295, periodo presumibile della signoria del secondo senhor d’Uzès, siano troppo avanti nel tempo per protrarvi la produzione poetica di Raimon Gaucelm. Ritengo invece sia molto più probabile che il frair’En Ramon, cantato nelle due poesie IV, 16 e 42, e VIII, 1-2, sia quel senhor d’Uzès di cui abbiamo testimonianza nel 1254 e nel 1272, fatto che fisserebbe in poco meno di una ventina d’anni, tra il 1262 e il 1279, l’attività poetica del nostro trovatore. Questa mia conclusione si basa sul fatto che nel suo pur esiguo corpus, RmGauc si dimostri particolarmente sensibile agli avvenimenti storico-politici contemporanei: compone infatti due canzoni di crociata, la prima, del 1268 (VI), è un vero canto di incitamento e propaganda a seguire Luigi IX in una nuova spedizione oltremare, la seconda, del 1270 (VII), prende l’avvio dalla morte di san Luigi per spronare gli animi e sostenere Philippe III le Hardi. Mi sembra quindi per lo meno singolare che egli non sia intervenuto successivamente a proposito della “crociata” aragonese, intorno alla quale, proprio nel Biterrois, BnAur inizia il ciclo dei sirventesi nel 1285 (III, ed. Parducci), e a cui fa cenno JoEst in un sirventese del 1286 (VIII, ed. Vatteroni). A meno che non fosse morto prima: sarebbe così verosimile datare la sua morte al 1285, anno proposto dall’HLF. (↑)
II. LA TRADIZIONE MANOSCRITTA
MANOSCRITTI E CARATTERISTICHE DELLA TRADIZIONE
Le poesie di Raimon Gaucelm di Béziers ci sono state tramandate, come si è detto, da due soli canzonieri: C (Parigi, Bibl. Naz., fr. 856) (47) ed R (Parigi, Bibl. Naz., fr. 22543) (48), che appartengono alla costellazione di manoscritti la cui matrice è indicata da Avalle con la sigla y, identificata non «con un codice unico, quanto, almeno apparentemente, con più manoscritti depositati in un unico ambiente (una seconda officina scrittoria), localizzabile [...] nella zona fra Béziers e Narbona» (49). La peculiarità di essere gli unici ad aver conservato le canzoni di travatori vissuti nel medesimo ambiente geografico, culturale e politico della Linguadoca nord-occidentale, ne fa delle sillogi «regionali» (50).
L’unico che riporti quasi tutte le rime di RmGauc (51) (otto su nove) sotto la medesima attribuzione, è C, in cui il gruppo delle poesie, che occupa i ff. 332r-334v, è inserito dopo le liriche attribuite a JoEst e prima di quelle attribuite a JordBon. Il canzoniere R, sotto l’attribuzione Ramon Gaucelm, trasmette al f. 60r-501 (52) un sirventese (IV), l’unica testimonianza comune ai due codici, inserito dopo le rime attribuite a ElCai e prima di una attribuita a Sord, mentre unicum di R è il partimen con Joan Miralhas (IX) (53), tràdito al f. 73r-612 (attuale numerazione) (54).
Raimon Gaucelm de Bezers fa parte di quel gruppo di trovatori (circa venticinque) (55), per lo più dell’ultima generazione, di cui il manoscritto C è l’unico a trasmetterei le poesie. La fisionomia di questa sezione della silloge (56) è stata oggetto di considerazioni specifiche: è stato notato infatti che l’amanuense, originario della zona di Narbona, vi accoglie nella «gran maggioranza rimatori operanti entro una specie di triangolo geografico, la cui base è segnalata da una linea che congiunge Narbona a Tolosa e il cui estremo vertice nord è Rodez» (57), e che furono legati mediante rapporti più o meno stretti ai conti di Tolosa. A questa sostanziale uniformità geografica e culturale corrisponde poi anche una certa uniformità temporale: l’attività della maggior parte dei poeti considerati si colloca infatti nella seconda metà del XIII secolo (58).
A pieno titolo è dunque inserito in questa sezione RmGauc (Béziers si trova nel Dipartimento dell’Hérault, quindi sicuramente nel raggio di conoscenze e interessi del compilatore di C) con il corpus delle sue poesie.
Ecco l’ordine nel quale i testi sono conservati, consecutivamente, all’interno del canzoniere:
f. 332r
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A Dieu done m’arma de bon’amor, canto di pentimento
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f. 332r/332v
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Qui vol aver complida amistansa, canzone di crociata
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f. 332v/333r
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Un sirventes, si pogues, volgra far, sirventese didattico-morale
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f. 333r
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Ab grans trebalhs et ab grans marrimens, canzone di crociata
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f. 333v
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Dieus m’a dada febre tersana dobla, canto di pentimento
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f. 333v
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Belh Senher Dieus, quora veirai mo fraire, due coblas di lode
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f. 334r
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A penas vau en loc qu’om no·m deman, sirventese didattico-morale
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f. 334r/334v
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Quascus planh lo sieu dampnatge, planh
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Dall’elenco è possibile notare come per questi testi elemento unificante sia la tematica religiosa e morale, che illumina sul gusto particolare del raccoglitore di C, o del suo diretto antecedente, nella scelta delle rime da tramandare per i trovatori di questa sezione.
Singolarmente del tutto estranea al tema politico-morale, è invero la nona rima di RmGauc, la tenso con Joan Miralhas che, come già riferito, solo il codice R ci fa conoscere. Si tratta di un partimen giocoso molto diverso, per il tono parodistico e per il soggetto grossolano, dalla gravità delle altre composizioni, cosicché viene spontaneo chiedersi se proprio per questo suo carattere burlesco, così lontano dal suo gusto, il compilatore di C abbia voluto escluderlo dalla scelta, coerente e definita, delle rime di RmGauc da trascrivere nel suo canzoniere (59).
Ma la successione delle canzoni di RmGauc in C ha dato modo di evidenziare un altro possibile disegno seguito dal compilatore nella collocazione dei testi: il corpus si chiude con il planh V [BdT 401,7] «Quascus planh lo sieu dampnatge», che trova corrispondenza nel componimento che chiude la raccolta di JoEst (ff. 328r-332r), che in C precede immediatamente quella di RmGauc: il planh XI [BdT 266,10] «Planhen ploran ab desplazer».
La coincidenza tuttavia va oltre il genere, nella presenza in ambedue i testi della invocazione alla Vergine nella tornada:
JoEst
Maire de Dieu, fons de merce,
la tua grans bontatz l’aon
e·l meta lay on an ab te
las verges gay joy jauzion
RmGauc
Totz preguem Sancta Maria,
qu’a sobre totz poder gran,
quez elha amigua·l sia
e que met’ab Sanh Fulcran
e nella formula incipitaria col motivo topico del cordoglio che si ritrova in altri tre planhs (sui 24 tràditi da C) (60) nella medesima posizione terminale (61).
Proprio la collocazione del compianto di RmGauc dà la possibilità di scorgere un modello supplementare di disposizione. Mi riferisco al fatto che il planh di JoEst è datato in rubrica 1289 ed è il testo che chiude cronologicamente la raccolta dei canti del trovatore, quindi una sua collocazione finale trova qui una spiegazione logica. Al contrario il planh di RmGauc è il più antico (datato in rubrica 1262) e quindi la sua posizione liminare potrebbe effettivamente rispondere ad un piano ordinatore prestabilito. È già stato notato (62) infatti come nella disposizione dei testi di RmGauc in C, la sequenza cronologica sia turbata dal raggruppamento per sottogeneri, per cui solo all’interno di essi le poesie vengono sistemate lungo una linea temporale. Il planh è l’unico esemplare del genere e quindi viene a formare una sezione a parte: la coincidenza nel genere, il motivo incipitario del pianto, e soprattutto la presenza dell’invocazione mariana sarebbero stati determinanti per la sua collocazione conclusiva volta a creare la corrispondenza tra i canzonieri dei due trovatori biterresi.
Un altro elemento che a mio avviso potrebbe illuminarci ulteriormente sulle modalità di ordinamento all’interno del singolo corpus, può scorgersi nella presenza, esattamente nella posizione centrale dei canzonieri di JoEst e RmGauc, di altri due componimenti: JoEst, VI [BdT 266,4] Co ssi moria, ff. 329v/330r, datato in rubrica 1284 e qualificato come planch; RmGauc, VII [BdT 401,1] Ab grans trebalhs et ab grans marrimens, f. 333r, datato in rubrica 1270 e definito sirventes. Essi, pur concordando nella formula incipitaria caratteristica del planh, nel motivo del dolore generale della comunità cristiana per due fatti drammatici (una strage avvenuta nel giorno dell’Ascensione probabilmente a Béziers nel 1284 (63), e la morte di Luigi IX di Francia nel 1270 durante l’impresa dell’VIII crociata) e nelle invocazioni alla Vergine nella tornada:
JoEst
Verges Maria,
si quo venc en vos,
pregan lo·n pia
qu’els salve e nos.
RmGauc
Maires de Dieu, Verges emperairitz,
pus pres avetz aquelh que·ns era guitz,
al rei Felips donatz longamens vida
e gardatz lo de dan e de falhida.
non sono in realtà dei veri e propri planhs: quello di JoEst è un componimento a refranh, formalmente una retroencha, ed è collocato nel canzoniere esattamente dopo la I retroencha e secondo la giusta linea cronologica (64), mentre quello di RmGauc è un canto di incitamento alla crociata e trova posto nel gruppo dei sirventes (sebbene ci sia nella rubrica un’incongruenza nell’indicazione del numero progressivo), inserito, secondo l’ordine cronologico, dopo la canzone di crociata del 1268 (VI). Tutto ciò potrebbe, con ogni verosimiglianza, essere spia della consapevolezza del compilatore di C, o del suo antigrafo (al di là della presenza del motivo incipitario o della invocazione mariana conclusiva), della difformità di questi due testi rispetto ai planhs posti alla fine dei canzonieri dei due trovatori, difformità che avrebbe determinato la loro collocazione all’interno di generi (retroencha = planh = sirventes = canzone di crociata) che alla fine del XIII secolo dovevano sicuramente presentare confini fluidi e sovrapponibili.
LE RUBRICHE
L’organizzazione esterna delle rime di RmGauc, è affidata a queste brevi prose trascritte prima di ogni lirica che costituiscono la cornice cromatica e al tempo stesso l’intelaiatura del corpus, fornendoci notizie sulla data di composizione e il genere del componimento cui si riferiscono. Solo il codice C le trasmette perché R, prima del sirventese (IV), reca solo la rubrica attributiva (Raimon Gaucelm) mentre nessuna indicazione precede il partimen con Joan Miralhas (IX), tranne la definizione del genere: tenso (65). La loro analisi può far luce sui criteri che hanno presieduto alla disposizione interna delle poesie (66).
Ecco di seguito i testi delle rubriche che accompagnano le liriche di RmGauc così come appaiono nel codice C (oltre alla duplice testimonianza di IV) (67):
1] 1265, marzo]
Lo primier sirven/tes que fes R. Gaucelm de Be/zers en l’an m.cc.lxv. e mars (68)
C 332ra
A Dieu done m’arma de bon’amor
La rubrica è disposta sullo stesso rigo in cui termina il testo precedente, sopra la grande iniziale miniata raffigurante un grifone dal corpo giallo ocra maculato, con testa femminile con una fascia rossa a cingere i capelli arancio sul fondo marrone bruciato impunturato da un motivo a trifogli argentei, alla quale è affidato il compito di segnalare l’inizio delle canzoni di RmGauc.
Errata è la data 1 Marzo 1275, letta da Azaïs contro la testimonianza di C.
2] 1268]
Sirventes d’en R. Gaucelm/ l’an m.cc.lxviij.
C 332rb
Qui vol aver complida amistansa
3] 1270]
Lo/ ters sirventes d’en R.Gaucelm/ l’an m.cc.lxx.
C 332vb
Un sirventes, si pogues, volgra far
4] 1270]
Lo/ ters sirventes d’en R Gaucelm/ l’an m.cc.lxx.
C 333ra
Ab grans trebalhs et ab grans marrimens
La rubrica ripete la precedente; si tratta in realtà di un canto di incitamento alla crociata col motivo esordiale del planh per la morte di Luigi IX di Francia (25 agosto 1270).
5] So son coblas que fes R./Gaucelm q(ua)n fo mal<a>utes.
C 333va
Dieus m’a dada febre tersana dobla
6] So son .ij. co/blas que fes R. Gaucelm del/ senhor d’Uzest q(ue) avia nom aissi/ quon elh, R. Gaucelm.
C 333vb
Belh senher Dieus quora veirai mo fraire
7] Sirve(n)tes d’en R. Gaucelm.
C 333vb
R. Gaucelm.
R 60ra
A penas vau en loc qu’om/ no·m deman
Questa è l’unica rubrica che non riporta altro che l’indicazione del genere, mancando nel testo sia il numero d’ordine che l’indicazione dell’anno di composizione, come avviene per gli altri sirventes. Essa si trova scritta al rigo 40, l’ultimo del folio, e probabilmente il rubricatore (nel nostro codice, è il copista stesso ad assumere tale funzione, cambiando inchiostro) preoccupato della compattezza delle due colonne che dividono la pagina, ha lasciato che fosse la lettera miniata incipitaria del testo seguente, a cominciare il f. 334, e non il seguito della rubrica. Evidentemente non è stato sufficiente lo spazio provveduto in anticipo per l’inserzione del testo. Bisogna ricordare infatti che l’opera del rubricatore, rappresentando l’ultima fase di lavorazione della pagina, è fortemente condizionata dalle precedenti, ad esempio da quella del miniatore: in alcune rubriche che incorniciano le opere del nostro trovatore (nn. 2, 3 e 4) è possibile infatti notare come il rubricatore, proprio perché questa volta lo spazio glielo consentiva, andando a capo, cominci a metà circa del rigo successivo, evitando di scrivere sopra al fregio che orna la lettera iniziale del testo.
8] 1262]
Planch q(ue) fes R.Gaucelm en/ l’an q(ue) hom comtava m.cc.lxij/ p(er) un borzes de Bezers lo qual/ avia nom Gr’z. de Linhan.
C 334rb
Quascus planh lo sieu dampnatge
Il sintagma «que hom comtava» si ritrova anche in una rubrica di GrRiq (C 288va) relativa alla canzone Tant m’es plazens le mals d’amor [BdT 248,82]. Azaïs edita planh ne fes (p. 7), medesima lettura di Raynouard, Choix, V 375, rintracciabile anche nella trascrizione della rubrica riportata da Pillet-Carstens [BdT 401,8].
Il compito di segnalare l’ingresso del corpus delle poesie di RmGauc nella silloge, è affidato dunque ad una grande lettera iniziale miniata (69) e in questo ci si discosta dal libre di GrRiq, che in C è presentato da una rubrica iniziale con funzione di titolo, posta ad epigrafe della sua raccolta (70):
Aissi comensan lo cans d’en/ Guiraut Riquier de Narbona/ enaissi cum es de cansos e de/ verses e de pastorellas e de/ retroenchas e de descortz e d’al/bas e d’autras diversas obras/ enaissi adordenadamens cum/ era adordenat en lo sieu libre,/ del qual libre escrig per la sua/ man fon aissi tot translatat./ E ditz enaissi cu(m) de sus se (con)ten (71).
Elemento accomunante, non registrabile prima del canzoniere riquieriano, è invece la presenza di rubriche relative ad un singolo testo che forniscono dati di tempo e di luogo. Alcune di esse contengono anche supplementi d’informazione relativi all’occasione o al destinatario (n. 5: «quan fo malautes»; n.6: «del senhor d’Uzest que avia nom aissi quon elh»; n. 8: «per un borzes de Bezers lo qual avia nom Gr’z. de Linhan»), aggiunte compensatorie che forse suppliscono (nella n. 5 e n. 6) alla mancanza dell’indicazione della data. Nulla a che vedere certo con alcune rubriche discorsive che introducono i componimenti di GrRiq, come quella in cui si forniscono notizie relative a modalità metriche e musicali, in vista dell’esecuzione cantata del testo, e in cui si esalta la figura del poeta-compositore «on es sabers de trobar motz e sos» (Declaratio, vv. 246-247), con cui Guiraut ama presentarsi (72).
Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei testi, degna di nota è la numerazione progressiva per ciascun genere e sottogenere, cui in C, nel libre riquieriano, è «affidata un’importante funzione ordinatrice ed insieme distintiva» (Bertolucci, p. 244); essa è espressa nel rubricario di RmGauc solo in riferimento ai sirventes (rubriche n. 1 Lo primier sirventes e n. 3 Lo ters sirventes) ma non in maniera sistematica: la numerazione del secondo infatti resta implicita, anche se la progressione è egualmente deducibile; la rubrica n. 4 poi è una ripetizione della precedente (Lo ters sirventes) e la rubrica n. 7, che accompagna l’unico sirventese tràdito anche da R, non solo non lo numera ma lo pone tra le coblas e il planh isolandolo dal gruppetto più compatto.
Maggioritaria risulta quindi la presenza di rubriche che cominciano con la sola definizione del genere, senza alcun numero d’ordine (comprese naturalmente quelle rappresentanti un solo esemplare), cioè le rubriche nn. 2 e 7 (sirventes), nn. 5 e 6 (coblas) e n. 8 (planch). Alcune di esse mostrano una maggiore cura nell’esecuzione, per esempio utilizzando il nesso «que fes» (rubr. nn. 1, 5, 6, 8) oppure la particella onorevole «d’en» prima del nome proprio (rubr. nn. 2, 3, 4, 7); degna di nota è anche la presenza del nesso «so son» + indicazione del genere nelle rubriche nn. 5 e 6, marca iniziale presente anche in alcune rubriche afferenti alle poesie didattiche di GrRiq (nn. 70, 80, 85, 86 dell’edizione Bertolucci) ma anche nelle brevi scrizioni poste a cappello delle due tavole incipitarie di C:
I tavola
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So son los comensamens de las chansons e primeiramen den Folquet de Marcelha
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II tavola
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Ayssi son los comensamens de las chansos de tot aquest libre ordenadas per a.b.c.
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L’indicazione dell’anno di composizione con il sintagma «en l’an» (rubriche nn. 1 e 8) o «l’an» (rubriche nn. 2, 3, 4), è posta costantemente in sede finale e in ordine progressivo per i sirventes (1265-1268-1270, tranne che per quello accompagnato dalla rubrica n. 7, che non riporta né numerazione progressiva né data) e prima del destinatario nel planh (1262, rubr. n. 8). Unica ulteriore precisazione cronologica riguarda il mese, che si registra solo nella prima rubrica (e mars). Esile in questo caso è l’influenza del rubricario di GrRiq, in cui frequenti sono le notazioni del mese (27 casi in C, 12 in R) e, un po’ più rare, quelle del giorno (6 casi in C, 3 in R) (73).
L’ordinamento cronologico non è tuttavia quello dominante per la disposizione dei testi, ma ad esso si sovrappone, per così dire, l’organizzazione delle rubriche in base al genere, o al sottogenere, cui appartiene il testo che esse accompagnano (74). Non viene così osservata una progressione assoluta nel tempo (75) ma si procede per sezioni: dal 1270, data dell’ultimo sirventes, la cronologia retrocede al 1262, data del planh per Guiraut de Linhan. Inoltre la linea temporale è appena accennata all’interno dei sottogeneri, raggruppati con un criterio non immediatamente riconoscibile:
1
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Lo primier sirventes que fes R. Gaucelm
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I
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2
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Sirventes d’en R. Gaucelm
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VI
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3
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Lo ters sirventes d’en R. Gaucelm
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III
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4
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Lo ters sirventes d’en R. Gaucelm
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VII
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5
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So son coblas que fes R. Gaucelm
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II
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6
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So son ij. coblas que fes R. Gaucelm
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VIII
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7
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Sirventes d’en R. Gaucelm
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IV
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8
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Planch que fes R. Gaucelm
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V
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Nella rubrica n. 4, oltre al disordine creato dalla ripetizione del numero, emerge la confusione terminologica, che qualifica come sirventes quella che in realtà è una canzone di crociata (VII) che esordisce però come un planh... Questo stato di cose rispecchia emblematicamente quale cedevolezza esistesse alla fine del XIII secolo nei confini tra generi, non tanto tra canso de croada e sirventes, poiché il carattere etico, politico e religioso dell’una rientra senza difficoltà nell’ambito dell’altro, e neppure tra canto di pentimento (I, II) e sirventes poiché le riflessioni morali individuali vengono ad assumere valenza universale, quanto piuttosto tra planh e sirventese, le cui funzioni e contenuto vengono progressivamente attratti dal campo di interessi dell’altro (76).
Ciò nonostante, nella piccola rete di rubriche di RmGauc la qualificazione sirventes è ancora prioritaria e conglobante, mentre nel maggior complesso riquieriano il termine è estromesso dal libre, e sarà il vers, sostituendolo, ad acquisirne tutte le prerogative: adeguando a sé il planh, allargando il suo raggio d’azione alla tematica moralistica e religiosa, fino allo svolgimento di contenuti amorosi (77). Il sirventese viene invece assimilato ad altri generi minori (coblas, dansas, albas) e non è menzionato da GrRiq quando prescrive i generi che devono essere praticati dai doctors de trobar (78), dai quei trovatori cioè
que sabon essenhar
com se deu capdelar
cortz e faitz cabalos
en vers et en cansos
et en autres dictatz (Declaratio, vv. 297-300)
Tale situazione potrebbe forse spiegare la posizione apparentemente isolata, dopo le coblas, del sirventese introdotto dalla rubrica n. 7: si tratta di un componimento a carattere didattico morale (IV), ma vi traspare, nemmeno troppo velatamente, la volontà del poeta di risultare gradito a Raimon Gaucelm de Sabran, al quale rivolge lodi sperticate proprio nella breve composizione (VIII) che nel manoscrino precede immediatamente il sirventes. Allo stesso modo, le coblas introdotte dalla rubrica n. 5 (II), hanno certamente il tono sermocinante e moralistico, proprio di questo genere nel XIII secolo, ma sono innanzitutto un canto di pentimento che si collega strettamente, attraverso motivi e legami lessicali, soprattutto nella prima strofa, all’”atto di contrizione” che dà l’avvio al corpus (I). È assai probabile che la denominazione diversa posta in rubrica (coblas per sirventes) non corrisponda in realtà ad un nuovo raggruppamento per sottogenere, ma sia stata indotta dalla presenza martellante del mot tornat cobla al 3º verso di ogni strofa. La forte suggestione proveniente dal testo è ulteriormente avvalorata dall’esplicazione «quan fo malautes» chiaramente dedotta dall’incipit: «Dieus m’a dada febre tersana dobla».
Resta quindi da considerare il valore di queste testimonianze. Esse ci sono innegabilmente utili per i riferimenti cronologici che ci forniscono: la data di composizione dei primi tre sirventes, quella del planh per Guiraut de Linhan, borghese di Béziers, e quella del canto di crociata al momento della morte di San Luigi, data che poteva peraltro essere facilmente desunta dal contesto; anche la presenza di due suoi probabili protettori, tra cui figura anche un borghese, segno del mutato clima economico-sociale, assume valore significativo per un tentativo di ricostruzione biografica. Ma è evidente che tutto ciò non va oltre il rapporto immediato che lega ciascun testo alla sua rubrica, in modo del tutto esteriore, senza coinvolgere la poetica dell’autore: una cornice di notizie preziose per informare il destinatario, entro la quale si dispone, acquisendo unitarietà, il piccolo corpus delle poesie di RmGauc.
Infine, rimane aperta la questione se le informazioni fornite dalle rubriche e l’ordinamento dei testi risalgano allo stesso trovatore (magari presenti sotto forma di minuti commenti accanto alle canzoni) oppure ad amici o estimatori che abbiano voluto raccogliere in due piccoli libri le poesie di RmGauc e JoEst. Il libre del trovatore narbonese infatti, può essere stato assunto come modello sia dai due poeti di Béziers a lui contemporanei (l’attività di GrRiq è infatti attestata a partire dal 1254, data della prima canzone, fino al 1292, data dell’ultimo vers), sia dal compilatore di C che lo utilizza come fonte diretta e autografa (79). Nessun dato certo ci autorizza tuttavia a propendere per l’una o l’altra ipotesi. (↑)
III. LA LINGUA
Pur rimanendo valida la constatazione che «i prodotti letterari del medioevo sono in genere caratterizzati da un certo ibridismo, da elementi fonetici, morfologici e sintattici indubbiamente convenzionali e artificiosi, [...] sottostando al disegno degli autori di imporsi in una koiné culturale e in un ambito linguistico quanto più possibile vasto e sovraregionale» (80), osservazione evidentemente ancor più veritiera per un trovatore dell’ultima generazione, ho ritenuto egualmente opportuno procedere ad una seppur sommaria analisi dei dati linguistici offerti dalle liriche di RmGauc, per presentare i tratti più marcati del fondo dialettale cui appartiene la sua lingua.
I MANOSCRITTI
In via preliminare, tuttavia, mi è parso altresì importante, offrire i dati di un’indagine grafico-linguistica ristretta alla porzione dedicata da C ed R alle poesie di RmGauc. Sarà in seguito possibile confrontarne le risultanze con le conclusioni cui sono giunti gli studiosi in merito alla datazione e localizzazione dei due canzonieri (81).
Il manoscritto C
Dalle più recenti analisi l’immagine grafica del canzoniere risulta piuttosto eterogenea. La ragione è da individuare nell’attitudine del copista il quale, se da una parte tende ad uniformare al proprio sistema linguistico la grafia del testo delle due tavole incipitarie, dall’altra, si mostra rispettoso, quasi passivo, nei confronti dell’immagine grafica del suo modello, lasciando affiorare la scripta composite del canzoniere (82). È ormai risaputo invece, e da tempo opinione comune agli studiosi, come lo stesso deferente atteggiamento non si riscontri nei riguardi del testo poetico dei trovatori, sul quale questo «amateur éclairé qui nous a laissé ce manuscrit hypercorrect» (83), non ha esitato ad intervenire di fronte ai luoghi corrotti e alle lezioni imperfette o poco chiare, dando luogo a delle versioni che István Frank definisce «de sa préférence, coulantes, faciles, modernisées» (84).
I tratti grafematici e fonetici della scripta di C presenti nella sezione dedicata a RmGauc, sono:
a) la dittongazione di e breve tonica (primaria e secondaria) in ie specialmente nel gruppo eu e a contatto di un elemento palatale:
calliey III 33, diey VIII 14, Dieu I 1; II 19, 26; IV 20; V 21; VII 41, Dieus I 29; II 1, 9, 29, 33; V 5; VI 9, 26, 41; VII 7; VIII 1, grieu (85) IV 36, ieu II 2; III 41; IV 3, 7, 8; V 3, 11; VI 21, 22, 23, 43; VIII 19, lieys I 42, mielhs III 33; VI 15; VII 12, 28, mieu I 9; IV 16, 42; V 4; VI 27, mieus VI 31, parliey III 34, profiegz III 44, sieu V 1; VI 3; VII 6, siey V 41, sufieira II 8, yest II 30
b) il passaggio di o breve tonica a ue, specialmente sotto l’influsso di un fonema palatale seguente (86):
hueymais VII 2, pueys III 38; VII 36, vuelh III 9; VIII 19, vuelha IV 7, fuec II 31 ma foc IV 38
c) il trattamento della occlusiva velare sorda c seguita da a: in C la conservazione dell’occlusiva in posizione iniziale o intervocalica sembra prevalere sulla palatalizzazione:
calliey III 33, cami IV 41, car(a), car I 41, caritatz IV 23, planca IV 24, prezicar VII 28
ma nel confronto tra gli incipit del canzoniere e quelli delle due tavole, successive, è stato osservato un processo di sostituzione in favore della forma palatalizzata che sembrerebbe la preferita dal copista. Tuttavia, mentre non c’è dubbio per quanto riguarda la sonora (87), l’interpretazione grafica della sorda è incerta, perché è difficile valutare che suono rappresentasse realmente la grafia ch per il copista del canzoniere C, per esempio in esiti come dechazensa (II 30r); mentre sono senz’altro riconducibili alla tradizione letteraria trobadorica, e quindi ormai codificate, forme come chantan (IV 39) e joi (IV 9) (88).
d) l’inclinazione ad adottare in fine di parola -g, segno dell’affricata mediopalatale sorda, come risultato dei gruppi latini ct, g’d, g’t, dį:
aug I 28; IV 5, 16; VIII 3, 11, digz III 4, fag I 5, 30; IV 2; VI 41, frugz II 38, profiegz III 44
il medesimo esito si trova in tug V 45, frutto della palatalizzazione della t finale provocata dalla i del plurale
ma non mancano esempi di -ch per indicare il prodotto di -ct finale:
drech IV 41, fach I 22; III 26, 41, planch rubr. V, trach VII 7
L’evoluzione del nesso -ct- dà esito -ch- anche davanti ad a, per effetto della palatalizzazione della t:
dechatz II 20r, proficharia III 22r
Nonostante l’univoca attestazione per la sezione dedicata a RmGauc, il trattamento di -ct- (e delle sequenze c’t, g’t, g’d) offre in C la medesima alternanza di forme in [yt] e [tš] che si trova negli altri codici linguadociani. Tuttavia confrontando gli incipit del canzoniere con quelli delle due tavole si è constatata la tendenza del copista a sostituire [tš] al prodotto [yt] (89).
e) La notazione di l palatale è rappresentata dalle grafie ll/l e più spesso da lh:
falhi II 36, falhis III 29, falhensa II 6r, falhida VII 44r; falhimen III 27r, (90) melhor V 43, melhors V 7, mielhs III 33; VI 15; VII 12, 28, nulh IV 12, 32, nulhs VII 30 (91), trebalhs VII 1, vuelh III 9; VIII 19, vuelha IV 7, fallensa II 29r, fallida VII 15r, fallimen I 14r; II 16r, melluirar III 43, nulla II 22, vall(a) VI 44
La palatalizzazione di -ll-, intervocalica o finale, costituice certamente la caratteristica linguistica più marcata del canzoniere C; l’evoluzione è segnalata dalla medesima alternanza di grafie, ma in posizione finale -ll non appare e -lh si trova a fianco di -l. Oltre alla rima di IV in -elh (cfr. infra), si noti:
aquelhs IV 17; VI 14; VII 42; etc., belh I 22, 34; IV 4 etc., elh I 31; II 2; III 20, 28; V 32 etc., elha V 48; folhia III 29, ma folia V 5r, folhor I 25r, folhs II 25, selh II 27; III 29 etc.; tolh III 13, ylh VI 48; VII 38, callar III 36r, calliey III 33, piusellatge I 41, aquel IV 40; VI 33, bel I 15; II 33, el I 14; II 14; III 19 etc., sels V 8
f) La vocalizzazione di l, soprattutto davanti a dentale, è regolarmente notata dal copista:
aussor V 22r, autre VI 22, 23, autres VI 8, 28, 30, 34 ma altres VI 35, descaus VI 16, doussor I 33r, feunia V 41r, maudia V 5r, mout II 25; IV 27; VII 27, soutz VI 21
dopo o tuttavia l si può mantenere (foldatz II 18r) o può scomparire del tutto (mot II 26; III 12)
g) L’esito grafico dominante per la palatalizzazione della n è -nh:
alunhar III 14, denhesson VII 34, estranh IV 36, gazanhey IV 12, Linha V 26, lunh I 7, 22; II 16; III 26; V 38; VII 40, lunhs VII 10, lunha I 26, meynhs IV 40; V 8, planh V 1; sanh V 49, sanhs V 49, senher II 33; VIII 1; tanh III 28
davanti a consonante tuttavia, il copista si serve anche della grafia -n «qui semble mieux refléter la prononciation réelle» (Zufferey, § 25, p. 147):
luns IV 21, san, sans, sant IV 34; V 27, 45; sancta V 46
h) Nel trattamento di n instabile, C non differisce dagli altri manoscritti: c’è infatti la medesima alternanza tra le forme con o senza n indipendentemente dal contesto fonico. Dalla comparazione degli incipit si evince però che il copista doveva appartenere alla zona di n caduca, poiché ha la tendenza a sopprimere nelle tavole le n in quelle forme che le presentavano nel canzoniere (92).
Di seguito sono riportate le principali oscillazioni riscontrabili nella sezione dedicata da C a RmGauc:
be I 37; VI 7, 13; VIII 3 = ben I 33; III 3; VI 26; VII 10, bo III 14; V 4 = bon I 1, 2; IV 3, 4; VIII 2, 13, 16, do (<donar) II 5; VI 43 = don IV 8, fi II 7 = fin I 6; VIII 9, fo VI 5, 12 = fon VI 6, 10, 37, Linha V 26 = Linhan rubr. IV, mo (<meum) VIII 1 = mon VIII 9, negu III 42 = negun I 25, IV 26 etc., perdo II 4 = perdon VII 19; so (<sunt) V 20; VI 13, 14; VII 38 = son VI 17, so (<suum) IV 34, VIII 20 = son I 8, 15; IV 28; V 10, 30; VIII 15, 16
i) L’assibilazione della c innanzi a e, i nei pronomi, è sempre indicata con s:
selh II 27; III 29; VII 3, selhs I 11, 30; IV 18; V 30; VII 14, 26, sels V 8, so I 5; III 10, 28, 35, 37; VI 29; VII 11
l) La sibilante sorda intervocalica è resa unicamente con -ss. All’interno di un’unità grafica poi, una -s- iniziale di parola può raddoppiarsi, in special modo quando sia preceduta o seguita da un monosillabo:
asso IV 26; V 13, quossai III 8
m) La sibilante sonora inrervocalica latina è rappresentata da z:
cortezia III 30r; V 24, dezire VI 18r, escruzansa VI 25r, gleiza VII 23, Ihezu II 13, 28, 40; V 42; VI 2, 36; VII 5, pezan I 26r; IV 25r, prezen III 10r
così anche gli esiti di ti˰, d, c+e, i intervocalici:
acluzon IV 28, auzelh IV 28r, azautz III 4, auzira II 37, Bezers rubr. I e IV, crozar VII 30, fezem I 25, gazanhatge I 37r, grazire VI 35r, guazanhey IV 12, lauzor IV 19, mazelh IV 36r, mezelh IV 18r, prezicar VII 28, razos VI 40, Uzest rubr. VIII
Decisamente meno rappresentata è la grafia s:
lansa VI 12r, piusellatge I 41r
n) Generalizzato è l’impiego della z al posto della s flessionale dopo t o g per indicare l’affricata dentale sorda; ma in fine di linea, quando lo spazio manca, il copista riduce il volume grafico della parola notando solo -z (93).
o) Per indicare il nesso occlusiva + fricativa, il copista impiega c+x al posto della s flessionale:
amicx VI 45, flacx VII 29, francx II 40; IV 22, Francx VII 21, prezicx VII 30, ricx III 31, Turcx VII 6, 35
Degne di segnalazione sono alcune caratteristiche paleografiche quali:
- la legatura æ: è il caso in cui la a finale viene in contatto con la e iniziale della parola seguente: «pour marquer l’élision, le copiste de C [...] soude le deux mots en notant le a et le e par le seul signe d’æ, liés» (94):
deuriræsser III 39, vallæn totas res VI 44
- il copista, quando lo spazio gli viene a mancare in fine di linea, ricorre dopo liquida all’abbreviazione 3 per m:
Gaucel3 rubr. III, rubr. VII
- a volte, per aumentare il volume grafico della parola, nella resa del fonema [i] si trova j, di preferenza in finale, nelle parole corte o a fianco di lettere con gambe multiple la cui vicinanza potrebbe creare confusione:
camj IV 41, mj IV 5; VI 32, preguj I 9, quj VII 4, tenj II 43
ma sembra che lo scriba non abbia una regola fissa e che la divisione delle grafie non sia rigorosa.
- solitamente il copista rappresenta [i] con i quando è primo elemento del dittongo o trittongo e con y quando è l’ultimo:
ay III 7; IV 8, 9, Aymeric VI 46, conoyssensa II 21r, diey VI 14, cuy V 16, ioy IV 9, luy I 26, malvays II 20, nays II 37, noyritz VII 38r, pays VII 6, rey I 33; II 40; VI 21; VII 43, veyrem VII 2, veyrai V 10
a volte però, in iniziale assoluta, impiega il segno y per evitare confusione con i indicante l’affricata palatale sonora:
yeu II 2; III 41; IV 3, 11; VI 21, 43; VIII 19; yest II 30
- Quanto alla resa grafica della congiunzione copulativa e, la distinzione tra la posizione davanti vocale e davanti consonante o h, è rigorosamente rispettata dal copista, che usa l’abbreviazione «7» nel primo caso ed «e» nel secondo. Vi sono però esempi in cui la congiunzione si trova tra due parole di cui la prima finisce e la seconda inizia per vocale: la resa grafica in questo caso è ez (in RmGauc è attestata solo la forma del relativo quez). Monfrin ha così commentato il fenomeno: «Faut-il généraliser et transcrire partout 7 par ez? Il est, en tout cas, vraisemblable que cette graphie correspond à une prononciation réelle» (95).
È ormai accertata la provenienza narbonese del copista già proposta dal Brunel (96) e confermata in seguito dal Monfrin (97). Ma occorre aggiungere un’ulteriore precisazione sulla fisionomia linguistica del codice, avanzata da Zufferey, il quale mette in risalto le frequenti affinità emerse tra C e i mss. catalani V e Z le quali proverebbero che la «scripta du manuscrit C s’inscrit visiblement dans une zone d’influence catalane» (98). Il tratto più caratteristico di questa composante catalane è la palatalizzazione di -ll- intervocalica o venuta a trovarsi in posizione finale, informe quali apelh (IV 26r), folhor (I 25r), novelh (IV 2r), che attualmente caratterizza le parlate della Linguadoca vicine al dominio linguistico catalano (99), ma che in epoca medievale è attestato per un’area più estesa (100), anche se, a parte qualche traccia nella Linguadoca orientale e in Provenza, che si può spiegare come conseguenza dell’influenza catalana dovuta all’occupazione aragonese, la palatalizzazione di -ll- «ne devait guère déborder le Carcassès et le Narbonnais» (101). Tuttavia, la presenza di questo tratto dialettale, più che essere ammessa con valore d’indicazione d’origine geografica (102), è assunta essenzialmente come ulteriore indizio di irregolarità e incoerenza dell’immagine grafica di C: in tal modo Zufferey mette in guardia contro «la faveur injustifiée» di cui questo manoscritto gode presso gli editori di testi provenzali, attenuando l’approvazione generale sulla purezza del suo sistema grafico (103).
Il manoscritto R
Molti degli elementi linguistici propri di C si ritrovano in R, e i tratti di diversificazione sono solo marginali (104) poiché essi condividono il medesimo ambiente geografico e culturale, orientato verso Tolosa e caratterizzato da una sicura uniformità fonetica e grafica (105).
Per quanto esile sia la testimonianza che R dà al canzoniere di RmGauc (si riduce, come si diceva, al sirventese (IV), trasmesso anche da C, e al partimen (IX), unicum di R), vi sono tuttavia forme che meritano di essere segnalate tra quelle che costituiscono la scripta impiegata dall’amanuense del canzoniere d’Urfé:
a) Come in C, si assiste alla dittongazione di e breve tonica in ie sotto l’influsso di un fonema palatale o se seguita da u, ma sono attestate anche forme senza dittongo:
greu IV 36, leys IX 37, meu IV 16
b) La dittongazione condizionata di o breve ha più sovente la forma ue ma si incontra anche uo:
cruol IX 19, fuoc IV 38 ma foc IX 20, pueys IX 17, vuelh IX 10, vuelha IV 7; IX 22
c) Uno dei tratti linguistici dominanti del canzoniere R è l’evoluzione iu > ieu, cioè l’inserzione di una e “transitoria” in ambito tonico e non. Nel partimen il fenomeno è attestato una volta:
si·eus IX 16
d) Evoluzione di o lunga ed u breve latine ad u davanti a labiale e laterale in:
cuberta IX 37, culveta IX 5r
e) Prevalente è la conservazione del valore di ocelusiva velare della c dinnanzi ad a:
bocca IX 40, cal (<calet) IX 32, calfa IX 19, cap IX 3, car IX 29, carreta IX 31r, 37r, 53r, carrïato IX 44r, carrïol IX 43r, cavalgues IX 16, cavalh IX 38, cazetz IX 53, trenca IX 50
Uniche eccezioni: auchol IX 33r, ochayzo IX 52r
f) Caratteristico è l’uso generalizzato di c per qu in:
cal IX 2, 44, cant IV 5, 44, car IV 4, 10, 15 etc., IX 21, 35, cart IV 13, cascus IV 30, 31, co IX 42
mai davanti a e, i:
aquel IV 17, 40, aquest IV 5, aquetz IV 33, aquesta IX 2, que IV 6, 14, 17 etc., ques IV 42, qui IV 19
g) In finale, l’affricata dentale sorda [ts] è abitualmente resa con -tz ma in IX è attestata spesso anche la semplificazione in -s; l’oscillazione è evidente nelle 2ª ps.pl. dei verbi:
anaretz 43, avetz 18, 56, cazetz 53, daretz 50, devetz 8, dïatz 6, 42, levetz 37 = anes 30, cavalgues 16, portes 5, 41, rodolas 27, sembles 15
h) Frequente è l’assibilazione della c davanti ad e, i:
arso IX 38r, dis IV 17, Gauselm IV 42; IX 9, 26, panseta IX 55r, sembel IV 10r, sim IX 38
i) In posizione intervocalica la sibilante sorda è resa con -ss - più che -s-:
bodoysso IX 28r, faisso IX 25r, 48r, feysseneta IX 15r, ussol IX 28
accanto a: creysera IX 51, faiso IX 22r, laisa IX 20
l) Per indicare [d], oltre le due grafie possibili d/z, il copista di R ha la tendenza ad impiegare in posizione intervocalica anche il digramma dz, in sintagmi comprendenti la preposizione ad o in verbi con il prefisso ad- come è attestato in adzempratz IX 41 (cfr. nota).
Il segno grafico, che si ritrova in testi che provengono dal Tolosano o dalla regione di Foix, non serve a rappresentare un’affricata sonora (106), ma una grafia di compromesso tra l’occlusiva dentale e [z]. Infatti il prefisso o la preposizione ad, segmenti atoni, restano intatti quando sono valutati come autonomi, mentre l’occlusiva si spirantizza se sono considerati indissociabili.
m) La palatalizzazione di -ll-, nelle due rime di RmGauc, è rappresentata graficamente nella maggior parte dei casi da -l-, ma il fenomeno, che riveste meno importanza che nel canzoniere C, si limita per lo più alla geminata in posizione finale:
nelle rime -el di IV (cfr. infra) e in: aquel IV 17, 40, bel IX 20, 45, els IV 37, sel IX 19, sels IV 18, unica eccezione: cavalh IX 38
Intervocalico, -ll- per lo più si semplifica:
balar IX 18, bela IX 45, ela IX 30, talo IX 36r
Negli altri casi in cui è prevista la palatizzazione di l, la grafia dominante è -lh.
n) La palatalizzazione di n è il più delle volte indicata con -nh, ma è anche attestata la grafia n:
mens IV 40; IX 13, planc IV 15, san IV 34
o) La geminata -rr- è regolarmeme marcata:
barreta IX 47r, 49r, carreta IX 31r, 37r, 53r, carrïato IX 44r, carrïol IX 43r, terriers IV 29.
p) Si noti l’oscillazione nella sonorizzazione del nesso pr: paubre IV 26, 35 ma paupre IV 32.
L’analisi appena conclusa risulta decisamente poco rappresentativa della veste grafico-linguistica del canzoniere R, per l’esiguità delle testimonianze dell’opera di RmGauc. In particolare, risulta priva di quei tratti dialettali la cui ricchezza ha permesso a Zufferey di affermare che il canzoniere R fu esemplato nel Tolosano (107) nel primo quarto del XIV secolo (108), arrivando in questo modo a precisare la localizzazione proposta dal Brunel (109), e suggerendone una diversa da quella del canzoniere “gemello” C, esemplato nella regione di Narbona-Béziers (110). All’interno del dominio linguistico della Linguadoca occidentale sono state individuate infatti forme «plus spécifiques d’une zone triangulaire dont Toulouse, Carcassonne et Foix constituent les sommets» (111), ma un tratto di estensione più vasta come la riduzione di [i˰z], proveniente da -si˰-, a yod (in forme come maio, preio, preyona) (112) e la presenza dei perfetti in -ec (in forme come estec, rendec, amec) (113), hanno permesso di circoscrivere ulteriormente questa zona restringendola alla regione di Tolosa (114). Un’ulteriore specificazione rivela che nella scripta, «plus ou moins uniforme d’un bout à l’autre» del canzoniere, è presente una «légère composante gasconne» basata su due fenomeni che vantano rispettivamente due e una sola occorrenza (115).
Sull’utilizzo di più esemplari (fonti eccellenti, come dimostra il grande numero di unica che contiene) da parte del compilatore di R, rimando alle importanti considerazioni espresse in proposito da Zufferey (116).
LA LINGUA DI RAIMON GAUCELM
Sul piano linguistico quindi, i due manoscritti che ci hanno trasmesso le liriche di RmGauc, malgrado alcuni elementi differenti, sono caratterizzati da una complessiva affinità di tratti fonetici e grafematici. Questo li riconduce ad un comune sistema linguistico e all’area dell’Occitania centro-meridionale, comprendente tutto il Rouergue, il basso Quercy, l’Albigeois e alcune zone marginali del Limosino meridionale e della Linguadoca Marittima.
Proprio perché il lasso di tempo che intercorre tra il canzoniere di RmGauc, la cui data di composizione è certificata dalle rubriche (1262-1270), ma che potrebbe essere ampliato, lo si è visto, almeno fino al 1279, e il periodo di confezione dei due manoscritti che l’hanno tramandato (primo quarto del XIV secolo), è relativamente breve (117), caratterizzare la lingua del trovatore con sufficiente precisione non è agevole, perché possono essersi prodotte delle miscidazioni tra il sistema linguistico del copista (naturalmente penso soprattutto a quello di C) e quello del trovatore difficilmente dipanabili, oltre alla considerazione che le esigenze di rima e di ritmo, l’influenza di modelli espressivi di maggior prestigio, quindi esemplari, la formazione culturale, il desiderio di diffusione della propria opera, possono aver modificato l’originario sistema linguistico dell’autore.
Si può dire pertanto che la lingua di RmGauc non si distacca nel complesso dalle caratteristiche medie del provenzale letterario della seconda metà del XIII secolo. Emergono però i tratti tipici della Linguadoca occidentale e in particolare della regione di Narbona-Béziers, per cui le note di descrizione linguistica che seguiranno, sono dedicate a quelle forme in rima delle poesie di RmGauc che riflettono con maggior puntualità i fenomeni fonetici caratteristici di quest’area. Le forme rientranti nella norma della tradizione letteraria provenzale non sono prese in esame, mentre sono segnalati fenomeni particolarmente interessanti dal punto di vista fonetico o morfologico la cui autenticità e originarietà non è però garantita dalla posizione in rima. I casi maggiormente degni di nota dal punto di vista sintattico saranno trattati nelle note ai versi corrispondenti.
FONETICA
Vocalismo
Nell’Occitania medievale la vocale o tonica aperta non dittonga e continua come o di timbro aperto solo ad ovest d’una linea longitudinale che passa all’incirca per Narbona, mentre ad est sono d’uso corrente le forme dittongate. L’esito è confermato dalla serie:
IX (R) 1 dol : 3 sol : 9 vol : 11 col : 17 flaütol : 19 cruol : 25 mojol : 27 sol : 33 auchol : 35 vol : 41 filhol : 43 carrïol
Così accade anche alla e tonica aperta, che nel XII e XIII secolo si conserva esclusivamente nei dialetti del sud-ovest della Francia (cfr. la rima -elh di IV).
La e tonica chiusa seguita da nasale coperta, ha grafia -en. L’unica segnalazione riguarda l’esito settentrionale talan/talans (I 2; III 8; IV 3; VI 38) (118) che prevale sull’unica attestazione di talen (VIII 13). Ma questa polimorfia, che permette di servirsi, a seconda delle esigenze di rima, di forme equivalenti, può certamente considerarsi un fenomeno tipico della lingua letteraria dei trovatori, e quindi tradizionale.
Consonantismo
Gli esiti del nesso latino ca costituiscono uno dei tratti maggiormente significativi all’interno dell’area linguistica occitanica perché valgono a distinguere la zona settentrionale, che palatalizza ca, da quella meridionale (Provenza, Linguadoca, Guascogna) che ne mantiene il suono velare.
La presenza di forme con il mantenimento del valore di occlusiva velare alla c davanti ad a, all’inizio e all’interno di alcune parole-rima del canzoniere di RmGauc,
acabar III 9; caitivatge I 31; callar III 36; capdelh IV 20; captenemen I 30; carnatge I 23; carreta IX 31; carrïato IX 44; carrïol IX 43; castelh IV 12; peccatz II 4; prezicar VII 18
e, per il nesso -ct-, la presenza di forme in rima come dechatz II 20 e proficharia III 22, dimostrano l’appartenenza del trovatore all’area fonetica cauza/facha individuata nella Provenza e nel Languedoc. L’attestazione di forme che in rima presentano l’esito palatale appare decisamente irrilevante:
chantans VI 46, dechazensa 30, ochaizo IX 52 (119).
Analogo è il caso della sonora g di cui si riportano qui alcune alternanze:
gaire VIII 4; galïador I 12; garnitz VII 13; gazanhatge I 37; guandida VII 40; foguairo IX 20
di contro a: jauzimen III 19; soplejans III 23.
La caduta della -n mobile è fenomeno che interessa i dialetti occitanici della sezione occidentale e i testi redatti ad ovest del dipartimento dell’Hérault, in cui si trova Béziers. Il tratto è attestato nella serie rimica in -o:
IX (R) 2 partizo : 4 mento : 6 falhizo : 8 tenso : 10 razo : 12 pro : 14 guinho : 16 bo : 18 razo : 20 foguairo : 22 faisso : 24 so : 26 bo : 28 bodoisso : 30 rando : 32 espero : 34 boto : 36 talo : 38 arso : 40 pro : 42 co : 44 carrïato : 46 so : 48 faisso : 50 mento : 52 ochaizo : 54 companho : 56 pro
In questi casi la o tonica chiusa proviene indistintamente da o breve o lunga, dato l’effetto di chiusura prodotto dalla nasale nei confronti della vocale, di cui vi è traccia nel Sud-Ovest della Francia (120).
La nasale si dilegua davanti a s nelle forme provenienti dal suffisso latino ē(n)sem:
IV (C) 6 sirventes : 13 clarmontes : 14 tornes : 29 borzes : 30 mes : 41 pales
dove si potrebbe però pensare anche ad un semplice fenomeno di assimilazione.
Nessuna differenza si riscontra in rima tra -an risultato dello scempiamento della nasale geminata e -an proveniente da a+nd, nt:
V (C) 7 menan : 9 dan : 16 remembran : 18 denan : 25 prezan : 27 Johan : 34 boban : 36 tan : 43 an : 45 van : 47 gran : 49 Fulcran
Un tratto che rende ancor più circoscritta la zona alla quale è da riportare l’ambiente linguistico del trovatore, è la palatalizzazione di -ll intervocalica o uscente in finale, che si riscontra nelle parlate moderne, a ovest, nelle alte valli dell’Aude e dell’Ariège, nella regione di Sault, nel Donezan e Capcir e, più a est, fino a sud del Narbonese, dove il fenomeno è però limitato a certi dialetti o a certe parole (121). Nel XIII e XIV secolo, l’esito palatale è attestato anche a nord del dipartimento dell’Ariège, a Carcassona e Narbona (122).
Nel canzoniere di RmGauc, la palatalizzazione di -ll finale è resa con il digramma -lh della rima -elh nella lirica IV (=C, -l R):
IV 2 novelh : 4 belh : 10 sembelh : 12 castelh : 18 mezel[h] : 20 capdelh : 26 apelh : 28 auzelh : 34 mantelh : 36 mazelh
mentre -l finale dà l’esito senza palatalizzazione, confermato dalla serie rimica -ol di IX (R):
IX 1 dol : 3 sol : 9 vol : 11 col : 17 flaütol : 19 cruol : 25 mojol : 33 auchol : 41 filhol : 43 carrïol
L’esame dei pur esigui tratti fonetici peculiari del canzoniere di RmGauc consente di condurci alle medesime conclusioni raggiunte attraverso le indicazioni fornite dalle poesie circa il campo della sua attività e dei suoi interessi: Béziers, Narbona, Uzès.
La conferma, peraltro scontata, che il trovatore operasse in quest’area, giusta l’indicazione topografica delle rubriche, trova poi un punto d’appoggio proprio nel maggiore testimone della tradizione manoscritta (la cui confezione è localizzata, come si sa, nella regione di Narbona circa un terzo di secolo dopo le composizioni del nostro trovatore): è coerente infatti credere che anche RmGauc abbia condotto la sua vita e la sua attività nella stessa regione in cui visse e operò la maggior parte degli altri trovatori inclusi nel canzoniere C.
MORFOLOGIA
Morfologia nominale
Nel canzoniere di RmGauc, gli schemi della declinazione bicasuale sono generalmente rispettati in rima (unica eccezione: II 40). Tuttavia, all’interno del verso, si danno esempi in cui la -s pare segnalare il numero anziché il caso, per cui accade di incontrare la forma asigmatica per il singolare e quella sigmatica per il plurale. Le osservazioni attinenti a queste incertezze flessionali saranno discusse nelle note ai singoli versi (I 13, 18, 19; III 11; VII 24), sebbene possa anticipare che la tendenza invalsa è stata quella di mantenere un atteggiamento conservativo nei confronti di questi esiti a testimone unico.
Morfologia verbale
Infinito: nelle poesie di RmGauc è frequente la sua presenza in sede rimica (le attestazioni sono 34). Degne di nota sono l’alternanza in rima far (III 1, 28) = faire (VIII 19), unica attestazione di contro al netto predominio della forma far (16 occorrenze). La medesima osservazione si può avanzare per dire la cui unica attestazione è in rima (4 le occorrenze fuori rima di dir).
Indicativo: i verbi che nelle poesie di RmGauc sono posti in rima alla 1ª ps.sg. dell’indicativo presente hanno sempre desinenza -o: la caduta della vocale della desinenza fa sì che la consonante rimasta in posizione esposta si riduca a -n nel gruppo -nd, -nt: coman I 3, repen III 34; rimanga intatta: pes VI 13, plor V 11; scompaia quando è -n mobile: so IX 24, 46.
La forma so (R) per la 1ª ps. dell’indicativo presente di esser è quindi assicurata dalla rima, mentre nella stessa poesia è attestata fuori rima la forma soi (v. 36), ed è sui (C) la forma adottata in II 10, 34 e in VI 22, 43.
La 3ª ps. sg. presenta la regolare caduta della -t finale nei verbi in rima della prima classe: II 37 comensa : 42 agensa; II 17 : 25 : 33 dobla; covida VII 24; enansa VI 36; peta IX 39.
Per le altre classi verbali si osservano le forme sottoposte alle consuete leggi fonetiche: despon IV 39, es nelle liriche IV e VI (rispettivamente 6 e 3 esiti in rima), vol IX 9, 35.
I verbi che hanno uscita -an alla 3ª ps.pl. dell’indicativo presente sono tipici del Sud-Est: estan I 11; IV 17 fan : 27 estan; van V 45, attestati accanto alle forme fuori rima donon IV 18 (=R, ma donan C), honron V 30 (123).
L’imperfetto indicativo è rappresentato dalle forme alla 3ª ps. sg. nella serie:
V 17 fazia : 32 metia : 33 podia : 35 avia : 42 volia
e in III 38 tenia e 42 volia che rimano con le forme del condizionale del I tipo: 6 faria : 13 daria : 14, 37 deuria
Fuor di rima sono da rilevare le forme della 1ª ps.sg. dell’indicativo presente: done I 1, pregui I 9 (unica attestazione accanto a prec di II 9, 35, 36; V 24; IX 23), queri II 39, teni II 43; da considerare insieme con le forme della 3ª ps.sg. del cong. presente: done V 27 (di contro a do II 5; VI 43 = don IV 8; V 21), garde I 6; II 6; IX 24 (accanto a gart IX 1 = gar I 4), honre I 29, parle III 36, passe VI 6, pregue I 13. Per considerazioni più dettagliate riguardo agli esiti con vocale d’appoggio, cfr. nota a I, 1.
Per la 3ª ps.sg. si notino le forme fai (III 27; IV 24; IX 19) accanto a fa (I 37; II 13, 22, 27; III 26, 28), plai (II 3; IV 5; IX 2) accanto a platz (II 42; III 12; IX 25), estai (IX 14) di contro a esta (VII 23) e vai (V 16) di contro a va (V 7) (124).
Per il perfetto si hanno tracce delle forme deboli, in cui si rispecchia il paradigma originario -ivi(t), alla 1ª ps.sg. falhi II 36 e alla 3ª: parti IV 34, suffri VI 10. Ma anche le forme forti sono rappresentate: 1ª ps.sg. fi II 16; 3ª ps.sg.: ac I 42, dis VIII 15, volc VI 11; 1ª ps.pl. vim V 39.
Nei verbi della prima classe, sempre fuori rima, alla 1ª ps.sg. è attestato il perfetto in -iei (per ei: III 33 calliei : 34 parliei (in rima interna); diei VIII 14; gazanhiei IV 12 (=R, accanto alla variante di C guazanhei).
Notevole è anche la forma della 1ª ps.pl. deuram (I 23, 33; VI 15). Per l’interpretazione di questo esito che si propende a considerare forma del condizionale I, cfr. nota a I, 23.
Una minore incertezza si è avuta a valutare valram (I 35): nella traduzione infatti è stato considerato senz’altro esito del condizionale attratto da serïam del verso successivo:
35 quar ses s’amor no valram un aglan
36 ans serïam totz ardens en pudor
Al contrario, è stata stimata come futuro la forma fendratz (=R, IX 52), sulla base delle ricerche condotte da Grafström, per cui si veda la nota al verso corrispondente.
Congiuntivo: i verbi della prima coniugazione alla 3ª ps.sg. del congiuntivo presente, offrono in rima fenomeni fonetici analoghi a quelli constatati per il presente indicativo: an IV 19, apelh IV 26; deman IV 1 mentre i verbi della classe in -e e della classe in -i non incoativa hanno desinenza -a: maudia V 5, trameta IX 23, 29. Una sola forma è attestata in rima per la 2ª ps.pl.: ajatz II 36.
Da segnalare fuor di rima è la forma sufieira II 8, al posto del più regolare sofra, proveniente da *sufferiat.
Per quel che concerne le seconde persone plurali, sono da rilevare le forme in -es per -etz nei verbi della prima classe nella lirica IX (R): 30 anes, 16 cavalgues, 5 portes, 15 sembles (125).
La desinenza della 3ª ps. pl. del congiuntivo è -on: ajon II 34, denhesson VII 34, fosso VII 37, volguesson VII 35 e la forma, particolarmente interessante, vencson, di I 24, per la quale si rimanda alla nota corrispondente.
Per quanto concerne il participio presente e il gerundio, le forme attestate in rima sono 23.
Aggettivi e participi passati, in fine di verso, si conformano in genere alle leggi applicate ai sostantivi. Non poche (20) sono le attestazioni assicurate dalla rima. (↑)
IV. METRICA E VERSIFICAZIONE
V. Rimario. (↑)
V. RAIMON GAUCELM NELLA TRADIZIONE TROBADORICA
Come conclusione di questa prima parte, introduttiva alle canzoni di RmGauc, si può tentare di valutare storicamente e culturalmente la sua figura di poeta dell’ultima generazione trobadorica lasciando che le presentazioni dei singoli testi facciano emergere di volta in volta frammenti della sua personalità poetica.
Sulla produzione di RmGauc grava un ingeneroso giudizio del Fauriel che lo relega tra i pedissequi continuatori della poesia trobadorica (126). Pur non riconoscendogli che una ridotta autenticità creativa, mi sento tuttavia di ridimensionare questa sentenza: è innegabile infatti che, non fosse altro che per la sua collocazione temporale, egli sia inevitabilmente impaniato nel solco tracciato dai predecessori. A questo si aggiunga che, in conformità agli accadimenti che dal secondo decennio del XIII secolo hanno mutato il tessuto politico e sociale del Languedoc sud-occidentale, è verso la tradizione di impegno civile e morale dei sirventes che è quasi “costretto” ad orientare la sua attività poetica. Modelli ideologici ed espressivi già codificati e di evidente presa sul pubblico hanno dunque su di lui una pesante influenza: tra i trovatori contemporanei ad esempio, domina con lo stile vigoroso dei suoi sirventesi la figura di PCard, che si può indicare certamente come punto di riferimento primario per la poetica di RmGauc, sia nell’affinità dei temi affrontati che per le soluzioni stilistiche e metriche adottate (significativi si rivelano gli esempi segnalati in nota a I, 6, 7, 18, 19, 33, 38; II, 33; III, 2; IV, 17, 24, 29, 34; V, 22, 27; VII, 41; IX, 11). Inoltre, anche il nuovo clima culturale esercita una notevole pressione sulla sua poetica: nelle canzoni religiose si riflette la tensione escatologica che in quell’epoca percorreva il Bas-Languedoc con le correnti spiritualistiche, nel piglio sermocinante dei sirventesi a carattere parenetico si ritrovano i motivi che circolavano con le predicazioni degli Ordini Mendicanti e nei canti di crociata si coglie, anche con una certa virulenza, l’impegno civile e politico di chi, sentendosi ormai suddito “francese”, incita a seguire le imprese di Luigi IX e Filippo l’Ardito appellandosi al sentimento cristiano dei propri concittadini.
Il pubblico cui è destinata la sua poesia, non è più infatti costituito da una limitata cerchia di persone, di entendedors, né, o non soltanto, la nobiltà occitana del tempo racchiusa in piccole corti ormai in decadenza, ma è formato dai nuovi notabili delle città, dai funzionari regi, dai borghesi saliti allo stadio più alto della gerarchia sociale: a costoro («prelatz, terriers, borzes» IV, 29) egli deve rivolgersi con una poesia dalle forme stilistiche facili e accessibili («Un sirventes, si pogues, volgra far / quez agrades e plagues a la gen» III, 1) con la quale far sentire la sua voce di ammaestramento e reprensione. Il suo discorso poetico si articola allora su valori come donar, merce, caritat (assai frequenti sono i richiami biblici, si vedano ad esempio le note a I, 6, 18, 23, 31, 38; II, 5, 20, 21, 28, 31; IV, 26; V, 18; VI, 1, 33; VII,7) e sulla necessità di una rigenerazione morale, motivi ormai logori, ma che egli sente evidentemente ancora atti a muovere le coscienze e informare i comportamenti delle nuove classi dirigenti. RmGauc non sceglie dunque di rimpiangere il “buon tempo passato”, ma vuole parlare di ciò que hom ve a prezen, con un linguaggio quotidiano, intriso di valori religiosi, fatto di formule topiche e locuzioni familiari. Accanto quindi al non lieve ricorso ai lasciti del passato, e ad un passivo adeguamento ad essi, si osserva anche il tentativo di attualizzare formule, figure, immagini tradizionali, con vivacità di pensiero e volontà di rendere personale il suo messaggio poetico («est sirventes ai ieu fach a ma guia» III, 41).
Il registro didascalico-morale è dunque il fattore di raccordo della maggioranza delle sue liriche e moduli stilistici pressocché identici, con rari guizzi d’inventiva, si ritrovano in otto componimenti su nove. A questa uniformità di toni e schemi espressivi si limiterebbe la descrizione del suo canzoniere se non si dovesse annoverare tra le sue rime un partimen giocoso e parodico, che lo illumina da un’altra prospettiva: innovazioni lessicali, gusto per la burla e il doppio senso, anche scurrile, ci mostrano un’altra faccia di questo poeta che è stato fino ad oggi considerato solo per la monotonia grave delle sue poesie. Questa composizione ha richiesto un particolare impegno critico poiché presenta interessanti problemi di natura ecdotica ed esegetica che una rilettura più puntigliosa del codice R e una più attenta ricerca lessicale hanno permesso di risolvere in parte, completando le interpretazioni, forse un po’ affrettate, degli editori che di essa si sono occupati. Una risorsa inventiva dunque, direi quasi insperata, per una lirica a prima vista così lontana dal profilo emergente dalla lettura delle altre. Ma è il pubblico, appartenente allo stesso sostrato sociale e culturale, a costituire il denominatore comune dell’intera produzione di RmGauc: l’uditorio cui era rivolta era infatti il medesimo, in grado di comprendere anche termini demotici e letterariamente inusitati, appartenenti all’esperienza quotidiana, soltanto non più inseriti in una cornice didattico-moralistica, bensì d’ilare intrattenimento.
Si è detto dunque come la sua conditione di epigono lo renda debitore della tradizione nel suo complesso, ma delineando una mappa provvisoria, suscettibile di ulteriori approfondimenti, delle sue relazioni con gli esponenti della poesia trobadorica, si può almeno accennare che, tra i trovatori delle generazioni precedenti, hanno lasciato una traccia non trascurabile nelle sue poesie GlAugNov (V, 1), FqRom (I, 18, II, 28, VI, 27), GlFig (II, 38, IV, 36) e soprattutto ArnDan: nel tentativo da parte di Raimon, non proprio riuscito in verità, d’imitarne la complessità lessicale e il linguaggio metaforico dell’affaire Cornilh in IX, 28, 40. Per quel che concerne i suoi contemporanei, oltre la più marcata influenza esercitata dall’opera di PCard, non si può parlare, come si è detto all’inizio, dell’esistenza di una scuola poetica di Béziers, né sussistono prove che ci fossero relazioni (l’unico indizio è quello con Raimon Menudet in VI, 1) tra i trovatori del Biterrois. Meno profondo di quanto si potesse pensare il segno lasciato da GrRiq (cfr. I, 38; II, 21), se si eccettua, oltre a qualche affinità nelle strutture metriche, la coincidenza, del tutto esteriore, della sistemazione in C del canzoniere di Ramon con la cornice di rubriche che richiamano la più complessa ed articolata disposizione nello stesso codice del corpus del poeta narbonese. Numerosi sono invece i legami che accomunano RmGauc, soprattutto nell’impiego dei medesimi modelli metrici, a trovatori «minori» dell’ultima o penultima generazione come Bertran Carbonel, Guillem Anelier di Tolosa, Guillem de Murs, Guiraut d’Espanha, Jordan de l’Isle-sur-Sorgue, Montan Sartre, Olivier del Temple, Taurel, Uc Brunenc, ai quali si aggiunge Joan Miralhas di cui null’altro si conosce se non che è il contendente di RmGauc nel partimen.
Nonostante quindi tutte le limitazioni e le insidie in cui può incorrere un poeta dell’ultima generazione, dotato per giunta di una non proprio fulgida originalità inventiva, l’immagine che emerge di Ramon Gaucelm de Bezers è quella di un poeta che va fiero della propria arte e questo, oltre ad attirare benevolenza, ci fa pensare a lui come a un discreto e onesto «professionista» locale che gode del successo di essere salutato e riconosciuto per strada («Aquest es / tals que sap far coblas e sirventes!» IV, 5-6) in una piccola città del Mezzogiorno francese alla fine del XIII secolo. (↑)
VI. AVVERTENZA
CRITERI DI EDIZIONE E DI PRESENTAZIONE DEL TESTO CRITICO
L’edizione è fondata sulla consultazione diretta dei due canzonieri (C, R) che ci hanno tramandato le poesie di Raimon Gaucelm.
L’apparato è organizzato in due fasce: in quella superiore sono riportare sia la varia lectio, sia indicazioni di carattere grafico, che, per l’esiguità della tradizione, si è preferito presentare in quella sede, per fornire un’immagine quanto più chiara possibile dell’aspetto grafico della trasmissione manoscritta rispetto al testo stabilito.
La lezione a testo è individuata da una parentesi quadra chiusa, le lezioni respinte sono disposte a destra della parentesi.
Una seconda fascia riporta le varianti, anche grafiche, degli editori precedenti in modo da offrire uno strumento di verifica delle scelte operate nella definizione del testo critico.
Data la caratteristica del corpus di Raimon Gaucelm, cioè quella di essere stato tramandato quasi esclusivamente dal canzoniere C, si è utilizzato quest’ultimo come manoscritto base anche nell’unico caso di doppia testimonianza (IV).
Quanto al procedimento di trascrizione si sono adottati i criteri correnti seguiti nell’edizione di antichi testi provenzali: gli interventi di normalizzazione grafica si sono limitati alla distinzione tra v consonante ed u vocale o semivocale, tra j consonante e i vocale o semivocale, il cui segno è stato impiegato anche per i casi in cui vi è incertezza tra i fonemi /y/ e /dž/ (maiestria, leialmens); il segno y è stato eliminato (127); si è poi regolato l’uso delle maiuscole, estendendolo a tutti i nomi propri sia nel testo che in rubrica, e aggiungendo la punteggiatura interpretativa secondo le moderne esigenze.
Le correzioni congetturali sono evidenziate attraverso parentesi uncinate, mentre per le integrazioni, ridotte alle più sicure e indispensabili, dovute a guasti meccanici o a mece omissioni, si sono adottate le parentesi quadre.
Per la pubblicazione dei testi non è stato osservato l’ordine di successione presentato dal ms. C (mancando per alcuni di essi una datazione certa), né l’ordine della BdT, ma le poesie sono state avvicinate per affinità tematiche: poesie religiose (I, II), a carattere moralistico-didascalico (III, IV), planh (V), canzoni di crociata (VI, VII), canzone di elogio (VIII), partimen (IX).
Ogni componimento è preceduto da un commento e una scheda retorico-stilistica, seguita da una presentazione della poesia comprendente: rubrica attributiva, indicazione delle edizioni principali, scheda metrica essenziale.
L’analisi dettagliata dene poesie è posta nelle Note, in cui trovano luogo osservazioni di carattere esegetico, storico-letterario e linguistico-retorico.
TAVOLA DI CONCORDANZA
BdT
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Azaïs
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questa edizione
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401, 1
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Ab grans trebalhs et ab grans marrimens
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VIII
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VII
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401, 2
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A Dieu done m’arma de bon’amor
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II
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I
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401, 3
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A penas vau en loc qu’om no·m deman
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V
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IV
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401, 4
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Belh senher Dieus quora veirai mo fraire
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IV
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VIII
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401, 5
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Dieus m’a dada febre tersana dobla
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III
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II
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401, 6
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Joan Miralhas si Dieu vos gart de dol
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IX
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IX
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401, 7
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Quascus planh lo sieu dampnatge
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I
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V
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401, 8
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Qui vol aver complida amistansa
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VII
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VI
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401, 9
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Un sirventes, si pogues, volgra far
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VI
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NOTE
1. G. Azaïs, Les troubadours de Béziers, in Bulletin de la Société Archéologique, Scientifique et Littéraire de Béziers, Béziers 1869, pp. 3-41. (↑)
2. H. P. De Rochegude, Le Parnasse Occitanien, ou Choix des poésies originales des troubadours tirées des manuscrits nationaux, Toulouse 1819, p. 300; F. J. M. Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, Paris 1816-1821, IV, pp. 135-137; V, pp. 374-376, 430; C. A. F. Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, Berlin 1846-1853, III, pp. 159-162; C. A. F. Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, Berlin 1856-1873, nn. 190, 1018, 1655-1657. (↑)
3. Cfr. A. Bayle, Poésies choisies des troubadours du Xe au XVe siècle, Aix-en-Provence 1879, pp. 143 e 147; C. Appel, Provenzalische Chrestomathie, Leipzig 1895, p. 111; F. J. Oroz Arizcuren, La lírica religiosa en la literatura provenzal antigua, Pamplona 1972, pp. 398 e 404; M. De Riquer, Los Trovadores. Historia literaria y textos, Barcelona 1975, III, p. 1535; R. T. Hill - T. G. Bergin, Anthology of the provençal troubadours, Yale University Press 1975, I, p. 246; P. Bec, Burlesque et obscénité chez les troubadours. Le contre-texte au Moyen Age, Paris 1984, p. 93; S. Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, p. 270. (↑)
4. Per l’esame dettagliato delle rubriche che accompagnano le poesie di Raimon Gaucelm, si veda infra, nel capitolo dedicato alla tradizione manoscritta. (↑)
5. Il lungo periodo di guerre, iniziato con la crociata albigese a cui segue l’intervento di Luigi VIII, ha termine con la morte di Raimondo VII, conte di Tolosa, nel settembre 1249; con lui svaniscono anche le speranze d’indipendenza dell’Occitania, poiché da questa data incomincia «le temps du Languedoc français» e l’annessione al dominio reale è virtualmente acquisita. L’unione definitiva avverrà nel 1271 alla morte di Alphonse de Poitiers e di sua moglie Jeanne de Toulouse: preparata da lunga data, non provoca alcuna resistenza né da parte dei signori né da parte delle popolazioni cui preme solamente di vedere salvaguardate e garantite le franchigie consolari (sul Saisimentum, la presa di possesso della contea di Tolosa, cfr. Y. Dossat, Les deux serments de fidélité des consuls de Toulouse en septembre 1271, in Bullettin philologique et historique du Comité des travaux historiques et scientifiques, II (1960), pp. 703-711). L’insediamento di un’amministrazione regia secondo un modello centralizzato e gerarchizzato, favorisce inoltre la coesione delle diverse realtà regionali: la sénéchaussée di Carcassona e Béziers, costituita nel 1229, raccoglie il Biterrois, il Carcassès, il Razès, già terre dei Trencavel, cui si aggiungono le diocesi d’Agde e di Lodève e la viscontea di Narbona. Cfr. Ph. Wolff (sous la dir. de), Histoire du Languedoc, Toulouse 1967; M. Roquebert, La crise albigeoise et la fin de l’autonomie occitane, in Annales de l’Institut d’Études Occitanes (I. E. O.), 1972, pp. 130-171; L. Lafont, A. Armengaud (dir.), Histoire d’Occitanie, Paris 1979, in particolare il cap. III, La fin du Moyen Age ou l’histoire occitane confisquée, a cura di Ph. Martel e R. Lafont, pp. 291-405. (↑)
6. Nonostante il suo sia uno dei più fiorenti mercati locali, resta però, come Tolosa, al di fuori delle attività commerciali di grande portata, che invece erano ferventi a Narbona e a Mompellier. Della ricca bibliografia su Béziers, si citerà soltanto: H. Julia, Histoire de Béziers, Paris 1845; Madame Bellaud-Dessalles, Histoire de Béziers des origines à la Révolution française, Béziers 1929; E. Sabatier, Histoire de la ville et des évêques de Béziers, Béziers 1854, répr. Marseille 1977; M. Gramain (Bourin), Villages et communautés villageoises en Bas-Languedoc occidental: l’exemple du Biterrois (950-1350), Doctorat d’Etat, Paris, I, 1979, dactylographié; C. Duhamel-Amado, Sociabilité et pouvoir épiscopal à Béziers avant 1209: rôle de la sociabilité dans le processus d’unification de la communauté urbaine à Béziers au XIIe siècle, inActes du Colloque de Rouen, Novembre 1983, Rouen 1987, pp. 347-357; e l’opera collettiva della collana «Pays et villes de France», Histoire de Béziers, Toulouse 1985, in particolare il cap. IV, De la cité wisigothique à la ville médiévale (Ve-XIIe siècle), a cura di C. Amado, e i capp. V e VI, Le massacre de 1209, Une ville royal, a cura di M. Bourin. (↑)
7. Sulla poesia borghese, cfr. A. Jeanroy, La poésie lyrique, I, pp. 297-300; sull’ultima generazione poetica, P. Meyer, Les derniers troubadours de la Provence, Paris 1871; J. B. Noulet - C. Chabaneau, Deux manuscrits provençaux du XIVe siècle, Montpellier-Paris 1888; A. Jeanroy, La poésie lyrique, II, pp. 315-326. (↑)
8. Al gruppo dei trovatori di Béziers appartengono anche Johan Esteve (cfr. S. Vatteroni, Le poesie del trovatore Johan Esteve, Pisa 1988), Bernart d’Auriac (cfr. A. Parducci, Bernart d’Auriac, in SM, VI (1933), pp. 82-98) e Matfre Ermengaud (cfr. P. T. Ricketts, Le «Breviari d’Amor» de Matfre Ermengau, t. V, Leiden 1976; t. II, London 1989). Il codice C trasmette inoltre un planh (Quascus plor’e planh son dampnatge, C 351v-352r) e un descort (Erransa, pezansa, C 351v) sotto l’attribuzione Guillem mogier de Bezers. Ciò ha fatto pensare all’esistenza di un quinto trovatore di Béziers, le moine Guillaume; in realtà le due composizioni sono opera del trovatore viennois Guillem Augier Novella, il quale soggiornò solo brevemente a Béziers presso la corte di Raimon Roger Trencavel, la cui morte (1209) fu l’occasione del planh, risalente quindi al primo decennio del XIII secolo (cfr. M. Calzolari, Guillem Augier Novella, II [BdT 205,2], III [BdT 205,3]). Nulla ci consente di parlare di una scuola biterrese: «stando a quel che sappiamo, questi trovatori non intrattennero rapporti poetici, non si scambiarono coblas né indissero gare poetiche sul tipo di quelle con cui, qualche decennio più tardi, nella regione tolosana ci si sforzava di mantenere in vita la poesia provenzale», S. Vatteroni, Johan Esteve, p. 4. Tuttavia un indizio di relazione letteraria è riscontrabile tra RmGauc e Raimon Menudet, autore di un planh che si richiama, non solo formalmente, alla canzone VII (a questo proposito si veda nota a VII, 1 e A. Radaelli, Il planh di Raimon Menudet, in «Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere e Scienze Morali e Storiche», vol. 128 (1994), pp. 489-514). (↑)
9. Questa rarefazione delle fonti, oltre naturalmente essere conseguenza dei disordini seguiti alla mutata situazione politica, è dovuta essenzialmente alla sospensione della registrazione degli atti nei cartolari ecclesiastici, fonti assai preziose per le ricerche storiche fino al primo terzo del XIII secolo, intorno al 1230. Per Béziers si veda il Livre Noir (di cui si possiede una copia settecentesca tratta dall’originale conservata negli Archives départementales de l’Hérault) pubblicato da J. B. Rouquette, Cartulaire de Béziers (Livre Noir), Paris-Montpellier 1918, con l’aggiunta di qualche atto del vol. 61 della Collection Doat, concernente la Chiesa di Béziers. Ma per la quasi totalità del secolo XIII, fondamentali risultano gli Archivi Reali, contenenti gli arti degli ufficiali, le lettere e le ordinanze regie e, in particolar modo, documenti quali le Querimoniae ou Doléances des habitants de la viguerie de Béziers (AN, série J 1032, nº 4 e série J 1033 nº 13, edite nel t. XXVI del Recueil des Historiens de France e, nei punti essenziali, nel t. VII dell’HGL), conservate in due serie datate 1247-1248 e 1259-1262, e le Sentences des Enquêteurs de la sénéchaussée de Carcasonne pour l’assise de 1259-1262 (ms. lat. 5954A, copia di un originale perduto, pubblicato in HGL, t. VII, coll. 197-330). Per un’analisi approfondita di queste testimonianze, si veda M. Bourin-Derruau, Villages Médiévaux en Bas-Languedoc. Genèse d’une sociabilité, Xe-XIVe siècle, Paris 1987, II, pp. 115-144, e per il dettagliato elenco delle fomi documentarie e la ricca bibliografia, pp. 442-461. Sul rallentamento dell’attività degli archivi ecclesiastici, cfr. inoltre R. Foreville, «Le chapitre cathédral d’Agde d’après le cartulaire de Saint-Etienne», in Les évêques, les clercs et le roi, 1250-1300, Cahiers de Fanjeaux, n. 7, Toulouse 1972, pp. 285-336. (↑)
10. Questo è quanto riporta su di lui l’HLF, vol. 19, pp. 590-592: «La vie de ce troubadour est peu connue. Son nom semble indiquer qu’il était né à Béziers. Il y vivait paisiblement; il avait de l’aisance, ne courait pas le monde, faisait des vers pour son plaisir, et chantait généralment sur des sujets religieux. [...] Nous plaçons sa mort par supposition vers l’an 1285. Cetre époque est postérieure de quinze ans à son dernier ouvrage connu. [...] Poëte casanier, il vit suivant les mœurs de son époque». (↑)
11. Dalle procedure per le elezioni consolari delle città, dove ogni console rappresenta un mestiere o un gruppo di mestieri, si sa che il grado più elevato è quello dei cambiavaluta, che raggruppa i più alti borghesi della città e molti giuristi, seguono poi quello dei mercanti di tessuto, degli artigiani del cuoio e i calzolai, quello dei macellai e dei fabbri, mugnai e calderai. Dalla fine del XIII i gradi di queste échelles aumenteranno, a rappresentare l’annessione di nuovi mestieri (cfr. A. Gouron, La réglementation des métiers en Languedoc au Moyen Age, Paris 1958). (↑)
12. Cfr. HGL, t. VIII, col. 1057, tratto dagli AN, série J 589. (↑)
13. Cfr. HGL, t. VIII, col. 1065, dagli AN, série JJ 19, f. 176b; si veda inoltre col. 1086, an 1242 «Ramundus Gausselini dominus Lunelli», tra i testimoni dell’assoluzione impartita a Raimondo VII «apud Pennam Aginnesii»; col. 1122, an 1243 «Acta fuerunt hec apud Biterrim [...] in presentia [...]R. Gaucelini domini Lunelli», a proposito della richiesta del conte di Tolosa ai padri cistercensi e ai frati predicatori di esercitare l’Inquisizione nei suoi domini; col. 1124, an 1243 «Actum fuit hoc apud Biterrim [...] testes [...] Ramundus Gaucelmi dominus Lunelli», nell’atto di nomina di Bérenger de Promilhac a viguier di Tolosa; col. 1291, an 1251 «Actum apud Agennum [...] testibus & presentibus nobilibus viris [...]Raimundo Gaucelini de Lunello» all’atto d’omaggio di Arnaud Othon, visconte di Lomagne, ad Alphonse, conte di Tolosa; coll. 1317-1318, an 1253 «Serenissimo & karissimo domino suo Alfonso, filio domini regis Francie, Dei gratia illustri comiti Pictaviensi & Tholose, marchioni Provincie, R. Gaucelini, dominus Lunelli, fidelis suus, salutem cum parata in omnibus ad sua placita voluntate»; e poi ancora col. 1336, an 1254. Infine col. 1449, an 1259, in seguito ad una lettera di Luigi IX al siniscalco di Beaucaire e Nîmes affinché fossero evitati «diffidamenta & interdicta victualium & alia, que fecistis, ut dicitur, contra homines Montispessulani & terre regis Aragonum», in nome della «pacem & amicitiam, quam charo & speciali amico nostro rege Aragonum firmavimus» (trattato di Corbeil 1258), il siniscalco rende nota la disposizione, tra gli altri, ai «nobilibus viris R. Gaucellini domino Lunelli, & Decano domino Ucetie & Armazanicarum»; e col. 1502, an 1262 «Acta sunt hec apud Montempessulanum [...] presentibus testibus [...] R. Gaucelini domino Lunelli», in occasione della stesura del contratto di matrimonio tra Pietro, infante d’Aragona, e Costanza di Sicilia. (↑)
14. Cfr. HGL, t. VIII, coll. 1283 e 1284, dagli AN, série J 317. (↑)
15. Cfr. HGL, t. VIII, coll. 1483-1484, dagli Archives de Léran, fonds Thézan. Tra le altre notizie documentarie relative al patronimico Gaucelm(i), due in particolare potrebbero risultare degne di nota. La prima, nomina un Petro Gaucelino tra i presenti alla stipuluzione di un trattato tra il siniscalco di Beaucaire e Nîmes e il nobilis vir Rostagnus de Sabran, nel gennaio 1250 (lo stesso nome appare attribuito a due testimoni in un atto d’omaggio del 1253, cfr. HGL, t. VIII, col. 1270 dagli AN, série JJ 26, f. 324v; e t. IX, liv. XXVII, pp. 50-51): la presenza di un membro della famiglia de Sabran, di cui si parlerà più oltre riguardo a Raimon Gaucelm d’Uzès, potrebbe costituire indizio di un legame. Nella seconda, compare Gaucelinus de Rupeforcada il quale, essendo valde oppressus malo heris alieni, non può assumersi la tutela dei suoi tre nipoti (cfr. HGL, t. VIII, coll. 1483-1484): l’accenno al cospicuo debito potrebbe, sempre in via ipotetica, essere collegato a «ans me costra que val .v. cens tornes!», di IV, 14. A completare l’elenco si aggiunga, verso la fine del secolo, un’attestazione del giugno 1298 riguardante la consuetudine dei borghesi della sénéchaussée di Beaucaire e in Provenza di assumere la cintura militare; tra coloro che appongono il loro sigillo a chiusura dell’atto, si legge: Sigillum domini Jacobi Gaucelmi militis (cfr. HGL, t. VIII, col. 1747, dagli AN, série J 468). Pur avendo un certo interesse, queste testimonianze non portano tuttavia a nulla di determinante, anche se si può osservare che il patronimico pare essere piuttosto frequente nel Languedoc orientale e nell’area provenzale. Un ulteriore sostegno in questa direzione mi è stato offerto dalle informazioni ricevute da Monique Bourin, professore al Centre de Recherches sur l’Histoire de l’Occident Médiéval de l’Université de Paris I, la quale mi segnala un Raimond Gaucelm possessore nel 1276 di beni in feudo dal re di Maiorca Giacomo II (secondogenito di Giacomo I d’Aragona), nella baronia d’Aumelas, e, in un atto d’omaggio a Sancio di Maiorca avvenuto a Pouzols nel 1312, un B. Gaucelm, figlio di R de Pouzols: nulla vieta di ritenere che, secondo la prassi scrittoria notarile dell’epoca, questo R. de Pouzols potesse essere scritto in un altro documento R. Gaucelm de Pouzols. Colgo in questa sede l’occasione per ringraziare M.me Monique Bourin e M.me Claudie Duhamel-Amado dell’attenzione che hanno voluto dedicare alle mie richieste offrendomi indicazioni assai preziose, come si vedrà anche nelle pagine successive. (↑)
16. Un’ulteriore testimonianza a questa osservazione è offerta da una carta di donazione datata marzo 1185, effettuata da Ildefonsus, rex Aragonensis, comes Barchinonensis & marchio Provicie, all’abbazia di Franquevaux, tra i cui testimoni figura: Guillelmus Raimundi Gaucelini, bajulus de Tarascon (cfr. HGL, t. VIII, col. 382, dagli Archives de l’abbaye de Franquevaux). (↑)
17. D’altra parte è già stato notato che il copista di C, tende ad arricchire le informazioni sui trovatori aggiungendo nelle rubriche nomi di luogo che potrebbero indicare la sede della loro attività e non necessariamente la loro provenienza: «Des auteurs qu’il est seul à avoir acueillis, le compilateur ne se contente pas de donner le nom [...] il y ajoute un nom de lieu pour indiquer l’origine ou la résidence habituelle de l’auteur» (cfr. I. Frank, Babariol, p. 233). (↑)
18. Lunel è una cittadina situata ai margini alti della pianura del Languedoc, a 20 Km. da Montpellier, nel dipartimento dell’Hérault. Che il nome contrassegnasse gli appartenenti alla famiglia, appare ancora in HGL, t. IX, liv. XXVII, p. 26, an 1272: «L’évêché de Nîmes étoit alors vacant [...]Raimond Gaucelin, prévôt de l’église de Marseille, qu’on dit de la maison des seigneurs de Lunel, succéda à ce prélat; mais il ne fut sacré qu’en 1273, à cause qu’il eut un concurrent à qui une partie du chapitre avoit donné son suffrage». La dinastia si estinse alla fine del secolo, quando nel 1295 Rousselin, figlio di Raymondi Gaucelini quondam, militis, e nipote di Raimon Gaucelm, aïeul paternel, entrambi domini de Lunello, muore senza eredi. I due pretendenti alla successione, Girardum Amici e Raymundum Gaucelini, dominum de Ucecia, militem, si accordano nel permutare ciascuno la propria porzione di eredità con Filippo il Bello, che nello stesso anno annette così ai domini della corona la baronia di Lunel, in cambio di terre nella diocesi di Avignone, poste al di qua del Rodano (cfr. HGL, t. IX, liv. XXVIII, pp. 186-187, da Trésor des chartes; coffre de Languedoc, Lunel, nos 1 & 40 [J 302], e t. X, c. 317). (↑)
19. Anche nelle rubriche che incorniciano le poesie di Johan Esteve «ricco borghe se, forse figlio di un mercante o, come è anche probabile, di un proprietario terriero» appare la particella onorifica premessa al nome. Vatteroni la considera una «manifestazione di rispetto formale che depone solo sull’educazione di chi scrive» e a questo proposito richiama tre esempi di biografie trovadoriche in cui al titolo en non corrisponde uno stato nobiliare e cavalleresco: la vida di Elias de Barjols; la vida e la prima razo di Gaucelm Faidit; e una razo in cui si parla di Peire Pelisier (cfr. Johan Esteve pp. 5-7 e note 8 e 12). C. Hershon, Johan Estève de Béziers, in RlR, II (1992), p. 399 ne spiega così la presenza: «Le titre «En» Johan Estève suggère l’homme d’importance mais il pourrait qualifier aussi le poète. Il passait son temps à Béziers, sans doute retrouvant ses collègues sur la petite Place aux Herbes, le vieux marché aux vins où la bourgeoisie se réunissait au XIIIe siècle». (↑)
20. Cfr. H. Barthés, Les documents nécrologiques du diocèse de Béziers. Nécrologes et obituaires du XIe au XVIIe siècles, Saint Genies de Fontedit près Béziers, 1988. Obituaire du chapitre Saint Nazaire et Saint Celce de l’église cathédrale de Béziers, p. 104. Il necrologio è ripreso anche nell’Inventaire approntato da P. Gallien, f. 67v, n. 104: «Fondation d’un obit solennel de 30 sols le samedy après l’Ascension par Gérard de Lignan». In assenza della data, i compilatori stessi (pur errando l’anno di composizione del planh) non sono in grado di identificare il personaggio: «nous hésitons entre deux homonymes: 1. Guiraud de Lignan, qui inspira à Raimon Gaucelm de Béziers, l’un de nos Troubadours, un “planh”, daté de 1282 sur la mort de G. de Lignan; 2. Guiraud de Lignan qui, le 6 mai 1348 teste en faveur de l’église St. Félix de Béziers, en remettant des biens à Montady, Capestang... (Doat, vol. 60 fol. 92)», p. 139. Quest’ultimo è verosimilmente il medesimo personaggio cui si riferisce la notizia del Trésor des chartes (AN, série JJ 59, n. 445, f. 245v): «1320, juin. Abbaye royale de N.-D.-près-Pontoise: «Anoblissement de Géraud de Lignan, de Béziers» (pubblicato da Y. Dossat, A.-M. Lemasson, Ph. Wollf, Le Languedoc et le Rouergue dans le Trésor der chartes. Collection de documents inédits sur l’histoire de France, Paris 1983, vol. 16, n. 551). Da una segnalazione di Monique Bourin ricavo inoltre che in una sentenza arbitrale del 1250 concernente il bourg de la Madeleine a Béziers, vengono menzionati operatoria et solaria appartenenti ai figli del feu Guiraud de Lignan (atto conservato nel fonds Doat, vol. 61, f. 172), uno dei quali non è escluso che portasse il nome del padre. (↑)
21. Nel Bas-Languedoc vi fu una precoce espansione delle nuove istituzioni municipali che, secondo A. Gouron (La diffusion des consulats méridionaux et l’expansion du droit romain aux XIIe et XIIIe siècles, Bibliothèque de l’Ecole des Chartes, CXXI (1963), pp, 26-76), partì dalla bassa valle del Rodano e dalle coste della Settimania. Béziers e la cité di Narbona ottennero il consolato verso il 1130, Carcassona nel 1192, il bourg di Narbona nei primi anni del XIII secolo, periodo in cui ormai nel Bas-Languedoc le istituzioni consolari possono dirsi radicate. Sui privilegi goduti dai cittadini di Béziers ci informa inoltre una carta (Coutume des habitants de Béziers) del 1185 con la quale il viscome Roger II, oltre ad accordare esenzioni dai canoni ed imporre limiti all’arbitrio dei justiciers, confenna che l’air de la ville rend libre: «[...] que tout homme qui viendrait s’y établir serait libre de toute servitude, comme tous les autres habitants de Béziers, soit envers le vicomte, soit envers tout autre seigneur», cfr. HGL, t. VI, p. 937. (↑)
22. Il consolato appare infatti come una società aristocratica, in cui il gruppo dirigente, costituito da famiglie nobili e borghesi alleate, si è riservato la quasi esclusività della direzione e della partecipazione alle istituzioni comunali. Sulla storia politica della borghesia occitana nel medio evo, cfr. P. Dognon, Institutions politiques et administratives du pays de Languedoc, Paris 1896; Ph. Wolff, Histoire du Languedoc, pp. 161 sgg.; H. Blanquière, Y. Castan, P. Gérard, O. de Saint-Blanquat, Documents sur le développement des libertés municipales et des communautés urbaines en pays toulousain du XIIe au XIVe siècle, Archives de la Haute-Garonne, service éducatif, 1960. (↑)
23. «La seule innovation du capitalisme naissant, c’est que les bénéfices «féodaux» commencent à se négocier et à circuler comme nos valeurs mobilières» (cfr. R. Nelli, La vie quotidienne des Cathares du Languedoc au XIIIe siècle, Paris 1969, p. 108). (↑)
24. «On dirait qu’ils ont du mal à rompre la fascination qu’exerce sur eux le mode de vie aristocratique, au moment même où les répresentants authentiques de la classe noble connaissent une crise grave [...] devenir seigneur, c’est l’idéal» (Ph. Martel, R. Lafont, Histoire d’Occitanie, p. 362). (↑)
25. C. F. X. Millot, Histoire littéraire des Troubadours, Paris 1774, III, pp. 187-189: «Guiraud de l’Inhan étoit un gentilhomme, Seigneur du château de ce nom près de Bésiers. La qualité qu’on lui donne, de noble bourgeois, étonne d’abord; mais il est aisé d’en découvrir le fondement. Le gouvernement municipal s’établissoit de jour en jour, comme une barrière contre la tyrannie des seigneurs; & les souverains l’avoient souvent favorisé, soit pour affaiblir ces mêmes Seigneurs trop accoutumés à l’indépendance, soit pour avoir de l’argent en vendant la liberté au peuple. Comme la bourgeoisie jouissoit de grands privilèges, & trouvoit la sécurité dans ses propres forces, la noblesse du voisinage cherchoit quelquefois à s’y faire incorporer». Di diverso avviso sono i compilatori di HLF, XIX, p. 591: «mais il suffisait de la fortune de Guiraut, et des grands biens qu’il possédait apparemment en alleu, pour qu’il pût être réputé noble. Dans toute ville où s’était maintenu un reste de droit municipal, un bourgeois riche était une notabilité». Anche Azaïs, Les troubadours de Béziers, p. 9, giunge alle medesime conclusioni: «ou c’est par erreur que la biographie provençale donne à Guiraud le titre de bourgeois de Béziers, ou que ce personnage, quoique seigneur du château de Lignan, ne jouissait à Béziers que des droits d’un simple bourgeois; ou bien traduisons le mot noble par celui de notable ou honorable. Cette dernière dénomination était celle qu’on donnait, au XIIe, aux bourgeois qui vivaient et se conduisaient comme de vrais chevaliers». (↑)
26. M. Bourin-Derruau, Villages médiévaux, pp. 189-190, analizzando l’evoluzione patronimica negli omaggi prestati dai vassalli al visconte di Narbona nel 1272 e nel 1298, nota come l’appellativo dominus accostato al nome di famiglia, si espanda sopratturto nell’ultimo quarto del XIII secolo. Nei documenti si assiste infatti alla tendenza da parte dei nobili di dichiararsi miles, domicellus, dominus, per distinguersi dagli ignobiles. Tuttavia non vi è ancora una chiusura sociale tale per cui a questi ultimi sia impedito l’accesso alla nobiltà, assumendone così anche la marca distintiva (cfr. anche J. Regné, Amauri II vicomte de Narbonne (1260?-1328), in Bulletin de la Commission archéologique de Narbonne, X, I sem. (1909), pp. 379-383; M. Gramain (Bourin), La composition de la cour vicomtale de Narbonne aux XIIe et XIIIe siècles, in AdM, LXXXI (1969), pp. 121-139). (↑)
27. HGL, t. VIII, col. 1747. Ma già prima, nel 1251, un atto riguardante un accordo stipulato tra il conte di Tolosa e Provenza da un lato e gli abitanti di Avignone dall’altro, arresta che: «les bourgeois honorables, qui avaient coutume de vivre en chevaliers, jouissaient des mêmes privilèges que ces derniers» (cfr. HGL, éd. orig., t. III, col. 350). (↑)
28. Cfr. HGL, t. IX, p. 242 e t. X, coll. 403-405. Sull’acquisto dei feudi da parte dei non-nobili nel 1300, cfr. t. X, coll. 361-362. Cfr. inoltre alla nota 20, la notizia dell’anoblissement di un Guiraut de Lignan nel 1320. (↑)
29. Dal 1243 Narbona è ville royale, integrata nella sénéchaussée di Carcassona e dipendente dal viguier di Béziers, cfr. Histoire de Narbonne, sous la dir. de J. Michaud et A. Cabanis, Toulouse 1982. (↑)
30. HGL, t. VIII, coll. 1706-1707, Archives du domaine de Montpellier, viguerie de Narbonne. Riguardo alla partenza di Amalric IV per la Terrasanta, non si possiedono prove certe. Cfr. Anglade, Guiraut Riquier, pp. 79-83. (↑)
31. In occasione della morte di Amalric IV, compongono un planh sia GrRiq [IV, BdT 248,63] che JoEst [X, BdT 266,1]. (↑)
32. Cfr. HGL, t. VIII, c. 1728 sgg., dagli Archives de la ville de Narbonne. Non solo quindi cade nel vuoto l’esortazione di RmGauc, ma si ha anche notizia della presunta partecipazione di Aimeri V ad una cospirazione con Alfonso X di Castiglia contro Philippe le Hardi. Il piano della congiura fu però svelato da Amauri de Pérignan, suo fratello, che lo fece arrestare nel marzo del 1282. Ottenne il perdono del re di Francia l’11 settembre 1284 (HGL, t. VIII, col. 419 e t. X, pp. 409-424). (↑)
33. Cfr. C. Chabaneau, Cinq tensons de Giraut Riquier, in RlR, XXXII (1888), pp. 109-127. Si tratterebbe, per Anglade, del Michael de Castilione citato in un documento narbonese del 1270, inserito in una lista di probi homines, e appartenente forse ad una famiglia di vassalli del visconte di Narbona. Infatti fra i nomi dei cavalieri che nel 1272 rendono omaggio ad Aimeric V, compaiono Raymundus de Castello e Ermengaudus de Castello, milites, consignori castrorum de Roffiano et de Villanova (Coll. Doat, 47, f. 13): «[...] Si nous pouvions identifier le Miquel de Gaucelm de Béziers (Gr. 8) avec Miquel de Castillo, nous aurions un indice que ce dernier personnage avait des relations avec les troubadours de Béziers [...]», Guiraut Riquier, pp. 98-99, note 3, 1. (↑)
34. A questo si aggiunga la palese affinità, che riguarda però prettamente la forma esteriore, riscontrabile nella fitta rete di rubriche che accompagnano le liriche di GrRiq, e che offrono notizie fondamentali per la cronologia delle sue opere: questa analoga disposizione ricorre sia nel canzoniere di RmGauc che in quello di JoEst. (↑)
35. Purtroppo non ho trovato niente che potesse avvalorare la considerazione di M. Bourin a questo proposito: secondo lei il nome appartiene con ogni probabilità ad un personaggio di origine iberica, forse catalana, dato che «Michel» non è caratteristico della regione narbonese, a nord dei Pirenei. (↑)
36. HGL, t. X, col. 117-118 (coll. Doae, val. 155, ff. 96-109), nominato in verbali datati 8, 11 e 15 novembre 1272. Per completezza riporto altre due attestazioni che mi paiono tuttavia ancor meno illuminanti: la prima, del 1256, nomina un magistri Michaelis, sacrosancte Romane ecclesie vicecancellarii [...] (da un frammento di un registro della cancelleria di Alfonso di Poitiers, HGL, t. VIII, col. 1403). La seconda, del 1267, testimonia l’esistenza di un Michäel de Tholosa «archidiaconus Narbonae, vir sanctus, philosophia & astronomia peritus, unum volumen scripsit de juribus & praerogativis archidiaconorum, quod displicuit domino archiepiscopo Narbonensi, & ideo excommunicatus & suo archidiaconatu privatus fuit per dictum archiepiscopum. Qua de causa dominum papam adivit, & ab eo excommunicationis vinculo solutus, in suum archidiaconatum restituitur, & liber ab eo compositus approbatus fuit. Legi libellum, in qua varia dicti presbyteri vaticinia descripta erant» (HGL, t. X, Preuves, p. 7). (↑)
37. Alla morte di S. Luigi dedica un compianto anche Guilhem d’Autpol [BdT 206,2 o Daspol, BdT 122,1], Fortz tristors es e salvaj’a retraire, sulla cui posizione cfr. Meyer, Les derniers troubadours de la Provence, pp. 36-45 e W. D. Paden et al., The Poems of the Troubadours Guilhem d’Autpol and “Daspol”, in RPh, XLVI (1993), pp. 407-452. (↑)
38. «I poeti borghesi o comunque coloro che più strettamente sono legati alla loro terra e non hanno la possibilità di trovare rifugio nelle corti al di là dei Pirenei, tendono ad accettare la dominazione francese e ad allontanarsi dall’Aragona, cui fino ad allora il Mezzogiorno francese era stato molto legato», S. Vatteroni, Johan Esteve, p. 12. Sul sentimento filofrancese fra i poeti borghesi, cfr. ibidem, pp. 12-14. JoEst fu legato da rapporto d’amicizia con Guillem de Lodeva, probabilmente suo protettore, partigiano del re di Francia. BnAur appoggia ed incoraggia nel 1285 l’armata francese contro l’Aragona (III, BdT 57,3: «tale ammirazione allora, fra le genti del Mezzogiorno e fra i trovatori, era tutt’altro che frequente e merita di essere rilevata», Parducci, Bernart d’Auriac, p. 88). Raimon Menudet compone nel 1270 un planh [BdT 405,1] per la morte di Déodat de Boussagues, signore di un’importame famiglia castrale fedele al re di Francia. Anche Anglade sottolinea la mutata disposizione nei trovatori della seconda metà del XIII: «La générarion suivante n’a pas hérité de ces ressentiments. La population s’était vite ralliée au noveau régime, et les troubadours, image de la société de leur temps, n’ont eu ni une parole de révolte ni un regret», Guiraut Riquier, p. 61. Si veda inoltre ibidem, la nota 1 sull’atteggiamento favorevole di Narbona all’autorità regia francese. (↑)
39. Sia nel 1240, quando Trencavel con dei faidits (nobili ribelli esiliati che cercano di riconquistare l’onor perduto) rifugiati in Aragona, invade, con esito infausto, il Carcassès e il Razès, sia nel 1242, quando la «dernière guerre du comte de Toulouse» infiamma la regione, le rivolte, più che avere come obiettivo il re, erano indirizzate agli amministratori regi. Le Doléances degli abitanti della viguerie di Béziers e le Sentences des Enquêteurs della sénéchaussée di Carcassona, sono la migliore testimonianza per conoscere l’amministrazione locale nel XIII secolo e segnare il punto di svolta nelle relazioni tra la popolazione del Bas-Languedoc e gli uomini del re. Sulla mancata unione occitana di fronte all’armata crociata nel 1209 e nelle occasioni successive, e sulle ragioni dell’assenza di una coscienza regionale, cfr. Histoire d’Occitanie, pp. 304-306, 320-322 e passim e M. Bourin in Histoire de Béziers, pp. 106-110. (↑)
40. Cfr. HGL, t. VIII, coll. 1206-1222. Inoltre i consigli dei tre Stati della sénéchaussée di Carcassona, convocati nel luglio del 1269 a Carcassona e nell’agosto del 1271 a Béziers, sono prova che la pace tra le città, i nobili ed il re, sono ormai un fatto acquisito (cfr. HGL, t. VIII, coll. 1664-68 e 1739-44). (↑)
41. M. Bourin-Derrau, Villages médiévaux, p. 143. Molto interessante è comunque tutto il paragrafo dedicato alle relazioni tra gli amministratori regi e le comunità del Biterrois tra il 1230 e il 1250, pp. 128-144. (↑)
42. Possedevano cioè un quarto della signoria; la metà apparteneva invece a Decan «qui se qualifioit seigneur d’Uzès & qui descendoit des anciens seigneurs de certe ville». Dal 1229, col trattato di Meaux, Raimondo VII perde definitivamente Uzès, che viene posta sotto la giurisdizione della sénéchaussée di Beaucaire. La cittadina di Uzès, nel dipartimento del Gard, sull’Alzon, si trova 19 Km. a nord di Nîmes. (↑)
43. Cfr. HGL, t. VIII, col. 1329-1333. (↑)
44. Se si considera infani che madre di Elzéar era Guillelma, e che una figlia di Raimon Gaucelm, signore di Lunel, si chiamava Guillelmeta, lo zio materno del testamento potrebbe essere il fratello, quel Raimon Gaucelm de Lunel di cui si parlava nelle pagine precedenti. Questa ipotesi trova conferma nell’ano del 2 marzo 1295, già preso in considerazione a proposito della successione della baronia di Lunel alla morte dell’ultimo discendente, Rousselin. In esso Filippo il Bello, poiché «super successione baronie terre Lunelli [...] inter Girardum Amici, dominum Castrinovi [anch’egli della casa di Sabran] ex una parte, & Raymundum Gaucelini, domimum de Ucecia, mililem, ex altera, coram vobis questio moveatur», scrive al siniscalco di Beaucaire di reggere la baronia fino alla fine della contesa per evitare che la questione si risolva con le armi. La pretesa di Raimond Gaucelm si fonda sul fatto che Rousselin «avoit institué pour hériter, dans son testament, Raimond Gaucelin, seigneur d’Uzès en partie, qui descendoit de Guillemette, fille de Raimond Gaucelin, seigneur de Lunel, aïeul paternel du même Rousselin»: egli era dunque il nipote, o il pronipote, del signore di Lunel. In questo modo risulta provata la parentela tra i domini di Lunel e quelli d’Uzès, della casa di Sabran. (Cfr. HGL, t. X, Preuves, c. 317, e t. IX, liv. XXVIII, pp. 185-186). Si veda inoltre la nota 18. (↑)
45. Cfr. HGL, t. IX, liv. XXVII, pp. 66-67. Si veda anche t. IV, Note LII, pp. 227-230. (↑)
46. Cfr. HGL, t. IX, liv. XXVIII, pp. 210-212. Dunque Bérenger de Frédol, vescovo di Béziers dal 1294, creato cardinale nel 1305 da Clemente V, che lo nomina anche vescovo di Tusculum nel 1309, «hérita [...] de la seigneurie de Lédenon, au diocèse d’Uzès, & des autres domaines qui avoient appartenu à Raimond Gaucelin». A questo proposito c’è un’ulteriore attestazione in un documemo del 1321: «août, Paris: amortissement pour Bérenger Frézouls, évêque de Tusculum, d’un revenu de 120 li.tourn. pour fonder des chapellenies et un hôpital, en exécution du testament de son neveu, Raimond Gaucelin, chevalier» (AN, série JJ 60, 154, f. 98; Inventaire, II, n. 3525, pubblicato da Y. Dossat, A.-M. Lemasson, Ph. Wolff, in Le Languedoc et le Rouergue dans le Trésor des chartes, vol. 16. n. 587). (↑)
47. Sul codice, sempre osservato con attenzione dagli studiosi sia per il numero di composizioni tràdite che per la risoluzione della forma grafica, cfr. G. Gröber, Die Liedersammlungen, pp. 574-583; A. Jeanroy, Notes sur l’histoire d’un chansonnier provençal, pp. 526-533; Id., Bibliographie sommaire des chansonniers provençaux, p. 3; J. Monfrin, Notes sur le chansonnier provençal C, pp. 292-312, studio antesignano, grazie al quale il codice è uno dei meglio conosciuti tra i canzonieri provenzali. Notevoli sono poi le osservazioni fatte da Stefano Asperti nella sua edizione di RmJord, sulla struttura e le fonti di C. Vi sono infatti casi in cui il valore della sua testimonianza sembra dipendere dall’utilizzo di fonti molto alte della tradizione (si veda RmJord III [BdT 404,3] e XII [BdT 404,12] nell’ed. Asperti), per cui pare molto probabile che il compilatore disponesse di una fonte alternativa, esterna alla tradizione, fondamentale ed autorevole, che fa di C un testimone indipendente pur facendo capo al medesimo archetipo; cfr. inoltre le redazioni supposte d’autore del ms. C per GlPoit [BdT 183,12] e per PAlv [BdT 323 ,17] di cui si riferisce in Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc, Torino 1993, p. 50, nuova edizione a cura di Lino Leonardi de La letteratura medievale in lingua d’oc nella sua tradizione manoscritta. (↑)
48. È altrimenti chiamato canzoniere d’Urfé o La Vallière dal nome degli antichi proprietari. Le sue caratteristiche esterne e la storia sono riportate da A. Jeanroy, Bibliographie, pp. 13-14; ulteriori precisazioni si trovano in Pirot, Recherches sur les connaissanees littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, pp. 203-205. Sulla complessa struttura del canzoniere sono intervenuti A. Tavera, Le chansonnier d’Urfé et les problemes qu’il pose, in CN, XXXVIII (1978), pp. 233-249, Id., La table du chansonnier d’Urfé, in CN, LII (1992), pp. 23-138 e F. Zufferey, La partie non-lyrique du chansonnier d’Urfé, in Les manuscrits médiévaux de langue d’oc, cammunications présentées à l’Université Occitane d’Été de Nîmes, 1993, in RlR, XCVIII (1994), pp. 1-29. Inoltre, nonostante l’esigua testimonianza che offre del canzoniere di RmGauc, il copista di R ne ha previsto la notazione delle melodie, ma la serie di note sul tetragramma non è stata eseguita. A questo proposito si rimanda a J. E. Beck, Die Melodien der Troubadours, Strasbourg 1908, pp. 8-14; e E. Aubrey, A study of the Origins, History and Notation of the Troubadours chansonnier Paris BN fr. 22543, Ph. Diss., University of Maryland, 1982. (↑)
49. D’A. S. Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc, pp. 90 sgg. (↑)
50. Cfr. S. Guida, Gavaudan, pp. 82-83; ma già Monfrin, Le chansonnier «C», p. 311 alla nota 3 afferma: «Nous sommes, semble-t-il, en présence de traditions critiques locales». Ampio e approfondito studio linguistico-grafico dei due canzonieri, si trova in F. Zufferey, Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, pp. 105-152. C ed R appanengono alla «tradition languedocienne occidentale», mentre ad oriente fa capo il canzoniere di Miquel de la Tor con E e J; nell’analisi si fa cenno anche al prolungamento cisalpino, lombardo, della tradizione con i canzonieri M G-Q e e L N. (↑)
51. In Pillet-Carstens, Bibliographie der Troubadours, gli è assegnato il n. 401. (↑)
52. È da segnalare che nella Table di Meyer, Les derniers troubadours, p. 181, questa rima è indicata con il numero progressivo 502 e quella successiva [Sord, BdT 437,2] è erroneamente attribuita a RmGauc. (↑)
53. [BdT 401,6]; la rubrica lo segnala come tenso e come tutte le tenzoni è qualificata come anonima. Secondo le divisioni stabilite da Gröber (Die Liedersammlungen, pp. 368-400, in base alla peculiarirà dei codice di essere suddiviso in più sequenze da collezioni di tenzoni, è possibile desumere che le liriche IV e IX appartengono alla sezione indicata con la sigla R6; oppure R6a per IV e R6b per IX, come ha distinto Tavera, in seguito ad “une coupoure manifeste” nel codice tra i ff. 62-63, in La table du chansonnier d’Urfé, pp. 28-29. Riferimenti più espliciti riguardo alla localizzazione di C ed R saranno dati successivamente, nel capitolo dedicato all’analisi grafico-linguistica delle porzioni dei due canzonieri che ci hanno tramandato le liriche di RmGauc. (↑)
54. Il manoscritto presenta due numerazioni: una antica in cifre romane ed una più recente (di mano del Raynouard secondo il Meyer, Les derniers troubadours, Table, p. 184, nota 4) in cifre arabe. La numerazione recente non tiene conto della perdita dei ff. 73-74, mediani dell’ottavo quaderno, cosicché il partimen di RmGauc con Joan Miralhas, che si legge secondo la numerazione antica (seguita da Meyer, Pillet e Zufferey) al f. 75r, si trova attualmente al f. 73r per lo spostamenro prodotto dalla caduta dei due fogli precedenti. Il componimento è collocato tra le tenzoni di AimPeg, Amic n’Albertz tensos soven [BdT 10,6] e FqMars, Tostemps si vos sabetz d’amor [BdT 155,24]. (↑)
55. L’elenco completo di questi poeti si trova in M. Picchio Simonelli, La lirica moralistica nell’Occitania del XII secolo: Bernart de Venzac, p. 20, nota 5. (↑)
56. Già il Gröber, Die Liedersammlungen, pp. 574-575, vi aveva posto l’accento. Infatti, in base all’ordinamento principale della prima parte (ff. 1r-386v) in cui può considerarsi diviso il codice (la seconda parte, ff. 386v-396v, è dedicata esclusivamente ai generi dialogati, tensos, partimens, e ci è giunta incompleta) le canzoni e i sirventesi sono raggruppati sotto il nome dei rispettivi autori per lo più ordinati secondo il numero decrescente delle canzoni del loro corpus. Nella sezione considerata da Gröber, a questo ordinamento “pare” sovrapporsi l’inserzione dei Liederbücher di PCard (ff. 272-288r), GrRiq (ff. 288r-311v) e Cerv (ff. 311v-316). Recentemente P. Allegretti, Il «geistliches Lied» come marca terminale nel canzoniere provenzale C, in SM, XXXIII (1992), pp. 721-735, ha posto in rilievo una disposizione dei testi, propria del solo C, in base alla quale canti di conversione o di pentimento hanno di preferenza una collocazione terminale e chiudono buona parte delle sezioni dedicate ai singoli trovatori. Esemplari sarebbero i due Liederbücher di PCard e GrRiq, i quali nel codice C si concludono con due Marienlieder: PCard, Vera Vergena Maria, f. 288r e GrRiq, Sancta Verges Maires pura, f. 311v. Un’identica collocazione terminale di geistliches Lied si riscontra in altri corpora di trovatori nei quali la studiosa individua dei “parallelismi terminali” che legano consecutivamente a due a due FqMars (f. 6v) : GrBorn (f. 30v); Cad (f. 159v) : GlAymar (f. 163v); GlCab (f. 213v) : JRud (f. 215v); JoEst (f. 331r) : RmGauc (f. 334r — di cui si parlerà più oltre), e che sono “avvicinabili alle altre procedure capfinidas di aggancio tra corpora” del canzoniere C (cfr. l’enchaînement naturel des pièces di cui parla Zufferey, Recherches linguistiques, p. 134, nota 103). Questa tendenza del compilatore potrebbe far pensare all’esistenza di un progetto di disposizione dei testi più completo di quello teso più semplicemence a dar valore a corrispondenze e parallelismi incipitari: «Se questo paradigma sia un semplice modello di lettura (quale quello delle vidas) o discenda invece da sollecitazioni presenti in un qualche «canzoniere d’autore» (da intendersi qui come raccolta predisposta dall’autore), non è facilmente decidibile». Sul Marienlied come elemento conclusivo di una raccolta, cfr. V. Bertolucci Pizzorusso, Libri e canzonieri d’autore nel medio evo: prospettive di ricerca, in SMV, XXX (1984), pp. 91-116 (ora in Morfologie del testo medievale, pp. 125-146) e M. Perugi, Lanfranco Cigala nell’epilogo dei “Rerum vulgarium fragmenta”, in SM, XXXII (1991), pp. 833-841. (↑)
57. M. Picchio Simonelli, La lirica moralistica, pp. 19 sgg. (↑)
58. Già Monfrin, Le chansonnier «C», p. 310, aveva messo in risalto anche dal punto di vista della storia letteraria e culturale, l’importanza di Narbona e del Narbonese nel XIII e XIV secolo, aggiungendo che in C: «les troubadours du Bas-Languedoc sont particulièrement bien représentés». (↑)
59. Oltre a ciò si aggiunga l’“intérét exclusif” del compilatore di C per le composizioni attribuite ad autore unico a scapito di quelle anonime o dialogate, tanto che queste ultime non sono neppure state inserite nelle due tavole poste al principio del manoscritto (occupano i ff. 1r-31v, ma non sono numerate) che concernono infatti solo la sezione dedicata alle canzoni. Cfr. Zufferey, Recherches linguistiques, p. 135. (↑)
60. Si tratta di BtBorn, Mon chan fenisc ab dol et ab maltraire, f. 144v; Sord, Planher vuelh en Blacatz, f. 265v; GlAug, Quascus plor e planh son dampnatge, f. 351v. (↑)
61. Questo parallelismo è stato posto in risalto da P. Allegretti, Il «geistliches Lied», pp. 727-728. Cfr. supra nota 56. (↑)
62. Cfr. V. Bertolucci Pizzorusso, Il canzoniere di un trovatore: il «libro» di Guiraut Riquier, in MR, V (1978), pp. 216-259 (ora in Morfologia del testo medievale, pp. 87-124). In Appendice allo studio sono pubblicate le rubriche di RmGauc insieme con quelle dell’altro trovatore di Béziers, JoEst. Per l’esame del rubricario di RmGauc si veda infra. (↑)
63. Cfr. S. Vatteroni, Johan Esteve, p. 14. (↑)
64. Cfr. S. Vatteroni, Johan Esteve, pp. 20-22. (↑)
65. In R solo a partire dal canzoniere di GrRiq (R10, ff. 103v-120r) si nota la presenza di rubriche non esclusivamente attriburive. (↑)
66. Fondamentale a questo proposito lo studio di V. Bertolucci Pizzorusso, Il «libro» di Guiraut Riquier, cit. La studiosa imposta un’analisi completa del rubricario del Liederbuch del poeta narbonese, sottolineando l’eccezionale importanza di «tale insieme di connettori espliciti, che di fatto «tiene» il libro» (p. 217), concordando pienamente con Avalle, il quale aveva rilevato che: «La testimonianza [...] ci conferma infatti nel modo più esplicito che si potesse desiderare, l’esistenza di una pratica sulla quale non avremmo avuto altrimenti che le poche prove indirette forniteci dall’analisi comparativa della tradizione manoscritta» (I manoscritti, pp. 63-64). Anche Monfrin, Le chansonnier «C», p. 295, vi aveva accennato: «[...] Certaines rubriques sont développées et livrent des précisions de lieu et de temps, notamment pour les derniers troubadours du Languedoc, Jean Esteve et Guiraut Riquier». (↑)
67. Termine di raffronto imprescindibile per il rubricario di RmGauc è la fitta rete delle rubriche che accompagnano i componimenti in versi di GrRiq nei codici C e R. Il confronto con le modalità di presentazione del maggiore complesso del trovatore narbonese, consente di fare delle osservazioni sul significato e la qualità di queste testimonianze. (↑)
68. G. Azaïs, Les troubadours de Béziers, non le ha edite integralmente: riporta la trascrizione completa solo della rubrica n. 8 (p. 7), mentre della n. 1 dà un particolare falso (1 marzo) sbagliando l’anno (1275, a p. 12); cita poi le date riportate nelle rubriche n. 2 e n. 4 ma stranamente non quella riportata nella n. 3, anch’essa segnalata nel canzoniere; della n. 6 poi non riporta il testo integrale ma ne riassume il contenuto (p. 18). (↑)
69. M. L. Meneghetti, nel suo studio Il pubblico dei trovatori. Ricezione e riuso dei testi lirici cortesi fino al XIV secolo, al cap. VII, riporta alla fig. 11 la riproduzione fotografica proprio del f. 332r di C, da cui cominciano le canzoni di RmGauc. (↑)
70. Questa rubrica che apre in C la sezione dedicata a GrRiq (ff. 288r-311r), riveste un’importanza particolare, in essa infatti si afferma esplicitamente come sia diretta e autografa la fonte di cui il copista si è servito, indicata chiaramente come il libre del trovatore, garantendo la fedeltà e l’integrità della copia: «del qual libre escrig per la sua man fon aissi tot translatat». (↑)
71. Quanto all’interpretazione del testo, il plurale richiesto da comensan è restituito da Pfaff (nella trascrizione compresa nel IV vol. dei Werke di Mahn) con los cans e da Mölk, Giraut Riquier. Las cansos, p. 19, con li can, mentre Di Girolamo, I trovatori, p. 221, corregge in comensa e interpreta il singolare come «l’opera, il canzoniere»; anche la conclusione suscita diversità di lettura: Di Girolamo traduce: «...così come è di seguito riportato». Il caso è affrontato da Bertolucci Pizzorusso, Il «libro» di Giraut Riquier, p. 241 n. 11 dove cita due casi analoghi in C (le rubriche che introducono le opere di RmMir (f. 74v) e di DPrad (f. 163v) in cui il significato di de sus dovrebbe essere «curiosamente “di sotto”», sottolineando come invece Avalle, I manoscritti, p. 63, traduca: «...con la dichiarazione di cui sopra». (↑)
72. Si veda la rubrica n. 36 dell’edizione Bertolucci Pizzorusso: «Canson redonda ez encadena/da de motz e de son d’en Gr’./ Riquier, facha l’an m.cc.lxxx./ij. en abril. E·l sos de la segon/da cobla pren se el mieg de la/ primeira e sec se tro la fin,/ pueys torna al comensamen/ de la primeira e fenis en la/ mieija de la primeira ais/si quon es senhat; pueys to/ta la cansos canta se aissj: la/ primeira e la tersa e la q(ui)nta/ d’una maneira, e la quarta e la sexta d’au/tra maneira. Ez aquesta can/sos es la xxiij» (C, f. 300r). La studiosa ipotizza che di fronte ad un antigrafo, il libre di GrRiq, contenente informazioni sull’esecuzione musicale, il compilatore di C abbia escluso la notazione melodica come incompatibile ai criteri della sua raccolta (pp. 239-240): infatti il rimando nella rubrica ad un segno esterno al testo, «aissi quon es senhat», non è considerato; al contrario in R, di cui è risaputa la predilezione per la notazione musicale, si trova sul tetragramma il disegno di una croce rossa. Anche per la Declaratio di GrRiq si fa riferimento all’edizione Bertolucci Pizzorusso, La Supplica di Guiraut Riquier e la risposta di Alfonso X di Castiglia, in SMV, XIV (1966), pp. 8-135. (↑)
73. Si vedano ad esempio le rubriche nn. 42 e 43 nell’edizione Bertolucci Pizzorusso, p. 229: «Lo/ xviij. vers que les Gr’z. Riq(ui)er/ v. iorns a l’intrada d’octobre,/ l’an m.cc.lxxxiiij.: so fo lo dijous apres Sant Miquel» e «Lo xviiij. vers d’en Gr’. Riq(ui)er/ l’an m.cc.lxxxv., lo jorn de/ sant Bres». (↑)
74. Questa distinzione è avvertibile anche visivamente: infatti il copista-rubricatore, molto ordinato e attento alla coerenza della pagina, inizia di regola la rubrica nel rigo stesso in cui termina il testo che precede (ciò avviene per le rubriche nn. 1, 3, 4 e 6), mentre ogniqualvolta egli voglia segnalare il passaggio ad un nuovo genere, o sottogenere, fa iniziare la rubrica a capoverso. Nel canzoniere di GrRiq, le rubriche che segnalano in C l’inizio di una nuova sezione di testi, sono scritte a capoverso dopo uno stacco in bianco di un rigo e mezzo dal testo precedente. Non così evidente è l’organizzazione dei testi nel canzoniere di RmGauc: questo criterio si può individuare, invero un po’ confusamente, solo nella rubrica afferente alla prima delle coblas (n. 5) e in quella relativa al planh (n. 8). (↑)
75. «... l’arco temporale delineato non è continuo, ma s’interrompe e ritorna indietro in corrispondenza di ogni primo esemplare di genere e di sottogenere», Bertolucci, Il «libro» di Guiraut Riquier, pp. 247-249. Le rubriche poste a cornice delle composizioni di GrRiq adempiono quindi una duplice funzione: raggruppare i componimenti per generi e sottogeneri, che vengono ordinati gerarchicamente a partire da quello giudicato stilisticamente più alto, e disporre a questo punto i singoli testi, numerati progressivamente, lungo la linea temporale. (↑)
76. Queste oscillazioni nella definizione di genere sono avvertite anche in Pillet-Carstens e Frank (Répertoire métrique), che prescindendo dalla definizione data nelle rubriche, designano come Geistliches Lied/chanson religeuse i sirventes 401,2 (I) e 401,5 (II), e come Kreuzlied/chanson de croisode i sirventes 401,1 (VII) e 401,8 (VI). (↑)
77. Sull’evoluzione e la diversa accezione acquisita da vers a partire dalla seconda metà del XIII secolo, cfr. nota a IV, 39. (↑)
78. I titoli da presentare per ottenere il dottorato in poesia che il trovatore chiede nella Suplicatio per lo nom de ioglars rivolta nel 1274 al re Alfonso X di Castiglia, con la quale lo invita a intervenire per regolare la terminologia giullaresca, sono rappresentati da cansos e vers per la lirica e dalle novas per la poesia narrativa (cfr. Declaratio vv. 264-266 e v. 371, che è la risposta, attribuita da GrRiq al re, datata 1275). La «carta sagelada» del conte Enrico II di Rodez, suo ultimo protettore, trascritta in R a chiusura del libre, attesta ufficialmente che GrRiq ha meritato il titolo di doctor de trobar, introducendolo nella cerchia dei maestri della nobile arte del comporre. (↑)
79. Cfr. S. Vatteroni, Johan Esteve, p. 22: «se infatti consideriamo il compilatore di C come colui che ha ordinato il canzoniere di Johan Esteve, dobbiamo anche necessariamente immaginarci questa sistemazione critica come avvenuta durante la stessa messa in opera della silloge, quando cioè il compilatore aveva già davanti il Liederbuch di Guiraut Riquier». Una rassegna dei possibili Liederbücher ricostruibili in area occitanica è fornita da M. de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, I, pp. 16-17; più in generale sui canzonieri d’autore romanzi: Avalle, I canzonieri: definizione di genere e problemi di edizione, Atti Lecce 1985, pp. 363-382 e Bertolucci Pizzorusso, Osservazioni e proposte per la ricerca sui canzonieri individuali, Atti Liège 1991, pp. 273-301. (↑)
80. S. Guida, Gavaudan, pp. 121-122. (↑)
81. Per quanto riguarda il problema dei rapporti tra grafia e suoni, l’esame è agevolato dal fatto di poter disporre sia dello studio effettuato da Monfrin sul codice C (Le chansonnier «C», cit.), sia del più recente lavoro di Zufferey (Recherches linguistiques, cit.) concernente lo spoglio grafico-linguistico di numerosi canzonieri occitanici. Nell’Introduzione (pp. 30-31), lo studioso sottolinea la duplice incertezza che presiede al suo lavoro: la difficoltà di far trasparire i vari strati sottostanti l’ultima patina, che si sono sovrapposti nel corso della trasmissione, e l’inevitabile imprecisione, provocata dal carattere composito delle tradizioni, nell’individuare una localizzazione accertata per ciascuna successione. Sull’argomento si veda anche W. Meliga, Les études graphématiques et la tradition des troubadours, in Les manuscrits médiévaux de langue d’oc, communications présencées à l’Université Occitane d’Eté de Nîmes, 1993, in RlR, XCVIII (1994), 1, pp. 31-47. (↑)
82. Mentre Monfrin ha limitato il suo studio alla prima tavola del canzoniere C, come il luogo in cui il copista, rivelandosi meno condizionato dalla lingua dei suoi modelli, riflette una visione linguistica ed un uso grafico relativamente coerenti, Zufferey ha invece preferito estendere la sua analisi grafico-linguistica all’intero manoscritto. La presenza di una stratigrafia complessa come quella trobadorica lo induce infatti a puntare l’attenzione sulla scripta della tradizione alla quale si connette il canzoniere, piuttosto che parlare di lingua del singolo copista: «mais la cohérence d’une scripta ne doit pas être confondue avec le système graphique propre à un copiste. Celui ci, — et ce devait être le cas du copiste de C —, pouvait avoir une vision linguistique très précise, tout ce ne manifestant qu’une faible propension à intervenir sur l’image graphique qu’il érair censé de reproduire» (Recherches linguistiques, p. 31). (↑)
83. J. Monfrin, Le chansonnier «C», p. 293. Si veda inoltre d’A. S. Avalle, I manoscritti, p. 91. (↑)
84. I. Frank, Babariol, pp. 231-233, aggiungendo che il suo compilatore «n’est pas un simple copiste qui tient la plume, c’est un lettré, un connaisseur de la matière». Sull’argomento avevano già espresso opinione e riserve sia Gröber, notando il carattere edettico delle sue lezioni, in Die Liedersammlungen, pp. 575-576, che Bertoni, I trovatori d’Italia, p. 188, n. 2. Tuttavia intorno alle considerazioni sull’abilità di questo “specialista del restauro” che è il compilatore di C (o del suo modello), Stefano Asperti avverte: «paiono eccessive generalizzazioni indiscrirninate che si appoggino al solo caso studiato da Frank, importante, ma certo non esemplare, per svalutare la qualità complessiva del canzoniere e questo mentre la prassi dell’intervento individuale è ben altrimenti attestata in canzonieri ritenuti normalmente di massima autorevolezzza, quali *A* in spccial modo, e *B*, Raimon Jordan, p. 424, nota 2. (↑)
85. Ma le forme senza dittongo, greu (III 3; V 2; VI 9) e leu (VII 39), sono le più comuni; normalmente si incontrano nei testi più antichi ma sono assai diffuse anche nei dialetti moderni (cfr. Ronjat, Grammaire istorique, I, § 150). (↑)
86. Sulle grafie nei canzonieri provenzali degli esiti da o breve latina nei casi di dittongazione condizionata, cfr. W. Meliga, Osservazioni sulle grafie della tradizione trobadorica, in Atti Torino 1993, pp. 763-797. (↑)
87. La resa grafica delle occlusive [k] e [g], iniziali o intervocaliche, è generalmente qu, gu davanti a tutte le vocali e c, g davanti a a, o, u, ma la ripartizione tra le due grafie non obbedisce sempre a considerazioni etimologiche: cascus I 18 accanto a quascus I 34, 39; II 19; III 35, 39 etc., quadau I 13, gardatz VII 44, garnitz VII 13r, gazanhey IV 12, accanto a amigua V 48, guandida VII 40r. (↑)
88. Cfr. Zufferey, Recherches linguistiques, pp. 141-143. (↑)
89. Cfr. Zufferey, Recherches linguistiques, pp. 140-141. (↑)
90. La palatalizzazione di queste forme è dovuta all’influenza di quei verbi che presentano uno jod alla 1ª ps. sg. del tipo sepeli˰o, -i˰amda cui *falio per fallo (si veda il franc. faillir, cfr. Zufferey, p. 148, n. 156). (↑)
91. Le forme nulh, nulla, arrestate in diversi canzonieri, anche non linguadociani, si possono spiegare partendo da un etimo nulli˰us, -a (cfr. Appel, Lautlehre, p. 68). (↑)
92. Cfr. Zufferey, Recherches linguistiques, p. 146. (↑)
93. Zufferey dà molto rilievo al condizionamento spaziale, poiché la limitazione esercitata dalla colonna entro la quale il testo è disposto agisce introducendo delle anomalie nei diversi sistemi, come la riduzione grafica di una parola che arriva a fine linea o la separazione, con continuazione al rigo successivo, di un’unità grafica troppo grande. (↑)
94. J. Monfrin, Le chansonnier «C», p. 297. La presenza di questo fenomeno grafico è stata rilevata anche nei canzonieri D, M ed R. Per ragioni di chiarezza, nel testo si è preferito indicare la sinalefe eliminando la lettera finale e inserendo l’apostrofo (cfr. Metrica e Versificazione). (↑)
95. J. Monfrin, Le chansonnier «C», p. 297. (↑)
96. Cl. Brunel, Bibliographie n. 143, p. 43: «Écrit au XIVe siècle vers Narbonne». Zufferey, Recherches linguistiques, p. 151, alla n. 161 precisa: «dans le premier quart du XIVe siècle, comme R», aggiungendo che il terminus post quem è il 1292, anno dell’ultima composizione di GirRiq. (↑)
97. J. Monfrin, Le chansonnier «C», p. 310: «Narbonne et ses alentours». I tratti linguistici peculiari ai quali è ricorso lo studioso sono l’evoluzione della occlusiva velare in posizione iniziale di parola o di sillaba, seguita da a (cfr. a p. 307: «Le maintien du son primitif de la consonne dans le groupe ca initial ou appuyé est assez net pour nous assurer que le manuscrit a été copié au Sud d’une ligne caractérisrique qui passe au Nord d’Avignon, d’Alès, d’Aurillac, au Sud de Périgueux pour rejoindre, en gros, la limite emre les départements des Charentes et celui de la Gironde») e il trattamento del gruppo latino -ct-. (↑)
98. F. Zufferey, Recherches linguistiques, p. 152. All’interno del dominio linguistico del Midi della Francia precisa così la localizzazione del canzoniere C: «Languedoc occidental: région de Narbonne; scripta sous forte influence catalane», p. 314; senza con questo arrivare ad ipotizzare per C uno scriba di origine catalana come Jeanroy in Notes sur l’histoire d’un chansonnier provençal, Misc. Picot, I, p. 527. (↑)
99. J. Ronjat, Grammaire istorique, II, §§ 303 e 397. Anche Monfrin lo riconosce come fenomeno catalano ma a p. 309 afferma: «L’absence d’autres traits catalans nous interdit de placer la copie du chansonnier C dans le Sud de la zone que nous venons de délimiter» e infatti alla nota 38 lo riconoscerà come uno dei fenomeni decisivi per la localizzazione narbonese. (↑)
100. J. Monfrin, Le chansonnier «C», a pp. 308-309 riporta: «Il paraît de règle, au moins au XIIIe siècle, et au début du XIVe, à Carcassonne et à Narbonne. Vers la fin du XIVe siècle, le phénomène est en régression». (↑)
101. Infatti Zufferey considera esagerata l’opinione di Pfister per il quale l’area si dilatava ad «une zone qui va de Millau à la région de Narbonne», La localisation d’une scripta littéraire en ancien occitan, in TLL, XII (1972), pp. 270-271, n. 15. (↑)
102. «Zufferey non si sofferma sulla deduzione che parrebbe inevitabile, che cioè la componente catalana di C costituisce un substrato e tradisce la provenienza del suo modello [...], la deroga alla procedura adottata per tutti gli altri canzonieri è forse spiegabile con la difficoltà ad accreditare una fonte così occidentale per il testimone principale dei trovatori di origine narbonese», cfr. L. Leonardi, Problemi di stratigrafia occitanica, in Rom, 108 (1989), p. 370. (↑)
103. A dimostrazione di ciò, in una tabella approntata a p. 317, in cui vengono classificate le tradizioni dei canzonieri del Midi della Francia secondo il degrado di coerenza della loro scripta, la grafia di C non solo si mostra in qualche punto più incoerente di quella di R, ma anche lontana dalla purezza dei sistemi grafici dci canzonieri della tradizione orientale (b-E, J). (↑)
104. Nella seguente indagine sono state considerate le analisi di W. Bernhardt, Die Werke des Trobadors N’At de Mons, pp. XXV-XLI; S. Guida, Gavaudan, pp. 126-129; F. Zufferey, Recherches linguistiques, pp. 107-129, solo per la parte propriamente lirica del canzoniere; M. Pfister, Sprachliches und Lexikalisches zu Guiraut Riquier und zur Troulbadourhanfschrift R, in ZRPh, 104 (1988), pp. 103-111. (↑)
105. M. Pfister, La localisation, p. 276: «Les vallées de l’Aveyron, du Tarn et du Lot, c’est-à-dire le Rouergue, l’Albigeois et le Quercy avec les zones périphériques en Bas-Limousin et la région de Béziers-Montpellier forment au XIVe siècle une certaine unité linguistique et graphique dont il faut tenir compte si on veut caractériser et localiser des manuscrits provenant de ces régions». (↑)
106. A Zufferey non pare molto probabile che -d- abbia mai conosciuto uno stadio [dz], n. 55 p. 119: «l’échange entre d et z dans fedes/fezes ou rado/razo n’implique pas que -d- a évolué en [dz]>[z] (cfr. Ronjat, Grammaire istorique, II, 94), mais plutôt que l’affriquée [dz] provenant de c+i, e e ti˰, avant de se simplifier en [z], a passé par [δ], ce qui a entraîné une confusion avec la fricative interdentale issue de -d-» (cfr. inoltre Séguy, Essai sur l’état des palatales et de -d- romanes en occitan du XIIe siècle, pp. 169-220). (↑)
107. F. Zufferey, Recherches linguistiques, p. 314: «Languedoc Occidental: région de Toulouse; scripta à légère composante gasconne». La sua proposta di localizzazione è avvalorata anche da indizi di carattere extralinguistico: l’inserzione, ad opera di un copista successivo, delle composizioni del Cavalier Lunel de Montech, uno dei sostenitori del Consistori Tolosano dei Jocs Florals, e l’incompletezza, in confronto a C, del corpus del canzoniere di GrRiq, spia del fatto che l’esemplare del Liederbuch del trovatore di Narbona di cui disponeva il copista di R era lacunoso. (↑)
108. A p. 130 delle sue Recherches, alla nota 94, fissa il terminus post quem al 1292, anno dell’ultima composizione di GrRiq (che per l’incompletezza dell’esemplare non si legge in R), e il terminus ante quem al 1326, anno dell’aggiunta delle composizioni del Cavalier Lunel de Montech. (↑)
109. Cl. Brunel, Bibliographie n. 194, pp. 56-59: «Écrit au XIVe siècle en Languedoc». (↑)
110. Cfr. D’A. S. Avalle, I manoscritti, p. 91. Egli afferma: «Se però terremo presente il fatto che i due manoscritti, sono gli unici ad averci conservato le poche canzoni dei trovatori di Narbona [...] e di Béziers [...] che ci sono pervenute, non andremo forse lontano dal vero affermando che anche R deve essersi costituito nella medesima zona di C». In realtà c’è da sottolineare che, stando al Pillet-Carstens, tra i trovatori nominati da Avalle, solo GrRiq e RmGauc sono presenti sia in C che in R, mentre gli altri si leggono solo in C. (↑)
111. F. Zufferey, Recherches linguistiques, p. 130. Le forme sono: laugier da «leviariu» e ayzel da «aucellu», e le grafie dh/dz nei derivati di «ad-» e «ad» in forme come adzempratz IX 41. (↑)
112. F. Zufferey, Recherches linguistiques, § 16 p. 117: «Aux XIIIe et XIVe siècles, ce phénomène connaissait une extension assez vaste [...]; on notera que les actuels départemems de l’Ariège (pays de Foix) et de l’Aude (Carcassès et Narbonnais) ne sont pas affectés par cette évolution». (↑)
113. F. Zufferey, Recherches linguistiques, § 35 p. 127 aggiunge: «Cette désinence, selon Paul Meyer (Daurel et Beton, p. LXIII), ne paraît avoir été usuelle au XIIIe et au XIVe siècle que dans l’Albigeois, le Toulousain, le pays de Foix [...] C’est également la conclusion à laquelle parvient Brunel [...] (Chartes, p. XLIV e Chartes S, p. XV». (↑)
114. La localizzazione è confermata da Pfister, Sprachliches, pp. 103-111. Nuovi argomenti sono stati portati dall’analisi codicologica e iconologica di G.Brunel-Lobrichan, L’iconographie du chansonnier provençal R, Atti Liège 1991, pp. 245-271. (↑)
115. I fenomeni individuati sono la prostesi di a davanti ad r nelle forme arretener e arretengut, attestate nella sezione di apertura che contiene le biografie («où subsistent quelques traits dialectaux») e il passaggio -nd->-n- attestato nella forma manuga < manducat; si vedano le pp. 111-112 e 123. Sul primo fenomeno si è già soffermato Grafström, Graphie, p. 88, a proposito di arretengudas di una carta albigese, in cui vede però il risultato di una «mécoupure de la retenguda» mostrandosi poco incline a ritenerla una forma di origine guascone. (↑)
116. Lo studioso tuttavia mette in guardia dall’immaginare che ogni sezione in cui il canzoniere è diviso si riferisca ad una fonte particolare, e sottolinea come, al contrario, questa «disposition du chansonnier R représente parfois un ordre volontairement brisé», Recherches linguistiques, p. 107. La pluralità delle fonti di R e il suo carattere di Gelegenheitssammlung, sono stati messi in evidenza già dal Gröber (Die Liedersammlungen, pp. 368-401), il quale lo faceva rientrare tra i Zusammengesetzte Handschriften (pp. 358 e sgg.), mentre la sua recensio, spesso lacunosa ed alterata, è stata giudicata con una certa severità da Avalle (Peire Vidal, p. CXII): «questo teste è uno dei meno accurati per la faciloneria del suo amanuense sempre pronto a intervenire a torto e a traverso dove non capiva ed assolutamente refrattario al culto per la letteratura». Sull’argomento si veda anche A. Tavera, Le chansonnier d’Urfé, pp. 233-249. (↑)
117. Il collettore di cui sono discendenti C ed R è, come già detto, γ, costituito nella zona fra Narbona e Béziers, con ogni probabilità prima del 1288, che è l’anno in cui inizia la stesura del Breviari d’Amor Matfre Ermengau, anch’egli di Béziers; infatti il materiale di cui quest’ultimo si è servito «non si differenzia per nulla da quello presente nel collettore γ e anzi le citazioni dovevano essere state corredate da lui di varianti tratte sempre da quel collettore [...]», Avalle, I manoscritti, p. 92. (↑)
118. C. Appel, Lautlehre, § 15, p. 17 e § 19, p. 22: «aus der epischen Sprache des Nordens». (↑)
119. Si veda, per la grafia ch nel codice C e per il dominio linguistico nel Medio Evo dell’esito occlusiva velare sorda+a, supra, «Il manoscritto C», c), e nota 97. (↑)
120. Cfr. Ronjat, Grammaire istorique, § 106 ed anche E. Levy, O in Nasalposition im Altprovenzalischen, Misc. Walund, pp. 207-212. (↑)
121. Cfr. Ronjat, Grammaire istorique, § 303. Per la presenza di questo tratto linguistico in C, cfr. supra, «Il manoscritto C», e). (↑)
122. Monfrin tuttavia a proposito della palatalizzazione di -ll, riporta: «A Béziers nous n’en trouvons trace ni dans Jacme Mascaro ni dans Matfre Ermengaud, qui ne fait jamais rimer l<ll avec un l» (Le chansonnier «C», p. 308). (↑)
123. Dai documenti non letterari pubblicati dal Brunel si ricava che, a parte -en, tratto tipico del Limosino, l’uscita -on è quella attestata con maggior frequenza (cfr. Chartes, p. XLI e nota a VII, 28). (↑)
124. V. Crescini, Manuale, p. 111: «fai in luogo del legittimo fatz, fas (<facit), promuove estai e vai presso i normali estat (< stat), va (< vadit) e reciprocamente su esta, va si foggia fa accanto a fai». (↑)
125. Per -s in luogo di -ts nel Lodévois, cfr. Grafström, Graphie, § 78, 2b. (↑)
126. «Un de plus mauvais troubadours dont il reste quelque chose», C. Fauriel, Histoire de la Poésie Provençale (3 voll., Leipzig-Paris 1847), II, 36. (↑)
127. Per l’uso dei tre segni grafici i, j, y nel codice C, si veda Zufferey, Recherches linguistiques, pp. 138-139. (↑) (↑) |