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Blasi, Ferruccio. Le poesie di Guilhem de la Tor . Genève - Firenze: Leo S. Olschki S. A. - Leo S. Olschki, 1934.

INDICE:

INTRODUZIONE

I. Vita e opere del poeta.

II. Metrica

III. Manoscritti

IV. Poesie autentiche e apocrife

V. Piano della presente edizione

BIOGRAFIA

NOTE

 

 

LE POESIE

DI

GUILHEM DE LA TOR

 

 

INTRODUZIONE.

 

I. Vita e opere del poeta. — Nulla sappiamo di storicamente preciso intorno alla vita di Guglielmo de la Tor. La sua biografia è romanzesca. (1) Le strane vicende che si raccontano sul suo amore non trovano nessuna conferma nelle sue poesie. Si deve, perciò, ammettere, come s'è fatto per altri trovadori, che essa sia stata del tutto inventata, o, se si vuole ad ogni costo vedervi un riflesso poetico o reale, si deve senz'altro pensare che si basi su qualche testo andato perduto. C'è, in verità, nelle sue poesie un accento doloroso e supplichevole d'amore che potrebbe giustificare in qualche modo il tono generale dell'inverosimile romanzetto, ma questo è troppo poco e generico, essendo un siffatto tono abbastanza comune nella poesia di Provenza.

Guglielmo de la Tor fu originario della Tour-Blanche (Turris Alba), (2) castello presso Ribérac, nella Dordogna. Niente ci è dato conoscere di lui avanti la sua venuta in Italia, la quale dovette avvenire prima del 1216, convenendo di datare da quest'anno la composizione della Treva. In Italia fu a contatto di molti signori e visse, quasi randagio, secondo il costume dei giullari, di corte in corte, attratto nella maggior parte dei casi dal desiderio di miglior fortuna, come si desume da qualche passo e, meglio ancora, dallo spirito di alcuni suoi versi. Quasi certamente visitò la corte dei conti di Biandrate (XII), dei da Romano (XIII), degli Estensi (VIII e forse l'XI), dei Malaspina (IX e XIV). (3) Il Restori ne sospetta la presenza anche presso Ottone del Carretto, tra i cui seguaci, in un atto notarile del novembre 1233, è nominato un Guillelmus de la Turri. (4) Nella sua biografia, poi, si parla, come luoghi abitati dal poeta, di Milano e di Como. Il suo ricordo in Italia si dovette perdere dal 1233 in poi, e cioè dopo la morte di Giovanna d’Este, destinataria della poesia VIII, se ammettiamo che le altre poesie furono composte prima e che alla corte d'Azzo VII e a quest'epoca, circa, come parrebbe anche al De Bartholomaeis, (5) fosse scritto il sirventese XI. Visse, come si vede, molto tempo in Italia, dove probabilmente morì, e fu perfino preso per un italiano. (6) Anch'io direi col De Lollis che « nulla c'induce ad ammettere l'identificazione, proposta dal Levy (7) e dallo Schultz, (8) di Guglielmo de la Tor con Guglielmo del Dui fraire che in un momento non facile a determinare sorprendiamo a Brescia e che Guglielmo Figueira chiama — maiestre d'en Sordel — ». (9)

Le poesie di G. de la Tor si possono dividere in due sezioni principali: poesie d'amore e poesie storiche, e, più precisamente, d'occasione, scritte, queste ultime, tutte in Italia e determinate da vicende personali e d'ambiente che portarono il poeta, come accadeva per molti trovadori che valicavano le Alpi, ad occuparsi delle cose nostre. Nel primo gruppo (riguardo alla disposizione che abbiamo tenuta), che comprende otto componimenti, sei sono vere canzoni d'amore (II, III, IV, V, VI, VIII); la I è una mieja canso e la VII una breve poesiola dal tono realistico e sensuale. Abbiamo voluto comprenderla fra queste, per lasciare netta la divisione tra le prime sette poesie di questa edizione, che non sappiamo dove sono state scritte, e le altre sette, che sono state composte sicuramente in Italia, come risulta dalla loro stessa testimonianza. Dobbiamo, inoltre, ricordare un discordo (IX), due sirventesi (X-XI), due tenzoni (XII-XIII) e la Treva (XIV). Nelle poesie d'amore, specialmente, il nostro trovadore non fa che ripetere e sviluppare temi comuni e motivi tradizionali della poesia cortese di Provenza. Egli è più incline alla malinconia che non alla gioia d'amore; ha fiducia nell'attesa; vuole sincerità d'affetti e vede nella sofferenza la più grande prova d'amore. Se esalta l'amore fino ed ha lodi per i fins e biasimo per i fals (messi a contrasto nella poesia II, str. III), non è davvero immune dall'amore sensuale, come abbiamo sopra accennato. Sì che ne risulta, come per la maggior parte dei trovadori della sua epoca, un certo sdoppiamento, tra sensuale e casto. A volere, anche per un solo momento, dare ascolto alla sua biografia, dovremmo ammettere, a lato del convenzionalismo, una certa nota di sincerità, soprattutto là dove il poeta tratta dei vari stati d'animo che l'amore determina nel cuore degli amanti. Sa tessere elogi alla bellezza e alla grazia femminile, nella maniera più tipica e gentile della poesia cortese, come sa inveire, con violenza di linguaggio e tono plebeo, contro signori e potenti che gli rifiutino denaro e protezione.

Il nome di Guglielmo de la Tor è particolarmente legato, specie per l'Italia, alla Treva che, se vale poco o niente (essendo un arido elenco di nomi femminili, senza il minimo accento poetico) dal punto di vista artistico, molto vale come documento storico-letterario. Tutto lascia supporre che questo componimento, che, in ispecial modo, servì ad allietare gli aristocratici convegni delle nostre corti dell'epoca, dovette avere un gran successo, specie nel mondo femminile, già accordato altra volta a componimenti di questo genere, del tutto adatti a simili ambienti. Esso trae origine da un genere coltivato in Francia e in Provenza. (10) Questo genere letterario, che ha per iscopo di glorificare le belle d'un dato luogo, protagoniste d'un combattimento immaginario, ebbe in Francia il nome di Tournoiement des dames. Ricorderemo, prima, quello di Huon d'Oisi, il più celebre, e l'altro, forse, di Richart de Semilli, che sono i due Tornei lirici, (11) ai quali dobbiamo aggiungere altri due narrativi, (12) possedendo l'antica letteratura francese quattro Tornei di dame.

In Provenza, R. de Vaqueiras l'aveva ridotto a genere umoristico con il suo Garlambey; (13) ma l'esempio celebre è il Carroccio, (14) composto da lui per esaltare Beatrice di Monferrato, figliuola di Bonifazio. A questo genere si ricollegano direttamente le composizioni di Albertet de Sisteron (15) e di Aimeric de Belenoi (16) e la Treva. Questa prende lo spunto da un componimento poetico, non conservatoci, dal titolo, forse, di Mesclança e Batailla di un Aimeric (con molta probabilità deve trattarsi di A. de Peguilhan), scritta per invitare le più belle e celebri donne italiane a comporre la lite, immaginaria, cantata nella poesia perduta, sorta tra le due sorelle, Selvaggia e Beatrice Malaspina, che si disputavano il primato del pregio e del valore. Grazie alla Treva, che fu davvero una ingegnosa immaginazione poetica del nostro trovadore, la lite fu composta tra la lieta approvazione di tutte le gentili partecipanti al festoso convegno.

Guglielmo de la Tor fu un giullare elevato al rango dei trovadori, e, come è detto nella sua biografia: « sabia cansos assatz, s'entendia e chantava ben e gen, e trobava ». Secondo il costume giullaresco, (17) faceva lunghi preamboli nel presentare al pubblico una sua canzone che poi egli stesso recitava o cantava, come faceva per le poesie di altri trovadori. « Mas quan volia dire sas cansos, el fazia plus lonc sermon de la razon que non era la cansos ».

La lingua del nostro trovadore non dà rilievo a nessuna particolarità degna di nota; il vocabolario è tutt'altro che ricco (molte sono le parole e le stesse espressioni ripetute in più poesie), la forma è generalmente ispirata al trobar clar, ad eccezione di qualche passo e della poesia IV, dove s'appalesa qualche preziosità stilistica, (18) ma essa non è da includersi tra le rime decisamente appartenenti al trobar clus. È molto frequente l’iato. (19)

 

II. Metrica. — Gli schemi sono i seguenti:

I: a'7 b7 a'7 b9 b7 c'7 b6 b7 c'6; è una mezza-canzone di 3 coblas unissonans; Maus, n. 305; unicum.

II: a7 b7 b7 a7 c7 c7 d'5 d'7 e7 e7; 5 coblas unissonans e tornada; Maus, n. 549, 17. Schema metrico usato da molti trovadori.

III: a10 a10 a4 b6 b10 c’10 c'4 d6 d10; 5 coblas unissonans; Maus non lo registra. Per disposizione di rime il n. 70 del Maus è molto analogo.

IV: a7 a7 a7 a7 a3 b7 b7 b3 c7 c7; 5 coblas singulars e tornada; Maus, n. 23; unicum.

V: a7 b7 b7 a7 a3 c7 c7 c3 d7 d7; 6 coblas unissonans e tornada; Maus, n. 467; unicum.

VI: a b b a c c d d e e; 8 sillabe; 5 coblas unissonans e tornada; Maus, n. 549, 4 ; uguale alla canzone II (v. qui sopra).

VII: a7 b7 a7 b8 b7 a7 b7 a6; 3 coblas singulars; l'ultima strofa manca dell'ultimo verso che avrebbe avuto per rima -ota. Maus, n. 287, dove non è ricordato G. de la Tor, ma solo lo schema metrico d'un'anonima (Gr., 461, 2).

VIII: a7 a3 a3 a7 b7 b3 b3 b7 c7 c3 c3 c7 d7 d3 d3 d7 ; 6 coblas singulars e due tornadas ; Maus, n. 35. Solo il trov. Rost. de Mergas ha usato questo schema.

IX: Questa poesia è un Discordo (20) (così anche la chiama il poeta al v. 86), e consta di 5 coblas singulars e 2 tornadas. In tutto sono 88 versi, disposti, secondo il seguente schema metrico :

Str. I.

a'5 a'5 b5 | a'5 [a'5] b5 b5 b5|

a'5 a'5 b5 | a'5 a'5 b5 b5 b5|

c3 c3 d3| c3 c3 d3.

II.

e'5 e'5 f5 | e'5 e'5 f5 |e’5 e’5 f5|

g3 g3 h'3 h'3 | g3 g3 h’3 h’3|

g3 g3 h'3 h'3'.

III.

g4 g4 i8 | g4 g4 i8.

IV.

k'4 k'4 g8 | l'4 l'4 g8 | k'4 k'4 g8|

l'4 l'4 g8 | k'4 k'4 g8 | l'4 l'4 g8.

Str. V.

m5 m5 n’5 | m5 m5 n’5 | m5 m5 n’5.

VI.

o’5 o’5 | p5 p5 | h’5 h’5

VII.

q5 q5 | r’5 s5 | r’5 s5.

X: a' a' a' a' a' a' ; 12 sillabe; 5 coblas singulars e tornada; Maus, n. 17, 4.

XI: a b' a b' a a b'; 10 sillabe; 2 coblas unissonans; Maus, p. 87 n. 10.

XII: a' b b a' c c d d e e; 10 sillabe; 4 coblas unissonans; Maus, n. 549. Lo stesso schema delle poesie II-VI (v. qui sopra).

XIII: a' b a' b c c d d e e; 7 sillabe; 6 coblas unissonans e 2 tornadas; Maus, n. 366, 2. Questo schema di tutti settenari, con il primo e terzo verso a rima femminile, è usato solo da Uc de S. Circ. (Cfr. Jeanroy-Salv. de Grave, VIII).

XIV: a' a' a' a' a' a'; 12 sillabe; 7 coblas singulars e tornada; Maus, n. 17. Lo stesso schema della poesia X (v. qui sopra).

 

Le strofe sono unissonans (I, II, III, V, VI, XI, XII, XIII) e singulars (IV, VII, VIII, IX, X, XIV). Sette poesie hanno insieme rime maschili e femminili (I, II, III, IX, XI, XII, XIII); cinque hanno solo rime maschili (IV, V, VI, VII, VIII) e due solo femminili (X, XIV). Predominano le rime maschili.

La maggior parte delle poesie hanno cinque strofe e una tornata (il n. III ha cinque strofe senza tornata); vi sono sette strofe nel XIV, sei nel V e nell'VIII (quest'ultimo ha due tornate), quattro nel XII, tre nel I e nel VII e due nell'XI. Come si vede, il numero delle strofe è molto vario.

Le strofe risultano, in maggioranza, di dieci versi; nel n. I e III esse sono di nove versi, nel VII di otto, nell'XI di sette, nel X e nel XIV di sei.

Due volte sono di lunghe dimensioni: nel discordo (IX) che, com'è noto, richiede sempre uno sforzo notevole dal punto di vista della composizione melodica, e nella canzone VIII, le cui strofe sono formate da sedici versi ciascuna (essa ha due tornate).

La strofa, però, di questa poesia può dividersi esattamente in due strofe eguali di otto versi ciascuna, nelle quali i versi si ripetono nello stesso ordine, dal punto di vista della lunghezza, e con la stessa divisione delle rime, che sono raggruppate quattro a quattro (aaaa bbbb cccc dddd).

I versi sono, in maggioranza, di sette e otto sillabe, talora impiegati anche soli: i versi del n. XIII hanno sette sillabe, otto quelli del VI; più spesso sono mischiati con altri che variano da tre a nove sillabe. Non mancano, inoltre, versi di dieci e di dodici sillabe. Di dieci sillabe risultano le poesie XI e XII; di dieci, mischiati a quelli di quattro e di sei, la III; di dodici sono le poesie X e XIV, il cui verso risulta di due emistichi di sei sillabe ciascuno.

V'è in G. de la Tor la tendenza a ripetere le stesse forme metriche: comune è lo schema metrico per le poesie II, VI, XII, e per la X e la XIV. Quattro formule strofiche sono degli unica (I, III, IV, V).

 

III. Manoscritti. — Le quattordici poesie di G. de la Tor sono contenute nei mss. seguenti: (21)

A = Roma, Vaticano, Lat. 5232 (poesie, X, XII, XIII).

C = Parigi, Bibl. Naz., fr. 856 (XII).

D = Modena, Estense, R, L. 4 (I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, X, XI, XII, XIII).

Dc = (III, 1a e 2a str., IV, 2a str., XIII, solo i vv. 29-30).

E = Parigi, Bibl. Naz., fr. 1749 (XII, XIII).

F = Roma, Bibl. Vat., Chigi, L, IV, 106 (III, 1a str., IV).

G = Milan , Ambros., R. 71 sup. (II, III, IV, V, VI, XII, XIII).

I = Parigi, Bibl. Naz., fr. 854 (II, III, IV, V, VI, VIII, XII, XIII).

K = Parigi, Bibl. Naz., fr. 12473 (II, III, IV, V, VI, VIII, XII, XIII).

L = Roma, Vaticano , Lat. 3206 (V, VI, XII).

N = Cheltenham, Bibl. Fenwick, 8335 (II, III, IV, V, VI, VIII, XIII, XIV).

Q = Firenze, Riccard., 2909 (XIII).

U = Firenze, Laur., XLI, 43 (III).

a2 = Modena, Bibl. Estense, App. 494, 426, 427, Campori, (VI, IX).

 

IV. Poesie autentiche e apocrife. — Alle dodici poesie attribuite dal Bartsch ne vanno aggiunte due, che sono sicuramente di G. de la Tor: il discordo (IX), contenuto nel ms. a2, mancante in Bartsch, e la Treva (XIV), contenuta nel ms. N, registrata, per errore, dallo stesso, sotto le poesie di Rambaut d'Aurenga (Gr., 389, 35). Il Suchier (22) c'informa, a proposito degli errori commessi dal Bartsch, per quanto spetta N, che essi dipendono da un indice posseduto dal Mahn e utilizzato per il Grundriss. (23) Quest'errore del Bartsch non fu corretto dal Suchier. (24) Lo Jeanroy (25) dà la Treva come sconosciuta al Bartsch.

Il numero e l'autorità dei mss. non lasciano, a mio parere, alcun dubbio sull'autenticità della poesia (III): Quant hom reingna vas cellui falsament che il solo ms. N attribuisce a Peire Milon. Incerti, invece, si rimane dinanzi al sirventese (X: Un sirventes farai d'una trista persona, che i due soli mss. (A D), in cui esso è contenuto, attribuiscono rispettivamente a Palais e a G. De la Tor. Il Restori (26) è propenso più per il secondo. Si potrebbe notare, a questo proposito, che il sirventese è scritto con lo stesso schema metrico della Treva.

Le poesie apocrife sono tre:

I.

Gr., 30, 5: Aissi cum cel que tem qu'amors l'aucia, attribuita ad Arnaut de Maroill in C reg. E P α, a Perdigon in C R, a G. de la Tor in M, a Faidit de Belestar in C reg. Questa canzone Dal Chaytor (Poés. du Troub. Perdigon, negli Ann. du Midi, XXI (1909), 154) è ritenuta di Arnaut de Maroill.

 

II.

Gr., 326, 1: Tot francamen, domna, veing denan vos un solo ms. (M) l'attribuisce a G. De la Tor, nove altri a differenti poeti, in tre è anonima. Pubblicata da Napolski, Leben u. Werke des Trob. Ponz de Capduoill, Halle, 1880, in App., sotto il capitolo, Unechte Lider, p. 95-6, e da Bart.-Kosch. Chrest. 6, 217, sotto il nome di Peire de Barjac. Cfr. anche Jeanroy-S. de Grave, Uc de S. Circ, Introd., XXXVIII e Stroński, El. de Bar., Introd., XXXIV.

 

III.

Gr., 421,4: Be·m cuidava d'amor gardar (Bartsch « gandir ») attribuita a G. de la Tor da I2 K2 d. La maggior parte dei mss. (A C reg. D H I K N R f) l'assegna a Rich. de Berbezill e uno solo (C) a Daude de Pradas. Dall' Anglade (Rev. des lang. rom., VI S. X (1918-20), 265) è attribuita a Richart de Berbezill.

 

V. Piano della presente edizione. — Nello scegliere il manoscritto base ho avuto di mira, principalmente, la correttezza del testo e di ottenere, inoltre, una certa unità grafica. I componimenti che si trovano in I (quando sono mancati A C) sono stati riprodotti da esso, ad eccezione di V, dove il ms. base è D, non essendo in I il testo completo. Per il X e XII ho preferito A e per il XIII D, essendo quest'ultimo più completo rispetto ad A. (27) Ho creduto opportuno, anche perchè non sono molti i mss. relativi ad ogni testo, dare tutte le varianti, comprese le grafiche. Molte di queste poesie sono già state stampate, e qualcuna anche criticamente. Tenuto nel massimo conto le precedenti edizioni e quanto su di esse è stato scritto e osservato dagli studiosi, ho cercato di integrarle, con l'aggiunta di nuovi manoscritti, laddove esse ne difettavano; e non di rado ho emendato e interpretato diversamente i testi. Nelle varianti ho sempre notato i passi in cui io mi allontano da precedenti interpretazioni e correzioni, dandone, poi, nelle note, maggior ragione.

Ho collazionato io stesso i mss. di Roma; per gli altri mi sono servito delle edizioni diplomatiche o di copie fotografiche. Per il ms. D ho gentilmente avuto dal Prof. Bertoni la copia fotografica. M'è mancato il solo ms. N per tutti i testi in esso contenuti, ad eccezione di III, XIII e XIV, riprodotti in edizioni diplomatiche. Le note sono, nel maggior numero, nuove; del tutto nuova è la traduzione e quasi sempre letterale. Per il commento storico ho utilizzato tutto ciò che è stato scritto in proposito da precedenti studiosi, ma non è mancata qualche mia ricerca. Mi sono, soprattutto, giovato delle opere del Bertoni, De Bartholomaeis, Kolsen, Restori e Torraca, per accennare ai più recenti studiosi.

Prego, da ultimo, il Prof. G. Bertoni di voler gradire i miei vivissimi ringraziamenti e i sensi della mia devota e affettuosa gratitudine per avermi spesso consigliato e assistito nella preparazione di questo lavoro. ()

 

 

BIOGRAFIA.

 

IK.
 (Chabaneau, Biogr. des Troub., 258) (28).

 

Guillems de la Tor si fon joglars, e fon de Peiregorc, d'un castel qu'om ditz la Tor. E venc en Lombardia; e sabia cansos assatz, e s'entendia e chantava ben e gen, e trobava; mas quan volia dire sas cansos, el fazia plus lonc sermon de la razon que non era la cansos. E tolc moiller a Milan, la moiller d'un barbier, bella e jove, la qual envolet, e la menet a Com; e volia li meils qu'a tot lo mon. Et avenc si qu'ella mori, don el se det si gran ira qu'el venc mat; e crezet qu'ella se fezes morta per partir se de lui; don el la laisset detz dias e detz nueitz sobrel monimen, e chascun ser el anava al monimen, e trasia la fora, e gardava la per lo vis, baisan et abrasan, e pregan qu'ella li parles eill disses se ella era morta o viva; e si era viva qu'ella tornes ad el; e si morta era, qu'ella li disses quals penas avia, qu'el li faria tantas messas dire e tantas alimosinas faria per ella, qu'el la trairia d'aquellas penas.

Saubut fo en la ciutat per los bons omes, si que li ome de la terra lo feron anar via de la terra. Et el anet cerquan per totas partz devins e devinas, si ella mais poiria tornar viva. Et uns escarniers sil det a creire que si el legia chascun dia lo salteri e disia. c. e. L. patres nostres e dava a. VII. paubres elemosinas ans qu'el manges, et aissi feses tot un an que non faillis dia, ella venria viva, mas non manjaria ni beuria ni parlaria. El fo molt alegres quant el so auzi, e comenset ades a far so que aquest li avia enseingnat; et en aissi o fetz tot l'an entier, que anc non failli dia. E quant el vic que ren noill valia so que a lui era enseingnat, el se desperet e laisset se morir. ()

 

 

NOTE.

 

1. Intorno alle invenzioni romanzesche di queste Biografie e alla maniera con cui esse vanno interpretate e utilizzate, cfr. Jeanroy, Les « Biographies » des troubadours et les « Razos », in Arch. rom., I (1917), 289. Vedi anche Bertoni, Marcabruno, in Studi Med., I S, III (1908-11), 641; Anglade, Les Troubadours, Paris, 1929, 33 sgg. e De Bartholomaeis, Poesie prov. storiche relative all'Italia (Ist. storico italiano), I, Roma, 1931, LXXXI e XCII. ()

2. Cfr. De Gourgues, Dict. topogr. du département de la Dordogne, Paris, 1873, 325. ()

3. Le opere che trattano delle relazioni di G. de la Tor con l'Italia sono state volta per volta citate nel corso del presente lavoro, come si è presentata l'occasione. Oltre queste, si possono ancora ricordare: Cavedoni, Delle accoglienze e degli onori ch'ebbero i trov. prov. alla corte dei marchesi d'Este nel sec. XIII, in Mem. della R. Accad. di Scien. Lett. Arti, Modena, II (1858), 268 sgg.; Sartori-Borotto, Trovatori prov. alla corte dei marchesi d'Este, Este, 1889, 50 (dove, in fondo, vengono ripetute le cose già dette dal Cavedoni); Mannucci, I Marchesi Malaspina e i poeti provenzali, in Dante e la Lunigiana, Milano, 1909, 75 sgg.; Bertoni, I trov. d'It., Modena, 1915, 13 sgg.; Il Duecento, II ed. Milano, 1930, pp. 16, 20, 22, 24; Jeanroy, Les troub. dans les cours de l'Italie du Nord aux XIIe et XIIIe siècles, nella Rev. hist., CLXIV (1930), p. 10, n. 3 sgg.; De Bartholomaeis, La poesia provenzale in Italia, in Provenza e Italia, Firenze, 1930, 34 e in Poesie storiche, cit., I XLI. ()

4. Restori, Per un serventese di Guilhem de la Tor, inRend. R. Ist. Lomb. Scien. Lett., II S, XXV, fasc. I (1892), 319, n. 2. Vedi inoltre commento storico delle poesie ricordate. ()

5. Op. cit., II, 130. ()

6. Cfr. Crescimbeni, Ist. della volg. poes., II, Venezia, 1730-31, 196; Millot, Hist. litt. des troub., II, Paris, 1774, 147; Hist. litt. de la France, XVIII, 630. ()

7. Guilhem Figueira, Berlin, 1880, pp. 57 e 100. ()

8. Die Lebensverhältnisse der ital. Trobad., nella Zeitschrift f. rom. Phil., VII (1883), 204. ()

9. Cfr. De Lollis, Vita e poesie di Sordello di Goito, Halle, 1895, p. 25, in nota. ()

10. Cfr. G. Paris, La littér. franç. au moyen âge 9, p. 175. ()

11. Vedi di questi l'ediz. dello Jeanroy, Notes sur le Tournoiement des dames, nella Romania, XXVIII (1899), 240 e 237 sgg. Per qualche notizia storica, cfr. A. Dinaux, Trouvères cambrésiens, Valenciennes et Paris, 1837, 129 e Hist. litt. de la Fr., XXIII, 478 e 626. ()

12. Il primo di questi, Le Tournoiement aus dames, anonimo, fu pubblicato dal Méon, Nouveau recueil de fabliaux, I, Paris, 1823, 394, e l'altro, Le Tournoiement as dames de Paris, di Pierre Gencien, dal Pelaez, estr. Studj rom., Perugia, 1917. ()

13. Appel, Prov. Ined., Leipzig, 1892, 268. Per altre notizie al riguardo, cfr. Crescini, Rass. bibl. lett. ital., IV (1896) 210; V (1897) 226 e De Bartholomaeis, op. cit., I, 84. ()

14. A me piace porre la data di composizione del Carroccio all'epoca in cui l'han posta il Torraca, Le donne ital. nella poes. prov. (Bibl. critica della lett. ital., XXXIX, Firenze, 1901, 14) e il De Bartholomaeis (op. cit., I, 82), e cioè circa il 1202, in modo da poter pensare che l'autore di questa poesia, come vuole anche il Monaci (Sul Carros di Ramb. de Vaq., nel Bull. della Soc. Fil. Rom., n. 2, 1902), togliesse da Huon d'Oisi il motivo di un combattimento di donne, portando, però, questa zuffa immaginaria nell'ambiente della vita italiana di quei tempi in maniera da avere, come osserva il Monaci: « una vera battaglia italiana con il suo ieratico carroccio, con tutto quello insomma che meglio caratterizza il modo di combattere degl'italiani ».

Lo Jeanroy, invece, riteneva (Romania, XXVIII, 234) che il Carroccio fosse più antico dei due tornei lirici francesi. Su questo argomento, cfr. anche Pelaez, op. cit., p. 16 e n. 1. ()

15. En amor trob tantz de mals seignoratges, cfr. De Bartholomaeis, op. cit., II, 16. ()

16. Tant es d'amor honratz sos seignoratges, cfr. De Bartholomaeis, ib., 21. Si può escludere con tutta tranquillità l'ipotesi del Casini (Giorn. stor. lett. ital. II (1883) 404, n. I) che ammetteva doversi la Treva riferire al componimento di A. de Belenoi. Dobbiamo concludere in proposito che, se, in verità, non sappiamo a quale poesia volle il nostro contrapporre la sua, tutto lascia supporre che l'autore del componimento poetico, andato perduto, da cui trasse lo spunto G. de la Tor, altri non sia che Aimeric de Peguilhan, poichè degli altri due Aimeric, che conosciamo, nel Parnaso provenzale, nessuno è stato mai in Italia. ()

17. Cfr. su questo argomento, Chabaneau, Biogr., nell'Hist. gen. Lang., X, p. 211, n. 2 e Jeanroy, Les « Biogr. » cit., 290 e n. I della p. 291. ()

18. Cfr. le note 29-30 e 54-55 di questa poesia. ()

19. Sull'iato e l'elisione, cfr. A. Pleines, Hiat und Elision im Prov., Marburg, 1886; E. Levy, nel Literaturblatt, VII, 503-7; P. Reimann, Die Declin. de Subst. u. Adject. in der Lang. d'Oc, Danzig, 1882, 4 sgg. ()

20. Su questo genere di poesia, cfr. C. Appel, Vom Descort, nella Zeitschr., XI, 212-230. Alcune notizie dà anche lo Zingarelli, Intorno a due trov. in Italia (Bib. crit. lett. ital. XXX, Firenze, 1899, 55 sgg). ()

21. Su questi mss. cfr. Jeanroy, Bibliographie sommaire des chansonniers provençaux (Classiques français du moyen âge, n. 16). Vedi anche: Bertoni, I trov. d'It., 185 e De Bartholomaeis, op. cit., I, XCVIII. ()

22. Riv. di fil. rom., II (1875), 52. ()

23. Jahrbuch für rom. u. eng. Lit., III (1861), 408. ()

24. Cfr. Riv. cit. (l. c.). ()

25. Cfr. Bibl. somm. des chans. prov., 61 e Rev. hist. cit., p. 20, n. I. ()

26. Per un servent., 319. ()

27. Cfr. De Lollis, Sordello, 117. ()

28. Ed. critica, in P. Meyer, Recueil d’anciens textes, Paris, 1877, 101. Cfr. anche Rayn. Choix., V, 211-12. () ()

 

 

 

 

 

 

 

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