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Del Monte, Alberto. Peire d'Alvernha, Liriche. Torino: Loescher-Chiantore, 1955.

323,023- Peire d'Alvernha

È questa fra le più celebri liriche di Peire, rinomata per la sua grazia e la sua delicatezza; grazia e delicatezza che non sono per nulla ombrate dalla struttura della composizione (e solo per questa si può citare come modello MARCABRU, ed. Dejeanne, 25 e 26) che a un lettore moderno può apparire leziosamente artificiosa, qualora dimentichi i valori tipicamente medievali dell’usignolo simbolo d’amore, del messaggio amoroso, dell’amorosa nostalgia che dissimula qui la sua natura lirica in un’immagine drammaticamente corposa. Infatti, malgrado il tessuto narrativo, anche qui predomina la nostalgia amorosa, che si riposa nella finzione di una vicenda empiricamente vissuta;
 
Tostems mi fo d’agradatge
 pos lo vi et ans que·l vis.
 
La dona della romanza appare un’amor loindan ‘e devezis, la prosopopea delle aspirazioni del poeta, come il rosignolo si risolve nel simbolo dell’avvento amoroso nella sua solitudine: il distacco reale
 
...  s’es lonhatz mos amis
 
dissimula la remotezza sentimentale di un amore tutto interiore. E proprio nell’espressione dell’abbandono al rêve il componimento approda alla riva della liricità, libero da ogni peso intellettualistico:
 
Que tan l’am de bon coratge
c’ades, s’eu entredormis,
ab lui ai en guidonatge
ioc e ioi e gaug e ris;
     e·l solatz
     c’ai em patz
  no sap creatura,
     tan quan iatz
     e mos bratz
  tro que·s trasfigura.
 
Nella situazione attribuita al personaggio è la genesi della poesia stessa.
Cfr. anche P. SAVJ-LOPEZ, Uccelli in poesia e in leggenda, in Trovatori e poeti, Milano-Palermo, 1906, p. 143 ss.; W. HENSEL, Die Vögel in prov. u. nordfr. Lyrik des Mittelalters, in R. F., 26, p. 584 ss; J. M. TELBER, The Evolution of a Mediaeval Theme, in Durham Univ. Journal, dic. 1932, p. 25 ss.; VOSSLER, Der Trob. Marcabru, p. 50; MÜLLER, Die altprov. Versnovelle, p. 25.
 
18. essai: ardimento; cfr. GUILHEM MONTANHAGOL, ed. Coulet, n. a 7, 18; UC DE SAINT CIRC, ed. Jeanroy-Salverda De Grave, 5, 32; PEIRE RAIMON, ed. Cavaliere, 11, 31; 17, 33.
 
21. de bon aire: cfr. APPEL, Chrest., 1, 318; 5, 27; 28, 34; 33, 47; CRESCINI, Man.³, 24, II, 28; BERNART DE VENTADORN, ed. Appel, 37-35; ELIAS DE BARJOLS, ed. Stronski, 6, 42; GIRAUT DE BORNELH, ed. Kolsen, 13, 37; PEIRE RAIMON, ed. Cavaliere, 8, 57; e cfr. X, 56.
 
31. ZENKER, seguito dagli altri, secondo V: fizels amaire.
 
35-38.ZENKER e gli altri: e sabrai — quan veirai, — per qu’er l’entresenha; — que·il dirai... ma la nota dello Zenker, il quale confuta l’interpretazione del LEVY (SW, III, 90, 2), non schiarisce il passo. L’entresenha, il segnale, è inteso come il «signe (d’amour ?)» dall’ANGLADE, come il contrassegno del luogo dal PICCOLO, mentre gli altri lo lasciano in un’equivoca genericità. In verità, comunque s’intenda il termine entresenha, la lez. proposta dallo Zenker rimane oscura. Ora il v. 37 è nei mss.: E de vos cor quem venha V per queral lentressenha T manca; è dunque perspicuo che sia in E che in V è corrotto. Ora in E è errato l’emistichio quem venha (cfr. vv. 17 e 47), ma si può mantenere de vos e punteggiare altrimenti che lo Zenker. Nell’interpretazione qui proposta, l’entresenha non può essere altro che il contrassegno d’amore.
 
38-40. ZENKER e gli altri: que·il dirai, si ren sai, — per qu’el lai se’n fenha.
se’n fenha: gli altri interpreti traducono: dissimuli [i suoi sentimenti], e la discrezione era condizione fondamentale della fin’amor. Ma si noti anche che quella del fenhedor era la prima tappa dell’itinerario amoroso (seguita da quelle del precador, dell’entendedor e del drut) e corrispondeva al sospiroso vagheggiamento dell’innamorato.
 
47. ZENKER, seguito dagli altri, secondo V: ab ioi.
 
55-57. I precedenti traduttori intendono questi versi all’incirca così: presto cade il bianco sul biondo (cioè: dei capelli), come il fiore sull’albero. Il solo RIQUER ha avvertito l’insensatezza di tale interpretazione, traducendo invece: tan fácilmente los cabellos blancos se vuelven rubios (es decir: se rejuvenece) como la flor cae sobre el arbol; o sea: es imposible rejuvenecer. Ma il secondo termine del paragone rimane inintelligibile. Letteralmente: il bianco si tramuta in scuro, come il fiore sull’albero. Ora il colore bianco era simbolo della purezza e dello splendore, e quindi della bellezza (cfr. RICCARDO DI S. VITTORE, Explicatio in Canticum Canticorum, P. L., 196, 538), laddove il bruno simboleggiava l’opposto; s’interpreti perciò: la bellezza appassisce come il fiore sull’albero.
 
64. formis: ZENKER = ausrichtet, seguito dal LOMMATZSCH.
 
71. pot: verbum vicarium.
 
80. ZENKER e gli altri adottano la lez. di V.
 
82. BARTSCH: c’ades lai entr’on dormis; ZENKER, seguito dagli altri: c’ades, si entredormis; e cfr. SW, s. v. entredormir.
 
83. Tradurre en guidonatge come «in compagnia» riferendolo ad ab lui significa disconoscere la bellissima immagine dei gioiosi sentimenti che scortano i due amanti nel sogno, sono il loro salvacondotto verso la felicità.
 
86. em patz: dolcemente; cfr. LEVY, Pet. Dict., s. v.
 
104. qui = si om, d’uso frequentissimo.

 

 

 

 

 

 

 

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