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Blasi, Ferruccio. Le poesie di Guilhem de la Tor. Genève - Firenze: Leo S. Olschki S. A. - Leo S. Olschki, 1934.

236,003- Guilhem de la Tor

Rimane ancora da identificare Corrado e Faziolo di questo breve componimento che sembra essere stato scritto alla corte d'Azzo VII d'Este. Quanto all'ultima data si potrebbe assegnare, ma con molta circospezione, come è apparso anche al De Bartholomaeis, (1) l'anno 1233. Il Cavedoni (2) ha pensato a Corrado e Bonifazio di Monferrato o dei Malaspina; ma il Restori, (3) non ravvisando quali di costoro potessero essere, vorrebbe vedere nel primo, Corrado Malaspina, l'« antico » e nel secondo, o Bonifazio II di Monferrato, oppure un Estense, e precisamente il prozio d'Azzo VII. È difficile, a parer mio, aderire all'ipotesi del Restori per quanto riguarda Corrado Malaspina e Bonifazio II di Monferrato, dei quali non si può dire davvero d'essere stati avari, specie con i trovadori che sempre furono con cortese ospitalità accolti e onorati nelle loro corti.
Quanto ai due santi, Martino e Andrea, si potrebbe pensare che il poeta si appella dall'uno all'altro santo, per dire di appellarsi a tutti i santi; ma mi lusinga molto il pensare che i due santi stiano qui a rappresentare gente o luoghi, simboleggiati nei santi protettori. A proposito di S. Martino, ad esempio, si può dire che esso fu particolarmente venerato in Este, dove esiste fin dal sec. XI  una chiesa dedicata a S. Martino, ed una porta, vicina al ponte delle Grazie, detta di S. Martino. (4) Il comune d'Este, poi, comprende 27 frazioni, e tra queste ve n'è una che porta il nome di S. Martino d'Este . Non credo che tutto ciò sia puramente casuale; ma vorrei invece pensare che il poeta scrisse realmente la sua poesia presso la corte estense, dalla quale (De S. Martin) dice di rivolgersi ad altra corte o luogo o gente (S. Andreu) per invocare dal santo la protezione e la giustizia che gli negarono gli uomini che al suo nome sono devoti. E questa una mia ipotesi che, certo, non so quanto possa corrispondere al vero.
 
3. De Bartholomaeis, secondo il suo emendamento (car non auza Corat ...), interpreta: « che non oda Corrado ... ».
 
11. gaston la pastura ha qui un significato allegorico, ed a me sembra voglia dire « che i ricchi rendono difficile e penosa la vita in mille modi, spiritualmente e materi almente parlando ». Non ho trovato esempi di questo genere. De Bartholomaeis traduce: « che guastano la pastura [che ci negano i viveri]? ».
 
14. È noto come all'epoca di G. de la Tor non si rispettassero rigidamente, come nel periodo aureo della poesia provenzale, le regole della declinazione: qui abbiamo due casi obliqui messi al nominativo (paubres, rics). Io ho preferito correggerli.

 

Note :

1. Poesie Provenzali Storiche, op. cit., II, 130, CXXVIII (in nota). ()

2. Delle accoglienze e degli onori, op. cit., 297. ()

3. Per un servent., 316. ()

4. Per queste notizie, cfr. Amati, Diz. corogr. dell’Italia, Milano, III (1878), p. 554 sgg. ()

 

 

 

 

 

 

 

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