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Gambino, Francesca. Canzoni anonime di trovatori e "trobairitz". Alessandria: Edizioni dell'Orso, 2003.

461,102- Anonyme

L'immagine della pantera attinge chiaramente al repertorio dei bestiari medioevali (cfr. ad esempio "Et l'ai sievye en tel maniere | com les bestes font la pantiere | …| Pour la douçor dont ele est plainne | la pantiere a tres douce alainne", Best. am. rim. 1301, citato da Ziltener 1972, 1, n. 3676, p. 259, cui si rinvia). Tra gli innumerevoli esempi rintracciabili, particolarmente calzante è quello di Baudouin de Condé, Conte dou Wardecors, vv. 50-56: "Tout ensement con la pantere, | cui les biestes sivent et tracent | et jusques à la mort le cachent | por la douce alaine qu'il porte,  | tout ensi, et raisons l'aporte, | me samble qu'il soit dou haut home | c'on tient à large et à preudome" (1). In seguito l'idea della trappola mortale rappresentata dalla fascinazione del profumo della pantera si evolve nel tempo e sparisce a profitto di una concezione positiva del suo effetto sulle altre bestie (2).
L'attribuzione a Richart de Berbezill fu proposta da Gaston Paris nell'introduzione all'edizione di G. Servois del Roman de la rose (3), sulla base del paragone iniziale e della fortuna delle poesie di questo trovatore nella Francia del Nord. L'attribuzione è considerata certa da Beck - Beck 1938, II, p. 111, e ammessa come possibile da Chabaneau - Anglade 1919, p. 35 (dove il testo è pubblicato in appendice all'edizione) e da Anglade 1918, p. 233; essa è invece implicitamente esclusa da Piccolo 1948, p. 227, che assegna il frammento ad "ignoto", e da Braccini 1960, che non include An 461, 102 nel novero dei testi da lui pubblicati. La questione è infine considerata indirimibile da Varvaro 1960, p. 217, che afferma di ristampare la canzone se non altro come testimonianza della diffusione nel Nord di un gusto affermatosi certo per le poesie di Rigaut (4).
Come già notato dall'estensore della vida ("el se deleitava molt en dir en ses cansos similitudines de bestias e d'auzels … per dir plus novelas razos qu'altre nos agues ditas ni trobadas"), le canzoni di Richart de Berbezill esibiscono in effetti vistose comparazioni con animali (con l'elefante RicBarb 421, 2, il leone RicBarb 421, 1, la tigre RicBarb 421, 5, il falcone RicBarb 421, 10). Ma il procedimento, tratto dai bestiari medioevali derivati dal Phisiologus, è utilizzato anche da numerosi altri trovatori (Peirol, Arnaut de Maroill, Peire Raimon de Toloza ecc.).
Le melodie non servono nel nostro caso né a confutare né a supportare alcuna ipotesi attribuzionistica (5).
 
2. bone odor:  è il profumo emanato dalla pantera per attirare gli altri animali nella trappola mortale; esso proviene invece da un amore puro nella canzone religiosa Qui finamen sap consirar di Daude de Pradas ("Totz hom qui ben pot afinar | son cor en Dieu, e desamar | so que Dieus ten a desamor, | d'amor sent aissi bon'odor | que nulha res no l'es amar" DPrad 124, 15, 15).
 
7-8. auges: 'avesse', con au- scrizione metatetica? Per il resto la forma deriva dal pf. ind. di aver, che può avere ampliamenti in -g- e si trova anche in altri canzonieri: cfr., ad es., XIX, 12.
Per rendere più congruente l'immagine Bartsch 1904, seguito dagli editori successivi, emenda i due versi in "que si long com pot auzir, | non anes pres lei morir", interpretandoli '(non c'è bestia selvaggia che) per quanto da lontano la possa intendere (la pantera)' oppure 'secondo quello che si può sentire', vale a dire 'secondo quello che la gente racconta', 'non vada a morire presso di lei'. In questa edizione ho invece preferito conservare la lezione del manoscritto ("que, si loing com puet choisir, | non auges pres lou murir"): anche se la bestia selvaggia vede la pantera lontana, la morte le è vicina. Mi pare infatti che il verbo cauzir nel senso di 'vedere' si sposi bene con l'avverbio loing, e non per nulla si trova ad esso associato anche in "Gran talent ai cum pogues | de ginols ves lieys venir, | de tan luenh cum hom cauzir | la poiria que·l vengues, | mas iuntas, far homenes, | cum sers a senhor deu far, | et en ploran merceyar" PRmTol 355, 3, 17-23; cfr. inoltre "Mos cors e mei uogll mi fan | penar e langir, | e·l cor consiran | e li uogll causir | liei, ce·m vai de si lugnan; | car vesen liei vogll mon dan, | vau sai e lai esgardan | autra qe·m leuges l'afan" PBrem 330, 19, 40-47.
loing / pres: i due avverbi si trovano spesso antiteticamente accostati, per cui cfr., ad es., "qu'el ve de loing, e l'oill pres solamen" GrSal 249, 2 ~ Peironet 367, 1, 22 e "am ab fin cor, loing e pres, on que sia" ibid., 24; "de loing se fai plus pres en tota part" DPrad 124, 9, 24 e "qe qan ill m'es plus loing, meill li sui pres" ibid., 27; "c'anc non vi dompna, loing ni pres" AimPeg 10, 41, 26 ecc.
 
9. et: paraipotattico.
 
10. en balance: in senso figurato, 'in dubbio, in agitazione'. Allo stesso modo amore o la donna tengono l'innamorato sulle spine in "c'atressi·m ten en balansa | com la naus en l'onda" BnVent 70, 44, 39-40; "e ma dona·m ten en aital balansa" PVid 364, 40, 28; "c'atressi·m te cum se sol en balansa" FqMars 155, 11, 5 ecc.
 
11. fas: III pers. sigmatica del pres. ind. (a meno che non si debba leggere fa·ssegre). L'alternanza faz / fai, vaz / vai alla III pers., come quella haz / hai, saz / sai alla I, è comunque prevista nel sistema morfofonetico della Cort d'amor, per cui cfr. Maurizio Perugi, Modelli critico-testuali applicabili a un lessico dei trovatori del periodo classico (LTC), in SM, XXXI (1990), pp. 481-544, p. 539 e Perugi 1995, p. 112.
che: cfr. l'a. fr. ce.
 
12. sec mon dan: come spesso succede all'innamorato ("sec mon dan e fug al be" GrSal 249, 5, 7; "e fug mon pro quec iorn e sec mon dan" Pist 372, 2, 7), pur nella piena consapevolezza ­­–il che rende ancora più calzante il paragone con gli animali attirati dalla pantera ­­– che si tratta di una follia ("car, de las grans foudatz que·i son, | es be la maier, qui s'enten | segre son dan ad escien" GcFaid 167, 56, 5-7; "e s'ieu cum fols sec mon dan folamen" AimPeg 10, 27, 15; "e sec mon dan cum hom folhs per semblansa" AlbSist 16, 12, 12).
sen plaser: che rimane comunque la priorità per l'innamorato, per cui cfr. "anz lais als seus plazers | mos gaugs e mas dolors" Perd 370, 10, 34-35 e "pus per mon dan m'enguana e·m trahis | Amors vas cui estau totz temps aclis | al seu plazer, qu'aitals fo m'escarida" Perd 370, 13, 29-31.
sen: cfr. l'agg. poss. a. fr. son / sen; Bartsch 1904 seu.
 
13. planhere: Bartsch 1904 planhera.
 
14. de negun tormen d'amor: il tormen è uno dei mali attribuibili all'amore; cfr. "Amor, don ai pres grans mals, | ira, pena e tormen" UcSt-C 457, 34, 3-4.
Per sanare l'ipometria bisillabica del verso, l'edizione di Bartsch 1904 propone invece la lettura "negun jorn del tort d'amor", ma i contesti (specie sintattici) in cui Amore viene associato al torto subito dal poeta sono sensibilmente diversi: "en lieis es pretz, honors, senz e beutatz, | e si no·m val sos gens cors amoros, | Amors n'a tort, car m'en fai enveios" ArnMar 30, 22, 14-16; "Amors n'a tort, que·us fai dur cor aver, | e vos sabez qar l'en donaz poder" RmSal 409, 5, 21-22; al contrario, cfr. "s'ab vos no truep chauzimen e merce, | vostre belh cors n'er vas Amor peccaire. | Amors n'a tort quar enveyos mi te | del vostre cors graile, gras, blanc e le" BgPal 47, 4, 39-42.
 
15. prendrai: da correggere in prendria?
 
16. parage: letteralmente era l'istituzione feudale che regolava in alcune regioni l'eredità, per cui i beni paterni spettavano solo al primogenito, mentre i cadetti ricevevano appena di che vivere; nella lirica il termine designa l'élite della nobiltà e viene usato nel senso appunto di 'nascita nobile, superiorità di natali'; de (bon, gran, aut) parage indica quindi il rango nobile che la dama possedeva per nascita ed è una delle qualità per le quali viene immancabilmente elogiata: cfr. Francesco Zambon, La notion de paratge, des troubadours à la Chanson de la croisade albigeoise, "Heresis", 8 (1995), pp. 9-27, con numerosi esempi.
 
19. esgarir: composto intensivo di garir (come esjauzir rispetto a jauzir, esgardar rispetto a gardar ecc.), di cui però non risultano altri ess. nella lirica trobadorica.  Per il verbo garir, assai frequente nella lirica trobadorica insieme alla forma guerrir, cfr. Raymond Gay-Crosier, Religious Elements in the Secular Lyrics of the Troubadours, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 1971, pp. 60-62 per il registro religioso e Asperti 1991, p. 337 per quello amoroso.
 
21. fors qu'a: Bartsch 1904 suggerisce l'integrazione di fors (fors ab). Di solito però sia la preposizione for / fors che l'analoga trait, trach reggono il proprio complemento direttamente, senza l'ausilio di altri elementi grammaticali (qui rappresentato da a: cfr. Jensen 1986, § 984, pp. 337-38 e § 937, p. 323), oppure hanno bisogno di un altro elemento (fors que, fors de); mais con senso restrittivo è invece solo congiunzione (Jensen, § 874, § 1009, § 1037, § 1088) e non può quindi rappresentare un'eventuale integrazione alternativa nel nostro contesto.
Il potere taumaturgico della donna è cantato anche in "ni ses lieis non puosc garir | de la dolor que·m destreing" RmMirav 406, 7, 19-20; "Garir ses leis no poiria | per re de mas greus dolors" AimPeg 10, 16, 49-50; "pos per vos muer, e per vos puesc garir" BnBond 59, 1, 32 ecc.
simple: più che un sinonimo di humil (humil semblanza è sintagma diffuso: cfr. "franca, gentils, gaj'ab humil senblan" PoChapt 375, 23, 5; "car la vi d'umil semblan" BertZorzi 74, 5, 36; "e vostr[e] franc humil semblant" An 461, 54, 12 ecc.), l'aggettivo significa nel nostro contesto 'mero', come in "bona domna, qu'e ma simpla semblansa | podetz saber mon fin cor ses duptansa" AimPeg 10, 39, 28-29.
 
22. douce acointance: le dolci maniere della donna amata possono alleviare la pena del poeta anche in "E fora li benestan | sim des alegransa | tant  qu'alegues mon afan | ab douss'acoyndansa" PRmTol 355, 10, 37-40, e, insieme all'humils semblanza 34, sono una della qualità della donna in "Jovenz e bellas faizos | e jois e humils semblanza | e bels cors gais amoros | plazens ab dolz'acoindanza | vos fan tan plazer als pros" GsbPuic 173, 12, 33-37.
 
23. ou: la forma del pron. rel. è fr. (a. prov. on).
poder: oscilla tra l'accezione di 'potenza, forza' e quella di 'signoria, dominio', per cui cfr. Cropp 1975, pp. 392 sgg.
 
24. per que non pos laissar de leis veder: infatti "No sui doncs mortz qan lieis non puosc vezer?" GcFaid 167, 40, 24.
 

Note

(1) Aug. Scheler, Dits et contes de Baudouin de Condé et de son fils Jean de Condé, t. I, Baudouin de Condé, Bruxelles, Devaux, 1866, p. 19. ()

(2) Cfr. Armand Strubel, Le parfum de la panthère, in Et c'est la fin pour quoy sommes ensemble. Hommage à Jean Dufournet. Littérature, histoire et langue du Moyen Âge, 3 voll., Paris, Champion, 1993, III, pp. 1283-96; e inoltre Mercedes Brea, Les animaux dans les poésies amoureuses des troubadours, RLR, XCVIII (1994), 2, pp. 403-43, p. 417. ()

(3) Cfr. Le roman de la rose ou de Guillaume de Dôle publié d'après le manuscrit du Vatican, Paris, Didot, 1893 ("Société des anciens textes français"), p. CXX, n. 1. ()

(4) Il successo riscosso al Nord dalla canzone anonima è provato anche dal fatto che  An 461, 102 fu presa come modello metrico-rimico da L'estoile qui tant est clere, per cui cfr. Edw. Järnström, Recueil des chansons pieuses du XIIIe siècle, Helsingfors, Societé de Littérature Finnoise, 1910, p. 71. ()

(5) Cfr. Van der Werf 1984, p. 346. ()

 

 

 

 

 

 

 

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