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Bertoni, Giulio. I trovatori d'Italia. Modena: Editore Cav. Umberto Orlandini, 1915.

285,001=364,019- Lanza Marques

1. Emperador. Nella biografia di Manfredi Lancia (p. 37) abbiam già detto che emperador si riferisce a Peire Vidal e a proposito di questa designazione abbiam ricordato la storiella delle pretese del trovatore all'impero. Si può congetturare che il Lancia chiami emperador il Vidal soltanto per questa ragione: che in una tornata di un suo componimento (Cant om es en l'altrui poder) Peire si dice da sè emperaire dels genoes. Che cosa il Vidal voglia poi dire con l'espressione emperaire dels genoes, si ricava, forse, dalla stessa poesia, nella quale dice: E teing m'a l'us dels genoes — C’ab bel semblan gai e cortes — Son a lor amics amoros — Et als enemics orgoillos. Pare adunque che il poeta si attribuisca il vanto di essere il primo o il capo degli uomini che sanno essere orgogliosi coi nemici e buoni con gli amici, ovvero, piuttosto, ch'egli semplicemente affermi, con la sua nota baldanza, di essere addirittura il signore dei Genovesi. Ciò sembra confermato da un altro passo del poeta: Eu sui senher dels Genoes — Que·s grans e·ls paucs ai totz conques; — Li gran mi fan tot mon afar — E·l pauc m'onron e·m tenon car (27, 13). Forse questi passi costituiscono il germe della leggenda sulle aspirazioni del Vidal all'impero (1).
 
2. Nel compon. Quant horn honratz del Vidal, str. VI si ha: non a sen ni membransa.
 
3. chadera. Qui ha certamente il senso di «trono», non quello comune di seggiola. Col senso di «seggiola» troviamo la voce diffusa anche nel Nord-Ovest d'Italia. A Ivrea: cadréga e carea, a Nizza (-Monferrato) contad. carea, a Bistagno (Alessandria) cadrega e careia, a Monte di Valenza careia, ecc.
 
4. Traduco volpills per «vigliacco», al quale senso si giunse di fatto partendo da quello di «astuto» (detto dalla «volpe»).
 
7. La traduzione del Merkel (p. 21) di questo verso è erronea. Il Merkel ha intoppato nella locuzione res non es meinz que (che va evidentemente interpretata: «non manca altro tranne che»). Il Diez e il Bartsch non avevano, com'è naturale, trovato difficoltà a tradurre: «es fehlt nur noch, dass er mit Steinen wirft». L'Anglade nella sua recente edizione di Peire Vidal (Paris, 1913, p. 67) erra esso pure, traducendo: «il est au-dessous de tout; seulement il ne lance pas de pierres».
 
8. Espaza voill que. Il soggetto della proposizione subordinata compare qui, come ai vv. 9 (darz) e 10 (brocas), in testa alla proposizione principale. È una specie di attrazione sintattica, di cui si hanno molti esempi nelle lingue romanze. Per quanto concerne il provenzale, si vedano: Stimming, Bertr. de Born 1, p. 236 (aquesta vos dic que mante prez e joi 10, 21; mos Bels-Miralhs vuolh que·m lais sa gaieza 12, 57, ecc.); Schultz-Gora, Altprov. Element. 2, § 211; Stroński, Elias de Barjols, p. 47. Come dimostra l'esempio mos Bels-Miralhs vuolh, il soggetto della proposizione subordinata resta al nominativo (mentre si trova all'accusativo quando il vocabolo messo così in evidenza è al caso retto nella prop. subordinata, p. es. E seignor fello — Taign qe Deus azire; Stroński, El. d. Bar., p. 47). Un altro caso perspicuo abbiamo in Peire Bremon 355, 9, str. VI
 
                            Esta chansos vuelh que tot dreg repaire
                            En Arago . . .
 
Per questa ragione, al v. 9 ho letto con il ms.: E darz d'acer voill qe·ill pertus la panza e non ho accettata la correzione del Crescini: dart d'acer, ecc. Un'altra forma esiste d'attrazione sintattica, e si fa congiungendo il sostantivo tratto dalla proposizione secondaria al predicato della principale per via di un de, che ha il senso di «in quanto a» p. es. Del rei d'Aragon m' es gen — Quar tan li platz enantir — Tot quan bos pretz deu grazir, Perdigo 370, 5; Stroński, El. de Bar., p. 48.
 
9. darz. Ho già detto nella nota precedente perchè non mi paia il caso di toccare il ms., leggendo dart. Che il soggetto della proposizione subordinata passando in capo alla principale si trasformi in compl. oggetto di questa, pur restando idealmente soggetto della subordinata, è cosa che non escludo, per quanto non ne conosca esempi sicuri. Uno se ne avrebbe nel seguente verso di Pistoleta (ediz. Niestroy, I, 25, Ai! tan sospir):
 
                            Mas lo desir conosc qu'es grans follia,
 
ma, guardando l'apparato delle varianti, vedo che tutti i mss., che risalgono a un'unica fonte (IK direttamente e d indirettamente) hanno desire e questo desire si deve correggere, a parer mio, in desirs. Tuttavia, non escludo perentoriamente, ripeto, che talvolta in testa alla frase stia l'obliquo anche quando ci si aspetterebbe il nominativo. L'argomento meriterebbe d'essere studiato a fondo.
 
10. lumera. G. Aug. (Müller, Zeitschr., XXIII, 77): traira·us la lumneira.
 
11. e'n luoc d'onranza, «e in luogo di omaggio», cioè, in questo caso, «come omaggio». Per il significato di «come» che può assumere en luoc de, si cfr. Stroński, Folq. de Mars., p. 254 (XVIII, 17).
 
12. capel, ghirlanda o cappello, (Levy, Suppl.-W. s. «capel» e Anglade, Peire Vidal, p. 186), ma qui piuttosto, a parer mio, «cappello». Cfr. Fierabras, 1476: El fort capel d'acier es lo bran arestat, ove capel significa a dirittura «casco». Il senso ben noto di «ghirlanda o corona di foglie di fiori» non conviene a questo luogo.
 
15. neschera. Non si può tener conto di ciò che dice il Merkel a proposito di questo vocabolo. La voce va con nesci(s) e piuttosto che «necessità, miseria (Crescini, p. 476)» va tradotta: follia, balordaggine. Schultz-Gora a ragione (Literaturblatt, VIII, 30) interpreta «Thorheit». Nel comp. di Uc de Saint-Circ Antan fez (che ha lo stesso schema del nostro) str. II: fara o per nessiera, cioè: «per balordaggine». In G. de Bornelh, Si·us quer, v. 36 (Kolsen, p. 370) il senso pare essere di «mancanza»: Semblaria c'o fezes per nesceraD'autra amistat (v. anche Appel, Zeitschr., XII, 539; Crest. 4, 130; mentre Schultz-Gora, Prov. Dicht., p. 20 pone punto e virgola dopo nescera).
 
19. Da notarsi il passaggio dalla seconda persona plurale alla seconda singolare, dal «voi» al «tu». Della qual costruzione si hanno altri esempi nelle lingue romanze. Nel nostro caso si ha, in questo passaggio, una punta di sdegno; ma in altri casi il mutamento si effettua quasi naturalmente. Così, in Giacomino Pugliese abbiamo, a ragion d'esempio, (Monaci, Crest., I, 89):
 
                            Madonna, non ti pesa fare
                            fallimento o villania;
                            quando mi vedi passare
                            sospirando per la via,
                            asconditi per mostranza:
                            tuta giente ti rampongna;
                            a voi ne torna bassanza
                            ed a me cresce vergongna,
                                                Amore.
 
Esempi se ne hanno sopra tutto nella poesia popolare, come, del resto, è ben noto. Sullo scambio di «voi» e «tu», cfr. Suchier, Denkm., p. 535.
 
 
 
Nota:
 
1) È certamente un'altra invenzione, secondo me, il tratto della biografia secondo il quale la moglie del trovatore aveva aspirazioni imperiali (pp. 37-38). Anche questo tratto dovè provenire da un passo o da più passi fraintesi di poesie del Vidal, fors'anche dai seguenti versi (Car' amiga, vv. 17-20): Ab color vermelh' e blanca — Fina beutatz vos faissona — Ad ops de portar corona — Sus en l'emperial banca. Un altro passo frainteso che può aver contribuito alla leggenda della nipote dell'imperatore può essere il seguente: p. 97, v. 19 (ediz. Anglade): E si·us pagatz d'amor emperial. Il Vidal ha adoperato emperial col senso di «alto, nobile, eccelso» (senso attestato, del resto, v. Bartsch, P. Vidal, XXV; Schopf , Beiträge zur Biogr. und Chronologie des Troub. P. Vidal, Breslau, 1857, p. 10), non già col significato di «imperiale». Cfr. Crois. Alb. 2975 (Levy, Suppl.-Wb., II, 390): ab cor emperial «con cuore magnanimo». ()

 

 

 

 

 

 

 

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