Il Galvani, Educatore storico II, 451-464 ha dato un riassunto talmente inesatto e fantastico di questo serventese dello Zorzi da sorprendere chiunque si faccia a leggere l'originale. Si direbbe ch'egli abbia riassunto la poesia a memoria e che da questa sia stato tradito.
2. Notisi o, che si riferisce a chant (v. 1). Ci si aspetterebbe lo (cioè: que·l fetz).
5. nienz es. Cfr. il nostro testo LXIII, 27: Or es nientz zo q'aves razonatz.
9. si ben. Qui occorre fare un'osservazione. L'avv. ben appartiene più ad aconseilhatz che a si. Non bisogna mettere questo si ben con i casi (Levy, VII, 644) in cui vale «benchè» (e l'azione è supposta avvenuta) come Folq. de Mars., 11, 17: Pero no·is cuig, si be·m sui irascutz, ecc. In questi casi si ben regge l'indicativo. Nel nostro passo l'azione non si suppone avvenuta e tutto è retto dal si.
28. no·il desplaia. Altro esempio di · il per lor. V. a p. 167 e cfr. la nota al testo XLIII, 7.
34. non degra pas. Da notarsi l'uso di pas nella negazione, come in qualche altro testo provenzale. Cfr. Jeanroy- Bertoni, Le thezaur de Peire de Corbian, in Ann. du Midi, XXIII, p. 291.
45-46. La interpretazione esatta di questi versi è dovuta al Rohleder, Zu Zorzi's Gedichten, Halle, 1885, p. 17. Cfr. Levy, Literaturblatt, XVI, 232.
NOTA SUI RESTANTI TESTI DI BERTOLOME ZORZI
Le citazioni rinviano alla nota edizione del Levy (Halle, 1883). Qui discuto alcune proposte del Rohleder (Zu Zorzi's Gedichten, diss. Halle, 1885).
I, 37-40. Rohleder (p. 20) ritiene che complida (v. 40) si possa riferire a dolors del v. 38. La costruzione ne escirebbe però un poco forzata. Noi riteniamo piuttosto, con lo Chabaneau, che complida si riferisca a joi (v. 36) e che lo Zorzi abbia attribuito a questo sostantivo una volta il genere maschile alla provenzale (v. 37) e una volta il genere femminile all'italiana. Cfr. questo vol. a p. 173. Anche leis (v. 44) può riferirsi a joi. La questione è incerta; ma cotali trascuratezze non sorprenderebbero nel nostro poeta, la cui lingua è assai scorretta.
II, 62 nos. Qui l’ -s deve stare per ·us. Cfr. nel nostro testo n. LIX, v. 11: pos null ioi no·s atrai «dal momento che non vi procura nessun piacere». Credo poi che mon juglar (vv. 44 e 69) possa essere un «senhal» per una persona che non possiamo identificare neppure per congettura.
III, 21 qui leu (IK qua leus). Rohleder vorrebbe correggere: qu'a luec, ma il senso non ne guadagna punto. Propongo qu'a leu, perchè a leu (locuz. avv.) trovasi appunto nello Zorzi. V. il nostro testo LXVII, 7: E pod a leu. Cfr. anche a greu (ed. Levy, n. X, 75). 122 La correzione proposta dal Rohleder non è necessaria. Il senso è: «per il fatto che mi date gioia quanto più ho ragione d'essere rattristato», ecc.
IV, 74. Non vedo perchè il Rohleder affermi che ditz «keinen Sinn zu geben scheint». Bisogna soltanto mettere virgola dopo lieis.
V, 75. Tuelhaus si merces denan. Non è necessario nessun emendamento, se si interpreta: «la vostra pietà, o Dio, tolga per sè (per giudicarli e perdonarli) i mali, affinchè l'anima» ecc. Il Rohleder, invece, muta Tuelhaus in Tuelhans. Mi par giusto che si debba, poi, leggere piuttosto aprop (e non a prop). Cfr. nella ediz. Levy il n. I, 42: Aprop sa mort.
VIII, 11. Non occorre mutare solon in solion, come vorrebbe il Rohleder (p. 14), perchè solon far può riferirsi a un'azione passata, per una speciale funzione sintattica di soler. V. la nota al nostro testo XXVI, 34: sol tener «soleva tenere». È, poi, frutto d'un equivoco ciò che dice il Rohleder a proposito di solia (ediz. Levy, n. IX, 49). |