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Chiarini, Giorgio. La canzone "Si·m sentis fizels amics" di Giraut de Bornelh. "Studi provenzali e francesi", 82. L'Aquila: Japadre, 1983, pp. 5-18.

242,072- Giraut de Bornelh

1. sentis. Inteso da alcuni come 3ª persona: H. J. Chaytor, The troubadours of Dante, Oxford 1902 (’If a faithful friend should see me ...’ [Slatkine Reprints, Genève 1974, p. 150]); A. Marigo, De vulgari eloquentia, ridotto a miglior lezione, commentato e tradotto, Firenze 1957³ (‘Se m’udisse fido amico ...’, p. 63; in nota anche la traduzione secondo l’interpretazione del Kolsen, alla quale si è prudentemente attenuto Mengaldo nella sua recente edizione del trattato [Dante Alighieri, Opere minori, tomo II, Milano-Napoli 1979, p. 73 n. 3]); A. Pézard, « La rotta gonna ». Gloses et corrections aux textes mineurs de Dante, Firenze-Paris, II 1969 (’Si m’ oyait féal ami ...’). Il facile fraintendimento è provocato da un particolare che può trarre in errore: il caso soggetto fidels amics, che si giustifica perché sentis ‘sentissi’ è quasi un ‘fossi’, in funzione di copula. Perché il trovatore non si ritenga fedele amico ha spiegato soddisfacentemente il Kolsen («da er früher nicht immer treu geliebt hat»); viceversa non persuade l’opinione del Pézard, che cioè «l’ami fidèle desiré en vain par le poète devrait se trouver naturellement dans la dame, qui au contraire refuse de l’écouter» (pp. 13-14).
 
3. m’ en lais. Lezione di A B D M N Sg; equipollente la variante m’ o l., di Q R V a c, preferita dal Kolsen.
 
4. dobles. Congiuntivo imperfetto, che sottolinea l’irrealtà della ipotesi. — l’ ant’ e·l destrics. Dittologia di termini che, seppure non sinonimi, sono sentiti come semanticamente solidali: ne è prova il verbo al singolare.
 
6. no-fe. Formazione litotica, tipica dello stile di Marcabruno (cfr. « escarsedatz e no-fes » al v. 19 di Pax in nomine Domini).
 
10. Il topos della spiga che non mette i grani, quindi non fruttifica, è frequente nella poesia medievale in riferimento alla delusione delle speranze amorose; cfr. «lo meo lavoro spica e non ingrana» in Giacomo da Lentini (Madonna, dir vo voglio, v. 32), riscontro indicato da M. Picone, “Vita nuova” e tradizione romanza, Padova 1979, p. 114.
 
11. Nella misura auspicata, a giudicare dal fiore.
 
13. ir’ e genzics. Dittologia, per cui cfr. n. al v. 4.
 
17. Se jorns ferials è, come pare, la mediocrità ordinaria in quanto contrapposta alla eccezionaltià (nadals), ciò vuol dire che il poeta ha sperimentato di conseguire più concreti successi quando le sue ambizioni erano modeste.
 
19. E vi. Riprende la formula del v. 17, adducendo ancora una volta un dato dell’esperienza. — rics. Indica genericamente prosperità, fortuna ed altezza di rango; ma qui verosimilmente si riferisce ad una condizione meglio locupletata da Amore.
 
22. mans plach: ‘manche Wünsche’ (Kolsen). Rifiutando tale interpretazione, Kurt Lewent ha persuasivamente chiarito il senso complessivo del passo nel modo seguente: « Wer anderen eine Zufluchtsstätte gewahrt, nimmt sie freundlich auf. So mach er jetzt der Liebhaber. Früher hätte er manche Dinge (plachs, nicht « Wünsche »; vgl. Jeanroy in der Anmerkung Bd. II, 58), die ihm jetzt von der Dame zugemutet werden, als unehrenhaft (da demütigend) von sich gewisen; jetzt aber bereitet er ihnen einen freundlichen Empfang, jetzt nimmt er sie hin, steckt er sie ein. Zu dieser Deutung passt auch, was der Dichter in den nächsten Zeilen sagt: Que blan Sofertan ... So que plus li descove, «er nimmt geduldig hin, was ihm am wenigsten passt» (Zum Text der Lieder des Giraut de Bornelh [Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», I 26], Firenze 1938, p. 29).
 
23. sofrire. È nomen actionis, come soferitore dell’antico italiano.
 
26. l’ er. Lezione di I Sg c, sostanzialmente suffragata da A B K N Q (lera) D (k); le si oppone la variante s’ es di C M R V a, preferita dal Kolsen.
 
27. Jeanroy (citato dal Kolsen) aveva proposto di correggere amors in amor e amics in amic (« l’amant patient trouve, en proportion de l’égalité de son humeur, l’amour et son ami parfaits (tels qu’il les désire) »), ma la tradizione non suffraga l’emendamento né il senso se ne avvantaggia apprezzabilmente.
 
28. qui. Vale ’se uno’ spesso anche chi in antico italiano.
 
29. l’ os lor. Secondo il Kolsen os (’Gebein, Knochen’) indicherebbe ’das Innerte’; Jeanroy (citato dal Kolsen) pensava piuttosto a los ‘loro’ e lor ‘allorché’ (« Et si quelqu’ un affectait la colère (ou la rudesse) pour les effrayer (l’amour et l’ami), alor qu’il n’y a de leur part aucune bonne volonté, à celui-la serviraient de peu (à un autre moment) ses prières et ses chansons »). Ma il contesto si fa più limpido intendendo os da OPUS.
 
31. chantics. Ottima congettura del Kolsen, escogitata sulla base delle varianti chancics c, chanzics a, cancir N, iançics Q; gli altri codici hanno castics, irricevibile perché in rima al v. 64. Il Raynouard attesta cantic nella Doctrine des Vaudois (LR, s. v.).
 
34. dese. Nei codici de se; per la correzione cfr. n. al v. 59.
 
40. Lozoics. È Luigi VII di Francia, che nel 1152 aveva ripudiato la moglie Eleonora d’Aquitania per infedeltà. Il riferimento è dunque a colui che non sopportava attentati alla lealtà dell’amore. Tale sovrano era già stato citato da Marcabruno (« Ai! Mala fos reis Lozoicx», A la fontana del vergier v. 26, in rima con destricx e con prezicx): citandolo a sua volta, Giraut fa anche intendere di porsi fra i seguaci di quel trovatore.
 
49. anta ni trics. Dittologia, per la quale cfr. n. al v. 4.
 
50. Si può ragionevolmente ritenere che la dichiarazione di poetica contenuta nei versi seguenti costituisca una adesione al « trobar clus » marcabruniano, esplicitando le palesi allusioni dei vv. 6 e 40.
 
53. È questa, con ogni probabilità, l’auctoritas implicita nell’uso dantesco («la dottrina che s’asconde sotto ’1 velame de li versi strani », Inf. LX 63) e petrarchesco (« dir strano e bello », Trionfi IV 42) di strano in accezione letterariamente tecnicizzata. Quanto al valore di naturals, secondo Au. Roncaglia sarebbe quello pertinente ad un canto «orientato al chastic (v. 64), il quale esorta l’amante non solo alla fedeltà, ma anche ad allontanare da sé l’amore pos ve que-·s vira venals (v. 35), e svolge motivi di meditazione morale, sì che oimais semblara prezics (v. 46). Il sens natural [...] sembra insomma alludere a una dottrina etica più severa di quella corrente » (« Trobar, clus »: discussione aperta, in « Cultura neolatina », XXIX, 1969, pp. 5-55, a p. 51 n. 83).
 
59. La varia lectio di questo non facile passo offre elementi per il restauro di una lezione a mio parere ben più soddisfacente di quella stabilita dal Kolsen così: Car ses bd sofrire Per tan, Car no van Egal ab re (’Denn ohne das Gute zu dulden, [...] weil sie niemals gerecht verfahren ...’). Qui sofrire sarebbe infinito in forma analogica per sofrir (cfr. Gloss., s.v.), rara nell’uso trobadorico. Ma è soprattutto il senso che torna poco, perché, come osservato dal Jeanroy (citato dal Kolsen), Giraut se la prende con gli amanti precipitosi, che si vendicano di quelli più avveduti sparlandone: Jeanroy propose pertanto di leggere s’es per ses e di accogliere al verso 60 la variante se (’Car s’il y a un amant patient, ceux-là, parce qu’ils ne marchent pas du même pas que lui ...’). Per quanto più soddisfacente, nel complesso, di quella del Kolsen, tale proposta è inficiata dalle prime rime identiche ai vv. 23-59 (sofrire come nomen actionis) e 34-60 (se). La soluzione ottimale di questa complessa problematica fu intravista dal Kolsen nel secondo volume della sua edizione («An die Stelle von sofrire könnte man im v. 59 jauzire (aus I K Sg V) setzen», p. 59). Occorre, a questo punto, considerare il quadro completo delle varianti relative ai vv. 59 e 60: bos I K a, bo C M R, son Sg V, sofrire C M R a, jauzire I K Sg V al v. 59; re M V a, se C I K Sg, me R al v. 60. La lezione jauzire (’goditore’, cioè colui che ha successo in amore), manifestatamente difficilior, è senza dubbio originale; essa postula l’assunzione della variante bos al v. 59 e quella di se (pronome riflessivo per quello personale, fatto noto nel latino medievale e nel volgare) in luogo di re al v. 60, mentre l’inconveniente della rima identica con se del v. 34 non sussiste ove in quel verso si legga dese anziché de se.
 
67. lor solatz. È il piacere che provano a vantarsi e diffamare. — Galics. Il Kolsen pensava ai Walliser, ipotesi anacronistica alla quale non credeva troppo, e nel commento citava i Galecs (‘Galiziani’) di Arnaut Daniel (canzone XII, v. 51 ed. Canello, corrispondente al v. 43 della ed. di M. Perugi). Potrebbe forse trattarsi degli abitanti del Galles.
 
69. per un gan. L’allusione al guanto riguarda un dato autobiografico, o piuttosto pseudoautobiografico, che ricorre anche in altri componimenti: la vicenda, il cui ricordo turba il poeta, è narrata più o meno estesamente da tre razos. La più ricca di particolari dice che Giraut amava una dama guascona, di nome Alamanda, la quale apprezzava il trovatore ma sempre opponeva cortesi dinieghi alla sua amorosa richiesta, tuttavia lusingandolo con il pegno di un guanto, che il poeta successivamente perse procurandosi il fiero sdegno dell’amata. Secondo la versione di un’altra biografia lo smarrimento del guanto non sarebbe stata la causa vera della rottura con Alamanda, bensì il fatto che costei pres per son drut un individuo spregevole incorrendo nel biasimo della gente perbene.
 
71. ist. Il Kolsen ha preferito m’ist, variante del solo a.
 
73. Amia. È verosimilmente quella del guanto.
 
74. comtals. Propriamente ’comitale’, cioè intrinseco di conti: forse perché la sua signora era una contessa, ma il Kolsen pensava invece a una allusione a Linhaure (Raimbaut d’Aurenga era conte).
 
75. Probabilmente si deve intendere che, dopo che ebbe posto bene il suo amore riservandolo alla contessa, l’infortunio del guanto fu quanto di peggio sia capitato al trovatore.
 
77. Non si sa bene chi siano esattamente i Proensals e neppure che tipo di legami Giraut avesse con la Provenza. Può darsi che si alluda ai rapporti con i Barral, signori di Marsiglia. È in ogni caso interessante il fatto che Giraut si situi idealmente nell’ambiente provenzale.

 

 

 

 

 

 

 

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