5–6. Il RESTORI (op. cit., p. 6) interpreta: «del prode Marchese che a buon pregio si accompagna; però che assai ne ha Enrico, tanto che Rainarz » &c. A me pare che il v. 6 dica tutto il contrario e che l’autore abbia messo in contrapposto il pregio del Marchese (che sarà Ottone del Carretto) con la condotta dell’Enrico, il quale non ne ha punto e suol vivere d’imbrogli e di astuzie alla guisa del protagonista del Roman de Renard. Ciò considerato, si rende assai dubbia l’identificazione, voluta dallo stesso Restori, di questo Enrico con Enrico del Carretto: tantoppiú che il suo nome non è preceduto dalla particella onorevole «En» né dall’attributo di «Messere», come d’obbligo nel caso di un marchese.
19. Stampo «non» con la minuscola, perché è ovvio pensare che nel passo si alluda genericamente a coloro i quali sogliono rifiutarsi di far dei doni. Mi pare tuttavia non indegna di riflessione l’osservazione del RESTORI (op. cit., p. 8) che, «la frase “entrei dins lor maison” con quel che segue pare accenni piuttosto a una casa o famiglia speciale che la gente chiamasse di Non». Il Restori ricorda come una famiglia «de Nono», ossia di Annone (presso Asti; cf. num. XXXVI, nota 47) sia realmente esistita: ad essa appartenne un «Bertholdus de Nono» che, nel 1236, fu al governo di Fossano insieme con Manfredi II Lancia. Senonché la lezione entrei è esatta? Se ne può dubitare fortemente. Quel perfetto, infatti, dopo il presente «cug» e prima di «vest» e «mostram» spezza la consecutio temporum. Sarà, dunque, da leggere «entre»: e allora non si tratterà piú di un fatto determinato, sí bene di una consuetudine.
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