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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931

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015,001=392,001- Albert Marques

18. empeignetz l’estrada] Che i Malaspina, padroni de’ valichi Appenninici, ne’ quali riscuotevano i pedaggi, solessero talora impegnare questi per far danaro, si vede da un documento del 9 agosto del 1189, in cui «dominus Muruellus Malaspina», in Varzi, «dixit et manifestavit», per tranquillità di quella popolazione, «se nullo modo dedisse nec impignasse Placentinis nec Papiensibus decimam de pedagio Crucis» (CIPOLLA-BUZZI, Cod. Diplom. di Bobbio, II, p. 224). A’ rapporti tra Genova e i Malaspina relativamente a’ passi, allude un documento dell’ 8 agosto 1193, in cui il console di Genova fissa le norme e le tariffe per la riscossione de’ pedaggi di Gavi e di Parodi. Di questi la metà spettava a’ Genovesi; dell’altra metà Marchiones de Gavi et Marchio de Parodi habent duas partes que dividuntur inter eos equaliter. De hiis tantummodo accipitur in eundo». Manca il documento della cessione a cui allude R. e che A. non nega. Ma essa non fu la sola a cui si vide costretto il Marchese. Ce lo dice un atto del 20 agosto del 1200, stipulato in Genova, nel quale Alberto Malaspina prende a mutuo da Guglielmo Balbo di Castello cinquanta libbre di danari genovini; «in solutione cuius debiti», dice «do tibi in quaque soma que portabitur per stratam de Turigia danarios.VI., ut eas facias colligi dum eris solutus» &c.; v. G. GORRINI, Docum. sulle relaz. tra Voghera e Genova, p. 15. Che l’impegno de’ pedaggi non dovesse tornar gradito ai trafficanti genovesi, esposti a’ rincrudimenti delle tariffe, è ovvio. Pertanto credo che la lezione de’ mss. D(IK)R, «lor lor emp.», accolta da’ precedenti editori, sia assurda, giacchè, ove Alberto avesse data in pegno la strada a’ Genovesi, avrebbe reso loro non un danno, ma un buon servigio. 33. Val de Tar] Oggetto di vecchia discordia tra’ Piacentini e i marchesi Malaspina, la Val di Taro, nel 1188, fu teatro di una rotta data da quelli a questi e a’ loro alleati Parmigiani. Dopa una nuova invasione dei Parmigiani e de’ Malaspina, loro alleati, nel territorio di Piacenza, si tornò alle armi. A un accordo si venne nell’anno seguente, grazie alla mediazione della Lega Lombarda e de’ legati pontifici. In virtù di esso i Malaspina furono tenuti a vendere a’ Piacentini, al prezzo di quattromila lire di moneta di Piacenza, i loro diritti sulla Val di Taro e sulla Val d’Ena, con la formula: «Ego Monruellus pro me et Opizone et Alberto fratribus meis facio pacem in personis et rebus vobis Placentinis. . . . Insuper pro me et pro dictis fratribus meis facio finem et datum et concessionem de omni eo quod habemus vel habebamus, tenemus vel tenebamus quoquomodo per nos vel per alios in Valle Tarii octo diebus ante guerram inceptam. Et nominatim quicquid habemus in Hena et pertinentiis eius. . . . ». L’atto solenne fu celebrato in pubblico parlamento, nel palazzo del Comune di Piacenza, il 5 marzo del 1189, presenti Moroello e Alberto Malaspina. Obizzo lo ratificò l’11 aprile. Il pagamento fu fatto a rate; l’ultima fu pagata il 23 luglio. V. GERINI, Docum., XXXIV (dove però è erroneamente scritta la data del 1188), xxxv; POGGIALI, Mem. Stor. di Piacenza, IV, pp. 384 sgg.; I. AFFÒ, Storia di Parma, II, 287. Gli Annales Placent. Guelfi, p. 447, danno all’accordo la data del 30 gennaio: «1189, die lune, (1) 3 kal. februarii facta fuit concordia et pax in scriptis inter Placentinos et Parmenses et Muruellum et fratres». Poichè, come ho detto di sopra, la tenzone è del 1195, così non mi pare accettabile la lezione «tol hom» (vi si toglie) di IK, accolta dal CRESCINI; preferibile la lezione «tolgront» (tolsero) di A.
 
34. Peiracorva] Il POGGIALI, Mem. stor. di Piacenza, V, p. 25, identifica senz’altro Pietracorva con Pregola, in Val di Staffora. Ma Pietracorva non ha cambiato nome: essa è un monte che s’erge davanti a Fornovo, sulla sinistra del Taro, alla confluenza del torrente Ceno. Vi esistono ancora gli avanzi di una rocca, detta Rocca Lanzona. Era punto strategico assai importante, come quello che dominava le strade scendenti dall’Appennino a Parma e a Borgo San Donnino. Un diploma di Corrado III, del 28 agosto 1143, confermante a Oglerio, abate di S. Colombano e conte di Bobbio, il comitato Bobbiese, comprende, tra’ feudi del monastero, anche «curtem de Petra Corva» (CIPOLLA-BUZZI, Cod. Diplom. di Bobbio, II, p. 46). Nel 1187, Pietracorva aveva signori propri. Costoro, con istrumento del 18 gennaio, giurarono fedeltà a’ Malaspina, consentendo loro «rocham tenere et habere, sicut nunc tenent et habent», e simultaneamente al comune di Piacenza: «Castrum vero Petrae Corvae debent dare Comuni Placentiae guarnitum et disguarnitum quotiescumque consules. . . voluerint» (POGGIALI, IV, p. 377). Durante le discordie che si riaccesero tra i Malaspina e Piacenza dopa l’accordo del 1189, la fortezza era tenuta da’ Malaspina. Ma nella pace imposta loro dall’imperatore nel ‘94, i Malaspina si obbligarono a distruggerla: «Item castrum Petrae Corvae destrui permittemus et illud ultra non reficiemus nec aliud consimile faciemus» &c. Lo stesso si stabiliva per il castello di Grondola presso Pontremoli. Questo atto fu giurato il 6 novembre del 1194 (GERINI, Docum. XXXVI, XXXVII; POGGIALI, Mem. Stor., V, p. 25; CORNA-ERCOLE-TALLONE, Il Registrum Magnum &c. I, p. 310): «1194, indic. 13, die dominico, facta est pax et concordia inter Placentinos et Muruellum et fratrem [cioè Alberto]. Qui Muruellus et Guillelmus filius, praedicto die, in plena contione Placentiae, iuraverunt fidelitatem et pacem comuni Placentia et sacramentum civile insuper fecerunt». (Ann. Placent. Guelfi, p. 419).  
 
35. «Nicholaus de Mari» e «Lanfrancus de Mari», della nobile famiglia genovese. Niccolò fu console «pro Comuni» nel 1189; OTTOBONO SCRIBA, s. a. Nel 1222 fu uno degli otto nobili «pro redditibus comunis Ianue recolligendis et expendendis»; MARCHISIO SCRIBA, s. a. Nel 1227, uno de’ «consules civitatis et burgi»; BARTOLOMEO SCRIBA, s. a. Lanfranco fu console «pro iustitiis, ex parte burgi» nel 1187; OTTOBONO SCRIBA, s. a. Nel 1215, fu console «pro Comuni»; OGERIO PANE, s. a; nel 1224 e nel 1236 uno degli otto della giustizia; MARCHISIO SCRIBA, s. aa.; nel 1241 uno degli otto «pro Comuni», e in questo stesso anno mori; BARTOLOMEO SCRIBA, s. a. Poichè circa il 1194 nessuno de’ due occupava una carica pubblica, così potrà pensarsi a una qualche vertenza privata esistente tra’ de Mari e i Malaspina, nella quale Alberto si fosse comportato da bugiardo.
 
40. R. era stato fatto cavaliere, dunque, prima del 1195; cf. CHABANEAU, Biogr., p. 293 n. Lo SCHULTZ­GORA, Le epistole &c., p. 97 sgg. opina che Bonifazio I lo avesse insignito di tale dignità avanti la campagna di Sicilia. Il suo argomento però non mi pare molto solido: che, cioè, se egli combattè, come narra nella Epistola (v. più oltre), al fianco del Marchese, questo significhi che già era cavaliere, non essendo ciò concesso a un «escudier». Può darsi che l’addobbamento di R. sia stato una conseguenza degli atti di valore da lui compiuti in Sicilia, e che A. alluda a un avvenimento recente, riflettendo l’impressione che faceva ne’ contemporanei il vecchio giullare sotto nuove spoglie. Alla dignità di cavaliere concessa dal Marchese a R. si allude anche nella tenzone tra lo stesso R., Aesmar e Perdigo, in cui quest’ ultimo dice:
         Mas En Ranbautz manten lo cors pleniers
         Qu’en pro manjar a tota sa fianza;
         Mas, sil Marqes li fos d’aital senblan,
         Encor fora joglars o escudiers.
                            (Grundr., 392, 15).
 
53. castaigner] Gli editori precedenti hanno stampato «Cast.-» col C maiuscolo, credendolo un nome di luogo. Ma una località di questo nome non esiste ne’ territori Malaspiniani. Ha, dunque, ragione il TORRACA quando intende cast. per «castagno». R. vuol dire: ‘Piacenza vi toglie la terra si da non lasciarvi nemmeno un castagno’. Le spoliazioni de’ Piacentini in danno del Marchese non si arrestarono a quelle ricordate alla nota al v. 34, ma continuarono, come dissi, anche nel 1195. Il 17 dicembre di questo anno, Alberto Malaspina, in nome proprio e di Corrado suo nipote, vendette il poggio di Grondola presso Pontremoli a’ Piacentini, per duecentoquindici lire di Piacenza: «ita quod nec illum podium neque aliquod castrum possit aedificari nec levari»; GERINI, Docum., XXXVIII; (CORNA-ERCOLE-TALLONE, Il Registrum Magnum &c., I, p. 342; POGGIALI, Mem. Stor., V, p. 32). Corrado ratificò l’atto il 18 marzo del 1197; GERINI, Docum. XXXIX.
 
55. Mon-Escudier] Pseudonimo della donna amata da Alberto.
 
57. La lezione di questo v. generalmente accolta è quella di A. Essa ha fatto si che «enpier», o «empier», fosse preso per un nome di persona: «En P.», in cui si è voluto riconoscere Peire Vidal! Ma questa identificazione è puramente arbitraria. Accogliendo la lezione «empier» di R, io mi accosto all’opinione di F. TORRACA, P. V. in Italia, p. 234, che «empier» si abbia da prendere nel senso di «impero». Non credo pero accettabile l’ipotesi del dotto studioso che il passo vada interpretato: «Andate al diavolo, voi e tutto il loro impero!», cioè l’impero Romano-Germanico, dal quale i Malaspina erano stati messi al bando. «Empier», voce di formazione popolare, esistente in provenzale allato alla voce dotta «emperi», potrebbe avere qui il senso generico di «dominio», e A., ribattendo le parole di R.: «Piacenza non vi lascia un palmo di terra», può aver voluto dire: «Non m’importa dell’accrescersi continuo del loro dominio», adoperando la parola «empier» non senza una punta d’ironia per la megalomania de’ Piacentini.
 
 
1. Era domenica, non lunedi. V DE MASLATRIE, Très., p. 391.

 

 

 

 

 

 

 

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