8. Nella guerra tra Asti e Carlo d’Angiò, incominciata nell’estate del 1259, ci furono due tregue: la prima conchiusa il 21 febbraio del 1260, la secondo conchiusa il 17 luglio del 1263 (v. Q. SELLA, Cod. Ast., p. 145 sgg.). Quella a cui allude B. di C. è la prima, perché del tempo in cui c’era ancora in Genova il Capitano del popolo (cf. quaggiù il comento al v. 30). Nella invasione, le armi angioine si erano spinte sino al Bene al Vescovo. Dal trattato risultano essersi trovate dalla parte di Asti, Torino, Chieri, Piossasco, Fossano; da quella del Conte di Provenza, Alba, Cherasco, Cuneo, Savigliano, Bene. La dedizione di Alba e di Cherasco all’Angioino era stata votata dal popolo il 23 agosto del 1259 (v. F. GABOTTO, Append. documentaria al “Rigestum Com. Albae” in Bibl. della Soc. Stor. Subalp., vol. XXII, Pinerolo, 1912, p. 172 sgg.). Il trovadore è esatto nel dire che Asti, con la tregua, perdeva tutto il territorio ch’«es de latz» all’abbadia di Staffarda: «de latz», cioè ad oriente.
12. Cunis] La dedizione di Cuneo era stata trattata da Bernardo di Castellane e da un suo consanguineo, Bonifazio (v. F. GABOTTO, Storia di Cuneo, p. 45). Lo stesso Gabotto vorrebbe vedere in questo Bonifazio il nostro trovadore (Asti e la politica Sabauda in Italia, in Bibl. della Soc. Stor. Subalpina, vol. XVIII, p. 68). Ma, a parte ogni altra considerazione che qui sarebbe fuor di luogo, le parole del trovadore, al v. 12, sembrano escludere una partecipazione diretta di lui alle operazioni della guerra.
22–3. Fanno esatto riscontro a queste espressioni relative al moltiplicarsi de’ piati giudiziari in Provenza, al tempo di Carlo d’Angiò, quelle di Bertran d’Alamannon, scritte nello stesso giro di tempo:
Que me coven de platz
Pensar e d’avocatz
Per far libelhs tot dia . . .
Pueys me dizon: «Pujatz
En cort es demandatz . . .»
(ed. SALVERDA DE GRAVE, p. 41),
30. ’l Capitani] Guglielmo Boccanegra, eletto capitano del popolo per dieci anni nella sedizione ghibellina del gennaio del 1257; deposto il 7 maggio del 1262 (Ann. Ianuens., IV, pp. 25, 46).
31–2. La Contea di Ventimiglia, posseduta da Guglielmo II, figlio di Guglielmo, e da’ suoi fratelli, ma soggetta alla signoria di Genova, fu ceduta dal primo a Carlo d’Angiò nel 1257 (C. DE NOSTREDAME, Hist. et Chron. de Provence, p. 224). Una convenzione relativa alla Contea ebbe luogo il 2 luglio del 1260 tra Carlo e Beatrice di Provenza, da una parte, e la Repubblica di Genova, dall’altra, dopo trattative condotte da Teodosio Fieschi, Bonarello Grimaldi e Marchesino da Cassino. In virtù di essa, il Conte di Provenza restituiva Ventimiglia (v. S. STERNFELD, Karl von Anjou, p. 166). Essa fu confermata e giurata solennemente in Genova il 2 marzo del 1262 (S. STERNFELD, loc. cit ; C. DE NOSTREDAME, op. cit., pp. 226, 229).
34. Il rimprovero del trovadore al Podestà (che, nel 1260, era Martino da Fano; Ann. Ianuens., IV, p. 39) di essere «incurante» degli interessi del Comune, mentre avrebbe dovuto esserne il difensore, può essere giusto; ma la condotta del Podestà trova una spiegazione nelle condizioni a cui era ridotta l’autorità podestarile in Genova, dopo l’elezione del Capitano del popolo, al quale quella era sottoposta. Sopra di che ben ci illuminano gli Ann. Ianuens. (IV, pp. 25, 38, 45 sgg.). Notevole il silenzio degli stessi Annali in ordine alla questione di Ventimiglia. B. di C. scriveva prima della convenzione del 2 luglio 1260, ché, dopo questo atto, le parole sue non avrebbero piú avuto un senso: cosa già osservata dal SALVERDA DE GRAVE (Bertran d’Alamannon, p. 43).
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