1. en Bertran. Si fatta forma del voc., che si trova pure fuori di rima in V, 2, concorre nei nomi propri con -s. Così anche al nom. Cfr. Leys, II, 188.
2. Così costruisce il verso anche il SALVERDA DE GRAVE; diversamente l’APPEL.
5. otra. SALVERDA DE GRAVE e APPEL: «autra m.».
5-7. Il DE LOLLIS, per l'accenno all'Anticristo quivi contenuto, riportava la tenzone al 1241, ritenendo si alludesse all'invasione mongolica nell'Europa occidentale, che tanto preoccupò la Francia in quell'anno: Vita e poesie di S. di G. cit., p. 33 e n. Il TORRACA, per la stessa ragione, la faceva invece rimontare intorno al 1238: Giorn. Dantesco, VII, 2(la «fonte prossima», in fatti, dell’«aug dir» del v. 5 sarebbe un doc. del 1238: ma cfr. SALVERDA DE GRAVE, p. 120, n, 4). Il SALVERDA DE GRAVE, interpretando invece quei versi come una metafora designante la dominazione dei Mussulmani in Terra Santa e non essendo forse improbabile che Granet avesse avuto in vista anche il sultano d’Egitto, che aveva chiamato in aiuto i Carismiani fuggenti davanti i Mongoli vittoriosi, le assegnava il 1244-1248 (op. cit., pp. 119-120), data che, accompagnata da qualche altro accenno non troppo perspicuo, si trova già in SELBACH, Die Streitgedichte cit., p. 62. Il FABRE, col confronto anche di alcuni versi di G. Montanhagol (ed. COULET, XII, 6-9: cfr. commento pp. 154-9), ritrovandovi all'opposto accennato il conquistatore tartaro o mongolo, che nel 1257 dominava in Asia e in Persia e che Bibars respingerà poi di là dall’Eufrate, la riportava presso a poco a quell'anno: Guida de Rodezcit., pp. 348-9.
Noi crediamo che il FABRE, in sostanza, abbia ragione. Essendo però il 1258 l'anno in cui l'agitazione mongolica ridestò in Europa le maggiori apprensioni (cfr. Art de vérifier les dates, V, 214; DIEZ, Leben u.Werke, pp. 466; DE LOLLIS,
Vita e poesie di S. di G. cit., p. 287 e COULET, op. cit., pp. 156-7), preferiamo meglio riportar la tenzone a quel tempo. Se non che il nostro ragionamento procede per vie alquanto diverse da quelle battute dal filologo francese. Intanto che nell'Anticristo si possa vedere lo stesso Bibars, che, per quanto combattesse i Mongoli, fu anche molto ostile ai cristiani, non credo possibile. Anche perché le sue vittorie contro costoro e le sue efferatezze contro alcuni che non si vollero convertire alla sua religione, cadono principalmente nei primi tempi della spedizione di Carlo d'Angiò in Italia (Art de uérifierles dates, V, 215), mentre Granet, quando scriveva questi versi era senza dubbio in Provenza (cfr. v. 17).
(Ad alcuni di tali avvenimenti alludeva invece il Templario Gt. 439, I: cfr. DIEZ, Leben u. Werke, 588-9 e ultimamente G. BERTONI, Il serventesedi RicautBonomel (1265) in Zeit., XXXIV, 701 sgg.). Ritiene il FABRE poi che questa tenzone sia provocata dalla canz. Nuls hom di Bertrando d'Alamanon (ed. SALVERDA DE GRAVE, no. XX), dove il poeta si lamenterebbe della devozione di Guida di Rodez.
A dir la verità, né i raffronti relativi alla intonazione generale dei due componimenti, né il richiamo formale a quel misero joi (Pos anc, vv. 2-4; Nuls hom, vv. 3-4), né l'allusione a Guida di Rodez, vielha, dei vv. 39-40 di Pos anc —si pensi che Guida poteva avere allora 45 anni!— sono persuasivi. Tutt' altro! Proprio, per noi, è il caso del famoso «civet de lièvre». Per noi, ben vide il DE LOLLIS, p. 32, quando di questa tenzone trovò lo spunto in Bertrans, lo joi (ed. DE LOLLIS, no. XIX: ed. SALVERDA DE GRAVE, no. XIII). Balza subito fuori al v. I: «Pos anc no·us valc amor, senh' en Bertran». In quella sua tenzone con Sordello, non aveva, in fatti, Bertrando detto tosto, sul principio: «Tan lonjamen ai amat ab fadia E tam pauc m'an dompnas tengut de pro» 9-10? Essa, come s'è veduto, aveva così interessato Carlo d'Angiò, che aveva spinto Granet ad entrare in lizza col sirv. Pos al Comte: cfr. p. 7 sgg. Ora Granet, tenzonando direttamente con Bertrando, poiché l'argomento si prestava, richiamò quell' accenno, che non era poi tanto lontano nella memoria.
Così la data del componimento Pos al Comte (1250-1253), a cui questo si richiama, giustifica l'allusione dei vv. 5-7 ad avvenimenti del 1258.
8. de l'arma·us sovenha. « ... il consiglio solito a darsi a quelli, che volevano, o non volevano andare a combattere gl' infedeli»: TORRACA in Giorn. Dantesco, VII, 3.
11. per ricx. Cfr. I, 13.
14. segurs. Il SAVERDA DE GRAVE stampa, per errore, «segur».
19. forsadamen. La corr. è già in APPEL e SALVERDA DE GRAVE.
21. vas amors. Cfr. anche v. sg. È un plur. con valore di sng.: cfr. CRESCINI,Manualetto2 cit., p. 408.
24. ilh.L'APPEL e il SALVERDA DE GRAVE correggono «elh»; ma qui il pron. si riferîsce alla «donna».
27. Interpungo e intendo diversamente dall' APPEL e dal SALVERDA DE GRAVE.
32. Il MILLOT, II, l35-6 si maraviglia dei «trait d'impiété» espressi in questo e nei vv. sgg. e trova una giustificazione nel fatto che la superstizione e l'irreligione van sempre insieme. Ma cfr., in proposito, DIEZ, Die Poesie cit., p. 143 sgg. che si richiama proprio anche a questo esempio.
36. L'APPEL e il SALVERDA DE GRAVE pongono fra le varianti «aquist». Il ms. legge chiaro: saq-st.
37 sgg. Le due tornate dàn del filo da torcere, soprattuto a cagione di quel primieyra (vv. 37 e 42), non essendosi in tutta la tenzone parlato che di una sola donna. Il SALVERDA DE GRAVE, op. cit.,pp. 123-4, resta incerto e mostra di non intendere l'interpretazione dell'APPEL, a cui noi ci accostiamo. Al LEVY, S. W., VII, 71, pur dopo schiarimenti fornitigli per lettera dall'Appel, il passo rimane non chiaro.
La nostra interpretazione non pretende di colpire esattamente nel segno; ma, in mancanza d' altro, è il resultato che noi è parso migliore, della molta attenzione cui il passo fu sottoposto.
38. Antecrist. Qui ha il significato leggendario di essere fornito come di magico potere.
42-6. Nella risposta, Bertrando parrebbe rimaner convinto del ragionamento di Granet, riguardo all'abbandono della donna prima amata, tanto più che gli è stata anche ricotdata, non la giovinezza fuggita,ma proprio la vecchiezza piena di cure. E seguirebbe il consiglio.
44. Sordel n'a ben camiadas cen. È nota l'avventurosa giovinezza del Mantovano: cfr. BERTONI, I trovatori d' Italia cit., p. 80.
46. leys. Ha valore indeterminato, come dice la traduzione. L’espressione «c'a de fin pretz corona», che le si riferisce e che si era poco prima attribuita alla donna già amata (v. 31), sarebbe stata qui adoperata a bella posta, come per dire: «e amarne un'altra, che ha corona di fin pregio come la prima». Ma è procedimento arduo. |