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Guarnerio, Pier Enea. Pietro Guglielmo di Luserna, trovatore italiano del sec. XIII. Genova: Tipografia di Angelo Ciminago, 1896

344,003- Peire Guilhem de Luserna

1. leuger: leggiero, nel senso di facile, detto della melodia, cfr. De Lollis, Sord. p. 261, v. 1.
 
2. esbaudir: anche esbaudejar, ant. it. sbaldire rallegrarsi, Diez, Wört.4. s. baldo. Cfr. Joan d'Albuzon nella tenzone con Nicoletta da Torino : « Lo segles per tot se n'esbaudia », Crescini, Man. 39, 36, e Sordello, XVII, 50.
 
3. hom qe nos don'alegrer no sai...: caso di attrazione pel quale il soggeto della proposizione dipendente, insieme con la sua propos. relativa, è preposto alla proposizione principale, onde traduciamo : « non so che possa divenire un uomo che non si dà allegrezza ». Un esempio consimile, senza però la proposiz. relativa, è in Sordello, VI, 11, cfr. nota p. 264 e Diez Gr. cit., III, 439.
 
6. pros: di comun uso presso i trovatori, nel significato cavalleresco di « valente, virtuoso », che abbia cioè tutte le qualità del perfetto cavaliere.
 
10. prez: pure di frequente ricorso ; « il pregio » tanto celebrato dai trovatori comprende tutte le qualità, per cui il cavaliere era « pros ».
 
ib. enter: col valore del lat. integrum perfetto, v. anche nº V, 3 e 16.
 
15. a Deu: è facile comprendere perchè abbia preferito questa lezione, che s'attaglia bene a tutto il contesto, in luogo di aquo di DaI. Non dico che codesta lezione non possa difendersi, spiegando non agenza come usato in modo impersonale e aquo come il dimostrativo, che anticipa la proposizione assertiva seguente, quasi dicesse : « ma poichè questo non piace, che io posso fare... » Ma rimarrebbe sempre senza soluzione la difficoltà della stanza seguente, dove demanda e quer non avrebbero soggetto ; mentre il senso corre logicamente chiaro, quando si abbia qui Deu, che è poi il soggetto sottinteso dei due succitati verbi.
ib. pos: con l'elissi di que, come di frequente, cfr. Diez, Gr. cit., III, 320 e 323.
 
17. deu: rispetto questa lezione per la 1.a pers. sing del pres. ind., in luogo di dei di altri mss. È manifestamente un'anomalia grammaticale dovuta al poeta d'origine non provenzale, ma non è isolata e fa il paio con la stessa forma di Sordello, XXI, I, per cui v. la mia recensione in Giornale stor. d. lett. it. XXVIII, fas. 3. Del resto che il soggetto di deu non possa essere che il poeta in 1.a pers, è dimostrato in modo non dubbio dal contesto, poichè è ovvio che egli stesso dica : « se a Dio non piace che compia grandi imprese, io devo almeno guardarmi dal peccato ».
 
18. e d'aizo ecc.: ho preferito la copulativa, perchè altrimenti bisogna ammettere che d'aizo q'ai a servir sia complemento di termine del sostantivo faillenza, il che mi pare uno stento.
 
ib. q'ai a servir: il verbo aver seguito da un infinito con a esprime non solo un'azione futura, ma una destinazione, una necessità obbiettiva o soggettiva nel senso attivo, come nel caso presente, dove traduciamo : « che devo servire, fare », cfr. « Lai on hom a a viure et a morir » Lex. Rom., e Diez, Gr. cit. III, 217.
 
19. no demanda ecc.: soggetto sottinteso Deus, come si è detto sopra.
 
21. s'afìer: 3.a pers. sing. del pres. ind. di aferir, usato impersonalmente nel senso di « convenire » ; quindi tutta la frase quant al poder s'afìer vale « quanto al potere conviensi », cioè « quanto si può », cfr. Lex. Rom. che allega lo stesso esempio.
 
22. e qe: e non è qui copulativa, ma avversativa, e qe è la congiunzione dipendente dai verbi precedenti demanda e quer.
 
24. scienza: trisillabo pel verso, come del resto in altri esempi, cfr. Bartsch. Chr.4 71,25 e 322,36.
 
26. mas q': ha qui il suo significato normale, « se non che, se non in quanto » ; quindi traduciamo : « l'avere non ha valore, se non in quanto se ne trae il suo vantaggio ». Il qar del ms. c, invece del semplice qe, è con tutta probabilità entrato nel testo per riflesso del qar che segue.
 
27. qar: non è propriamente congiunzione causale, ma tiene luogo del qe del verso precedente.
 
ib. far qrazir: far rendere grazie, cioè « cattivarsi la gratitudine », cfr. Sordello, XXXX, 281 « Totz oms, qui bes vol far grazir ».
 
32. e fai s'en auzir: qui faire costruito personalmente non ha il valore di essere, ma conserva il suo significato fondamentale valendo precisamente « fare in modo » ; onde tutta la proposizione vuol dire : « Milano pensa di vincere l'imperatore con grandi fatti e fa in modo che se ne oda (parlare) ». Per siffatto costrutto di faire v. De Lollis, Sord. p. 276, v. 20.
Nella notazione delle varianti abbiamo veduto fau di G, che merita essere rilevato, perchè accanto a fan di c, mostra che vi fa l'ufficio di una nota forma di 3.a pers. pl. dell'ind. pres. poco usata, Meyer, Romania, IX, 193-197 e Crescini, Man., CXXXII ; quanto al contesto, ammesse queste lezioni, il soggetto diventa allora grans faiz.
 
42. gent: usato come avverbio, gentilmente, cfr. n.º IV, 15.
 
45. et a car nom perencarzir: « ed ha un nome caro per riuscir grata », cfr. Lex. Rom., che allega lo stesso esempio. Pare un bisticcio sul nome Giovanna, che in ebraico vale « piena di grazia », come quello ben noto di Dante sulla madre di S. Domenico : O madre sua veramente Giovanna, Se interpretata val come si dice ! Par. XII, 80-81. Cfr. Cavedani, Mem. cit. 304 n.

 

 

 

 

 

 

 

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