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Branciforti, F.. Le rime di Bonifacio Calvo. Catania: Università di Catania. Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia, 1955

[CdT en procés d'incorporació]

101,008a- Bonifaci Calvo

v. 13. Si potrebbe proporre la correzione di frachura in falsura, tenendo conto del v. 5; ma non è necessario.
 
v. 36. L'ipermetria e la mancanza di senso della lezione del codice è ovviata dal Bertoni (pag. 431) con l'emendamento c'am'e languir vol aman leialmen, «che ami volendo languire con amare lealmente». La correzione è di bell'effetto, ma di scarsa probabilità, a mio parere; è una ragione interna, di stile, che fa guardare con sospetto quella ripetizione contrapposta di amar.
Il testo provenzale, di solito, è più piano, meno arrischiato, polemicamente teso, ma mai scavato in profondità. Ecco perchè, con buon rispetto della lezione del codice, preferisco leggere c'ancse languir vol, aman leialmen, non chiudendo il periodo con un punto e virgola, ma solamente pausando con una virgola, poichè il car dreitz ecc. appartiene per il senso a fols proatz del v. 35.
 
vv. 45-46. Il Bertoni (ibid.) legge doncs per nien sa domn' e si peiura, - Q'el s'enjana, si tot sec son vol blos, ed interpreta: «adunque per nulla nuoce a sè ed alla sua donna, chè egli s'inganna, sebbene segua la sua sola volontà». La correzione (l'enjana = s'enjana) non è opportuna: q'el l'enjana, «poichè egli la inganna», spiega il peiura precedente. Intendo: «dunque per un nulla egli avvilisce se stesso e la sua donna, poichè egli l'inganna, sebbene consegua il suo insano desiderio».
 
v. 52. Alla fine di questo verso il Bertoni interpunge con un punto e virgola, mentre il periodo seguente car hom non pot ecc. spiega la foudatz del v. 51 e il luec desavinen del v. 52.

 

 

 

 

 

 

 

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