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Bertoni, Giulio. I trovatori minori di Genova. Dresden: Gesellschaft für Romanische Literatur, 1903

290,001- Luquet Gatelus

a10 b10’ a10 b10’ b10’ c10 c10 b10’ b10’
 
cinque coblas u. e una tornada. Si cfr. Maus, Op. cit., p. 107, v, 310.
 
Questo serventese è stato edito di sul cod. e parecchie volte. Un tentativo di ricostruzione critica devesi a C. Merkel, Atti della R. Accademia dei Lincei, Classe di Sc. mor. st. e filol., S. IV, T. IV, pag. 383, n. 5. Per il contenuto del componimento giovi riprodurre quanto scrive il Merkel, che per quanto spetta alle allusioni storiche, ha forse visto meglio degli altri (pag. 385): «Non si può dire che il poeta parteggi per uno dei tre principi (Carlo, Manfredi, Corradino); egli gode di vedere che sta per accendersi lotta tra di loro, epperciò si moveranno le armi. Incomincia a parlare per primo di Carlo d'Angiò, perché questi è il primo che minaccia la guerra; lo chiama prode, accenna alla fama che si acquistò in Siria ed in Fiandra; ma poi lo rimprovera del soverchio indugio nell'incominciare l'impresa, gli ricorda, come per umiliarlo, la gloria di Carlo Magno e del re Alfonso di Castiglia, e forse gli lancia ancora un oscuro, ma più pungente rimprovero nell'ultimo verso del serventese. Da Carlo d'Angiò il trovatore passa a Corradino ed anche lui invita a guerre contro Manfredi: il principe è giovane, quindi il Gattilusio non può ancora parlar delle sue imprese; ma egli ricorda la gloria degli antenati di lui, i dominii che Corradino intende conquistare, forse l'Impero, e per eccitar anche lui a muoversi presto, gli rammenta pungentemente l'ingiustizia fattagli da Manfredi. Infine viene a quest'ultimo, che è minacciato da due parti: egli ripete anche per Manfredi gli eccitamenti ad essere coraggioso e con implicita lode ricorda la gagliardia, per mezzo della quale egli si acquistò il regno di Sicilia. In queste parole, stando a rigore di termini, non si può dire né che il Gattilusio si mostrasse guelfo, platonico, come volle il Belgrano, neppure che si mostrasse guelfo, ma freddamente, come credette il Casini. Luchetto è qui, per così dire, affatto oggettivo. Forse egli teneva lo stesso contegno, che gli uomini di governo del suo comune; stava a vedere chi avrebbe avuto fortuna» . . .
 
v. 9. aura di a corregge il verso e dà un senso sodisfacente. Non così l'avanta di e.
 
v. 19. Il Merkel col Belgrano: Doncs albir se pot, tals es lo resos.
 
v. 29. Merkel, seguendo il ms. e: Deslinhara, car li sieu sohranson Suria; ma che il verso abbia bisogno di un emendamento è evidente.
 
v. 37. Aggiungo no e ia perché il verso, quale è dato dai codd. e stampato dal Merkel, manca di due sillabe: Sil Rei Matfre fos coratios.

 

 

 

 

 

 

 

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