La poesia è corredata di una razo che ne esplicita il contesto, e quindi l’occasione del canto, e, sinteticamente, il contenuto; questo il testo (1):
(1) Quan lo bos reis N’Anfos de Castela fo estatz desconfitz per lo rei de Marroc, lo cals era apelatz Miramamolin, e l’ac touta Calatrava e Salvaterra e Castel de Dompnas, si fo grans dolors e grans tristeza per tota Espanha e per totas las bonas gens qu’o auziron, per so que la crestiandatz era estada dessonrada, e per lo gran dan que·l bos reis era estatz desconfitz et avia perdudas de la soas terras. (2) E soven intrava la gens del Miramamolin el regisme del bon rei N’Anfos, per raubar e per preiar. (3) Lo bos reis N’Anfos mandet sos mesatgiers a la papa, que·l degues secorre als baros del regisme de Fransa e del regisme d’Anclaterra, et al rei d’Arago et al comte de Toloza.
(4) En Folquetz de Marceilla, qu’era molt amicx del bon rei de Castela e non era ancara rendutz a l’orde de Sistel, si fes una prezicansa, per confortar los baros e la bona gen, que deguesson secorre al bon rei N’Anfos, mostran lur honors que lur seria lo secors que farion al rei, e·l perdon qu’ill n’aurion de Dieu.
(5) Et aqui es la chansos qu’el fes en luec de prezicansa, que ditz:
Hueimais no·i conosc razo.
|
Dall’accurata analisi di Stroński (cfr. pp. 148-52), da cui dipendono sia il commento storico di Boutière-Schutz 1964, p. 484, sia le osservazioni sparse di Favati 1961, si evince che l’autore della razo pospone la composizione della canzone agli anni di poco anteriori alla vittoria cristiana di Las Navas de Tolosa (1212): la menzione della presa di Calatrava (1195, ma posteriormente alla battaglia di Alarcos cui il testo fa evidente riferimento: cfr. supra il § 1.3.1.11) e di quella di Salvatierra (1211), il riferimento al Castillo de Dueñas, donato all’ordine militare cistercense di Calatrava (diventato poi di Salvatierra) poco dopo il 1198, e all’invio di Alfonso VIII di Castiglia di messaggeri al papa (1211 a Innocenzo III) ( 2), e, infine, l’accenno del solo ms. N² all’assedio di Toledo (fra 1196 e 1197) provano lo scivolamento temporale in avanti della razo rispetto al testo. Non senza anacronismo, poiché nella canzone viene nominato Alfonso II d’Aragona, morto nel 1196, e si suppone che Folchetto, vescovo di Tolosa dal 1205, non fosse ancora entrato nell’ordine cistercense ( 3).
Oltre a questa sono ben poche le canzoni di crociata d’occidente: tra esse spicca il cosiddetto Vers del lavador Marcabr 293,35 Pax in nomine Domini! (XXXV), che contiene, come il componimento folchettiano, un accenno alla Terrasanta nella prima cobla: «lo seingnorius celestiaus, / probet de nos, un lavador, / c’anc, for Outramar, no·n fos taus, / en delai en ves Josaphas; / et aquest de sai vos conort» ( 4) e Marcabr 293,22 Emperaire, per mi mezeis (XXII; Roncaglia 1950), il primo dei due sirventesi che il trovatore inviò ad Alfonso VII di Castiglia, databili entrambi agli anni ’40 del XII secolo ( 5). Risale con ogni probabilità agli stessi anni di quello folchettiano la composizione del solo altro testo dedicato alla reconquista, Gavaud 174,10 Senhors, per lo nostres peccatz (V) ( 6); accenni si trovano anche in PAuv 323,7 (IV), 8-21, in PVid 364,36 (XXXVII), 49-56 e 364,35 (VI), 33-40, e nella canzone di crociata d’oriente RbVaq 392,3 (XIX), 63-66 ( 7).
Datazione: parte I, § 1.3.1.11; rapporti intertestuali: parte I, § 3.2.1.2.5 (vv. 32-33 RbVaq).
9. non temem mar ni ven: Lewent 1912, col. 336 suggerisce di tradurre: «wir brauchen nicht zu fürchten»; un’immagine analoga è in GcFaid 167,19 (LVI), 32-33: «q’era non dopti mar ni ven / garbi, maïstre ni ponen » (sopprimo, con Riquer 1975, II, p. 779, la virgola di Mouzat dopo ven).
11. Mantengo sostanzialmente l’interpretazione del verso proposta da Stroński e confemata da Schultz-Gora 1921, p. 151; Lewent 1912, col. 336 propone invece: «wenn er nicht schon für uns gestorben wäre».
14. agrazir: hapax (assente in LR e in SW) che Stroński giustifica con l’esigenza di evitare la ripetizione del rimante di v. 17 e rintracciando forme parallele nell’it. aggradire, nel cat. agrahir e nel prov. mod. agradi (cfr. p. 232). Poi nell’appendice Additions et corrections, notando che «La construction faire a avec inf. (“mériter, être digne de, être fait pour”) est trop fréquente pour ne pas l’accepter dans ce vers quoique grazir figure à la rime au v. 47» (p. 273), decide di adottare a grazir e di tradurre il verso: «et ceci mérita d’être accepté avec reconnaissance». La scelta è approvata da Lewent 1912, col. 336. Tuttavia penso che gli argomenti in favore di agrazir non siano da sottovalutare, tenuto conto che la formazione di un nuovo rimante attraverso l’unione del rimante ripetuto con l’elemento che lo precede è uno dei metodi indicati da Antonelli 1979, pp. 125-29 per evitare la rima identica; e che la ricerca di attestazioni nelle lingue sorelle nei casi di hapax è un’operazione pienamente legittima; con le parole di Au. Roncaglia: «la nozione un po’ provinciale di hapax andrà stemperata nell’àmbito più largo della Romània; e nello stato attuale della lessicografia trobadorica, di fronte a un’attestazione precisa, e quando la forma attestata sia riconducibile senza difficoltà a una famiglia lessicale nota, mi pare metodologicamente corretto non scartare a priori un hapax» (Una «crux» in Peire d’Alvernhe, ASNSP, s. III, XVIII [1988], pp. 936-45, a p. 941; cfr. anche Corrections par hapax, in Actas do XIX Congreso Internacional de Lingüística e Filoloxía Románicas. Universidade de Santiago de Compostela, 1989, publicadas por R. Lorenzo, A Coruña, Fundación “Pedro Barrié de la Maza. Conde de Fenosa” 1994, VII, pp. 991-97).
15-16. si, viven morir: metto a testo due lezioni di ABIK: negli altri mss., eccetto P a cui manca l’intera strofa II, si registra un fenomeno di diffrazione, per cui si potrebbe ipotizzare che, a partire da si·ns di CER e viure ab morir di CE, messe a testo da Stroński, siano state originate le lezioni di DªN sin e Q sim nel primo caso, di NQ viuran morir e Dª viu morir nel secondo: in questa prospettiva sarebbero ABIK a innovare eliminando la particella enclitica e sostituendo i due infiniti con una struttura più semplice ‘gerundio + infinito’. Il senso resta comunque il medesimo.
21-22. Sulla figura di antitesi con doppia opposizione (viures/morir e mals/bos) richiama l’attenzione Guida 1992, p. 382.
25-26. Per il concetto qui espresso Stroński (p. 84*) ricorda PAuv 323,13 (X), 41-42: «tug morrem, qu’avers non gueris / negun al temps plus que fes Iop».
26. per aver que·i do: la scelta di Stroński di dedicare all’espressione una delle sue non numerose note linguistiche (p. 233) è criticata da Schultz-Gora 1921, p. 151: «Zu per aver que·y do war eine so lange Anmerkung mit Häufung von Beispielen nicht vonnöten, da ja Tobler, VB², 27 über die Erscheinung gesprochen hat» (VB² sta per A. Tobler, Vermischte Beiträge zur französischen Grammatik..., II, Liepzig 1906). Comunque si noti un’espressione analoga in Folchetto 155,8 ( XI), 32, vers. α e β: «per mal qe·il sapcha far».
34. aver: a testo, come di consueto, la lezione di A (con BQR), laddove Stroński adotta quella adiafora di CE DªIKNP n’aver.
37-44. Il nostre reis d’Arago è Alfonso II (1164-1196) sul quale scrive Guida 1992, p. 382: «La fiducia dimostrata dal trovatore nella sensibilità e nelle capacità del re d’Aragona era tra l’altro giustificata dall’impegno profuso, dopo la sconfitta di Alarcos, nel tentativo di riportare la pace tra i sovrani iberici, condizione preliminare ad ogni sforzo di reconquista»; altre indicazioni su Alfonso nella parte I, § 1.3.1.1.
38. saubes faillir: nel senso di ‘potesse mancare’: cfr. l’esemplificazione di Stroński nel Glossaire, p. 263, s.v. saber.
40. l’autra gen: Lewent 1907, p. 363 ritiene che l’espressione sia riferita ai castigliani sconfitti dai mori ad Alarcos il 19 luglio 1195; e cfr. Lewent 1912, col. 336.
45. resso: qui ha il valore di ‘rumore’ (cfr. SW, VII, p. 263, s.v. reson, n° 1: «Lärm»), quindi ‘brusio’ o anche ‘chiacchericcio’ (così intende Stroński che traduce «bavardage» a p. 135); la lezione è banalizzata in razo in CDªE, peraltro già a v. 1: situazione analoga in AimBel 9,3 (V), 32: «ni l’aus † vezer †, tan en tem mal resso», dove AEHIKLM hanno razo, rimante di v. 40.
46. lo reis castellans: è Alfonso VIII di Castiglia (1158-1214) del quale scrive Guida 1992, pp. 382-83: «Nelle parole del trovatore si può forse scoprire un riflesso delle idee diffuse in Spagna e oltre i Pirenei a proposito del disastro di Alarcos, ritenuto una giusta punizione divina per i peccati del re castigliano che, dopo il matrimonio con Eleonora d’Inghilterra, aveva stretto una relazione, durata secondo le cronache del tempo sette anni, con una bella giudea di Toledo, dimenticando per lei i doveri di sposo e di sovrano».
56-57. La traduzione di Stroński: «La vie et la valeur que l’on désire pour les gens sans raison, plus elles sont élevées, plus facilement elles tombent» (p. 135) e i tentativi di correzione di Salverda de Grave 1911, p. 503: «La vie et les honneurs que l’on tâche d’obtenir de gens privés de sagesse tombent d’autant plus facilement que ces choses sont plus élevées (c’est-à-dire: la vie et les honneurs de ce monde sont éphémères)» e di Lewent 1912, col. 336: «Leben und Ruhm, wie man sie von seiten törichter Leute verlangt,...» sono criticati da Schultz-Gora 1921, pp. 151-53, che propone di emendare qu’om vol di Stroński in quom vot, oppure di scrivere quom vol e di considerare vol un sostantivo col duplice significato di «Flüge oder Wünsche». Per entrambe le possibilità Schultz-Gora offre luoghi trobadorici in verità non stringenti (per es. è il cuore a volare negli esempi di BtVent 70,35 (XXXV), 30 e ArnDan 29,3 (XVI), 33-34) e conclude senza decidere: «Bis auf weiteres wage ich nicht, für das vol bei Folquet eine Entscheidung zu treffen, sondern begnüge mich damit, den so von verschiedenen Seiten beleuchteten Vers den Provenzalisten zu empfehlen».
57. Al verso è sotteso un proverbio tutt’ora in voga («Chi troppo in alto sale cade sovente...») schedato da Cnyrim 1888, p. 35 (ni 384-90); cfr. Guida 1992, p. 383.
59. el pretz: è la lezione di Stroński che traduce: «[et] cette valeur»; Salverda de Grave 1911, p. 503 propone di eliminare l’«et» della traduzione e, al limite, di emendare e·l in cel: «sur ce ‘prix’ qui subsiste...». Io intendo el come en lo ‘sul’.
60. sos, sos, sos: i tre possessivi sono tradotti da Stroński con «leur» senza specificare a chi si riferiscano: per Salverda de Grave 1911, pp. 503-4 il riferimento è a om di v. 56, per cui va tradotto con: «‘son’, au besoin ‘notre’», mentre Schultz-Gora 1921, p. 153 afferma che «kann ich nur auf den kastilianischen König beziehen, wiewolh er reichlich entfernt steht».
63. Lewent 1912, col. 336 contesta la traduz. del v. di Stroński e sostiene che «Ihr Sinn ist ‘Gott erwartet euch, d. h. euere Teilnahme am Kreuzzug’»: tale interpretazione è ben possibile, sebbene contrasti con l’ipotesi di Stroński che qui Folchetto si rivolga a Bertran de Born per esortarlo a entrare, come lui stesso sta per fare, in convento (cfr. parte I, § 3.2.1.1.3). Schultz-Gora 1921, p. 153 si chiede: «Ist jenes que Relativ oder Konjunktion? In jedem Falle müßte ein Komma nach aten stehen». Io traduco que come congiunzione, ma niente si oppone a intendere: «Vediamo Dio, il quale...».
66. dos: Stroński mette in rima l’erroneo cen di CE (vd. supra la Nota al testo), senza peraltro segnalare in apparato la lezione corretta di α+R dos, già a testo nelle edizioni precedenti alla sua.
66-67. Stroński (p. 84*) accosta ai versi PAuv 323,18 (XV), 40-41: «que mager gratz n’es cobitz / qui fer ses colp que feritz».
Postilla 2009
Sulla lezione razo di Dª (cfr. Nota al testo), il v. 30 della versione β si veda Zinelli 2003, pp. 525, 518-19 n. 31.
Note
(1) Cito da Boutière-Schutz 1964, pp. 482-84 (la razo è tràdita in EN²R). Segnalo le principali differenze delle edizioni di Stroński (pp. 7-8) e Favati 1961, p. 175 (cfr. comm. alle pp. 395-96): § 1: «...Dompnas, si fo gran tristeza» (Stroński, ma probabile refuso: cfr. apparato); § 2: «en seu regne raubar e prezar, et assaillion a Toleda: don» (Favati, lez. di N²; Stroński integra solo «et aisaillion a Toleta»; secondo Favati: «la parte finale di N² va tesaurizzata in quanto contiene la notizia storicamente esatta che negli anni stessi in cui era invasa la Castiglia (1196-1197), anche Toleda veniva assediata» [p. 395]); § 3: «al papa» (Stroński e Favati, lez. di N²R); § 4: «del rei de Castella» (Stroński e Favati, lez. di N²R); «mostran la honor» (Stroński e Favati, lez. di R); dopo «n’aurion de Dieu» Stroński e Favati integrano (il primo fra parentesi quadre) la lez. di N² (testo di Stroński): «e·l gaszaing que il farian d’aver: e con al [ms. li: l’editore lo scambia con al rei scritto poco sopra] rei refarien los dans e las perdas; e con no lor besoingnava a temer mar ni ven, ni no lor avia ops naus ni mariniers; e qe toz hom qe de ll’anar agues bona voluntat non estes per paubertat d’aver, qe Deus lor en daria asatz; e con Dieus nos fasia plus d’amor qar el sofria qu’Espaigna si perdes que s’el fos vengutz morir autra vez per nos, per so qar si pres de nos podiam trobar perdon ni remission. E comenset aisi la prezicansa»; il solo Favati continua per 3 vv. la citazione, ancora seguendo il ms. berlinese: «Oimais no·i conosc rason / al qe nos poscam cobrir, / si ja volem Dieu servir, / qe tant enqier nostre pron». (↑)
(2) Il quale, com’è noto, promulgò il 13 gennaio dell’anno successivo una bolla con la quale si concedevano a coloro che combattevano contro i mussulmani di Spagna privilegi simili a quelli dei crociati in Terrasanta: cfr. Potthast, n° 4363; testo in PL, CCXVI, coll. 507-509. (↑)
(3) Analizza canzone e razo, ripercorrendo l’analisi di Stroński, anche Alvar 1977, pp. 93-98. (↑)
(4) Cito dalla recente edizione di S. Melani, Intorno al Vers del lavador. Marcabruno e la riconquista ispanica, MR, XXI, II della n.s. (1997), pp. 88-106, a p. 100; cfr. anche P. T. Ricketts, E. J. Hathaway, Le «vers del lavador» de Marcabrun: Édition critique, traduction et commentaire, RLR, LXXVII (1966), pp. 1-11. (↑)
(5) Si vedano le considerazioni di Melani nell’art. cit., pp. 88-91; e cfr. Alvar 1977, pp. 35-37. (↑)
(6) Alla datazione vulgata (1211-12, e comunque anteriormente alla battaglia di Las Navas de Tolosa), Guida 1979, pp. 43-57 ha infatti convincentemente opposto il 1196-97, all’indomani di Alarcos; cfr. Guida 1992, pp. 304-305. (↑)
(7) Ricavo i dati da E. Siberry, Troubadours, Trouvères, Minnesinger and the Crusades, SM, s. III, XXIX (1988), pp. 19-43, alle pp. 40-42 (su cui si vedano le osservazioni di S. Guida, Canzoni di crociata ed opinione pubblica del tempo, in Medioevo romanzo e orientale. Testi e prospettive storiografiche. Colloquio Internazionale, Verona, 4-6 aprile 1990, a cura di A. M. Babbi, A. Pioletti, F. Rizzo Nervo, C. Stevanoni, Soveria Mannelli, Rubbettino 1992, pp. 41-52). (↑)
|