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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

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4 (e cfr. 6, 8). amar: si può intendere come un aggettivo neutro, che forma con es una frase impersonale. Il L. R. però (II, p. 68) cita questo verso come esempio di amar usato come sostantivo; e se lo si considera tale occorrerebbe, come giustamente osserva il NAETEBUS, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Archiv f. das St. d. n. Spr. u. Lit., XCVIII, 1897, p. 206 (il quale inclina a tale interpretazione, per la contrapposizione che il poeta istituisce tra amar e dolsor), aggiungervi la -s, come al v. 10. Si noti il gioco di parole, che ritorna anche in seguito, tra amar nel senso di «amaro» o di «amarezza» e l’infinito del verbo amar. Tale gioco di parole è assai frequente nei trovatori: cfr. ad es. Guiraut de Borneill, Be vei e conosc, v. 13-14: Mas er conosc que l’amars / d’aquest segle s’est amars (ed. A. KOLSEN, Berlin, 1894, I, p. 472). Analogo a questo è il bisticcio tra la mar e l’amar già notato nella canz. II, v. 20.
 
8. degna: cfr. I, v. 23 e la nota relativa.
 
9. mitadat: sul verbo (la cui forma più comune è meitadar) cfr. L. R., IV, p. 177; S. W., V, p. 165, 1. Ricorre anche nell’Ensenhamen (XLIII), v. 684 (mietadat).
 
11. genser qe regna: come nota il DE LOLLIS, il comparativo dopo il relativo assume valore di superlativo (cfr. F. DIEZ, Gramm., Bonn, 1882, p. 770). Qui però genser è stato collocato prima, attratto da dompna.

 

 

 

 

 

 

 

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