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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

437,029- Sordel

1. Qui: cfr. IV, v. 8. - membra: qui se membrar non ha il senso di «ricordarsi», che si adatta solo ai v. 1-2 e non ai v. 3-5, che pure ne dipendono, ma il senso di «richiamare alla mente» e quindi di «pensare»: cfr. S. W., V, p. 184, 4 (forma non riflessiva), e cfr. il valore di membramen al v. 9 (per membramen = «riflessione», «pensiero», cfr. S. W., V, p. 193, 2; C. APPEL, Prov. Chrest., Leipzig, 1930, gloss.).
 
11-12. ·l fais de pretz: il pregio è rappresentato come un fascio, un fardello di cui sono gravate le spalle dell’uomo che lo possiede, appunto perché il mantenerlo, tra la corruzione della società contemporanea, richiede non pochi sforzi e sacrifici.
 
14. on plus: cfr. VI, v. 24 e la nota relativa.
 
15-16. en plus … com: per il com usato in luogo del que quando il comparativo è unito a una negazione cfr. B. DIEZ, Gramm., Bonn, 1882, p. 1054, n. 1. Cfr. XLIII, v. 1080 e seg.
 
21. getan a … dan: per getar a son dan, «sprezzare», «non tener in alcun conto» cfr. L. R., III, p. 470, S. W., II, p. 6, 5; APPEL, Prov. Chrest., gloss., e la nota del DE LOLLIS. Un esempio di questa espressione si ha anche al n. XXXVI, v. 17. Analoga a questa è l’espressione metre a son dan, per cui cfr. XXVI, v. 44.
 
22. tan esser: la collocazione esser tan adottata dal DE LOLLIS è data soltanto da I² K², il cui testo in questo verso appare assai corrotto. Preferisco pertanto col MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaften di Vienna, Phil.-hist. Klasse, LV, 1867, p. 5, la collocazione data da T, che sembra data anche da F (il quale ha esser tan, ma reca sopra le due parole un segno indicante che debbono essere invertite); tanto più che anche I K hanno esser accanto a desvergoingnatz. In tal modo verrebbe eliminato l’unico esempio che si trovi in Sordello di tale cesura irregolare dopo la quinta sillaba atona computata tra le dieci sillabe del verso (cfr. p. CLVII), licenza che il Mussafia non vorrebbe attribuire a Sordello. Occorre però osservare che, se si ammette col Mussafia che la lezione di I K possa esser considerata un emendamento della collocazione esser tan, non si può del tutto eliminare il sospetto che la lezione di I² K² risalga proprio al poeta. E invero di tale licenza non sembrano mancare esempi, anche se rari, nella lirica trobadorica, anche presso trovatori di origine provenzale: si vedano, ad es., i due casi che se ne presentano in Guilhem Ademar, ed. K. ALMQVIST, Uppsala, 1951, n. VII, v. 22 e n. XV, v. 50 (cfr. l’introduzione all’ed., p. 82). Per il contenuto di questi versi cfr. XLIII, v. 439 e segg.
 
23-24. Accolgo la prima delle lezioni proposte dal MUSSAFIA, ibid., che anche all’illustre romanista pareva in fondo preferibile. Si potrebbe però anche leggere que·is an enbastarden sos lignages. Il DE LOLLIS legge que·is an enbastarden so lignage.
 
28. retenen … grat: per retener grat, «ottenere l’approvazione», «cattivarsi la gratitudine» cfr. VII, v. 15 e la nota relativa. L’idea ritorna nell’Ensenhamen (XLIII), v. 924 e seg.
 
34. la peza e·l pan: pan vale «brandello», «ritaglio» (cfr. XI, v. 5). Questo verso è riportato nel L. R., IV, p. 408 (ove è tradotto «que, pour cinq sous, on a la pièce et le morceau») e 525; ed è citato come proverbio dal PERETZ, Altprovenzalische Sprichwörter, in Romanische Forschungen, III, 1887, p. 454 (manca nella raccolta del Cnyrim).
 
36. qui quez estei m.: si potrebbe tradurre anche «sia pure malvagio chiunque vuole esserlo»: si ha il solito indefinito qui que con valore concessivo.
 
41. per que·l ten en treman. La frase è assai dubbia. Ho accolto l’interpretazione proposta, non senza incertezze e riserve, dal LEVY, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXII, 1898, p. 255, il quale traduce, richiamando il prov. mod. à treman o traman (Tresor. d. felibr., II, p. 1036 «hors de la portée de la main», «dans une mauvaise situation»), «in schwieriger Lage, unter schwierigen Verhältnissen»; ma confesso che tale interpretazione (che è parsa non del tutto convincente anche all’APPEL; cfr. S. W., VIII, p. 425 e seg.) mi lascia alquanto incerto. Il DE LOLLIS legge entre man: ma è difficile che si tratti qui di man derivato da manu(m), dovendosi qui avere una parola terminante con n stabile. Anche lo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 252, avvertì la difficoltà del passo, rinunciando a darne una soluzione.

 

 

 

 

 

 

 

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