La canzone Si·m sentis fizels amics (BdT 242, 72), ventisettesima nell’ordinamento del Kolsen, ci è stata tramandata da quattordici canzonieri: A B C D I K M N Q R Sg V a c. Soltanto in tre tuttavia, cioè in C Sg V, completamente, mentre I K M R a mancano delle due tornadas e A B D N Q c recano solamente le prime sei strofe. Tale tradizione geneticamente si scinde in due rami afferenti, come spesso si riscontra nelle liriche dei trovatori, alle costellazioni ε ed y del canone Avalle (1): il primo è costituito dai codici A B D I K N, ai quali si associa talvolta Q; il secondo dai codici C M R Sg, mentre i codici V a c hanno una posizione intermedia e un comportamento oscillante fra i due raggruppamenti. Del resto, tale ripartizione delle testimonianze non è senza eccezioni: si manifesta non di rado infatti, anche in questa fattispecie, quella incostanza delle costellazioni che è indizio evidente di contaminazione.
Il testo procuratone dal Kolsen appare, in linea di massima, accettabile: giusta si conferma, indubbiamente, la preferenza accordata generalmente dall’editore agli esponenti della costellazione y, nei quali la qualità della lezione risulta, in caso di netta divergenza fra i due gruppi, normalmente superiore. È inoltre la loro genealogia quella che ha meglio salvaguardato l’integrità testuale del componimento.
Per tali ragioni, ed anche perché una verifica minuziosa delle scelte testuali del Kolsen postulerebbe necessariamente uno scrutinio sistematico su tutto il canzoniere di Giraut, non molte — ma di un certo rilievo sostanziale — sono le modifiche di lezione apportate in questa sede per le motivazioni dichiarate nel commento.
Per ciò che è della struttura metrica, la canzone Si·m sentis consta di otto « coblas unissonans » più due brevi « tornadas ».
La strofa è formata da nove eptasillabi maschili, bipartita in fronte di quattro versi e sirma di cinque; la fronte è a sua volta divisa in due piedi di due versi ciascuno, non identici ma simmetrici. Il suo schema è dunque il seguente:
a b b a c d d e e.
Ci sono inoltre due rime interne: una al sesto verso, maschile, che replica la rima del verso precedente; una al quinto verso, femminile (con atona soprannumeraria agli effetti del computo sillabico), che non ha riscontri all’interno della strofa ma ritorna nella stessa sede di tutte le strofe. Per dare anche ad esse una opportuna rappresentazione, introducendo fra parentesi le rispettive lettere (un apice in esponente sta ad indicare la rima femminile), lo schema di cui sopra risulta così completato:
a b b a (x’)c (c)d d e e.
Quanto alle «tornadas», la prima riproduce la serie delle rime degli ultimi tre versi della strofa ( d e e ), la seconda le rime degli ultimi due ( e e ).
L’identità strutturale della strofa corrispondeva a quella della melodia: c’era, in altri termini, nel componimento una ciclicità della frase melodica che si rispecchia nella ripetizione puntuale della serie delle rime. Tale ciclicità, insieme al fatto che dal rispetto dei contenuti — come di norma nella lirica trobadorica — la canzone consta di una sequenza di variazioni tematiche senza un rigoroso svolgimento dialettico, è la causa della variabilità che la consecuzione strofica presenta nella tradizione riguardo alle unità centrali della serie (IV, V, VI). La consecuzione adottata dal Kolsen è quella della maggioranza dei codici appartenenti alla costellazione y (M R), suffragata anche da Q a; C V c hanno invece la successione V IV VI, A B D I K N la successione VI IV V. Pur con le riserve d’obbligo per quanto sopra detto, si può ritenere che il contesto semantico si presenti più organicamente strutturato nella consecuzione di M R, particolarmente ai versi 27-28 e 36-37.
Nota:
(1) D’Arco Silvio Avalle, La letteratura medievale in lingua d’oc nella sua tradizione manoscritta, Torino 1961 (specialmente alle pp. 83-128). (↑)
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