I. Non mi fa cantare nè amore nè galanteria, non mi fanno cantare nè fiori nè foglie nè gorgheggio d'uccelli, che queste cose non mi farebbero nè cantare nè tacere [essendomi del tutto indifferenti]; canto, invece così d'inverno come d'estate o al tempo primaverile, quando il canto mi piace e la ragione me lo ispira [ed ho un motivo ragionevole per cantare].
II. Molto mi piace chi mi accoglie bene quando vengo in luogo dove non sono conosciuto e chi mi domanda, per cortesia, da qual parte mi sono mosso e venuto, poichè con domande e con risposte si conosce [e si apprezza] l'uomo; ond'è giusto ch'io dia belle risposte a tutti (letteralmente: ai grandi e ai piccoli).
III. Ed è bene che alcuno sappia graziosamente rispondere a tutte le persone, a seconda del loro grado; perchè il saggio sentirà voglia di onorarvi se vi trova nel rispondere ben destri, e se non rispondete all’uomo dappoco, mal educato e meschino, sarà difficile che egli non vi disonori con fatti o con parole, se l'occasione si presenta.
IV. Questo voglio dirvi di ciò che mi piace: che a me aggrada di più un povero cortese, che sa servire e disporre del suo poco avere, dove conviene e secondo le sue forze, che un ricco malvagio, al quale manca pietà, tanto che nessuno può portargli via un poco delle sue ricchezze. Di siffatto ricco non mi tenni mai pago (letteralmente: non mi appagai nè giorno nè mese).
V. Non mi appago d'amore e del suo dominio, perchè alla fine egli fa lamentarsi di lui tutti i suoi seguaci, tanto ha cattivo uso; sicchè io non voglio i suoi mali e i suoi dolori. Iddio mi lasci trovare altrove il mio meglio e mi dia tale gioia che mi riconduca in letizia, chè la gioia d'amore si risolve in pianti e in lamenti.
VI. Sebbene amore non mi piaccia nè mi soddisfaccia, nondimeno la gioia e la buona accoglienza mi piacciono nel mio cuore e piaccionmi tutti coloro, a cui piace onore.