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Italiano
Giulio Bertoni

I. Saprei fare anch'io, se volessi, versi oscuri abili e ingegnosi; ma non conviene affilare il proprio canto con tanta fina maestria che non appaia chiaro come la luce del giorno; chè il poetare ha poco valore se la chiarezza non gli dà splendore, poichè il poetare oscuro è tuttavolta considerato come morto, mentre rivive grazie alla chiarezza. Ond'io canto sempre chiaramente.
 
II. Altrettanto bene canto d'inverno quanto d'aprile, sol che ve ne sia il motivo, e apprezzo di più, chiunque sia che si attenga ad altra opinione, chiari detti ben lavorati che parole oscure strettamente legate; e non mi pare che abbia tanto onore, sebbene creda averlo maggiore, colui che lega e serra fra loro le parole del suo canto, quanto ne ha colui che lo rende gradevole con la chiarezza. Onde, quando canto, procuro di cantare in modo chiaro.
 
III. E chi per questo mi disprezzasse o me ne rimproverasse, so bene che su ciò non si troverebbe d'accordo con quattro uomini sopra mille; e dato che un sì gran numero d'uomini fosse del mio parere, se egli ne ricavasse disonore, dovrebbe incolpare la propria leggerezza; e questa è una ben grande follia: che alcuno, che non sa trarre acqua da un chiaro ruscello (che, cioè, non sa far nulla di bene), fa motti oscuri, come se avesse un intelletto superiore.
 
IV. Un'altra stoltezza, degna d'una femmina, e che nasce da invidia insieme con fellonia, fanno coloro che si danno villanamente a biasimare l'opera altrui. Ma perchè mai appunto colui, che non saprebbe farlo, disprezza il lavoro d'altri? Questa reputo una grave colpa e tale da non essere certo di mio gradimento, perchè inspirata soltanto da animo malvagio; ond'io consiglio ciascuno di guardarsene.
 
V. Ma io amo una donna signorile, gaia e di bella affabilità, i cui atti sono chiari e gentili e nutriti di un fino pregio, che li inspira. Essa è tanto cortese che sempre quando mi vede mi soccorre, per amore, con un suo piacente sorriso. E il bacio, che essa mi accordò, mercè sua, mi ha già messo sulla via per conquistare la grande onorata gioia (di essere da lei amato).
 
VI. Di mia libera volontà e con umile cuore sono tutto sotto il suo dominio e non ho intenzione di distogliermene, campassi mill'anni; chè tanto verso lei m'inchino con umile dolcezza che mi terrei ricompensato del mio dolore, se anche non ottenessi nulla di meglio; ma la mia dama, che è saggia, con le sue belle virtù, mi esalti, dal momento che io tanto mi umilio.
 
VII. Donna, canto di voi e d'amore, per la qual cosa i più mi considerano folle; ma non mi considererebbe tale chi sapesse donde viene la ispirazione al mio cantare. Io però desidero di più che mi si consideri folle (e non si conosca l'oggetto del mio canto).
 
VIII. Piacente donna, io evito ogni altra gioia e da voi mi vengono le gioie, delle quali vivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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