I. Nel mio fino cuore regna un sì fino amore, ch'io canterò, sebbene si diffonda il gelo invernale, poichè fiori, canto d'uccelli o foglia o verdura non mi debbono piacere, salvo soltanto le gioie d'amore. M'inspirerò dunque ad amore, che mi tien gaio, per i miei canti ed ho buoni motivi d'inspirarmi a lui. E chi si voglia faccia canzone o danza sopra i canti degli uccelli, chè io non ho volontà di far versi se non del piacere d'amore, che senza amore non vi fu mai felicità.
II. E se la gioia è bandita dai maggiori e dai ricchi e se non esistono nè lealtà ni dirittura, e invece regnano avarizia e falsità per opera di orgoglio insieme con «dismisura», non pertanto mi lascierò dal cantare, poichè non bisogna accrescere il danno, che è grande. Se essi fanno male, ne sopportino le conseguenze sgradevoli, chè io non sono colpevole e non voglio avervi parte; per contro voglio cantare d'amore e procurarmi gioia, del che mi lodo e ho, per di più, ancora fiducia.
III. Mi maraviglio di tutti i reclamatori che vanno protestando contro amore e se ne lamentano. Fra tutti i sinceri amanti mai non vi fu alcuno che meglio amasse senza falsità di quanto io stesso ho amato e amo e amerò. Orbene: se amore fosse tormento all'amante, io avrei dovuto aver sentore poco o molto di codesto tormento, tanto lungamente amore mi ha tenuto in suo potere; ma egli non mi ha dato mai dolore e, per contro, mi ha sempre fatto vivere in allegrezza.