I. Signor Alberto, scegliete qual cosa vi aggradirebbe di più rispetto ad amore, dal momento che la tentazione ne è cosi forte: o possedere la vostra donna ciascun giorno vestita e calzata in un palazzo; ovvero in una stanza, senza lume, tenerla tutta nuda, come più vi piacerebbe, ciascuna notte in un ricco letto? Voi potete ora scegliere, chè quanto a me so bene qual cosa preferirei.
II. Amico Simone, ben vi dico senza menzogna ch'io preferisco le mille volte possedere una donna in pace ciascun giorno ben calzata e vestita in una camera, in un luogo sicuro e senza noie, che avere quella, che vorrei, in particolare tutta nuda senza luce, chè non vorrei avere in mio potere una donna senza vederla, neppure se alcuno mi donasse Edessa. E vi affermo che non prenderò mai altra decisione.
III. Amico Alberto, io preferisco invece tenere in luogo acconcio di notte oscura la mia dama in modo da poterle toccare il petto e le dure mammelle, sì da raggiungere a mio talento lo scopo mio amoroso; la qual cosa non posso fare quando essa ha i suoi abbigliamenti. Ciò sapete bene e so che mi darete ragione; chè se durante la giornata la vedo vestita e non la tocco, ciò significa che non mi interessa molto vedere il suo corpo. Dunque io parlo bene, se volete essere giusto.
IV. Maestro Simone, non scegliete con giustezza e ben mi pare che non vi troviate più in quel fuoco d'amore, in cui eravate altra volta con molto fastidio; anzi credo a dirittura che abbiate poco senno (letteralmente: che quanto al senno siate un uomo di cucina, un cuoco), chè quando io vedo la bella creatura io mi sento superiore al sire del Marocco; giacchè io potrei bene toccare una brutta figura se non la vedessi quando la stringo fra le braccia e la cavalco. Non crediate, però ch'io arrivi a tanto, che queste sono parole, e parole di non chiaro significato.
V. Ben mi meraviglio, signor Alberto, che in ogni modo non mi concediate di aver torto nel punto su cui discuto; chè quando io tengo fra le braccia la mia donna senza camicia, non invidio neppure l'imperatore Federico, ch'io so che ella è bianca, fresca e linda. E allora mi è forse necessario di rimirare il suo bel corpo, che vale, ne son certo, il dominio di Pisa? Per questo, io vi lascio vedere di giorno il sudore e il disgusto [che ne avrete], giacchè tanto ne l'avete richiesta.
VI. Voi avete ben perduto il vostro valore, o Simone, dal momento che avete messo in oblio il vero amore; poichè si direbbe che la vostra donna vi sia venuta da un bordello, se voi l'avete, per inganno, di nascosto; ma invece quando vedo la mia donna vestita della sua pelliccia grigia, mi pare che il mondo sia tutto fiorito. Allora sì ch'io so se è borghesa o marchesa; ond'io vi prego (e non vi ammaestro oltre) che non vi piaccia più entrare in simili errori.