I. Amico Simone, voglio che mi diciate, se vi piace, il vostro parere su queste due questioni: so di due cavalieri che fanno, in simile misura, doni ricchi e graditi. L'uno è tanto liberale che ne trova piacere e il donare non gli costa fatica, poichè è tale la sua indole; l'altro ha invece l'animo avaro e gli pesa il far doni, ma riesce a vincere il suo carattere soltanto per il desiderio, che ha, d'onore. Quale dei due deve essere più lodato per questa onorevole condotta?
II. Signor Lanfranco, io giudico rettamente e so scegliere fra i migliori; per questo vi dico, e ve ne dò ferma fede, che io se fossi avaro non potrei mai essere valente, poichè se anche donassi e dispendessi il valore di tutta la Francia contro la mia volontà, non sarei gradito ad alcuno; invece, devesi ben dire che supera gli altri colui che sa fare di buon cuore atti cortesi ed egli ne ha grado e la sua amicizia mi piace.
III. Amico Simone, non è prova di grande bravura, se l'uomo d'indole generosa sa fare ricchi doni, poichè la sua natura e le sue tendenze lo indirizzano su questa via; egli non si trova dunque solo, ma ha dei compagni. Maggiore sforzo fa quegli che è sviato dalla sua natura ed è combattuto dalle sue tendenze ed egli riesce a vincere l'una e le altre; dunque, essendo egli più desideroso d'onore, mal sarebbe se non venisse per questa ragione maggiormente pregiato.
IV. Signor Lanfranco, dica pur ciò chiunque voglia; certo è che mille volte è più gradito il dono e l'onore che è effetto di cortesia che quello che proviene da cuore avaro e meschino; chè se un uomo avaro e meschino dà prova di liberalità, fa un grande sforzo, ma non appare simpatico perchè questa liberalità non gli viene da franca inspirazione; e poichè questo sforzo egli lo fa senza allegrezza e senza gioia, egli perde il dono, la riconoscenza e tutto.
V. La liberalità dell'uomo generoso, o Simone, viene quasi dal caso, senza fatica, e per questa ragione non deve essere pregiata tanto quanto l'altra che proviene da gentile premura, malgrado le disposizioni del cuore, ond'è più da lodare; e se anche l'avaro se ne duole nell'animo suo, non ne mostra rancore nè fa cattivi sembianti tanta gioia sa diffondere intorno a sè. Perciò, lo si deve lodare di più, chè colui che fa maggiore sforzo per comportarsi bene, deve ottenere maggior pregio, secondo giustizia.
VI. Signor Lanfranco, ciascun uomo per sua natura è uguale agli altri; ma colui che sa fare maggiori piaceri, migliora egregiamente se stesso e quegli deve poggiare sopra gli altri. Dunque, appare più degno agli occhi altrui (letteralmente: appare ornato di migliori vesti, cioè: di migliori attributi) colui che ha l'animo e la volontà naturalmente inclini alla generosità; ond'io vedo che il vostro argomentare ha la peggio in questo contrasto, benchè siate più dotto di me.
VII. Amico Simone, io sono fermamente convinto che se alcuno, sollecitato da forte tentazione, riesce a superarla, deve ottenere più onorata ricompensa di colui che è liberale senza fatica e senza lotta; adunque colui che vince il suo cuore cattivo e taccagno e, a malgrado delle sue ispirazioni naturali, compie atti graditi, merita maggiore stima, a mio avviso, perchè dona e spende e vince un tale nemico [quale è il proprio carattere].
VIII. Signor Lanfranco, io non sarei assennato, se vi giudicassi libero da questa tenzone, perchè vi sento dire errori; ond'io voglio sempre più rafforzare la mia ragione. A parer mio, colui che dona generosamente non è pari all'uomo avaro che lo fa contro le sue tendenze naturali; perocchè si deve apprezzare tanto meglio un dono quanto più è dato francamente, senza sforzo.
IX. Amico Simone, inviamo la tenzone al signor Giacomo Grillo, che è uomo di sapere, affinchè ne dia un giusto giudizio in versi.
X. Signor Lanfranco, io ho ferma fiducia che la nostra tenzone sarà assennatamente giudicata da lui, perocchè egli conosce ciò che conviene al merito.