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Italiano
Giulio Bertoni

I. Lanfranco, ditemi il vostro parere; che cosa pensate di queste due questioni e non vi infastidisca la mia tenzone, benchè vi vada sempre minacciando [con le mie domande]. Vorrei conoscere la vostra opinione, qual partito scegliereste: o possedere il cuore di una gentile e piacente donna e nessuno lo sapesse; ovvero preferireste che tutti coloro che ne parlassero vi tenessero suo amante, pur non avendone più godimento?
 
II. Guglielmo, voi mi giudicate proprio un fanciullo, quando mi proponete ugualmente [da un lato] i piaceri d'amore e [dall'altro] le voci del menzognero e villano; ma io sceglierò saggiamente, poichè non preferisco al senno la follia e ho in ispregio la menzogna e le voci false del mondo; adunque, come si conviene a persona assennata, mi attengo nella scelta a quella gioia d'amore, che avete per prima menzionata; vorrei provare piuttosto una volta sola una simile gioia, che cento volte trovarmi nell'altro caso.
 
III. Io mi meraviglio molto, o Lanfranco, di ciò: che mi sono rimesso in voi per essere consigliato, mentre voi medesimo avete tanto bisogno di consiglio che non distinguete il vantaggio o il danno; poichè, per soddisfare la vostra passione per una notte o per un sol giorno, lasciate in disparte la gioia che vi sarebbe stata compagna per tutta la vita. Credete voi che tutti coloro che hanno amato ne abbiano veramente provato la gioia? No, certo; ma in sua vece prendono di buon grado la lode del mondo.
 
IV. Guglielmo, io ho imparato amando a voler godere nascostamente i piaceri d'amore e mi par bene che voi non amiate, che mi venite parlando dei falsi romori del mondo. Quanto a me, non mi sarebbe neppure piacevole che il mondo ne parlasse, se anche fosse vera la cosa; come potrebbero adunque piacermi la bugia e le false voci della gente? Io so bene invece che molte volte, se mi fossi accontentato delle voci del mondo, avrei perduto quella gioia d'amore che andavo cercando e che mi tenne poi in diletto nascostamente.
 
V. Lanfranco, ben avete misere intenzioni e mi parete poco desideroso di gioia e avido d'onori dappoi che disprezzate il più alto onore, ad altri conosciuto, per un piacere che non sarebbe noto; poichè il tesoro  non avrebbe valore, se alcuno lo tenesse celato, senza mostrarlo altrui, più di quello che non avrebbe valore una pietra sprovvista di qualsiasi virtù: voi avete portata la discussione sopra uno strano argomento, e tutti gli avari e i taccagni, ma non gli altri, terranno per buono il vostro parere.
 
VI. Guglielmo, un tesoro vale tanto quanto altrettanto carbone, se alcuno non lo spande e non ne fa largo dispendio; di tutto ciò io non discuto; ma per quanto spetta ai piaceri che provengono da amore, la cosa va altrimenti; poichè se io desiderassi che altri ne parlasse, io non amerei certo con lealtà l'onore della mia donna; chè devonsi cogliere i frutti d'amore celatamente e senza aiuto altrui, perocchè amore decade ben presto, se è noto, salvo solamente ai due amanti (cioè: se i suoi segreti sono condivisi da più di due soli).
 
VII. Lanfranco, io ho visto che voi avete sostenuto il presente dibattito assai bene e avete ben tenzonato; tuttavia non vi avete palesato assennatezza.
 
VIII. Guglielmo, s'io sono riuscito a vincervi senza quella dottrina, in fatto di poesia, che non ho avuta, figuratevi come vi vincerei alla lesta s'io fossi addottrinato.

 

 

 

 

 

 

 

 

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