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Italiano
Giulio Bertoni

I. Luchetto, sappia io da voi se più vi piace amare fedelmente la vostra donna ed essere da lei trascurato, quanto più le siate fedele, che aver conquistato il suo cuore con intrighi, con inganni e con ogni falsità. Ditemi dunque: siete voi più desideroso di possedere il suo amore con tradimento, o di languire, essendole fedele, per i suoi torti?
 
II. Bonifacio, voi sapete presentare un dibattito che non ha i termini di uguale valore, poichè inganno e lealtà non possono accordarsi tra di loro e perciò non dovreste presentarmeli, inganno e lealtà, come se l'uno equivalesse all'altra, a quanto io penso. Quindi è ch'io scelgo di amare senza inganno e senza mancanza, come uomo fedele e buono, e lascio le gioie del tradire agli amanti falsi, che mostrano di amare ciò di cui non si danno pensiero.
 
III. Luchetto, colui che fa le viste d'essere amico dolce e fedele, in modo che tutt' e due gli amanti abbiano piacere, è più saggio di colui che ama in modo da produrre negli altri l'impressione che pietà e misura manchino nella sua donna di maniera che egli debba poi esserne sempre adirato, perchè essa non lo ami senza ragione.
 
IV. Bonifacio, il leale amante non può prender diletto da inganni e da tradimenti, e a nulla vale ciò che avete detto: che cioè sia conveniente ingannare la propria donna; poichè l'amico vero dopo che lealmente s'è impegnato, non deve volere, benchè serva (ami) in vano, tradire la sua donna; nè egli può avere una gioia savorosa se non la conquista senza frode.
 
V. Colui che inganna la propria donna, conoscendo che ella ne rimane contenta ed egli appagato, agisce a guisa di uomo saggio; mentre è folle davvero colui che ami volendo languire con amare lealmente; poichè la natura non vuole nè il diritto comanda che alcuno serva senza speranza, o Luchetto, e voi, se vorrete far questo, non sarete capace di farlo, se veramente siete uomo di senno e di esperienza.
 
VI. Colui che inganna la propria donna sapendo di ingannarla merita peggio della morte, Bonifacio, e quel bene, che si procaccia, poco gli vale perchè aggradimento d'amore non può essere in cuore che non ami con ardore; adunque per nulla nuoce a sè e alla sua donna, chè egli si inganna, sebbene segua la sua sola volontà; mentre l'uomo leale per lo meno è lieto di una letizia pura perchè si sente fino e leale senza rimorso.
 
VII. Quell'uomo leale, intorno a cui noi discutiamo, o Luchetto, è pazzo se non è più irato che gioioso; poichè io non so maggiore stoltezza quanto riporre il proprio amore in una donna che non lo meriti; perciocchè un uomo in tal modo non può procacciarsi buona ventura, e non ne è lodato, e invece colui è tenuto per prode, quale egli sia, che sa conquistare con perfetto sembiante una donna umile o severa e rigorosa.
 
VIII. Ogni gaudio decade e si converte in gran dolore, o Bonifacio, quand'esso non è sostenuto dalla ragione; per la qual cosa il falso gaudio, che voi desiderate, non può accontentare il mio puro desiderio.
 
IX. Sostenendo il torto e ciò, di cui non mi dò pensiero, vi ho vinto, Luchetto, e di questo fatto io sono allegro, perchè ho mostrato ch'io so molto più di voi, giacchè stando dalla parte del torto tenzono meglio di voi che avete ragione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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