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074,010

Italiano
Giulio Bertoni

I. Mi sono molto meravigliato di un canto per chi lo fece, sebbene, secondo ragione, dovrebbe piacermi, perchè io penso che chi è valente e probo deve ben vagliare e considerare ciò che dice, [il che non ha fatto l'autore di quel canto]; per la ragione che non si può difendere il torto, come se fosse il diritto, senza che presso la gente dabbene ciò non sia notato, e può facilmente perdere, a mio parere, il suo pregio colui che difende il torto.
 
II. Dunque, se si fosse dapprima ben consigliato, dal momento che si sforza di scusare tanto i Genovesi, non credo che nel canto avesse messe molte parole che fanno ricordare la loro gravissima piaga; chè egli concede che abbattuti e malmenati sono i Genovesi, nelle loro cose, per opera dei Veneziani e la causa, che egli ricerca nella loro discordia, non può valere di fronte al loro cattivo operare [che ne è la vera causa].
 
III. Che nessuno deve essere biasimato se agisce come si conviene e non è giusto che glie ne venga danno; dunque, poichè guerreggiano così bene senza guida, non mi sembra che la discordia abbia loro nociuto per nulla; chè mai, in niun tempo, mancò loro negli scontri alcuna cosa, salvo l'ardimento, poichè essi furono sempre più numerosi, ben preparati e spesso furon due contro uno.
 
IV. E io l’odo dire che essi tennero a freno i Veneziani, per quanto ora non ci riescano più; ma non dispiaccia loro che noi ci ricordiamo come sempre la possanza dei Veneziani fu temuta dai Genovesi e come uno solo menava tre prigionieri delle loro navi; e potrebbe giustificarsi molto meglio, che mai non contesero i Veneziani, senza averne lode alla fine.
 
V. Ma s'egli volesse sembrare assennato, non dovrebbe dire ragioni così strane, nè contraporre tre fiacchi a trenta valorosi. Chè io non credo convenga rispondere a quest'argomento dei tre; ond'io lo lascio sotto silenzio e dico ciò che è manifesto: che, cioè, quanto più sorride la fortuna ai Veneziani, tanto meglio e più cortesemente si comportano e non divengono sconoscenti in nessuna cosa.
 
VI. Ormai mi pare che egli ne abbia abbastanza con ciò che ha detto e, se non se ne appaga, ricerchi i fatti onorati dei Veneziani e le grandi conquiste compiute con vero valore e come ora hanno vinto i Genovesi e coperto d'onta l'imperatore e giudicherà poi se non valgono nulla, che io non ho più voglia di rispondere.
 
VII. Valente donna che vivete in quel paese per cui sto disputando, donna prode piacente e gaia, mercè vi chiamo che mi soccorriate, perchè tutto ciò che veggo mi turba il cuore e sono così fortemente preso dal vostro amore, che se non vedo la vostra cortese persona, non posso vivere, sappiatelo per vero, perchè con la speranza, che ne ho, muoio vivendo.
 
VIII. Veneziani, chi dice che i Genovesi vi hanno danneggiato e vi hanno messo in affanno, non conosce il vostro onorato pregio nè il grave danno che avete fatto loro negli uomini e nell'avere.
 
IX. Bonifaci Calvo, vi mando il mio sirventese e vi prego che non vi infastidiscano le mie parole, perchè i cortesi mi saranno riconoscenti di tacere ora, finendo il mio canto, e maggiormente mi aspetto questa riconoscenza dai Genovesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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