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Italiano
Paolo Squillacioti

I. Cantando vorrei manifestare il mio cuore fino là dove mi sarebbe utile che fosse conosciuto il mio sentimento; ma per un giusto gaudio mi è venuta a mancare la mia sapienza, per cui ho paura di non poterci riuscire: perché una nuova gioia cui ho affidato la mia speranza vuole che il mio canto sia innalzato per lei, e perché le piace che io avanzi la sua lode nel mio canto, cosa di cui ho gaudio e paura, dato che il suo pregio esige un lodatore troppo esperto.

II. Il fatto è che non ritengo di poter esprimere il suo cortese pregio che si è spinto tanto in alto che non se ne dice verità che non sembri un complimento, e trovo in lei tanto bene da dire che l’eccessiva abbondanza mi fa inadeguato; per cui ci rinuncio, poiché la mia speranza non mi dice in che modo io possa rappresentare il suo valore, perché di buon pregio ha scelto il meglio, e fra gli amanti l’amante più fino.

III. Perciò non ne ho nient’altro che il desiderio: non ne ho dunque vantaggio? È molto grande il mio potere, se ancora di tanto me ne è concessa la possibilità! E dunque perché mi voglio spingere più avanti, visto che il suo bel riso con il suo gaio sembiante mi pasce gli occhi, tanto mi appaga il guardarla? Ma ne ho un conforto che mi rimuove da follia: che subito mi pare che mi voglia concedere il suo amore, quando volge verso di me i suoi occhi pieni di dolcezza.

IV. E dunque, signora, poiché non posso più tollerare gli affanni che trascino per voi mattina e sera, abbiatene mercè! perché al mondo non c’è ricchezza che, senza di voi, mi possa arricchire; e poiché non vi vedo spesso, ho grande timore che la noncuranza vi faccia dimenticare di me; ma io, che provo la pena e il dolore, non vi dimentico affatto, anzi tengo lì notte e giorno gli occhi del cuore, e non li rivolgo altrove.

V. Non dissi mai niente per cui non temessi di mancare verso di lei, tanto il mio volere si è ostinato in lei; ma d’ora innanzi il timore non me lo toglierà, perché io so che il fuoco diventa brace se coperto, e il dio d’amore mi ha ferito con una tale lancia per cui non mi dà giovamento riposo né giaciglio, e anzi abbandono, per la mia signora che adoro, una che mi ha fatto gran bene e grande onore, ma si deve ben cambiare il buono con il meglio.

[VI]. A voi mi rendo, valorosa signora che adoro, e scegliete me perché secondo la legge d’amore si deve tenere in pari considerazione cuore fino e ricchezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

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