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Italiano
V. De Bartholomaeis

I. «Un amico ed un’amica, Sordello, hanno un’unica volontà, sí che, a loro credere, l’uno non potrebbe aver gioia senza l’altra. Ora, se l’amica morisse, e l’amico si avvedesse di non poterla dimenticare, che cosa gli converrebbe meglio di fare: dopo di lei vivere o morire? Ditemi sopra ciò il vostro parere».

II. «Guglielmo, tanto amo sinceramente colei che mi ha in suo potere, che senza di lei non vorrei vivere, a nessun costo; dell’amico mi sembra che, se la morte separasse da lui colei in cui ha ogni suo pensiero, meglio sarebbe per lui di andare là, con lei, anziché star qui a languir sempre e soffrir dolore».

III. «Sordello, l’amica, questo io so per vero, non avrebbe alcun vantaggio se l’amico morisse per lei; egli si farebbe tenere per matto; dato che il vivere gli è piú giovevole. Andrea, uccidendosi, non guadagnò nulla, mi sembra. Voi sapete scegliere male [la vostra tesi]: non devesi seguire ciò da cui, senza alcun bene, può venir del male».

IV. «Guglielmo de la Tor, voi sostenete una tesi folle, a parer mio. Come potete dire che la vita dovrebbe aver piú valore della morte per colui che non gode gioia e sempre langue? Anziché durar ciò, dovrebbe egli stesso, senza dubbio, uccidersi, se altrimenti non potesse finire».

V. «Signor Sordello, io troverei un maggior numero di compagni a sostenere la mia tesi che non voi [a sostenere la vostra]. Questo dovete ben sapere: che nella morte non c’è giuoco né riso, mentre la vita apporta molti beneficî, chi sappia procacciarli. Perciò l’amico deve lasciar da parte quello di cui non può aver piú godimento, e deve tenersi allegro».

VI. «Colui non si terrebbe allegro, Guglielmo, al punto che, quando si ricordasse del piacere che aveva, non potesse trattenersi dall’essere attristato dal duolo e dal pianto; laddove, se finisse la vita sua con quella della sua donna, potrebbero lodarlo gli amatori di ben rettamente amare: sarebbero allora finiti i suoi tormenti, i pianti e i sospiri».

VII. «Sordello, poiché pregio verace e fino è in servigio di donna Adelasia di Viadana, mi pare che ella dovrebbe giudicare questa questione, e che ciò ch’ella ne vorrà dire debba ben piacere a tutti».

VIII. «Poiché ogni uomo di valore si compiace di donna Cuniza [ovvero, di donna Agnesetta] e le è grato, conviene che ella debba fare e pronunciare il giudizio insieme con donna Adelasia, e che tutti lo dobbiamo gradire».

 

 

 

 

 

 

 

 

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