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Italiano
V. De Bartholomaeis

I. Non posso sapere perché io mi abbia tonnento e non so dove sia Amore di cui tanto si parla; io non l’udii [per l’innanzi], non lo veggo né l’odo, ma, a quel che si vede, vi trovo più torto che diritto; da coloro che lo invocano l’odo chiamare «Amor fino»: questa la consolazione che mi addolora e mi sfugge, e mi fa amare colei che mi tien vicino e [nello stesso tempo] mi sfugge, e, sfuggendomi, mi assalta e mi perseguita.
 
II. Non posso partirmi e non so star fermo; ira mi fa dire, per gabbo, il mio maltalento; tanto sono angustiato che mi dolgo perché non posseggo colei che io amo più che Guido di Nanteuil amò, da valletto, la fanciulla Aiglentina; e muolo amando; tanto mi sono spinto avanti che il marito non può non riconoscere la colpa di entrambi, e si volge con mano [armata?] e uccide la sua vicina [=sua moglie].
 
III. E allora che mi giova lusinga o raggiro? Per il si rimango [fiducioso] e per il no mi scoraggio; e dovrò darmi il conforto del poverello, come quello che dice cantando il signor Folchetto; a Cartosio, là dalle parti di Alessandria, chiederò grazia, poiché qui non trovo rifugio! Mi sarà penoso l’allontanarmi da lei per contesa; incomincio [a fare] soltanto ciò che è male se poi non lo si conduce a termine.
 
IV. Nobil signora, fine, franco e retto sono stato con voi e ho fatto le vostre lodi; parliamo ambedue piano e soave e ascoltate quel che vi dirò questa volta: vi ho amata più che Andrieo la regina; prima di esser di me stesso e di altri, io son vostro e [tale] sarò [per l’avvenire] senza alcun dubbio; non siete dunque mia sorella o mia cugina?
 
V. Il giorno che Amore ci ebbe eletti [per amanti], la vostra beltà mi diede l’orgoglio del pavone che mira il verde, il vermiglio e l’azzurro [delle sue penne] e s’inorgoglisce sino a illudersi della sua nobiltà (1); quell’orgoglio lo tiene finché china il capo e si scorge i piedi; io contraffaccio lui: allorché vedo la mia donna addurmi gaudio e orgoglio con bel sembiante [mi illudo, ma ciò] finché il capo [con l’abbassarsi] non mi disinganni.
 
VI. In Provenza, quando assalto e quando fuggo, grido: «Monferrato!», il vessillo sotto il quale fui in Cartosio, là dalle parti di Alessandria.
 

1) Tanto il RAYNOUARD (Lex. Rom., IV, 430) quanto il LEVY (Suppl.-Woert.) danno di «paret» il solo significato, di «parete», «muro». Non può trattarsi che di «parietes» nel senso medesimo di «pariae», cioè di «redditi feudali», «onori», «omaggi» dovuti ai «pari» (Cf. «regalie», diritti del re). Il DUCANGE, s. v., riferisce il passo di una carta di Carlo il Calvo, dell’ 845: «dedit monasterio… omnia alodia, eorum scilicet lavandarias et «parietes»; e s. «parlae» (a. 1131); «dono decimam de paria dicti castri».

 

 

 

 

 

 

 

 

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