I. Farò un sirventese di una triste persona che mal fa, mal dice, male spende, mal dona, mal giuoca, mal ride, mal parla e peggio suona, e ciascun giorno piú si dà a fare ogni male. Perciò io voglio che porti il serto della malvagità. Sapete come ha nome? Porco Armato da Cremona.
II. Gran cosa e fiera incredibilità è di udire tutto il male che è in lui; l’ignoranza, da cui non si dipartirà mai, gli piace e gli aggradisce tanto che vorrebbe piuttosto, senza alcuna esitazione, esser morto, che fare alcuna opera di retto giudizio; ma il suo benessere si trova fra i matti e i ciechi.
III. E si dá l’aria di uomo molto cortese e mena grande ostentazione, quando ha ben bevuto, con una donna del Bresciano, che è bella, gaia, prode ed ha indisconoscibile valore; ma ella, benché egli si vanti di lei, vorrebbe piuttosto che colui giacesse quattordici anni ammalato di febbre quartana che essergli, cosí com’egli vorrebbe [gli fosse] del tutto, umana.
IV. Nel mondo non c’è donna la quale possa credersi gli desse alcuna speranza [in fatto] di amore, dopo che io le avessi raccontato il suo fiero mal comportamento, la sua fiera avarizia, il suo fiero disonore, oppure dopo che ella avesse visto co’ propri occhi la sua fiera pancia rigonfia o la sua fiera ingordigia o la sua fiera figura.
V. Il valore si è perduto in lui al punto che egli si diparte da pregio e si rifiuta di mostrarsi liberale, e prende l’avarizia per amica e per amante; questa da lungo tempo se l’era intesa con lui in amore, ed ora ha avuto da lui ciò che ne voleva, sí che, per l’amor di lui, proclama a suon di tromba di essere stanca [di quello degli altri].
VI. Ai vili ricchi, che hanno abbassato il valore, faccio sapere che con la mia lingua, ch’è affilata piú di un rasoio, farò loro quind’innanzi guerra forte ed acuta.