I. Ben mi piace che fra’ baroni non permanga tregua o accordo: [per l’innanzi] si occupavano di piantar cespugli, amanti come sono di orti e di giardini, di agi e di piccola compagnia; [ora] sembra che si muniscano contro degli assassini, [tanto] che colà dove fosse uno di essi non è possibile entrare senza azzuffarsi.
II. Ancora vi sarà riso [gioia], e ben facilmente ameranno noi ed accoglieranno i prodi e daranno de’ «barbarini», se vogliono che [la gioia] rimanga con loro; chè soltanto col gridar: «Parigi!» e senza fare altre spese non assolderanno gente straniera.
III. Non crediate già che uomo ignavo salga duc gradini [nella scala] del pregio, ma, nel sotterra, giù, ben può stare cheto e tranquillo e rimanere in quello; chè per mille marchi di sterline non potrebbe salirne due, tanto è timoroso che [così facendo] il danaro gli venga a mancare.
IV. Ben vorrei che il re fosse veggente e che passasse qui fra noi e che apprendesse de’ baroni chi gli è infido e chi gli è fido, e conoscesse la malignità di che risuona il Limosino, ch’ era suo e che gli piacerebbe [di avere], ma che è roso da un’ulcera.
V. Ben vorrei che li avesse nelle sue mani, ove ne avesse agio, e che ne passasse [alcuni] con due giri di corda, prima che si rafforzassero troppo, ora che è venuto d’Alemagna; e voglio che don Aimaro, il meschino, e don Guido facciano una partizione tanto eguale che uno non se ne dolga.
VI. Mariniero, per i Chanzis, se li alberga don Malmirone, non mi facciate del male di nascosto! Non ve ne sarò più devoto nemmeno per don Pietro La Cassanha, per il quale si è mal condotto Guido verso di me, a proposito di due prigioniere, in amore e in compagnia.
VII. Papiol, Federico [I] non avrebbe fatto tale mercato come fece suo figlio Enrico, quando catturò pellegrini con bordone, per la qual cosa si aliena Puglia e Romagna.