I. Onorato è l’uomo per lo spendere [ch’ egli fa] e lodato come prode per il donare, e biasimato per il voler prendere [l’altrui], e accusato per il tener nascosto il proprio danaro; chi ha piacere [di conservare il danaro], in breve tempo finisce per averne poco, e chi è salito a grande altezza, la ruota [della Fortuna], con breve giro, cangia la sua salita in discesa.
II. Se il comperare insegna a vendere, giustamente altri dovrebbe considerare che ciascuno, col prendere per sé, dovrebbe imparare a dare altrui; ma colui che è intento a prendere, tanto ciò gli piace che non può ricordarsi del dare; onde Dio e il danaro devono dimenticarlo [addirittura], non [soltanto] riprenderlo.
III. Per ciò chi vuole usare larghezza non deve esimersene, anzi deve aprire largamente la mano, donando prestamente e senza trovar pretesti, ciò che vuol ben dir di no; perché quel dono è tenuto più caro che è preso senza esser domandato, senza affanno e senza attesa.
IV. Quei che fa pane da rivendere, non lo mette in bilancia tanto presto che più presto [di lui] altri [cioè il cliente] non comprenda quanto gli è dato e quanta è la sua spesa, pensando così, da ladro, di poter guadagnare molto con poco, più col dare la misura che col renderla (?).
V. Mi è grave parlare e disputare di coloro che sogliono sotterrare il danaro: essi fanno cosa tanto biasimevole che non possono salvarsi, se prima non fanno la liberazione del danaro che tengono in prigione; perché per ammassar danaro Giuda volle rinnegare Dio, e andò a penzolare al vento!
VI. Sirventese, c’è persona che sa il tuo suono, ma che non intende il tuo discorso, e c’è persona che lo intende, ma ama più il canto che il tuo ragionamento: ché a molti fa vergogna il comprendere.
VII. Datemi un dono, bel signor Moroello, cuor di barone, che non vi stancate dal far del bene; il pregio che vi fa salire in alto non lo lasciate punto abbassare.
